Alla radice del problema. Messa Vetus Ordo e Novus Ordo – di Alessandro Gnocchi

L’ultima puntata della rubrica “Fuori moda” ha suscitato un buon numero di interventi sul tema della Messa, solo accennato nella risposta al signor Astolfi. Questo è un buon segno perché dimostra che i lettori hanno colto il problema dei problemi, la radice alla quale chiunque affronti sinceramente la crisi della Chiesa deve arrivare.

di Alessandro Gnocchi

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zzsmvoA questo proposito vorrei prendere un po’ di spazio, e molta della vostra pazienza, perché ritengo necessario fornire gli elementi fondamentali a una riflessione compiuta, che non possono essere lasciati a una semplice osservazione inserita in uno scritto colloquiale.

L’osservazione, che riporto dalla mia risposta al signor Astolfi, è la seguente: “la  rinascita della fede cattolica passa solo attraverso la restaurazione della liturgia cattolica, che non è quella inventata a tavolino da Annibale Bugnini e promulgata da papa Paolo VI, ma quella che ci è stata consegnata da secoli e secoli di tradizione. Mi rendo conto che non è sempre facile trovare una Messa in rito antico, ma, quando è possibile, conviene sforzarsi di farlo anche a costo di macinare chilometri a fatica: ne va della gloria che dobbiamo tributare a Dio e della salvezza della nostra anima”.

A questo punto, procederei in modo schematico precisando “quello che non ho detto”, “quello che ho detto”, “quello che un semplice laico può dire a chi chiede un parere”. Poi, per dare sostanza a queste precisazioni, riporto una lunga sezione del capitolo sulla riforma liturgica di Paolo VI che avevo scritto per “La Bella addormentata”, il libro sulla crisi generata dal Vaticano II, pubblicato con Mario Palmaro.

Quello che non ho detto. Non ho detto che la Messa Novus Ordo, la Messa nuova, non è valida. Non ho detto che chi partecipa alla Messa Novus Ordo non assolve il precetto festivo. Non ho suggerito se e come surrogare la mancata partecipazione alla Messa Vetus Ordo, la Messa tradizionale. La frase della risposta al signor Astolfi mi pare chiara e non ha bisogno di modifiche, dunque la riporto così com’è: “Mi rendo conto che non è sempre facile trovare una Messa in rito antico, ma, quando è possibile, conviene sforzarsi di farlo anche a costo di macinare chilometri e fatica”.

Quello che ho detto. Parto dalla frase che, nella risposta ad Astolfi, segue quella appena riportata: “ne va della gloria che dobbiamo tributare a Dio e della salvezza della nostra anima”. Perché, salvo la consacrazione, deve essere ben chiaro che la Messa Novus Ordo non è la stessa cosa della Messa in Vetus Ordo. Tutto ciò che viene prima e dopo la consacrazione è radicalmente diverso. Perciò ho anche detto: “la liturgia cattolica, che non è quella inventata a tavolino da Annibale Bugnini e promulgata da papa Paolo VI, ma quella che ci è stata consegnata da secoli e secoli di tradizione”.

 Le ragioni di questa affermazioni le trovate nel capitolo della “Bella addormentata” che trovate di seguito.

Quello che un semplice laico può dire a chi chiede un parere. La Messa è il cuore della fede: la Lex orandi si accompagna alla Lex credendi, perché si prega come si crede. Osservando onestamente i due riti è difficile immaginare che esprimano la stessa fede. E non mi riferisco al confronto tra il rito antico e le degenerazioni di quello nuovo che vanno sempre più diffondendosi, ma mi riferisco al confronto tra i due messali.  È vero che ci sono buoni sacerdoti che tentano di “cattolicizzare” la Messa nuova, ma questo tentativo dimostra un deficit evidente di cattolicità. Non si può affermare che il Novus Ordo celebrato bene valga quanto il Vetus Ordo poiché si tratta di riti diversi: portando alle estreme conseguenze il ragionamento allo scopo di farsi capire, il Vetus Ordo celebrato male è sempre meglio del Novus Ordo celebrato bene. Altro errore da non commettere è quello di valutare una Messa in base all’omelia: una Messa Novus Ordo con una buona omelia è sicuramente edificante per chi vi assiste, ma, a causa della impostazione antropocentrica, perde di vista l’atto essenziale: tributare a Dio il culto che Lui chiede agli uomini. L’eventuale coesistenza dei due riti, laddove quello antico non viene negato, può essere una necessità di fatto, ma è deleterio come scelta di principio: non può esserci travaso da uno all’altro perché il Novus Ordo è stato concepito per cancellare dalla memoria il Vetus Ordo.

