Anche l’Europa nel piano per far cadere Trump: ecco perché la Merkel è così audace – di Marcello Foa

di Marcello Foa

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Per capire il significato più autentico della rottura che si è consumata a Taormina tra Trump e gli alleati europei occorre individuare la chiave di lettura. E quella più appropriata si trova, ancora una volta, nell’articolo di uno degli ex consiglieri di Obama Charles A. Kupchan, pubblicato lo scorso mese di febbraio. Sembrava l’ennesimo editoriale tanto interessante quanto destinato a un rapido oblio e invece indicava la linea che l’establishment globalista avrebbe seguito per estromettere Trump.

E cosa c’entra l’Europa? Penseranno molti di voi. C’entra, c’entra. I passaggi salienti erano due. Questi:

Mentre gli Stati Uniti e le altre democrazie occidentali sono scosse dalle forze populiste, gli effetti moderatori dei contrappesi istituzionali saranno di importanza cruciale. Il sistema legislativo, i tribunali, i media, l’opinione pubblica e l’attivismo – rappresentano tutti un freno all’autorità esecutiva e devono essere pienamente adoperati.

Ora, pensate a cosa sta succedendo negli Stati Uniti: a condurre la campagna contro Trump sul Russiagate sono i media, i parlamentari e, in divenire, i tribunali. E pensate a quante manifestazioni ci sono state, su temi cari alla sinistra negli Usa ma anche in Europa. Pensate alle marce proimmigrati come quelle svoltesi a Londra o a Milano: rientrano non solo in una certa linea di pensiero (e fin qui niente di sorprendente) ma anche – e forse soprattutto – in un movimentismo teso a contrastare le cosiddette forze populiste.

L’Europa, però, veniva indicata da Kupchan come nuovo perno del potere globalista. La frase cruciale è questa:

Stati Uniti e la Gran Bretagna saranno, almeno temporaneamente, latitanti quando si tratta di difendere l’ordine liberale internazionale, l’Europa continentale dovrà difendere la posizione. Nel momento in cui la coesione interna dell’Unione europea è messa alla prova dallo stesso populismo che occorre sconfiggere, non è buon momento per chiederle di colmare il vuoto lasciato dal disimpegno anglo-americano. Ma almeno per ora, la leadership europea è la migliore speranza per l’internazionalismo liberale.

Riflettete: quante volte in passato i leader europei hanno osato contestare pubblicamente un presidente degli Stati Uniti durante un vertice del G7 o in altri consessi ufficiali? Probabilmente bisogna risalire al 2003 quanto Schroeder e Chirac si opposero, con saggezza, alla guerra in Irak. Per il resto o i contrasti non emergevano in conferenza stampa o più frequentemente, gli alleati europei si allineavano ai desiderata di Washington, talvolta anche contro il proprio interesse geostrategico.

Non è strano che un cancelliere prudentissimo come la Merkel trovi improvvisamente il coraggio per dire: “Impossibile ormai fidarsi degli Usa”? Ne converrete: non è da lei.

Il sospetto è che tanto ardire sia calcolato e strumentale: ovvero che vada a rafforzare la tesi – o dovremmo dire gli auspici – di Kupchan. Quelle dichiarazioni rafforzano l’establishment anti-Trump, che può dire ai notabili di Washington: visto? Perdiamo anche l’Europa.

In realtà non va intesa come una rottura ma come una parentesi politica, perché lo stesso Kupchan parlava di una latitanza angloamericana “temporanea”; dunque il tempo di far fuori Trump. Quando negli Usa loro riconquisteranno la Casa Bianca, l’Unione europea tornerà ad essere consenziente e l’audace Merkel di nuovo pragmaticamente mansueta.

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fonte: Il Giornale

4 commenti su “Anche l’Europa nel piano per far cadere Trump: ecco perché la Merkel è così audace – di Marcello Foa”

  1. Una partita a scacchi tra verità e menzogna. Tra libertà e schiavitù. Tra educazione e manipolazione. Non credendo in Dio, in realtà non si crede neanche nell’essere umano. E l’uomo diventa cavia anonima dell’altro uomo. L’umanesimo senza Dio è schiavismo, animalismo, magia di apprendisti stregoni. Ora lo vediamo. Finché non sgorgherà dal cuore, da tutto il nostro essere, un’implorazione, un’adorazione di NSGC non ci sarà sottigliezza mentale che potrà salvarci, né buonismo che potrà darci il dono delle lacrime invece che gli istanti emotivi tra la folla.

  2. Cesaremaria Glori

    Intanto la Russia si va a rinsaldare in una fede che sa di antico, di una fede semplice e genuina che sembrava sepolta dalle macerie di settant’anni di ateismo militante. L’unico antidoto al nikilismo imperante e ammosciante è la fede. Putin lo ha capito e nell’onda favorevole del cesaropapismo atavico della sua terra ha fatto sì che la reliquia di San Nicola approdasse a Mosca ove code impressionanti di popolo vanno a renderle omaggio. E se Putin chiedesse alla Santa Sede il prestito per un solo mese della Santa Sindone? Non so immaginare quale atomica potrebbe paragonarsi a questo evento esplosivo per il mondo delle idee, cioè per l’aspetto spirituale dell’Uomo che ha bisogno di credere in qualcosa che è al di sopra di lui e che è, allo stesso tempo, dentro di lui.

  3. “Guardati in faccia, demonio! La bruttezza che è propria del diavolo non appare così orrenda in lui come in una donna” (Albany a Goneril, King Lear).

    Detta come va detta!

  4. Di tutta la faccenda Trump un dubbio mi sorge spontaneo, tenuto anche conto del sistema elettorale degli USA.
    Perché i potenti, che in un modo o in un altro muovono le pedine del mondo, avrebbero permesso l’ascesa di Trump alla presidenza se non gradito? Forse mi sbaglio ma non vorrei che ci fossero molte sorprese. E già qualche dietro-front rispetto alla campagna elettorale l’abbiamo visto.

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