Che cos’è la vita umana? In che cosa consiste il vivere, giorno per giorno, ora per ora, minuto per minuto?Non in senso puramente biologico, come quella di ogni altra creatura vivente; né: a che cosa serve?, o: a che scopo ci è data? Per l’uomo consapevole, beninteso, e non per l’uomo che vive alla giornata, senza mai farsi una domanda che vada al di là del suo utile immediato; e neppure per il bambino, che si fa tante domande perché vive tutto immerso nello stupore della continua scoperta, ma che ancora non possiede un raziocinio per porle nella maniera giusta, e tanto meno per trovare le risposte, la vita è essenzialmente una milizia.

Ciò era ovvio per il cristiano, finché la Chiesa cattolica faceva ancora il suo dovere, quello di insegnare ciò che è essenziale nell’ordine della vita soprannaturale, oltre che in quello della vita naturale: e non stiamo parlando di secoli e secoli fa, ma di qualche decennio fa. Poi, a partire dal Concilio Vaticano II, sono arrivati i cattivi teologi, i quali hanno introdotto la loro pessima teologia; e la teologia ha influenzato la liturgia, poi la pastorale, infine la stessa dottrina, invertendo il giusto ordine delle cose, secondo il quale la teologia è data per chiarire la fede e non per complicarla e confonderla.

Dunque, fino a quell’epoca, e poi, in alcuni casi, ancora per qualche volgere di tempo, la Chiesa insegnava con chiarezza questo concetto: che vivere è saper combattere, e più precisamente essere pronti a partecipare alla grande, perenne battaglia tra le forze del bene e quelle del male, non solo nella realtà a noi esterna, ma anche e prima di tutto dentro di ciascuno di noi; battaglia che avrà termine solo quando finirà la storia, ci sarà il Giudizio Finale e le anime, coi corpi, andranno una volta per sempre al loro destino, le une all’eterna beatitudine, le altre all’eterna dannazione.

I cristiani hanno sempre saputo che tale è la caratteristica fondamentale della vita umana: un pellegrinaggio, e, nello stesso tempo, una milizia. L’uomo, dunque, è un viator, un pellegrino, un viandante, che non ha quaggiù la meta finale del suo viaggio, ma nella dimensione dell’eterno; ed è, nello stesso tempo, un miles, uno che deve saper combattere, perché il bene non è scontato, né facile, anzi il male appare assai più facile e, per certi aspetti, appetibile, e quindi egli deve sempre tenersi pronto a combattere. Non esiste la possibilità di rimanere neutrali nella grande battaglia; nessuno può permettersi il lusso di stare a guardare: ciascuno deve fare una scelta, combattere o non combattere, e da che parte schierarsi. Non scegliere equivale a scegliere male, a lasciarsi trasportare dalle cose; e chi si lascia trasportare ha già fatto la sua scelta, ossia la scelta peggiore.

Aveva ragione, dunque, la saggezza dell’Antico Testamento, oltre che quella delNuovo: nel libro di Giobbe (7, 1), infatti, il libro più teologicamente elaborato della Bibbia prima dei Vangeli, si dice: Militia est vita hominis super terram; concetto che i biblisti progressisti, dopo il Concilio, hanno variamente annacquato, traducendolo con espressioni come: Non ha forse un duro lavoro l’uomo sulla terra? (C.E.I., 1974), o L’uomo non compie forse un duro servizio sulla terra? (C.E.I., 2008), o addirittura: I giorni dell’uomo sulla terra sono un tormento (nella cosiddetta traduzione interconfessionale in lingua corrente), ove l’idea generica del tormento, che suggerisce un’attitudine passiva, oscura completamente l’idea della milizia, cioè della lotta attiva e pienamente consapevole da parte dell’uomo.