Per quanto riguarda i fedeli che non hanno materiale possibilità di partecipare al rito antico, rimane il fatto che, attraverso quello nuovo, possono accedere alla Comunione sacramentale e questo è un fatto importante. Ma bisogna tenere presente che la Messa è, prima di tutto, un atto di culto dovuto dall’uomo a Dio, un diritto di Dio di essere adorato come Lui stesso chiede, e non un diritto dell’uomo.

Infine, per quanto riguarda l’esito ultimo della riforma liturgica, non ho dubbi nell’affermare che sia la distruzione della fede cattolica. Per comprenderlo suggerisco la lettura di un libro di Michael Davies, “La riforma liturgica anglicana”, di cui Cristina Siccardi ha scritto una splendida recensione per “Riscossa Cristiana”. Questo lavoro mostra come, mutando la liturgia, nell’Inghilterra anglicana si sia mutata la fede. Ma ciò che inquieta il lettore di oggi è che la riforma liturgica promulgata d Paolo VI somiglia tragicamente da vicino a quella inglese e, dunque, può portare solo a esiti simili, come dimostrano i fatti e non le teorie.

I fedeli che partecipano alla nuova liturgia e mantengono la fede cattolica ci riescono nonostante quella liturgia e non in virtù di essa, come invece dovrebbero essere. Sono destinatari di una grazia particolare di cui devono essere particolarmente grati al Signore e che sono chiamati a far fruttare nel luogo e nel tempo in cui si trovano.

Qui mi fermo perché non intendo, così come non intende “Riscossa Cristiana”, prendere le parti della guida spirituale che indica pubblicamente al prossimo come comportarsi in una materia tanto grave e in una situazione tanto confusa. In ogni caso mi metto a disposizione per parlarne individualmente in amicizia e spiegare, per esempio, come mi regolo personalmente. Chi voglia contattarmi può farlo scrivendo a “Riscossa Cristiana”, info@riscossacristiana.it, oppure, se lo ha già, al mio indirizzo e-mail personale o, ancora, telefonandomi se ha il mio numero.

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Da “La Bella addormentata. Perché dopo il Vaticano II la Chiesa è entrata in crisi. Perché si risveglierà”

(…)

Per uscire da tale cortocircuito teoretico, bisogna compiere un banale ragionamento da storici. Basta considerare i fatti con mente sgombra e porsi una semplice domanda: se si pensa a una Messa qualsiasi di una chiesa qualsiasi degli Anni Cinquanta e poi la si confronta con una Messa qualsiasi di una chiesa qualsiasi dell’anno di Grazia 2011, si può onestamente dire che nulla sia cambiato? (…)

La Croce e il mistero pasquale

(…) Questo fenomeno è dovuto a una teologia che ha assorbito il concetto classico di Redenzione in quello di mistero pasquale. In tal modo, nella nozione di Redenzione passano in secondo piano la necessità di soddisfare la giustizia divina, la Passione di Gesù e la cooperazione dell’uomo, mentre vengono esaltati l’amore, l’iniziativa di Dio e la nuova vita della Resurrezione. Una delle sintesi più efficaci di questa impostazione si trova nel saggio Qu’est-ce le mystère pascal (Cos’è il mistero pasquale) pubblicato nel 1961 da Aimon-Marie Roguet, che poi sarà membro del Consilium per l’attuazione della riforma: “Come un’offesa infinita può essere può essere soddisfatta? Come l’innocente può pagare per il colpevole? È da deplorare che per molti dei nostri contemporanei, la Redenzione si presenti in questi termini. Certi, infatti, ne sono scandalizzati nel loro senso di giustizia e trovano nella Redenzione così presentata un’obiezione insuperabile contro la bontà di Dio. Se fosse veramente Padre, sarebbe un Dio contabile così esigente e trasferirebbe la sua collera sul suo Figlio diletto? Nella presentazione del mistero pasquale, invece, non si incontrano questi scogli. Infatti, in esso la nostra salvezza appare operata da un atto vitale e gratuito, una libera iniziativa di Dio, uscita totalmente dal suo amore misericordioso”.

Una nuova concezione di peccato

In questa luce, non avendo più lo scopo di soddisfare la giustizia divina, la Passione e la Croce di Nostro Signore sbiadiscono fino a perdere di senso. Perché soffrire, se è inutile? Ma se la Redenzione è opera di un amore che ignora la giustizia, se è Dio ad andare in cerca dell’uomo senza che l’uomo vada in cerca di Dio, è evidente che cambia la nozione di peccato.

