Appendice sull’orgoglio reggiano – di Patrizia Fermani

… una volta sfilavano le minoranze per far valere le proprie pretese, ora sfilano i nuovi poteri per manifestare la propria forza. Questo spiega bene perché gli orgogliosi di Reggio Emilia, insieme ai manutengoli laici o chierici, abbiano accolto con tanto sconcerto l’eventualità di una processione riparatrice a vantaggio delle loro anime.

di Patrizia Fermani

vedi anche l’articolo Paralipomeni ad una moderna batracomiomachia“.

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Di fronte ai tanti paradossi che ci affliggono, siamo tentati spesso di trovare conforto attivando il senso del ridicolo. Così sulla vicenda di Reggio Emilia, si è anche scherzato, un po’ per la miseria dei fatti, l’arroganza ottusa dei protagonisti, la pochezza dei comprimari, e un po’ perché quella dell’ omosessismo al potere è diventata una farsa stucchevole, che un pubblico abituato ormai a tutto, è incapace di interrompere dicendo “basta” e andarsene senza aspettare la fine..

Ma lo spettacolo si è spinto tanto avanti, anche per il beneplacito di quanti potevano e dovevano fermarlo fin dalle prime battute, quando il suo pezzo forte è diventata la “manifestazione” pubblica, la sfilata per mostrare a tutti il bello delle inclinazioni sessuali particolari. Gli orgogliosi hanno sfruttato così a scopo promozionale, lo strumento con cui il popolo faceva valere le proprie ragioni verso i poteri costituiti in nome delle libertà repubblicane e del pluralismo democratico. Su questo aspetto determinante del fenomeno vale la pena di tornare, prendendo spunto ancora una volta proprio dai fatti di Reggio Emilia.

La libertà di riunione consacrata dall’articolo 17 della Costituzione, è una delle espressioni più significative delle libertà democratiche. Mentre il Testo Unico di Pubblica sicurezza aveva distinto fra “riunioni, cortei e cerimonie religiose”, la formula dell’articolo 17, volutamente indeterminata, lascia la possibilità di infinite varianti. E torna in mente la oceanica ostensione di schiene musulmane sul sagrato di piazza Duomo, a Milano, prova generale di uno spettacolo destinato a ripetersi su chissà quali e quanti sagrati in omaggio al pluralismo religioso adottato democraticamente anche dalla chiesa .

L’articolo 17 non pone neppure limiti di contenuto alle riunioni in luogo pubblico, e per esse è stabilito soltanto l’obbligo del preavviso alle autorità che, stando alla lettera della norma, possono vietarle soltanto per motivi di sicurezza e di incolumità pubblica. Però l’ampiezza demagogica della formula, non deve trarre in inganno. Infatti anche la libertà di riunione non può non fare i conti con i principi fondamentali dell’ordinamento e con i limiti imposti anche ad ogni attività lecita regolata dal diritto pubblico o privato, oltre a quelli previsti per la stessa libertà di manifestazione del pensiero dall’articolo 21 della Costituzione che vieta gli spettacoli e le altre manifestazioni contrarie al buon costume. Fra questi limiti figurano dunque in primo luogo l’ordine pubblico, e il buon costume, senza ovviamente considerare quelli tracciati dalle norme penali vigenti (artt 414-421 del codice penale) .

Dunque anche le sfilate di variopinti e variegati diversamente sessuati o sessuandi, dovrebbero essere consentite almeno nel rispetto dei requisiti negativi dell’ordine pubblico e del buon costume.

Il concetto di ordine pubblico generalmente riconosciuto come un limite naturale delle libertà, desumibile dal sistema, ha un contenuto ben più ampio della “sicurezza” e della “incolumità pubblica” indicate dall’articolo 17, e va identificato nelle condizioni che assicurano una “tollerabile convivenza tra i cittadini”.

Il buon costume invece, coincide prevalentemente con la morale sessuale tutelata dalla stessa legge penale, e rimane anch’esso quale limite generale di ogni attività giuridicamente rilevante, nonostante tante progressive conquiste di “civiltà”sembrino offuscarne il significato.

Si può mettere da parte, per il momento, il criterio dell’ordine pubblico, dando per scontato che la sfilata degli orgogliosamente diversi non lo comprometta in linea di massima, anche se non è detto che prima o poi un gruppo di genitori esasperati per le lezioni di “mala éducacion”, per dirla con Almodovar, impartite a cielo aperto ai propri figli, non decidessero di venire alle mani con tanti generosi ed estemporanei educatori in parata per le vie cittadine.

Veniamo invece al limite del buon costume. Ora è evidente che queste manifestazioni pubbliche di esaltazione dell’omosessualità sono state autorizzate finora, perché ritenute non offensive della morale sessuale. Qui sta il nocciolo della questione, e bisogna chiedersi quali criteri siano stati adottati per arrivare a questa conclusione.

