Oggi che siamo passati dalla predicazione in cui si annuncia Gesù Cristo ai progetti pastorali, la salvezza della singola anima creata da Dio si è dissolta nel popolo di Dio, recentemente solo più ‘popolo’.

di Giuseppe F. Balbo

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Mentre si è letto di tutto e di più sulla processione di Reggio Emilia, che nessuno si aspettava, è stato quasi inevitabile ripensare al film di Richard Attenborough Grido di libertà (Cry Freedom) uscito nel 1987 e ambientato in Sudafrica negli anni 1970, in cui si narra la storia vera dell’amicizia e della lotta comune tra il giornalista bianco Donald Woods e Steve Biko, attivista nero dei Black Consciousness (consapevolezza nera).

C’è una scena (dal minuto 20:02:47 a -20:03:00); siamo già dopo l’assassinio di Biko, Woods, in fuga, ha appena varcato il confine del Sud Africa in modo rocambolesco, ed ecco, quasi un refrain, sente la voce di Biko che riflette su una protesta studentesca: “la cosa importante è di non accettare restrizioni, perciò quei ragazzi di Soweto che rifiutano l’insegnamento in afrikaans stanno togliendo dalle loro menti  catene che nessuno sarà più capace di rimettere”.

Chissà perché, dopo, ho ripreso in mano un vecchio libro (ah! gli scherzi della libera associazione!): G. B. Lemoyne, Vita di San Giovanni Bosco, Torino, Società Editrice Internazionale, stampa 1942, 2 voll.

Si legge meglio di un romanzo.  L’Ottocento fu un secolo terribile per la Chiesa; lì ti rendi conto di come sia stata attaccata la fede erodendone la linfa vitale, cioè quel modo di essere nell’esistenza per cui, ad esempio, un padre o una madre di famiglia non offrivano un frutto di stagione ai figli senza prima aver fatto il segno della Croce e ricordato che tutto viene dalla bontà del Creatore.

Era un modo di essere nel mondo, non vuoto formalismo.

(…ma vi immaginate una vita cristiana che sta in piedi senza i corsi preparatori per la comunione, la cresima, il post cresima , il matrimonio, il battimano del funerale e non so quale altra diavoleria!)

Da quando (1815) nasce don Bosco a quando muore (1888), la fede, questo respiro dell’anima sostegno dell’intelligenza, è attaccata e distrutta attraverso ogni mezzo possibile.

All’apparenza (quasi) tutto rimane in piedi, ma pian piano diventa come una ceramica con mille crepe e la fede (rintanata nel privato) sempre più superficiale e asservita al mondo.

Lo stesso ‘fedele’ (colui che, come testimoniato dall’antica letteratura ed epigrafia cristiane, con il battesimo ha ricevuto la fede), non a caso, via via cambierà denominazione fino a diventare un anonimo cristiano adulto, passato dal grembo della parrocchia all’unità pastorale.

My God!  Questa parola! Che il Signore mi perdoni, lui che ha indicato la similitudine del Pastor Bonus, ma quante nefandezze, ipocrisie e paure alimenta la ‘pastorale’.

La ‘pastorale’:  tra le più terribili e temibili malattie della chiesa odierna, una forma di ebola spirituale comparsa apertamente nel 1955 in occasione, non a caso, della riforma dei riti della settimana santa: il più grande e profondo attacco al cuore della liturgia romana.

Un virus che ha capovolto l’orientamento della liturgia, e quindi della fede, piegando Dio alle esigenze dell’uomo.

Forse non ci badiamo, ma è rimasto in incubazione nel Missale 1962.

Un gruppo di cattolici a Reggio Emilia esce dal ghetto con una processione: porelli!  Perché, per loro, bastano il Credo (bei tempi quando nel Breviario si diceva più volte al giorno), il Pater, l’Ave, il Gloria, l’Angele Dei, il Requiem.

Perché: serve qualcosa di più?

Oggi che siamo passati dalla predicazione in cui si annuncia Gesù Cristo ai progetti pastorali, la salvezza della singola anima creata da Dio si è dissolta nel popolo di Dio, recentemente solo più ‘popolo’.

Porelli quelli che faticano per liberare lo spazio della loro vita alla fede che è innanzitutto e prima di tutto lasciare che Dio viva in noi, come facevano i nostri padri[1].

Andare in processione è anche affermare che il movimento parte da Dio, che noi siamo in questo mondo solo di passaggio e che “conversatio nostra in coelis est[2]” (Fil. 3,20); questo è l’unicum necessarium.

L’anelito al Regno dei Cieli non ai diritti umani, all’ecologia, al dialogo ecc.: tutto questo ci sarà dato in abbondanza! Se crediamo!

Cerchiamo e annunciamo prima di tutto il Regno di Dio (così verifichiamo con noi stessi se ci crediamo veramente), cioè che la Verità esiste ed è Gesù Cristo e il resto ci sarà dato in abbondanza.

Ecco la misura della nostra fede.

Ecco il vero gaudium  che proviene solo dalla retta fede, dal rifiuto delle dottrine peregrine (Eb 13,9; 2 Tim 4,3-5): ecco la vera libertà, quella vera, togliendo dalle nostre menti quelle catene che da cinquant’anni  in qua ci costringono (Catholic Consciousness?).