Ma, si sa, l’importante è andar d’accordo a ogni costo coi protestanti e non disgustare luterani, calvinisti e anglicani, perché, per piacere a loro, c’è un solo mezzo, sopprimere tutto ciò che può richiamare l’idea di una partecipazione dell’uomo alla propria salvezza e una sua collaborazione al piano della divina Redenzione, cosa che urterebbe contro il loro dogma della salvezza sola fide. Del resto, anche nel Nuovo Testamento il concetto della milizia è espresso in numerose occasioni: san Paolo, nella Epistola ai Romani (13, 12), scrive: La notte è avanzata, il giorno è vicino. Gettiamo via perciò le opere delle tenebre e indossiamo le armi della luce; dove l’espressione “indossare le armi” allude esplicitamente al combattimento e quindi all’idea di una lotta incessante fra le tenebre e la luce, cui l’uomo non può sottrarsi. E nella Seconda lettera a Timoteo (4, 6-7), l’Apostolo delle genti scrive, ed è praticamente il suo testamento spirituale: Quanto a me, il mio sangue sta per essere sparso in libagione ed è giunto il momento di sciogliere le vele. Ho combattuto la buona battaglia, ho terminato la mia corsa, ho conservato la fede. Dove il concetto è che vivere sino in fondo la vita cristiana è non solo militare in senso figurato, ma anche in senso materiale, vale a dire star pronti a subire le persecuzioni e ad affrontare la morte per mano dei nemici di Cristo, gli stessi che lo hanno messo in croce.

Quale errore catastrofico, se pure è stato solo un errore, e non qualcosa di ancor peggiore, quello di aver decretato, a un bel momento, che i nemici non c’erano più, o che, se pure continuavano ad essercene, sarebbe stato sufficiente rivolgersi loro con mitezza e volontà di dialogo, e ogni cosa si sarebbe sistemata, la lotta sarebbe cessata e tutto sarebbe andato a finire nel migliore dei modi.

San Massimiliano Kolbe ha fondato, il 16 ottobre 1917, la Milizia dell’Immacolata, unendo il concetto della milizia cristiana alla devozione per la Vergine Maria, vista in primo luogo come ausilio dei cristiani, oltre che come Madre di Dio e perciò Madre della Chiesa fondata dal suo divino Figlio. Qualche tempo prima – il 17 febbraio – si era svolta a Roma una grande manifestazione per commemorare Giordano Bruno, e la folla aveva inneggiato a Satana e invocato l’instaurazione del suo regno sulla terra. Padre Kolbe si trovava allora nella Città Eterna ed era rimasto profondamente colpito dall’audacia di quei sacrileghi; vide inoltre, in tutta la sua gravità, una cosa che la Chiesa aveva sempre saputo e contro cui aveva sempre messo in guardia: l’audacia della massoneria, la cui strategia era quella di aggredire la Sposa di Cristo e rovinare l’opera della Redenzione, non solo agendo dall’esterno, ma anche insinuandosi al suo interno.

Se non ci fosse un altro motivo – e ce ne sono a decine, purtroppo – per ritenere che il Concilio Vaticano II sia stato un grandissimo male nella vita della Chiesa, basterebbe questo: che non ha rinnovato la vigilanza, non ha messo in guardia i buoni cristiani, non ha condannato gli errori, non ha rinnovato la scomunica contro gli eretici, ha parlato solamente di dialogo, di misericordia, di benevolenza, di fraternità umana (massonica?); ha taciuto completamente sul comunismo ateo e anticristiano, che perseguitava milioni di credenti; e non ha speso una parola sulla massoneria, questa grande, potente, misteriosa nemica, che da secoli cercava e cerca tuttora di penetrare nel clero e aprirsi la strada fino al suo vertice: benché fin dal 1738, con la bolla di Clemente XII In eminenti apostolatus specula, essa sia stata formalmente scomunicata.

San Massimiliano fondò la milizia dell’Immacolata, in un’umile stanza del Collegio romano dei Frati Minori Conventuali, con pochi confratelli e davanti a una statuetta della Madonna posta su un tavolo, fra due candele accese, come gesto di riparazione per la sacrilega manifestazione. Lo scopo della missione era, ed è, la conversione delle anime a Dio, di tutte le anime, se possibile, con l’aiuto e l’intercessione della Vergine Maria; e in particolare dei non cattolici, dei massoni, cioè proprio dei nemici dichiarati del Vangelo.