Il ragionamento che sostiene questa tesi parte da una premessa formalmente giusta, ma non sufficiente: come l’omaggio di una creatura nulla aggiunge a Dio, così l’offesa nulla Gli toglie. A corollario di tale teorema si pone in evidenza che il peccato porta pregiudizio solo all’uomo peccatore. La premessa, vera sul piano formale, veicola una volontaria ambiguità perché omette di spiegare che, se il peccato non lede la natura di Dio, lede il suo diritto a essere adorato e obbedito. La teologia classica ha sempre spiegato che il peccato è un’ingiuria all’onore di Dio misurata in base alle esigenze della maestà divina piuttosto che in base ai danni causati al peccatore stesso. Siccome Dio ha creato tutto per la propria gloria, l’uomo deve ordinare ogni sua azione a tale fine e, ove non lo faccia, si costituisce peccatore e contrae un debito di giustizia.

Secondo la nuova visione teologica, invece, il peccatore porta pregiudizio solo a se stesso e alla società, ma solo indirettamente a Dio. In quest’ottica, come scrisse Emile Mersch in Cristo, l’uomo e l’universo. Prolegomeni alla teologia del Corpo mistico, la redenzione “non ha lo scopo di restituire qualcosa a Dio, ma di restituire Dio all’uomo”.

L’evidente natura antropocentrica di tale prospettiva va contro l’insegnamento di San Paolo, secondo cui il peccato comporta la collera di Dio, che si esprime già su questa terra con delle pene, ma si manifesterà soprattutto nell’ultimo giudizio.

Fenomenologia di un capovolgimento

Dall’affermazione che l’opera redentrice di Cristo ha come scopo la sola rivelazione dell’amore del Padre, conseguono due cambiamenti radicali nella teologia della Redenzione. Il primo consiste nell’attribuire quest’opera più a Dio Padre che a Cristo come uomo. Quest’ultimo diverrebbe solo il “luogo” nel quale Dio salva l’umanità manifestando il proprio amore. Il secondo cambiamento consiste nel trasferimento dell’atto principale della Redenzione dalla morte di Cristo alla sua Resurrezione e Ascensione. “Chi parla di Redenzione” dice Roguet nel suo saggio sul mistero pasquale “pensa anzi tutto alla Passione e poi alla Resurrezione come ad un completamento. Chi parla di Pasqua pensa anzi tutto a Cristo resuscitato. La Resurrezione non appare più come un epilogo, ma come un termine e il fine nel quale si riassume il mistero della salvezza”.

La sintesi mostra il capovolgimento di orizzonte. La teologia classica, secondo l’insegnamento di San Paolo, non eclissava il ruolo della Resurrezione, ma come spiega Roguet, la subordinava alla Passione e alla Croce. Pochi anni prima del Concilio, nel 1956, Papa Pio XII la sintetizzava nell’enciclica Haurietis Aquas: “Il Mistero della Divina Redenzione, infatti, è propriamente e naturalmente un mistero di amore: un mistero, cioè, di amore giusto da parte di Cristo verso il Padre celeste, cui il sacrificio della Croce, offerto con animo amante ed obbediente, presenta una soddisfazione sovrabbondante ed infinita per le colpe del genere umano (…). Pertanto il Divin Redentore — nella sua qualità di legittimo e perfetto Mediatore nostro — avendo, sotto lo stimolo di una accesissima carità per noi, conciliato perfettamente i doveri e gli impegni del genere umano con i diritti di Dio, è stato indubbiamente l’autore di quella meravigliosa conciliazione tra la divina giustizia e la divina misericordia, che costituisce appunto l’assoluta trascendenza del mistero della nostra salvezza, così sapientemente espressa dall’Angelico Dottore in queste parole: ‘Giova osservare che la liberazione dell’uomo, mediante la passione di Cristo, fu conveniente sia alla sua misericordia che alla sua giustizia. Alla giustizia anzitutto, perché con la sua passione Cristo soddisfece per la colpa del genere umano: e quindi per la giustizia di Cristo l’uomo fu liberato. Alla misericordia, poi, poiché, non essendo l’uomo in grado di soddisfare per il peccato inquinante tutta l’umana natura, Dio gli donò un riparatore nella persona del Figlio suo. Ora questo fu da parte di Dio un gesto di più generosa misericordia, che se Egli avesse perdonato i peccati senza esigere alcuna soddisfazione. Perciò sta scritto: Dio, ricco di misericordia, per il grande amore che ci portava pur essendo noi morti per le nostre colpe, ci richiamò a vita in Cristo’”.

Il culto del pubblicano e il culto del fariseo

In opposizione a un magistero limpidissimo, nel periodo preconciliare la nuova teologia del mistero pasquale, che ebbe nel benedettino Odon Casel uno dei più efficaci propagandisti, trovò sostenitori tra teologi e liturgisti come  Henry Pinard de La Boullaye, Emile Mersch, Yves de Montcheuil, Adalbert Hamman, Edouard Schillebeeckx, Annibale Bugnini, Jean Gaillard, Cipriano Vagaggini: quasi tutti nomi che, a vario titolo, portarono il loro decisivo contributo nei lavori per la riforma liturgica.

