Ci sono tante tipi di “famiglie”. Ce lo dice un parroco bresciano, in associazione con una “pastora” valdese. La risposta di Fabio Trevisan e Andrea Mondinelli

Redazione

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zzchsdmltAccade a Brescia. Il 1° dicembre sul quotidiano BresciaOggi viene pubblicata una lettera che è singolare già nelle firme: è infatti firmata da un sacerdote cattolico – almeno così è lecito supporre, visto che si tratta del parroco di Santa Maria in Silva, parrocchia di Brescia – e da una “pastora” valdese. CLICCANDO QUI potete leggere questa lettera.

Il tema trattato non è davvero di scarsa importanza: “Quale famiglia cristiana?”. Sarebbe ozioso chiedersi, in tempi di galoppante ecumenismo e abbracci in moschee, sinagoghe, eccetera, perché un parroco cattolico senta la necessità di firmare un intervento insieme a una rappresentante di una setta eretica. Del resto, leggendo la lettera tutto si chiarisce. Leggiamo infatti un polpettone in cui si riprendono tutti i luoghi comuni sui “vari tipi di famiglie”, sulla necessità che lo Stato laico provveda all’ordinamento giuridico dei “vari tipi”, tra i quali (visto che l’ordinamento già esiste per i divorziati risposati) rientrerebbero ovviamente le coppie di fatto e le coppie omosessuali. Il tutto, non può mancare, con l’auspicio della solita “accoglienza”. Nihil sub sole novum. Siamo di fronte al solito inchino al politicamente corretto, alla volontà di certa parte del clero cattolico di annullarsi di fronte al mondo, di annunciare ad alta voce la resa totale a un “cambiamento”, senza porsi minimamente il problema di leggere questo “cambiamento” alla luce della Tradizione cattolica e della Dottrina. Si evita così il faticoso compito di insegnare cos’è giusto e cos’è ingiusto, dove è il male e dove è il bene.

Fabio Trevisan e Andrea Mondinelli hanno scritto a BresciaOggi (inviandone copia anche alla Diocesi bresciana) una lettera in risposta alle affermazioni della lettera cattolico-valdese.  Pubblichiamo qui di seguito il testo integrale della loro lettera:

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Alcune considerazioni prendendo spunto dalla lettera congiunta apparsa su Brescia Oggi del 01/12 a firma di don Fabio Corazzina ed Anne Zell, pastora valdese di Brescia, che affermano la ormai urgente necessità di estensione del “riconoscimento da parte delle istituzione e della società civile delle varie forme di famiglie e di unioni”. Voglio innanzitutto portare un contributo al dibattito, basato puramente sulla ragione e non ancora sul credo religioso.

Innanzitutto sul riconoscimento delle libere convivenze. Si tratta di un errore giuridico oltre che morale (inteso in senso pienamente laico, cioè del bene della società), almeno per le seguenti ragioni:

  • la decisione di non contrarre vincolo è libera da parte dei 2 soggetti; non si vede per quale ragione si debba imporre un legame quando deliberatamente i soggetti lo rifiutano; se lo desiderano, possono benissimo sposarsi ed il problema è risolto, con oneri ed onori;
  • socialmente, unioni del genere documentano ed incarnano la precarietà della società, nella quale nessuno vuole più doveri e vincoli ma tutti pretendono diritti; riconoscere questi legami (in pratica con soli diritti) da parte delle istituzioni significa inevitabilmente incentivare la labilità sociale, con le conseguenze che sono sotto gli occhi di tutto, gravi soprattutto per i soggetti più deboli (in particolare i figli, specie piccoli); quindi incentivare queste unioni toglie moltissimo alla famiglia perché invita apertamente a non costituirla; brutalmente: chi me lo fa fare di sposarmi se con una libera convivenza ho pari diritti? Mica sono scemo: ho gli stessi vantaggi e, il giorno che voglio, mando la mia compagna a quel paese dall’oggi al domani senza alcuna conseguenza! Che problema c’è?
  • vi immaginate a quante “furbate” e contenziosi potrà condurre in sede giuridica un eventuale riconoscimento da parte delle istituzioni? Non sono un esperto, ma pensate solo a quale potrebbe essere un criterio oggettivo, documentabile e sufficiente per stabilire una convivenza (che originerebbe diritti): testimonianze? Residenza anagrafica nello stesso edificio? E da quanto tempo? 10 anni, 1 anno, 1 mese, 1 giorno? Verrebbe spazzato via l’unico criterio oggettivamente riscontrabile: il legame stabile riconosciuto e codificato (matrimonio), e non si avrebbe più alcun riferimento oggettivo. Un disastro giuridico.