Dichiarati fino a un certo punto, perché nei gradi inferiori non si dice esplicitamente nulla del genere, e proprio per questo la massoneria ecclesiastica briga e trama per ottenere un annullamento della scomunica e avviare, così, una “proficua” stagione di dialogo e collaborazione; mentre solo ai massoni di grado più elevato, il 33°, viene infine rivelato chi sia realmente il Grande Architetto dell’Universo, questo ”dio”  misterioso che regna sul mondo, senza essersi rivelato in maniera diretta agli uomini: Lucifero. In altre parole, solo i massoni di grado più elevato sanno che la massoneria culmina nel satanismo; gli altri non ne hanno la minima idea, ed entrano a farne parte sia per una “buona volontà” di segno laico e genericamente filantropico, sia per i vantaggi di carriera che ciò comporta (se la gente sapesse fino a che punto certe carriere sono pilotate dai fratelli massoni, resterebbe sbalordita).

Vale la pena di leggersi ciò che lo statuto della Milizia dell’Immacolata dice a proposito del significato della milizia stessa, distinguendo tre livelli crescenti d’impegno e di coinvolgimento: 1) coltivare la crescita di se stessi, lottando per difendere la castità e la purezza; 2) testimoniare la propria milizia cristiana e la devozione a Maria Immacolata di fronte agli altri; 3) impegnarsi esplicitamente a combattere per la propria fede, non contro le persone, ma contro l’errore: come Maria che schiaccia il serpente con il piede, per impedirgli di insidiare il mondo con i suoi errori e i suoi perfidi suggerimenti. E l’errore è l’errore morale, cioè il peccato, ma anche l’errore dottrinale, cioè la negazione o il rifiuto della verità del Vangelo.

È chiaro che tale orientamento, assolutamente normale per un cattolico e del tutto coerente con il Magistero perenne in tema di apostolato, non incontra il favore della gerarchia attuale, caduta in preda alla massoneria ecclesiastica, tanto che il signor Bergoglio ha definito l’apostolato una solenne sciocchezza(nell’intervista al padre spirituale dei massoni e dei radicali italiani, Eugenio Scalfari) ed è giunto a sottoscrivere, ad Abu Dhabi, un documento cattolico-islamico nel quale si dice che Dio stesso, nella sua sapienza, vuole l’esistenza e la convivenza delle diverse fedi religiose. Il che significa relativizzare la Verità, che è Cristo, e liquidare duemila anni di Deposito della fede, che, sulle orme del Maestro, ha sempre insegnato che il dovere del cattolico è quello di annunciare il Vangelo agli altri uomini, sempre e in tutto il mondo.

Gesù non ha certo insegnato che la cosa più importante era dialogare coi sacerdoti di Baal, o coi seguaci della Magna Mater; non ha mai detto o fatto il minimo gesto che si possa interpretare come un’accettazione delle false religioni accanto alla sola vera religione, quella che si incentra sulla Sua stessa Persona, sul Padre celeste e sullo Spirito Santo. Lui stesso non è venuto nel mondo a dialogare, ma per insegnarela Verità. E ha soggiunto: Chi crederà sarà salvo; ma chi non crederà sarà condannato.

Sembra difficile, a questo punto, non vedere un nesso fra l’elezione di Bergoglio da parte di un conclave di cardinali massoni, dopo le dimissioni misteriose e, probabilmente, forzate, del suo predecessore (il che costituirebbe già una gravissima offesa a Dio e un motivo d’invalidità della successiva elezione) e il fatto che una delle prime azioni da lui intraprese quale romano pontefice è stata la persecuzione contro i francescani e le francescane dell’Immacolata, la cui caratteristica saliente è uno speciale voto mariano, nello spirito più puro di san Massimiliano Kolbe.