Il risultato più evidente fu l’oscuramento dell’aspetto sacrificale nel messale promulgato da Papa Paolo VI, vieppiù smarrito nel corso del tempo a causa della creatività dei celebranti. L’attiva partecipazione auspicata dalla Costituzione Sacrosanctum Concilium, in realtà, si è tradotta nel protagonismo dell’uomo che è andato a sostituire la centralità di Dio.

Così, mentre nella Messa preconciliare centrata sulla rinnovazione incruenta del Sacrificio del Calvario, l’uomo è chiamato a partecipare alla Passione di Cristo per meritare, anche se indegno, di essere glorificato con Lui, in quella postconciliare diviene commensale di Dio al banchetto in cui celebra la propria gloria fondata sulla libertà. Nel primo caso il cristiano è chiamato a compatire con Cristo, nel secondo è invitato a collaborare con Dio. Se prima adorava, chiedeva perdono e offriva il proprio nulla davanti al Figlio di Dio sacrificato, ora si limita a rendere grazie della libertà che lo rende somigliante a Dio.

Non è un caso se tra le molte parti della Messa antica eliminate nel nuovo messale c’è quella in cui, prima di salire all’altare, il sacerdote si inchina a chiedere perdono come il pubblicano della parabola del Vangelo di San Luca. Alla luce del cambiamento non ve n’è più ragione. Qualsiasi uomo raggiunga la consapevolezza di non dover scontare pena alcuna per i suoi peccati può stare ritto come il fariseo e rendere grazie: “O Dio, ti ringrazio che non sono come gli altri uomini, ladri, ingiusti, adulteri, e neppure come questo pubblicano”.

Ci vuole un seme

L’abbandono dell’atteggiamento del pubblicano davanti a Dio ha prodotto indifferenza alla Croce, all’eucaristia e alla Presenza Reale di Cristo sotto le specie del pane e del vino. Pochi anni orsono, per citare solo un esempio, la diocesi di Bergamo consegnò ai giovani inviati in missione tra i loro coetanei un Crocifisso alla base del quale era stato aggiunto un seme come segno di speranza: la Croce, evidentemente, non lo è più. Oggi si arriva anche a costruire tabernacoli a due posti per la conservazione dell’eucaristia, scritta in minuscolo, e della Parola, scritta in maiuscolo. Nei ritiri per sacerdoti sta diventando pratica comune l’ora di adorazione della Bibbia invece che del Santissimo Sacramento. Oppure capita pure che, se durante la distribuzione della comunione non bastano le particole, il sacerdote ne mandi a prendere altre in sacrestia e le metta nella pisside continuando tranquillamente il suo lavoro: come se la consacrazione avvenisse per contatto, o come se, c’è da temere, il sacerdote abbia più di qualche dubbio sulla Presenza Reale.

A proposito di queste deragliamenti, nel suo saggio Concilio Vaticano II. Il discorso mancato, monsignor Brunero Gherardini riporta con comprensibile scandalo un brano della relazione tenuta a Madrid nel 2004 da padre Timothy Radcliffe durante le “Giornate nazionali di pastorale giovanile vocazionale” della Conferenza dei religiosi spagnoli. La relazione di padre Racliffe, che è stato maestro generale dell’ordine domenicano dal 1992 al 2001, ha come titolo “Sessualità ed eucaristia: il dono del corpo” e comincia così: “Voglio parlare di Ultima Cena e sessualità. Può sembrare un po’ strano, ma pensateci un momento. Le parole centrali dell’Ultima Cena sono state: ‘Questo è il mio corpo, offerto per voi’. L’eucaristia, come il sesso, è centrata sul dono del corpo. Vi rendete conto che la prima lettera di san Paolo ai Corinzi si muove fra due temi, la sessualità e l’eucaristia? Ed è così perché Paolo sa che abbiamo bisogno di capire l’una alla luce dell’altra. Comprendiamo l’eucaristia alla luce della sessualità e la sessualità alla luce dell’eucaristia”.

Non sarebbe stato necessario citare questo brano già riportato da monsignor Gherardini se non vi fosse da aggiungere una notazione: un testo capace di scandalizzare un teologo di lungo corso ha incontrato invece l’entusiasmo e l’approvazione dei prenovizi domenicani di Bergamo, che lo hanno riportato con grande enfasi nel loro blog vitaefratrum.blogspot.com.