Per quanto riguarda le altre convivenze, si tratta di quelle derivate da seconde nozze (evidentemente già riconosciute dallo Stato, quindi non oggetto del dibattito), e da quelle omosessuali. Quanto a queste ultime, si parla spesso di discriminazione, ma a sproposito. Questo termine significa “trattare cose (o persone) uguali in modo diverso”. Ora, sfido chiunque ad affermare che una relazione tra persone dello stesso sesso sia uguale a quello tra uomo e donna: dal punto di vista fisico, biologico, mentale, affettivo, psicologico, emozionale e della fecondità. Sono cose diverse, e come tali vano trattate! Ma c’è di più: dal punto di vista giuridico la ragione sulla quale si fonda il riconoscimento delle unioni da parte dello Stato non è il rapporto affettivo tra di loro. Per quanto possa apparire strano, allo stato questo non interessa minimamente, altrimenti esisterebbero anche una serie di altri legami che dovrebbero essere tutelati (l’amicizia, per es.). La ragione giuridica consiste nel ruolo sociale che la famiglia ha in quanto culla e luogo per la nascita, la crescita e l’educazione dei figli, caratteristiche proprie delle relazioni tra uomo e donna per ragioni piuttosto evidenti.

Infine alcune considerazioni più di tipo cattolico. La lettera citata, “nel rispetto delle scelte personali, lasciando libertà e non penalizzando o condannando pur mantenendo a livello di ordinamento ecclesiastico posizioni diverse sul riconoscimento delle varie forme di famiglie e di unioni” ed invocando il dialogo con tutti, pare ormai sdoganare tutti i tipi di unione possibili. Bisogna, si dice, far diventare le nostre comunità “spazi accoglienti dove trovare ascolto e sostegno, dove confrontarsi senza esasperazioni e condanne su vari modelli di vita responsabile (cristiani e non) rispettando le differenze e rinunciando a delle discriminazioni”. Dissento con fermezza: le persone non si condannano mai ma, come dice il testo giustamente, si accompagnano e si aiutano; ma i modelli di vita sbagliati quelli si condannano, ci mancherebbe! Chi si sposa davanti a Nostro Signore gli dice: “Io so che tu, o Signore, ami personalmente ciascuno di noi come se fosse unico al mondo, e che ciascuno di noi è prezioso ai tuoi occhi; ora io ricevo dalle Tue mani questa donna come un dono per me e Ti chiedo, umilmente, di essere un segno del Tuo amore per lei”. Si chiede cioè al Signore di essere per Lui un’umanità “aggiunta” per così dire, di prestare a Dio le mani, la volontà, le capacità, l’intelligenza, le doti, in una parola tutta la propria umanità perché il Suo amore per quella persona si faccia carne e sia evidente. Uno, solo guardando a suo marito/sua moglie, dovrebbe poter dire: quanto mi ama il Signore! Questa è la nostra fede, e su questo si fonda l’indissolubilità del matrimonio, non su altro, e ci aspettiamo che i nostri parroci insegnino questo ai giovani. Ne va della salvezza dell’anima nostra e dei nostri fratelli e sorelle, che è l’unico scopo della nostra vita e la grande missione della Chiesa. Ma lo crediamo veramente? L’accoglienza e l’amicizia con le persone in situazioni difficili o irregolari quale scopo hanno? E il dialogo così invocato è un fine od un mezzo? Qual è il fine ultimo? E’ ancora la salvezza dell’anima o no? Ma ci interessa ancora? E nell’accompagnamento è necessario o è un optional indirizzare la coscienza di chi è in difficoltà (certo con delicatezza, ma con fermezza) verso la verità di se stesso? Rinunciare a questo è abdicare alla propria vocazione cristiana, è come affiancare uno che sta affogando nel mare dicendogli “Oh come nuoti bene” invece che aiutarlo a uscire dall’acqua. Ci basta questo come persone con una importante responsabilità educativa?

C’è un po’ troppa confusione sul significato della parola dialogo. Lasciamo la parola al Beato Papa Paolo VI, che molto se ne intendeva: “Non basta avvicinare gli altri, ammetterli alla nostra conversazione, confermare ad essi la nostra fiducia, cercare il loro bene. Bisogna inoltre adoperarsi affinchè si convertano. Occorre predicare perché ritornino. Occorre recuperarli all’ordine divino che è uno solo” (discorso del 27 giugno 1968). Le parole in corsivo sono in originale nel testo dell’Osservatore Romano.

