La marcia dei buoni senza frontiere – di Elisabetta Frezza e Patrizia Fermani

Il popolo dei buonisti con orgoglio in piazza. Dove per buonisti si intende chi ha il cuore al posto giusto, nel petto non nelle viscere dell’intestino, chi crede e ci crede, con le parole e i fatti, a una società che metta al bando l’intolleranza, il razzismo, la discriminazione; chi con passione si spende personalmente per modificare il mondo partendo dai suoi immediati dintorni». «Tutti buonisti, per fortuna loro e anche degli altri, quelli con i canini sporgenti e l’astio che scorre nelle vene». (da Il Mattino di Padova, 28 gennaio 2019).   Padova ha avuto dunque il privilegio di ospitare un evento, del tutto inedito, di grande spessore socioculturale. Un evento di cui il Mattino ha saputo interpretare lo spirito profondo. Si è trattato del raduno mondiale, nel rinomato quartiere padovano dell’Arcella, delle persone buone. E per questo anche belle. Bisogna riconoscere che nessuno aveva mai avuto il coraggio e la onestà intellettuale per superare così di slancio la banalità del pudore che spesso mortifica una sana manifestazione della virtù, in un tempo in cui si preferisce esibire falsi valori, in cui l’aggressività è stata elevata a moneta corrente delle relazioni e l’egoismo a loro unità di misura.   Ordunque, onore al merito. Oltre agli esponenti della diocesi, ai quali la bontà personale appartiene per dovere d’ufficio, attori di questo traguardo sono stati i rappresentanti più autorevoli di quella straordinaria specie umana che si coagula nel prezioso e instancabile associazionismo, cattolico e no: Libera, Sant’Egidio, GPII, Azione Cattolica, Ordine Francescano Secolare, Focolarini, ACLI, Noi. Le doti di indomita resistenza morale di questa fetta di umanità buona e bella sono tanto ben riassunte nella immagine dei boy scout che avevano – come riporta l’articolo – “i pantaloni corti e le gambe ghiacciate”. Insieme alle parti superiori. Protagonisti assoluti, grazie anche alle cariche istituzionali che ricoprono non solo in città ma nel vasto orizzonte globale, sono stati il vicesindaco Arturo Lorenzoni e la sua assessora alla cooperazione internazionale e alla pace Francesca Benciolini, rispettivamente membro e membra del direttivo di Unimondo, portale di livello planetario, nato – così riporta il suo sito – per iniziativa della Fondazione Fontana Onlus e dotato di circa 450 partner in Italia. Numero che, come si può notare, corrisponde esattamente a quello dei partecipanti alla marcia secondo quanto riportato dalla stampa. Entrambi, Lorenzoni e Benciolini, sono impegnati nel risolvere il problema della coesistenza pacifica e solidale tra i popoli e quello della loro integrazione senza frontiere. Con l’obiettivo della pace universale che già fu di Gandhi (pare che in privato i due amino chiamarsi reciprocamente Gandho e Gandha). Questo obiettivo si raggiungerà – ci hanno comunicato coi loro vibrati discorsi – con l’azzeramento di ogni diversità.  Infatti, soltanto quando saremo sette miliardi di individui tutti inclusi e tutti identici, taglia unica, unisex e monocromatici, l’invidia sarà finalmente sconfitta insieme alla competizione, in uno sconfinato bacino di esseri omologati, pacificati e fungibili.  Nel miraggio di queste magnifiche sorti e progressive per cui lavorano instancabilmente tutte le persone belle e buone, in vista di un mondo senza più “razzismo, omofobia e antisemitismo”, tutti noi, grati, sentiamo già che la pace eterna è a portata di mano.]]>

7 commenti su “La marcia dei buoni senza frontiere – di Elisabetta Frezza e Patrizia Fermani”

    1. Non mi pare così difficile cogliere il tono ironico dell’articolo. Il refuso piuttosto sta nella testa di chi ha organizzato e partecipato un cosa simile. Brave come sempre Frezza&Fermani.

  1. rimossa la realta’,ontologica ma anche assai concreta,del peccato,in particolare quello originale,di cui trasuda la creatura,emerge in tutta la sua superbia il convincimento,che la massoneria inocula subdolamente nei cuori e nelle menti ubriachi di autonomia e autodeterminazione,che la tolleranza ottiene cio’ che anche una supposta fede trascendente non riesce a garantire:l’armonia tra i popoli e gli uomini,la pace fondata sul dialogo e il riconoscimento reciproco dei presunti diritti..e’ cosi’ semplice e immediato il risultato,possibile che due millenni di riflessione telogica,di amministrazione dei Sacramenti,di santificazione delle anime abbiano fallito laddove un minimo di buona volonta’ e’ sufficiente a favorire rapporti di buon vicinato con chiunque? che dogmatismo intransigente questi cattolici fanatici…!

    1. Carissimo Giampiero ti ringrazio per quello che hai scritto. É quello che penso anche io. Se basta la tolleranza e il volemose bene….Cristo a che serve?

  2. Si autoproclamano buoni perché la bontà se la danno da sé, e così pure la patente. E’ il destino di chi passa dalla fede in Dio a quella in “bio” e in “io”. E buoni come loro, forse anche di più, sono i 62 riccastri proprietari della metà della ricchezza del pianeta, che ne condividono gli ideali.

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