Evidentemente, aveva ragione Marshall McLuhan quando mostrava le conseguenze della celebrazione con il sacerdote rivolto verso il popolo. Lo faceva nel 1974 con il saggio “La liturgia e il microfono”, tradotto in italiano nel 2003 nella raccolta La luce e il mezzo. Un “(…) nuovo e intenso impulso visivo” scrive lo studioso canadese “favorì il posizionamento dell’officiante di fronte alla congregazione, separata da una tavola/altare. Questa pratica fu accettata dalle chiese della Riforma e respinta da Roma. L’esperienza visiva, naturalmente, esclude la metamorfosi e la transustanziazione, perché lo spazio visivo o euclideo è il solo canale sensoriale statico conosciuto dall’uomo”.

In altri termini, lo sguardo diretto sulla tavola/altare induce i fedeli a dubitare della transustanziazione poiché le specie del pane e del vino non mutano visibilmente sotto i loro occhi nell’atto della consacrazione. Vale la pena di notare che, nel 1974, McLuhan parlava di un tale effetto attribuendolo alla rivoluzione protestante. E’ inquietante notare che, solo qualche decennio dopo l’introduzione della riforma liturgica, lo stesso ragionamento vale per la grande maggioranza delle celebrazioni cattoliche.

25 commenti su “Alla radice del problema. Messa Vetus Ordo e Novus Ordo – di Alessandro Gnocchi”

  1. Ma come hanno potuto cambiare così la Santa Messa .Se tornasse Santa Maria Maddalena, direbbe, hanno pugnalato al cuore il mio Signore ditemi che devo fare per riparare a tale abominio-

  2. Caro professore, lei è andato veramente al cuore del problema. La riforma liturgica è stato il primo segnale della grande frana che ora ci ha travolto e devo dire che me ne ero accorta, benché giovane e inesperta di teologia. Mi permetto di ripetere che l’errore concomitante è stata l’abolizione del latino scolastico. Così abbiamo perduto la nostra tradizione e ora hanno buon gioco i progressisti a dire che il latino è una lingua morta. Se non avessimo tradito questi capisaldi, la liturgia e la scuola, ora saremmo più forti anche rispetto all’ Islam. L’occidente e la Chiesa cattolica hanno abdicato alla missione di educare.

    1. Notiamo che il Latino era raccomandato da papa Giovanni (“Veterum Sapientia”, 22/2/1962) e dal Concilio (“Sacrosanctum Concilium” n.36: “… si conceda alla lingua nazionale una parte più ampia, specialmente nelle letture e nelle ammonizioni, in alcune preghiere e canti…”. Non si parla di Messa in lingua nazionale. Si raccomanda il canto gregoriano).

      Risultato: canzonette, trasformazione del Latino in “anticaglia per snob” e -molto più grave- celebrazione verso il popolo e Comunione in mano, tutto in pochissimi anni. Sempre mugugnando contro le “assurde pretese” del Papa sulla procreazione.

      1. Papa Giovanni XXIII sarebbe stato scavalcato dal CVII? Ma il Papa era sempre lui, quindi le sue responsabilità restano. E se nemmeno Paolo VI è riuscito a invertire la rotta sulla S. Messa in latino, vuol dire a mio parere che non ci credeva a sufficienza,. Diversamente si dovrebbe pensare che la potestà papale già in quei lontani anni fosse alquanto limitata.

        1. Lasciando da parte papa Giovanni, di cui non ho ricordi per ragioni di età, vorrei sottolineare che papa Paolo fu violentemente e amaramente stupito dalla virulenza della malattia antiromana e antirealistica (antitomistica) del Clero occidentale.
          Fu realmente sconvolto dal fatto che la DC concordasse sostanzialmente con la legge sul divorzio, e distrutto dal fatto che la stessa DC (e moltissimi Vescovi) passassero come “inevitabile adeguamento ai tempi” quella sull’aborto. La DC era -purtroppo, possiamo ben dirlo- il suo ambiente di riferimento nel campo civile; per il Clero, dava per ovvio che fosse cattolico, salvo le poche pecore nere. Mons. Bugnini fu scoperto come massone e allontanato. Mai il Papa avrebbe pensato che fosse uno dei “moltissimi”.

  3. Grazie per le importanti informazioni, dottor Gnocchi.
    Non sono d’accordo sul fatto che chi ascolta una Messa Novus Ordo sia obbligato a uno sforzo per non perdere la Fede, vale a dire sul fatto che il rito “Bugnini” si opponga di per sé a quello “di sempre”.
    Questo fu vero, purtroppo, nell’intenzione di mons. Bugnini (non vi sono dubbi) e in quella di moltissimi “Occidentali” (soprattutto i famigerati Olandesi e Belgi, a quel tempo). Molto interessante il fatto che il benedettino Odon Casel (1886-1948), padre del “Movimento liturgico”, fosse nato a Coblenza e fosse stato abate di Maria Laach: era di area renana- Germania verso il Lussemburgo.

