26.000 bombe per asciugare le lacrime di Obama – di Giampaolo Rossi

di Giampaolo Rossi

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MA QUANTE BELLE BOMBE…
26.172: sono le bombe che Barack Obama ha lanciato nel 2016 in sette paesi diversi: Siria, Iraq, Afghanistan, Libia, Yemen, Somalia e Pakistan.
È quanto emerge dall’analisi annuale del Council on Foreign Relations.
Di queste oltre il 90% (24.287) sono state lanciate su Siria e Iraq nell’ambito della Operation Inherent Resolve (OIR), la campagna contro lo Stato Islamico. Gli Stati Uniti hanno prodotto il 79% dei bombardamenti complessivi che la coalizione ha effettuato.
La stima, come sottolinea Micah Zenko analista e curatore della ricerca, è da ritenersi al ribasso perché ogni “strike” può comportare più bombe; ed inoltre perché i numeri sugli interventi aerei in Siria e Iraq non sono certi.

Rispetto al 2015, l’America di Obama ha sganciato oltre 3.000 bombe in più e bombardato un paese, la Libia, che non era stato tra gli obiettivi.

Ovviamente in questo conteggio non sono calcolate le operazioni segrete che Obama ha dispensato per il mondo; le centinaia di “bombardamenti mirati” con droni anche in territori non inclusi nelle guerre ufficiali (come Africa), o gli appalti autorizzati dal Pentagono e dalla Cia a contractors e società private per condurre attività di guerra sotto traccia.

A tutto questo dobbiamo aggiungere che Obama nei suoi sette anni, è stato il Presidente Usa che ha autorizzato il maggior numero di vendite d’armi in Medio Oriente nella storia americana (lo abbiamo spiegato in questo articolo con numeri e cifre).
Niente male per un Nobel per la Pace.

Il problema è che tutto questo sforzo bellico che annovera Obama tra i presidenti più guerrafondai di sempre, non è servito a evitare il fallimento della politica estera americana.

E LA DOTTRINA OBAMA?
La dottrina Obama, elogiata dalla sinistra internazionalista e umanitaria, doveva far dimenticare quella di George Bush e invece l’ha fatta rimpiangere; doveva ricostruire l’immagine dell’America disintegrata dall’arroganza del Presidente cowboy e dal fallimento delle guerre in Afghanistan e Iraq e invece quell’immagine l’ha ancora più abbattuta mantenendo in vita le stesse guerre di Bush e aumentando crisi internazionali e fronti di guerra: è sotto Obama che hanno preso forma l’Isis e il suo Califfato; è Obama che ha dato il via libera alla guerra in Libia, alimentato il conflitto siriano, aiutato la crisi nello Yemen e le destabilizzazioni delle Primavere arabe; e con Obama che la tensione con la Russia ha raggiunto un clima da Guerra Fredda; è con Obama che si è consumata la tragica farsa della rivoluzione ucraina e della Guerra civile che sta mettendo a rischio la stabilità nell’Europa orientale.

La sua dottrina doveva fondarsi su due capisaldi:

1) “Light Footprint” o “Impronta Leggera”, cioè diminuire l’interventismo esplicito; non più “stivali sul terreno” ma azioni impercettibili che avrebbero dovuto ottenere massimo risultato con il minimo sforzo (e minimo rischio). L’eliminazione di Bin Laden nel 2011, sembrò avvalorare questa strategia.
D’altronde se il terrorismo islamista era senza territorio a che serviva occuparne uno? Salvo poi accorgersi che l’Isis un territorio se lo stava costruendo grazie ai soldi degli alleati sauditi e alle trame occulte della Cia.

2) “Leading from behind” o “Guidare da dietro le quinte”. La strategia tipica di chi tira il sasso nascondendo la mano. Potremmo tradurla con un “agire nell’ombra”; come in Ucraina per esempio dove è stato molto più comodo finanziare con svariati miliardi di dollari la rivoluzione che ha portato alla guerra civile e poi infilare i propri dipendenti del Dipartimento di Stato dentro il nuovo governo di Kiev.

OBAMA? UN’ALLUCINAZIONE
Il giudizio sereno e veramente obiettivo su di lui potrà essere consegnato solo dopo che il tempo avrà attraversato le ultime convulsioni di questi 8 anni.
Eppure quelle lacrime si asciugano velocemente pensando all’ipocrisia di quella retorica pacifista che ha accompagnato questi anni; alle bombe e alle guerre (umanitarie ovviamente) giustificate dalla protezione che il mondo ovattato dei media, degli intellettuali, degli attori di Hollywood, dei maggiordomi europei, gli hanno dato e continuano a dargli.