Com’è il camminare in una processione?  Si procede come “a ritroso verso il regno dei Cieli[3] avrebbe detto il card. Newman, camminando nella verità e oltrepassando l’errore; questo comporterà un costo, perché si paga a caro prezzo essere orientati verso Cristo, con lo sguardo fisso verso di Lui, guidati dalla fede perenne, non da quella che si adegua ai voleri del mondo.

Ragionare a prescindere dalla retta fede rappresenta una pericolosa tentazione da evitare, quantomeno per non fare la fine della moglie di Lot (Gn 19,26).

“Non diventerò mai l’uomo che volete voi!”[4]

Good Jesu, what will you do with my heart?[5]

Ecco il Cry Freedom!

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[1] S. Teresa di Gesù Bambino e del Volto Santo, Storia di un’anima, manoscritto A, n° 220.

[2] La nostra patria è nei cieli

[3]We walk to heaven backward “John Henry Newman, Parochial and Plaìn sermons, vol. V, pp. 99-115 (http://www.newmanfriendsinternational.org/italian/?p=129): “Non vediamo all’improvviso la verità, né all’improvviso ci conformiamo ad essa; ma sperimentiamo l’errore, vi cadiamo, e ci accorgiamo che non è la verità. Non la scopriamo con gli occhi, ma toccandola, venendone a contatto. Per mezzo di una miserabile esperienza esauriamo tutti i modi pos­sibili di agire, finché non rimane altro che la verità. Tale è il processo che seguiamo. Camminiamo a ritroso vero il regno dei cieli”.   Tutto il sermone è molto istruttivo.

[4] Film Cry Freedom, parole di Biko, ai minuti 0:26:54-56

[5]Buon Gesù cosa farai del mio cuore?”Parole di San John Houghton, martire certosino inglese sotto Enrico VIII, mentre veniva squartato: cit. in (a cura di J. Wlash), The Pursuit of Wisdom and Other Works, Paulist Press, New York 1988, pag. 288

4 commenti su “Cry Freedom – di Giuseppe F. Balbo”

  1. 1- Certamente, la salvezza della singola ‘anima si è dissolta nel popolo di Dio (siamo nello spirito del socialismo trionfante: “avanti popolo, alla riscossa…”), così dissolvendo sia la singola anima che l’intero popolo, fatto precipitare nell’orrido “melting pot” eumenico e interreligioso e mondialista, dove tutto si confonde e si annulla, patria famiglia morale e religione….
    2- Che Pio XII abbia avuto i suoi cedimenti, non dottrinali ma pastorali ( meglio dire, non direttamente ma per via indiretta) di fronte al montare spaventoso della ribellione anticattolica e anticristiana tra il suo ‘popolo’ cattolico, non ci piove….In fondo i Roncalli e i Montini li ha scelti e cresciuti lui, e quando il caso di punirli, invece ‘promossi’….ma non sageriamo: il più grande e porofondo – e MORTALE – attacco alla liturgia romana fu portato dalla sua creatura Monrini e dal da amvbedue prescelto losco Bugnini: nel 1968, con il Pontificalis Romani e nel 1969 con il Novus ordo..

  2. Abbiamo perso tutto in questo terribile mondo in dissoluzione in cui (ho letto da qualche parte) persino al commovente dipinto di Millet che qui sopra compare si è voluta dare una interpretazione diversa da quell’Angelus che vuole rappresentare.
    E dunque, anche una processione è diventata una provocazione e un atto di riparazione una presunzione. E persino parteciparvi ad una processione è diventato un atto di coraggio che certi cristiani deboli non si sentono di compiere. Lo hanno fatto invece circa tre centinaia di intrepidi a Reggio Emilia, gli altri non se la sono sentita. Peccato, ma anche uno solo avrebbe raggiunto lo scopo. Il Buon Dio guarda nel cuore.

  3. Un santo che dovrebbe tornare ad additarci la Via. Oggi nell’ateo e massonico Piemonte, pietra d’inciampo. Non è un caso se, sommo vilipendio, sono state recentemente trafugate proprio le sue reliquie.

  4. Ciò che mi ha stupito di più (ma non tanto conoscendo le teste che circolano in giro) è il fatto che quelli che non hanno avuto il coraggio di fare un atto d’amore verso Dio, si siano presi la briga di dire su a chi la processione l’ha fatta, mica per bloccare il gay prade come forse qualcuno credeva, ma semplicemente chiedere perdono a Dio per le offese, il che si può fare sia se si è in tantissimi, in tanti, in abbastanza, in pochi o solo uno. Questi a cui la coscienza rode e dunque si accaniscono su quelli che qualcosa fanno, oltre a sparlare, non capiscono nemmeno il significato elementare della riparazione, che non è fatta per vincere su qualcuno, ma semplicemente per dire a Dio: Vi amo! Cerco di seguirVi, aiutatemi Voi con le vostre grazie, convertite anime! Macchè! i patetici tradizionalisti a metà o i patetici sedevacantisti che si riempiono la bocca di tanta sapienza, sono alla fine sterili borbottoni, che credono di far cosa gradita a Dio solo gridando il loro disprezzo per tutti e irridono i semplici, quelli che non presumono nulla, ma fanno quel poco che possono.

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