    Ma l’ostilità alla Messa “di sempre” non c’era nel beato papa Paolo VI. Ricordo personalmente sia il Suo atteggiamento sia la virulenza degli attacchi a cui fu sottoposto (dall’area renana) dal 1968 in poi.

    È un fatto, purtroppo, che il Clero attuale sia largamente semieretico o eretico, come scrivevo in altro commento

    1. Anch’io penso che il rischio di perdere la fede sorga di fronte a tutto quello che l’apparato ecclesiale ci presenta, quindi anche il modo di celebrare la Messa. Di fronte alla sciatteria e alla bruttezza, ci si annoia, di fronte a esternazioni quasi ereticali si è tentati di non frequentare più le parrocchie. Perdere la fede è l’ultimo step, ma ci vuole tanta forza d’animo per conservarla. Comunque giova imparare ad astrarsi e a meditare la parola divina pensando che dovremo rendere conto un giorno di ben altro che le nostre legittime opinioni sulla liturgia. I buoni cattolici dovrebbero non farsi avvelenare dalle polemiche, ancorché giuste, perché se perdiamo la serenità siamo perdenti di fronte agli avversari umani e anche di fronte al grande avversario diabolico.

  4. Il punto, a mio giudizio, è quello del Naturalismo massonico: “Non c’è alcun bisogno di Redenzione perché NON ESISTE ALCUN PECCATO, né come offesa a Dio né in altro senso”. L’uomo non è diverso da un qualsiasi frammento del Mondo. Cartesio-Rousseau-Darwin-Haeckel.
    Esiste solo la cecità dei giochi della “Natura”, di cui l’uomo sarebbe una parte insignificante.

    Perciò il punto -quello vero- è se consegnare la gestione di tali presunti giochi al massacro ai moderni Farisei (Cabalisti e Iniziati, loro apprendisti) o riferirsi alla responsabilità dell’uomo.
    Papa Paolo arrivò alle soglie di questa questione e disse (nonostante una formazione semimodernistica): “L’uomo è prezioso! “. Molto Clero rispose, dentro di sé, “L’uomo è insignificante – l’Umanità (Rising Humanity) attinge asintoticamente il Cielo”. Ricordo perfettamente l’evoluzionismo dell’ambiente salesiano, in quegli anni.
    In questa prospettiva, il Sacrificio (Sponsale, questo sì) di Cristo è insignificante anch’esso

  5. Ricordo di aver letto che la reazione a caldo di alcuni fedeli di fronte al nuovo rito fu: ‘Ci hanno cambiato la religione! ‘Il che mi sembra collimi con l’opinione di Gnocchi circa l’obiettivo ultimo del N.O.,la distruzione della fede cattolica.A coloro che insistono sulla tesi che la diminuzione della frequenza alla Messa fu causato eminentemente dagli influssi esterni del Sessantotto,rivoluzioni varie,perdita di valori etici etc,bastera’ ricordare che negli Stati Uniti degli anni 1970 – 1980,a fronte di un vero crollo percentuale dei partecipanti alla Messa Cattolica,non vi fu assolutamente una riduzione di quelli presenti alle varie ‘cene’ protestanti,il numero dei quali rimase pressoche’ identico. Spero che si provveda presto alla traduzione dei due fondamentali libri di Michael Davies ‘ Pope John’s Council ‘ e ‘ Pope Paul’s New Mass ‘poiché Davies concepi’ ‘ Liturgical revolution ‘ come un’unica opera in tre parti ,di cui ‘La riforma liturgica anglicana’ e’ solo la prima .

  6. Oramai sono pochi della chiesa conciliare che contestano il fatto che la Messa Novus Ordo fosse creata protestante volutamente anche per motivi ecumenici. Per gran parte dei sacerdoti e laici della chiesa conciliare questo fu un ottimo motivo! Per quanto la Church of England, la vicenda su come da scisma sia scivolata nell’eresia assomiglia sorprendentemente alla vicenda della Chiesa Cattolica con l’introduzione del Novus Ordo Missae. Consiglio vivamente a chi volesse approfondire come i sacerdoti inglesi hanno perso gli Ordini Sacri (assolutamente invalidi e totalmente nulli) con la promulgazione del New Book of Prayer di leggere la lettera apostolica Apostolorum Curae di Leone Xlll. Di facilissima lettura, fa rabbrividire quando simile sia l’iter dei Conciliari a quella degli Inglesi verso l’eresia e conseguente perdita della successione apostolica e Ordini Sacri. La lettura di questa lettera apostolica mi ha chiariti i forti dubbi che avevo sulla validità degli ordini di certi sacerdoti conciliari.