Da meditare profondamente quanto dichiarato esplicitamente e senza paura dal Card. Caffarra nella lettera “Perchè non posso tacere. Appello ai fedeli di Carlo Caffarra, arcivescovo di Bologna,  13 aprile 2014”:

“Non mi interessa dunque l’aspetto etico della cosa; e non è di temi etici che parlo. Purtroppo la questione è molto più profonda. E’ una questione antropologica. Si sta gradualmente introducendo nella nostra convivenza una visione dell’uomo che erode e devasta i fondamentali della persona umana come tale. Non è di condotte quindi ciò di cui stiamo discutendo. E’ la persona umana come tale che è in pericolo, poiché si stanno ridefinendo artificialmente i vissuti umani fondamentali: il rapporto uomo – donna; la maternità e la paternità; la dignità e i diritti del bambino. Carissimi fedeli, entriamo nella Settimana Santa. Perché Dio si è fatto uomo? Perché è morto crocifisso? Non c’è che una risposta: perché ricco di misericordia, ha amato perdutamente l’uomo. Ogni volta che ferisci l’uomo; che lo depredi della sua umanità, tu ferisci il Dio – uomo. Tu neghi il fatto cristiano. Ecco perché non ho potuto tacere. Perché non sia resa vana la Croce di Cristo” . […] Sono in questione le relazioni fondamentali che strutturano la persona umana.

E terminiamo con questa bellissima e cristallina citazione di G.K. Chesterton:

«Non c’è che un peccato: dire che una foglia verde è grigia,

per questo il sole in cielo rabbrividisce

… non c’è che un credo: sotto l’ala di nessun terrore al mondo

le mele dimenticano di maturare sui meli»

Esprimiamo infine l’auspicio, e facciamo appello affinché i pastori della diocesi facciano sentire forte la loro voce per riaffermare con chiarezza la verità sull’uomo e, nei dovuti modi e con la necessaria discrezione, non consentano più a chi ha il compito di guidare le anime di diffondere idee che sono palesemente in contrasto con la morale cattolica, cioè con il bene comune.

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Fabio Trevisan

Andrea Mondinelli

14 commenti su “Ci sono tante tipi di “famiglie”. Ce lo dice un parroco bresciano, in associazione con una “pastora” valdese. La risposta di Fabio Trevisan e Andrea Mondinelli”

    1. Si bisogna pregare ma anche non frequentare le chiese e i presbiteri novus ordo oramai protestanti. Conosco persone che hanno preso coraggio e seguito l’esempio di chi aveva lasciato le assembee novus ordo per frequentare esclusivamente la Santa Messa e i Sacramenti preconciliari. I Tradizionalisti certo non si svendono al secolo.
      “I veri amici del popolo non sono né rivoluzionarei, né novatori, ma tradizionalisti.”
      (San Pio X lettera aposostolica “Notre Charge Apostolique”)
      San Pio V, San Pio X pregate per noi.

  1. E’ assolutamente doveroso il cercare di argomentare razionalmente su questi temi , tanto piu’ se lo si fa con un sacerdote dalle credenziali ‘ cattoliche ‘ . Io temo pero’ che ormai non si debba piu’ parlare di cattolici con opinioni diverse , ‘ liberal ‘ , modernisti o neo – modernisti e via discorrendo , ma di persone che aderiscono ad una vera e propria ideologia , che e’ secolare ed anticattolica quasi per definizione . Esse sono battezzate come noi , siedono sui banchi di chiesa come noi, mostrano una pietas personale talvolta superiore alla nostra , ma l’attaccamento alla Verita’ e’ ridotta a una flebile fiammella , da essi riconosciuta a malapena , perché l’ideologia provoca una cecita’ simile a quella che colpi’ San Paolo fino a alcuni giorni dopo essere stato sbalzato da cavallo sulla via per Damasco. Anche il loro linguaggio e’ ideologico : la lettera mandata dai ‘ due pastori ‘ a Brescia Oggi e’ un vero ‘ manifesto ‘ , strumento storico degli ideologi per eccellenza.

  2. Leggo nella lettera che “Gesù estende il concetto tradizionale, biologico, di famiglia, chiamando madre, fratelli e sorelle tutti e tutte coloro che fanno la volontà del Padre in cielo”. È una vera e propria distorsione del Vangelo, un blasfemo tentativo di adattarlo al mondo moderno. Certo che la pastora e il parroco sono riusciti a fare meglio dei testimoni di geova. Mi associo a Ferruccio: anch’io voglio solo pregare.

    1. Esattamente , David , siamo alla blasfemia , ed ormai anche ai piu’ alti livelli gerarchici . Gesu’ parlava in modo diretto , non stravolgeva né la storia ebraica , né il significato delle parole , non e’ venuto sulla Terra per proporre al suo popolo leggi nuove , ma per ricordargli che stava disobbedendo a quelle date ai padri . I ‘ concetti biologici della famiglia ‘ sono in realta’ stati sempre uno solo , e dall’inizio dei tempi , per volonta’ divina che Gesu’ ha solo confermato , non ‘ esteso ‘ per di piu’ stravolgendolo. Quello del parroco e della ‘ pastora ‘ e’ un cristianesimo piu’ che liquido , e’ magmatico.

