Per leggere l’articolo di Piero Vassallo “Gaudium et spes. Una cristologia antropocentrica ?” cliccate qui
Caro Professor Vassallo,
le proposizioni della Gaudium et Spes che Lei cita in un recente articolo su questo sito prendendole dall’articolo del Prof.Pasqualucci certo non brillano effettivamente per chiarezza e potrebbero essere intese in un senso antropocentrico e può darsi che coloro che le hanno proposte fossero influenzati o da Teilhard de Chardin o da De Lubac o da Rahner.
Tuttavia non possiamo pensare, come cattolici, che il Concilio sbagli in una materia così importante come quella dell’antropologia cristiana, che impegna l’infallibilità del Magistero di un Concilio ecumenico. Occorre pertanto che ci sforziamo di dare un’interpretazione benevola dei testi, sapendo già in partenza che non possono insegnarci degli errori o scostarsi dalla verità tradizionale.
Vediamo allora brevemente i passi. “Cristo incarnandosi si è in certo modo unito ad ogni uomo” . Dovrebbe esser chiaro che questa affermazione non va intesa nel senso di un’impensabile unione ipostatica della persona divina con ogni natura umana, ma si può intendere nel senso di un’offerta d’amore che Cristo fa ad ogni uomo di unirsi con lui, come vita della sua vita.
Quel “si è unito” non va inteso come dato di fatto, perché ciò non corrisponde alla verità da sempre proclamata dalla Chiesa che di fatto non tutti gli uomini sono uniti a Cristo ovvero sono in grazia, ma che la grazia può essere assente – altrimenti il peccato non esisterebbe – ed addirittura alcuni uomini vanno soggetti alla pena dell’inferno.
Per quanto riguarda il fatto che l’uomo sia nel mondo “l’unica creatura che Dio ha voluta per se stessa”, non dobbiamo necessariamente pensare ad un’assolutizzazione dell’uomo tale da sostituire l’assolutezza divina o da identificarsi con essa. Il volere una cosa per se stessa non significa necessariamente volerla come fine ultimo, ma può essere un’espressione enfatica per esprimere l’alta dignità della cosa voluta o desiderata.
In quanto l’uomo è creato ad immagine e somiglianza di Dio, certo resta infinitamente inferiore a Dio; eppure possiede qualcosa di altamente nobile che lo rende un bonum honestum, che è appunto ciò che è buono di per sé; il che non toglie che a sua volta possa e debba essere ordinato ad un bene ulteriore, assoluto sotto ogni punto di vista, che è Dio.
Non parliamo forse di “valori assoluti” quando parliamo dei princìpi e delle leggi morali? E non sarà in certo modo “assoluta” quella persona umana che li incarna? Non parliamo di “sacralità” della vita umana? E il sacro non è forse imparentato col divino? E’ ovvio che con ciò non siamo autorizzati a sopprimere la distanza tra il creatore e la creatura. Ma possiamo forse sospettare che il Concilio voglia una cosa simile?
Quanto poi al fatto che in Cristo la natura umana venga “innalzata ad una dignità sublime”, non dobbiamo necessariamente pensare a qualcosa che vada oltre a ciò che la Chiesa ha sempre insegnato, ossia la dottrina fondamentale della figliolanza divina e della vita di grazia, che, come si esprimono anche i Padri Greci, è una certa “divinizzazione” dell’uomo, che ovviamente non è da intendersi in senso panteistico, ma, come asserisce S.Pietro nella sua Seconda Lettera, comporta nell’uomo una “partecipazione della natura divina” (consortes naturae divinae).
Quanto a Teilhard de Chardin o a De Lubac, direi che proprio non c’entrano, soprattutto il primo, anche se il secondo, con la sua non chiara distinzione fra naturale e soprannaturale (giustamente criticata dal card.Siri), sembra o innalzare troppo l’uomo o abbassare il soprannaturale.
Più grave invece è la posizione di Teilhard, con la sua teoria della materia che “si supera” diventando spirito, la falsa concezione della creazione e la negazione del peccato originale. Qui abbiamo il vero nefasto antropocentrismo, del quale però sarebbe ingiusto incolpare il Concilio e, ripeto, soprattutto come cattolici, non possiamo pensare una cosa del genere perché anche la dottrina sull’uomo è materia di fede, dove la Chiesa di un Concilio non può sbagliare.
Con tutto ciò concordo con Lei e con Mons.Gherardini che sarebbe bene che il Papa chiarisse definitivamente quei passi del Concilio, che potrebbero prestarsi ad interpretazioni eterodosse o moderniste e che da troppo tempo sono appunto impunemente sfruttati dagli eretici per avallare le loro eresie.
P. Giovanni Cavalcoli, OP