  7. Pongo una semplice domanda. Ammesso che la messa nuova sia valida se il sacerdote fa la consacrazione come la Chiesa insegna (però come vengono formati oggi i sacerdoti al seminario?a cosa credono?),ma è lecita? Cioè è lecito frequentare una messa che mette in serio pericolo la tua fede? Ad esempio anche la messa degli ortodossi è valida, ma ad un cattolico non è permesso andarci, cioè viene ritenuta illecita. Anche ad una messa nera detta da un sacerdote che vuole consacrare per avere gesù nell’Ostia, la messa risulta valida, ma è illecito andarci.
    Ecco il mio dubbio, la messa nuova è valida, ma è anche lecita, visto i frutti di apostasia che ha portato?

    1. Secondo il mio poverissimo avviso la Messa nuova è valida poiché realmente Vi avviene la transustanziazione. Se vi fosse bisogno di prove, una inoppugnabile è la reazione di certe persone possedute dal maligno di fronte all’Ostia in questa Messa consacrata; e tanto basta. Non spingiamoci troppo in là ipotizzando pericoli per la fede. Proprio in questi casi, invece, la fede deve fortificarsi, farsi incorruttibile affinché si abbia la forza di resistere e di reagire. Il discorso “perdo la fede perché i preti si comportano male” è estremamente semplicistico e non fa onore a un cristiano vero; piuttosto deve avvenire l’esatto contrario: “Rafforzo la mia fede affinché i sacerdoti si facciano santi”; e con essi tutta la Chiesa. Chiedersi poi se questo tipo di Messa sia lecita , secondo me è come addentrarsi in un campo minato dove ad ogni passo potresti perdere la vita. Lì è meglio non addentrarcisi. Va bene piangere, soffrire, turbarsi, anche lamentarsi, ma ciò che più serve è la preghiera. In particolare quella di riparazione.

    2. Il punto è se l’apostasia (evidente, purtroppo) sia “CAUSATA” dalla Nuova Messa o sia “concomitante” con essa.
      Personalmente, cresciuto con la Nuova Messa, posso dire di non essere stato mai turbato dal rito; spesso parzialmente turbato dagli atteggiamenti (mancato tempo di adorazione all’Elevazione e dopo la Comunione..) e dalla musica; molto spesso scandalizzato dalle omelie.
      Per molti anni evitai la Messa del Parroco per evitare le sue omelie. Andavo a quella del Viceparroco (molto più giovane)

      1. ilfocohadaardere

        Il problema credo sia nell’impostazione generale di ciò che si è perduto, o per lo meno si è reso più debole, evanescente. Non mi ha fatto piacere lo scoprire che tante innovazioni, che mi avevano fatto passare come “frutto del Concilio”, come il “rivoltamento” del senso dell’altare (cioè l’averlo “girato” verso “il popolo”), NON sono previste da alcun Decreto conciliare, ma sono delle mere prassi auto-impostasi(con abile regia, evidentemente, da parte di chi aveva reconditi fini:sennò non si spiega come sia stato possibile una tale rivoluzione); così come la”distribuzione”dell’Eucaristia in mano è frutto di un “indulto”, e dunque di una “toppa messa ad un buco” in certi Paesi nordici, e poi, è divenuta incredibilmente “regola”dappertutto…Queste dinamiche,frutto di “superficialità” e di “non approfondimento” e comunque, mai spiegate veramente,rivelano che la strada seguita non può essere quella bella,trasparente,corretta, Cattolica…C’è qualcosa di profondamente “storto”..e…

        1. Perfetto!!
          Notiamo che l’attuale persecuzione dei Francescani dell’Immacolata fa seguito ad alcune loro iniziative (ottime), fra le quali un convegno nella loro casa di fondazione (Frigento, nell’Avellinese) al quale parlò il Vescovo cappuccino J.R. Laise – vescovo di San Luìs in ARGENTINA fra il 1971 e il 2001.
          Questo Vescovo, che al momento del convegno viveva a San Giovanni Rotondo, delineò dal punto di vista storico la questione dell’ “indulto” alla Santa Eucarestia in mano, prima in Europa Occidentale e poi in Argentina, Nella propria Diocesi, egli non concesse MAI che si praticassse tale modo di distribuzione dell’Eucarestia. Vidi l’intervento su youtube, adesso non lo ritrovo…

          Sull’altare “girato” e sui molti altari storici demoliti (e innumerevoli altari laterali abbandonati), si è battuto moltissimo F.Colafemmina – “Fidesetforma”.