      1. E’ verissimo Alessio, Gesù ha sempre parlato in modo diretto, chiaro e non ha mai dato adito a dubbi di nessun genere né ha lasciato aperta una porta ad ogni sorta di interpretazione. La forza del Vangelo è proprio la limpidezza delle sue parole che non hanno bisogno di spiegazione (laddòve ce n’era bisogno Gesù stesso la dava), e che (come dice San Paolo) “sono potenza di Dio per la conversione dei peccatori” e non per legittimare il peccato. Come dice Sapienza 1,3 “i ragionamenti tortuosi allontanano da Dio;” (questa lettera ne è un esempio) e quindi non ci resta che pregare per questi pastori e per quanti li seguono perché sono davvero sull’orlo del baratro.

  3. certo che oggi i preti fedeli a Cristo, che non distorcono le sue parole per giustificare i vizi e i peccati degli uomini (e delle donne) vanno cercati col lanternino, tanto è difficile trovarne uno (anche perché le gerarchie li intimidiscono e, se proprio questi s ribellano, li epurano). Mai la Chiesa di Cristo si era trovata così, in queste pietose condizioni. Non ci sono parole per esprimere lo sconforto, il disagio, lo smarrimento che provocano questi preti, questa gerarchia pseudocattolica. Veramente hanno perso la fede ! Ma noi teniamo duro, amici e fratelli nella fede in Cristo, unico Salvatore del mondo, non ascoltiamoli, non facciamoci rubare a fede da questi personaggi.

    1. Caro Pascaliano, Lei ha perfettamente ragione!
      Ciò che sta succedendo è allucinante ma noi abbiamo una corazza contro tutto ciò, la TRADIZIONE: niente e nessuno potrà mai indurci (o addirittura vincolarci) a credere qualcosa di contrario a ciò che è stato sempre creduto!
      Comunque capisco e condivido il Suo sconforto: è infinitamente triste vedere come Cristo venga di nuovo tradito, frequentemente e proprio da coloro che più di tutti avrebbero dovuto dedicare la propria vita a Lui!
      Oltre a tutto ciò è deprimente anche il vedere come moltissimi nostri fratelli vengano ingannati e resi immanentisti: ci sono anche gli anticlericali e gli immorali che avrebbero il bisogno di sentirsi dire la verità ma a me dispiace soprattutto per coloro che sono (o erano) dei buoni cristiani, timorati di Dio e pieni di buoni propositi: vedere che vengono, lentamente ma inesorabilmente, intiepiditi e resi degli inconsapevoli modernisti dai pastori in cui hanno riposto la loro fiducia mi rattrista e mi disgusta!

  4. L’insegnamento di Gesù è chiarissimo. Le “moderne” interpretazioni sono mistificazioni, farina del…
    Prego il Signore per l’anima mia e per tutti quei prelati, inclusi alcuni vescovi che non usano (o non osano) più premettere al loro nome il titolo di Don, di Padre, di Monsignore.
    Si vergognano, forse? O in questa forma, intendono esprimere solo la loro “umana” personale opinione? Per lealtà dovrebbero affermare esplicitamente: la Chiesa dice.. io,dissentendo, invece penso, ..Altrimenti si vogliono ingannare i fedeli che si rivolgono al Pastore per ascoltare – suo tramite – l’unica vera parola, quella di Dio.
    Ricordo ancora quando l’incontro tra sacerdote e fedele – anche per la via – veniva salutato dalle parole: Sia lodato Gesù Cristo, sempre sia lodato. Ora si fatica a riconoscere il prete,
    il saluto – sempre che venga scambiato – si limita a buongiorno e a ciao; a volte si finge di non riconoscersi nemmeno! Queste sono le nuove regole del mondo.
    Laudetur JESUS CHRISTUS…

  5. Ci segnalo che quella lettera è stata pubblicata, in contemporanea, sui due giornali cittadini e sulla “Voce del Popolo”, il giornale della curia. Piccolo particolare: la lettera è stata pubblicata durante l’assenza del vescovo Monari, che si trovava in Sud America… Poi c’è il sigillo di don Sciortino. Su Famiglia Cristiana uscito venerdi, don Corazzina è in copertina, vestito da laico, in bici, e all’interno c’è un bellissimo servizio fotografico. “I preti al tempo di Francesco” è il titolo in copertina. Così le vecchiette abbonate diranno che le teorie che girano in S. Maria in Silva sono il nuovo della Chiesa della misericordia…

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