Obama è stato una grande allucinazione; non solo in politica estera. Secondo un recente sondaggio Gallup, la presidenza Obama ha peggiorato la condizione dei neri, la questione razziale e il divario tra ricchi e poveri; i punti forti della sua visione del mondo.
Donald Trump non ha vinto grazie a Putin; ha vinto grazie ad Obama ed al suo fallimento.

E ora, mentre ci apprestiamo ad assistere all’insediamento del nuovo Presidente Trump, guardiamo con stupore le lacrime che Obama ha versato nel suo discorso di commiato; probabilmente lacrime sincere di un uomo che non è riuscito ad essere all’altezza del ruolo che la storia improvvisamente gli aveva dato ed il mondo si aspettava.
Ma le 26.000 bombe sganciate nel 2016 e le decine di migliaia di altre bombe gettate negli otto anni della sua Presidenza asciugano quelle lacrime di speranze  fallite.

Su Twitter: @GiampaoloRossi

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fonte: Il Giornale

8 commenti su “26.000 bombe per asciugare le lacrime di Obama – di Giampaolo Rossi”

  1. Lacrime di un coccodrillo massone e (quindi) ipocrita, vergognosamente premiato col Nobel per la Pace; proprio lui… da scompisciarsi dalle risate! Senza nessunissimo rimpianto lo ricorderemo come il negro abortista che ha prodotto il capolavoro della spudoratezza del NWO, ovvero i cessi per invertiti/indecisi (anche nella stessa Casa Bianca!). Barack, GO HOME! Nonostante i tuoi vendicativi colpi di coda, è l’ORA DI SBARACCKARE! Hai gia fatto troppi danni!

  2. Con la speranza che sia spazzata via anche la dottrina progressista mondiale che ha imperato negli ultimi anni e che ha visto in questo squallido e luciferino personaggio, del quale non si è mai saputo molto a dire il vero, il suo guru. Ora, c’è da chiedersi cosa accadrà nei Sacri Palazzi perché, come ha giustamente sottolineato il Professor Viglione, venendo a mancare l’obamismo e il clintonismo, Bergoglio si trova scoperto a livello politico e geopolitico a fronte di un Trump che delle dottrine e degli sproloqui ‘misericordini’ del vescovo di Roma non vuole neanche sentir parlare. Massimo Viglione ha ragione perché, comunque sia, il Vaticano deve sempre confrontarsi con i problemi, gli equilibri e le dinamiche politiche internazionali. E’ assolutamente normale che un Papa si occupi di affari politici e geopolitici, è sempre stato così, è il suo mestiere, sempre nell’ottica di garantire il Magistero, i sacramenti e la protezione dei cattolici. Pio XI cosa fece con l’affaire Messico e dei Cristeros? Pio XII con il nazionalsocialismo? Giovanni Paolo II con la Polonia?

  3. Nella mia vita ho visto 10 presidenti USA a partire da Kennedy. Non ho dubbi che Obama sia stato, tra tutti e 10, il peggiore. E forse il peggiore in assoluto in tutta la storia USA. Per fare meglio di lui credo che Trump non abbia a durare molta fatica. Intanto plaudiamo alla fine dell’era Obama. Mi unisco al coro di quanti dicono “Barack, GO HOME”.

  4. Le sue lacrime saranno di disperazione quando arriverà davanti all’Onnipotente per il giudizio finale sulla sua vita. A meno che …

  5. gli orfani di oabama che si lamentano perchè hilary clinton ha perso le elezioni, dovrebbero meditare le parole di Indro Montanelli: la mamma degli imbecilli è sempre incinta

  6. Obama è Premio Nobel per la Pace. Quella che si fa con le bombe, gli attentati, gli spari alla schiena, e i delinquenti assoldati. Ha sentenziato che la Chiesa deve pentirsi delle Crociate. Non mi stupirei di un Nobel al suo amico Bergoglio per cercare di riesumarlo in funzione anti Tramp.

  7. Non sono stato mai solito nutrire apprezzamento per il premio Nobel in sé, specie quello per la “Pace” conferito a cani e porci. Il fatto che sia diventato fiore all’occhiello di Obama poi non può far altro che rafforzarne la già scarsa considerazione.

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