Dunque, è stata la loro coerenza, la loro fedeltà al lascito spirituale di Massimiliano Kolbe, ciò che ha attirato su di loro i fulmini della contro-chiesa massonica. Questo, senza dubbio, oltre ad ancor meno nobili ragioni di natura materiale, ha indotto il signor Bergoglio a decretare il loro commissariamento, una drastica menomazione della loro regola e la chiusura del loro fiorente seminario, provvedimento, questo, veramente inaudito, e sul quale, tuttavia, nessuno o quasi nessuno nella corte di giornalisti “indipendenti” accreditati in Vaticano, per non parlare dei direttori della stampa e delle televisioni cattoliche, si è azzardato a fare domande scomode.

Scrive ancora san Paolo nella Prima epistola ai Tessalonicesi (5, 4-8):  Ma voi, fratelli, non siete nelle tenebre, così che quel giorno possa sorprendervi come un ladro: voi tutti infatti siete figli della luce e figli del giorno; noi non siamo della notte, né delle tenebre. Non dormiamo dunque come gli altri, ma restiamo svegli e siamo sobri. Quelli che dormono, infatti, dormono di notte; e quelli che si ubriacano, sono ubriachi di notte. Noi invece, che siamo del giorno, dobbiamo essere sobri, rivestiti con la corazza della fede e della carità e avendo come elmo la speranza della salvezza.

A quanto pare, quel che Gesù aveva preannunciato, e che la Chiesa aveva fedelmente tramandato, ma solo fino a cinquant’anni fa, cioè fino al Concilio Vaticano II, sta per accadere: il giorno del Signore sta arrivando, come un ladro nella notte, e moltissimi cristiani si sono lasciati sorprendere nel sonno. Invece di vegliare, si sono addormentati; invece di tenere accese le lampade, le hanno lasciate spegnere. La battaglia decisiva è incominciata; il diavolo ha lanciato il suo assalto e loro si cullavano nel sogno che la guerra fosse finita e che fosse stato sottoscritto un armistizio.

Ingenui o traditori, difficile dire quale delle due alternative: il fatto è che non ne esiste una terza. C’è la Parola viva di Gesù Cristo, e c’è, o ci dovrebbe essere, il puro buon senso dei cristiani: il diavolo non abbassa mai le armi, non rinuncia mai ai suoi disegni, né si rassegna mai alla sconfitta. Ora, come era da prevedersi – eppure ci sono state diverse rivelazioni mariane in proposito, da La Salette a Fatima, volte a mettere in guardia i fedeli – è arrivato da dove nessuno se lo aspettava: ha poggiato le scale sul lato incustodito della cittadella, quello che era ritenuto inaccessibile. In altre parole, è arrivato dall’interno e non dall’esterno della Chiesa. E ora, che succederà? Ora si vedrà di che pasta siano fatti i cosiddetti credenti. Da anni abbiamo visto pastori indegni e sacerdoti traditori venire a patti col mondo, con le forze oscure e col peccato; li abbiamo uditi minimizzare il Vangelo, metter fra parentesi tutto quel che può dar fastidio al mondo: li abbiamo visti tacere sull’aborto, sull’eutanasia, perfino sulle unioni contro natura; o peggio, li abbiano uditi parlare di comprensione, accettazione, riconoscimento da parte della Chiesa. Ma Gesù che viene dirà loro: Io non vi conosco!

4 commenti su “Militia est vita hominis super terram”

  1. nella nuova chiesa cattolica si è andati ben oltre il concetto della ” ‘sola’ fides ” ( in Cristo) : per essa ci si salva “omni et quacumque fide” , e anche ‘sine ulla fide’. Ci si salva poi …da che?
    Nemmeno più cristiana è questa chiesa-nova, seppure di un cristianesimo stravolto: è semplicemente una piaga immonda supporata sulla sede di Pietro. (Contro i Convegni di Assisi, furono le chiese della ‘sola fide’ a protestare…)

  2. Complimenti, condivido in pieno la sua analisi lucida e chiarissima del manicomio che c’è nella nostra amatissima Chiesa, Santa. Cattolica e Apostolica

  3. Aux armes citoyens!, dicevano i francesi. Ma Gesù ha chiamato beati gli operatori di pace e li ha definiti “figli di Dio”. Perché Dio è pace e l’agitazione è satanica.
    Non è vero che si nasce per combattere. Si nasce per amare
    ed essere amati.

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