  8. Non metto in dubbio la validità, ma se è lecito andare dove c’è pericolo di perdere la Fede. Io avevo perso la Fede, mi sembrava uno show. Ho ritrovato la Fede con la Messa tridentina, che non conoscevo. Credo guardandomi in giro che consci o senza coscienza, molti cattolici a forza di vivere la messa come una festa e non come il Sacrificio hanno deviato la loro fede, si ritrovano protestanti senza saperlo. Altrimenti non mi spiego quel prendere in mano l’Ostia e quel poco rispetto, non mi spiego i pantaloncini e le minigonne in estate, non mi spiego il chiacchiericcio, le ola al Pater Nostro. Poi non mi spiego come mai non si credano più le stesse cose e non ci si turbi più di andare da Gesù non in stato di grazia. Persino il peccato è diventato evanescente, al massimo è rimasto peccato uccidere, ma molti altri peccati sono stati sdoganati. Non so da dove viene questo cambiamento, certo se si vive come si crede mi chiedo a cosa credono oggi molti cattolici?A Dio non si deve una liturgia degna di Lui?

    1. Lei fa una fotografia estremamente realistica delle nostre chiese in una qualsiasi domenica – purtroppo !
      Mi permetto di ripetere, non per pignoleria ma per cercare di essere utile a qualcuno, che non “la Messa”, bensì “la mentalità massonica” di molto Clero ha devastato la Chiesa e i comportamenti in chiesa.
      Come in tutte le Rivoluzioni, si è detto “Il popolo non ce la fa più, vuole liberarsi del Latino e della unicità del ruolo sacerdotale”, mentre nella realtà erano i Sacerdoti (quelli dell’area renana) a “non farcela più a dire Messa” – come Guareschi scrisse in quegli anni.

      Chi vuole può rivedere il mio commento del 12 alle 18:14.
      Se non esiste ALCUN peccato, allora si va in chiesa per “fare cerchio intorno a Gesù” – tipo Parlamento, seduta spiritica o “conspiration” (=aspirare insieme a un certo fine) del New Age

  9. Secondo me,dire che: (Ma l’ostilità alla Messa “di sempre” non c’era nel beato papa Paolo VI),mi sembra un pò discordante dopo il comportamento che lui (PaoloVI), aveva avuto nei confronti del povero Monsignor Lefebvre, visto che la causa principale dell’avversione era perchè Lefebvre non si sottometteva alla pratica di celebrare la nuova messa.
    Il fatto che cacciò bugnini da roma era avvenuto qualche mese prima gli scontri con Lefebvre, quindi se Paolo VI se si era reso conto che il nuovo rito non era cattolico, perchè poi tutto quell’accanimento verso Lefebvre e la sua Fraternità !

  10. Giovanni Gigantesco

    “I fedeli che partecipano alla nuova liturgia e mantengono la fede cattolica ci riescono nonostante quella liturgia e non in virtù di essa, come invece dovrebbero essere. Sono destinatari di una grazia particolare di cui devono essere particolarmente grati al Signore e che sono chiamati a far fruttare nel luogo e nel tempo in cui si trovano.”
    E di questo ringraziamo Dio per averci dato la possibilità, data l’età, di aver partecipato alle due forme e Lo ringraziamo, principalmente, per non averci fatto dimenticare il Vetus Ordo a cui abbiamo avuto la possibilità di poter partecipare per venti anni della nostra vita. E’ grazie al ricordo di quelle partecipazioni che riusciamo a conservare la nostra Fede intatta e senza compromessi. Sia lodato Gesù Cristo.

  11. Ci risiamo con le bestialità contenute nella preghiera dei fedeli riportata sul foglietto di domenica scorsa. Infatti proprio la prima recita: “Signore, purifica il cuore della tua Chiesa, …” che il sacerdote ha prontamente corretto in “Signore purifica il cuore dei battezzati della tua Chiesa..”
    Pace e bene.

    “Signore, purifica il cuore dei battezzati della tua Chiesa

  12. Sentite io stavolta dissento.
    La croce ci redime perché, per libera scelta dell’unico giusto l’unico uomo senza macchia, assorbe e catalizza tutto il male e il peccato del mondo (di noi uomini, da Adamo all’ultimo peccato della storia).(cfr. Gesù di Nazareth di Bxvi).
    Io non trovo tracce nel magistero e nella scrittura alla teologia che “il sangue di Gesù serve placare il Padre”.
    E’ necessario per togliere il peccato, non per placare (quelli sono gli dei pagani).
    Se mi sbaglio ditemi dove.
    Se potete, indicatemi una Parola o una scrittura che contraddica questo.
    Grazie

    1. d’accordo sul fatto che oggi si è perso il concetto di sacrificio nella messa. E non si considera più la Resurrezione subordinata alla Passione e morte di Gesù. Questo è purtroppo evidente.

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