Peter Pan e l’ambiguità del volo utopistico

Lo scrittore e drammaturgo scozzese James Matthew Barrie (1860-1937) è stato l’autore del celeberrimo personaggio fantasioso di Peter Pan che, creato nel 1902, debuttò teatralmente e riscosse immediato successo con il sottotitolo: “Il ragazzo che non voleva crescere”. Seguirono film, da Walt Disney a Spielberg, che riprodussero interpretazioni di Peter Pan e di tutti i suoi personaggi immaginari: Capitan Uncino, Wendy, Spugna, Trilly e molti altri. 

Il volare, tipico degli uccelli, non era una sola allusione metaforica in Peter, ma esprimeva, al contrario del realismo cristiano, l’aspetto disincarnato. Qualche critico ha parlato del panteismo di Peter condensandolo in un umoristico “peterpanteismo”. Lo stesso Barrie non si soffermò molto nella descrizione fisica del personaggio, lasciando che ogni lettore potesse immaginarlo come voleva. Peter Pan era così volutamente raffigurato come un bel bambino sorridente, il cui abito verde rispecchiava il fremere nella natura e nell’aria, tra foglie autunnali e ragnatele. 

Peter Pan esprimeva così il ripudio del corpo e delle sue leggi fisiche, come la forza di gravità: “Nel momento stesso in cui dubitate di poter volare, cessate anche di essere in grado di farlo”. Altri elementi ci riconducono, seppur in un regno astratto puntellato dalla fantasia, a considerazioni inequivocabili: la precisa volontà di non voler crescere e di poter volare, l’utopistica ricerca dell’Isola che non c’è, la determinazione a credere nelle fate. Tutte queste fantasiose idee rappresentavano il corollario di una visione del mondo in cui si rifiutava il mondo e le sue leggi, l’autorità e i diritti-doveri che ogni persona avrebbe dovuto responsabilmente assumere. 

I “bimbi sperduti” nell’Isola che non c’è in compagnia di sirene, pirati, indiani e coccodrilli suggellavano il desiderio infantile e anarchico del vivere in libertà senza freni e inibizioni, così come fu espressa anni dopo nella serie di Pippi Calzelunghe, la ragazzina lentigginosa e con i capelli rossi che viveva da sola senza genitori e in compagnia degli animali. 

Risulta necessario quindi comprendere il significato di Peter Pan per saper cogliere la “modernità” e attualità del personaggio: il suo essere “verde” immerso nella natura, capace di volare lontano dalla propria casa, dai propri impegni, dai propri doveri che anche un bambino dovrebbe avere. Ciò che ancora è più rilevante è lo smarrimento dei valori e dei principi tradizionali, la lotta contro la loro fissità e la solidità del giudizio. 

Peter Pan è antidogmatico e utopico, ripudia la realtà e le sue radici. Potremmo dire, con lo stesso Barrie, che contrappone il desiderio sfrenato di libertà alla solida realtà metafisica nell’allusione metaforica del coccodrillo : “Come tutti coloro che sono schiavi di un’idea fissa, il coccodrillo era una bestia stupida”. Le ali della fantasia sono così contrapposte a quelle della ragione. Ma, nella lezione del realismo cristiano, impariamo invece che è proprio la circolarità di fede e ragione a permettere all’anima dell’uomo di volare veramente. 

In Barrie la fantasia e l’immaginazione prescindevano dall’accettazione del reale. Il letterato scozzese temeva e contrastava la realtà, in quanto considerata arbitrio dell’uomo e segno del suo dispotismo e poneva l’atto di fede quale semplice moto volontaristico: “Il motivo per cui gli uccelli, a differenza degli esseri umani, sono in grado di volare, risiede nella loro fede incrollabile, perché avere fede vuol dire avere le ali”. 

James Matthew Barrie ha voluto accompagnarci nel regno ambiguo della sua fantasia, introducendoci nei giardini Kensington a Londra (dove campeggia tuttora un’imponente statua raffigurante Peter Pan a suo ricordo). Le avventure di Peter Pan hanno rappresentato però la non accettazione della caduta dell’uomo a causa del peccato originale, facendo scaturire un desiderio di salvezza utopistico e irreale che prescindesse dall’impegno concreto per un mondo migliore. Le indicazioni per il raggiungimento della felicità rimangono così in James Matthew Barrie eteree come l’aria, illusorie come lo spazio a cui non è dato possibilità all’uomo di poter fermarsi: “Seconda stella destra e poi dritto fino al mattino … per la prima volta Peter Pan si rese conto che, forse, il suo era un indirizzo bizzarro”.

1 commento su “Peter Pan e l’ambiguità del volo utopistico”

  1. Mi permetto di esprimere i più vivi complimenti all’autore di questo scritto. Egli ha individuato con sorprendente lucidità la cifra precisa (anticristiana) sottesa a questo apparentemente innocuo e anodino universo favolistico. Non è il mezzo in sé a dover essere criticato (la favola può anche essere una metafora del reale) ma i contenuti che in questo come in innumerevoli casi analoghi esso veicola. Il demonio cova astutamente sotto la gelatinosa patina di libertà fantasia immaginazione, un uso corretto e prudente delle quali potrebbe invece agevolare il percorso educativo di un giovane avvicinandolo al concetto di Dio e e di religione, di credenza razionale (ancorché ricca di misteri insondabili alla mente umana decaduta) in un Essere personale che governa il mondo e salva dall’abisso. Anche nella mistica medievale esisteva il mondo detto della “non conoscenza”, la “nube” , la via “negativa”, tanto discussa dagli esegeti, ma esso guardava a Dio attraverso ciò che di Lui non si può dire perché sovrarazionale (non irrazionale!), non mirava alla fantasia ripiegata su se stessa. Nel caso di Peter Pan (che è emblematico epperò esemplificativo) dunque, come in ogni volontarismo, il senso anagogico di Dante proprio dell’homo naturaliter religiosus (che è tale nella misura in cui tende e mira alla vera fede nell’unico vero Dio) decade e sprofonda nel nichilismo.

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