Una prima ipotesi è che il buon costume sia considerato un criterio normativo ormai anacronistico perché i nuovi costumi sessuali non rispondono più ad alcuna regola oggettiva, sicché di fatto non esiste più una morale sessuale. Tesi ardita che abiliterebbe qualunque comportamento che abbia a che fare con la sfera della sessualità. Se non esiste più un codice di comportamento legato alla vita sessuale, significa che tutto è diventato lecito in questo campo, a cominciare dalla pedofilia e dall’incesto. È questa del resto la conseguenza obbligata dell’idea rousseauiana che vuole ogni istinto sia buono perché naturale e che il concetto di natura coincida con la realizzazione di una libertà individuale illimitata: ciò che l’uomo fa o vuole è naturale e quindi anche buono. Idea in grande spolvero in questa postmodernità tutta emozioni e benessere, ma tuttavia non ancora riconosciuta dai testi di legge, quale principio regolatore dei comportamenti socialmente rilevanti. Se passa l’idea irresponsabile, peraltro già insinuata, che il diritto debba avallare tutto quanto passa il convento delle idee libertarie, si finirà per togliere tragicamente alla legge quella irrinunciabile funzione di contenimento degli istinti e delle pulsioni che serve a rendere vivibile la casa comune. In ogni caso, anche qualora per assurdo si desse per superato il criterio del buon costume, per eliminarlo dall’ordinamento giuridico, occorrerebbe intervenire sulle norme esistenti, a cominciare da quelle costituzionali, dato che la nostra è una costituzione rigida non modificabile in via interpretativa.

Occorrerebbe insomma procedere allo smantellamento di una buona parte del sistema giuridico, cosa che neppure l’onnipotente magistratura di regime è in grado di allestire soltanto a colpi di sentenze. Dunque finché non intervenga una pesante e generalizzata modifica delle norme vigenti, non si può certo sostenere che il buon costume sia stato eliminato dal sistema.

Una seconda ipotesi, capace di spiegare in modo più verosimile perché certe manifestazioni non vengano giudicate contrarie al buon costume, è che si ritenga ancora esistente un codice di morale sessuale, ma che certi fenomeni considerati ieri immorali debbano essere considerati oggi pressoché innocui o in ogni caso indifferenti. Sicché anche per la legge si sia ridotto lo spettro dei comportamenti contrari al buon costume, fra i quali non figurerebbe appunto la propaganda e la esibizione dell’omosessualità, diventata una variante normale della sessualità, originaria o magari frutto di libera scelta.

Di certo i padri costituenti non avevano messo in conto che un domani prossimo venturo, la ostentazione della pederastia per molte amministrazioni locali non sarebbe rientrata fra le offese al buon costume, in barba a questo, alla pubblica decenza e ai diritti costituzionalmente garantiti ad altri soggetti.

Dunque il limite del buon costume non può non essere ancora vivo e vegeto, visto anche in che modo una sussiegosa tutela della morale sessuale, in Italia come all’estero, serve tuttora per annientare in modo efficace gli avversari politici. Il limite del buon costume è formalmente ancora presente e vincolante nel dettato costituzionale, e tutte le manifestazioni più o meno oscene dei diversamente orientati,orientabili e orientandi, sono abusi commessi in disprezzo dei diritti individuali e dell’interesse collettivo con il concorso delle autorità competenti.

Tuttavia, anche se concedessimo per assurdo che l’offesa al ”buon costume” non arriva più a comprendere la esibizione pubblica dell’omosessualità, anche in questo caso vi dovrebbero rimanere ricomprese quanto meno le esibizioni oggettivamente oscene che normalmente accompagnano le allegre brigate, da sole più che sufficienti a giustificare il divieto di questi cortei. A meno che anche l’oscenità non debba essere considerata un concetto superato. A questo punto però, e tanto per stabilire approssimativamente quale residuo contenuto dare al buon costume, bisognerebbe sapere se altri comportamenti attinenti alla sfera sessuale siano ancora immorali, per esempio sfilate inneggianti alla prostituzione o alla pedofilia, o promotrici del sadomasochismo, sempre che già non siano comprese nel menù dei manifestanti orgogliosi.

In ogni caso se un’idea di morale sessuale sopravviva ancora nella coscienza foss’anche di una minoranza, non si vede perché questo valore non debba essere tutelato, anche in ossequio ad altri principi costituzionalmente garantiti e ad altri diritti come quelli alla libertà di educazione e alla libertà di coscienza. Infatti si pone in ogni caso il problema dell’eventuale conflitto tra interessi protetti dall’ordinamento. Eventualità ricorrente per ogni branca del diritto che viene risolta generalmente in base al principio del bilanciamento degli interessi. Se il conflitto è insanabile, come nel caso della reazione per legittima difesa, si deve dare la prevalenza all’interesse più meritevole di essere tutelato ai fini del bene comune. Dunque anche qualora si fosse concesso che l’esibizione disinibita di anomale tendenze sessuali (diciamo a buon diritto anomale dal momento che gli orgogliosi si autoproclamano essi stessi “diversi”), non fosse ritenuta contraria al buon costume, questo non basterebbe ad escludere il conflitto con il diritto garantito dall’articolo 29 ai genitori di educare i propri figli alla normalità della normalità sessuale.

E così arriviamo di nuovo ai fatti e misfatti di Reggio Emilia con la pretesa dei diversamente orgogliosi e dei loro sodali di oscurare ogni posizione critica, in nome della democrazia ovviamente, ma soprattutto del potere acquisito. La “manifestazione”, nelle sue varie forme, nasce come espressione del diritto di manifestazione del pensiero, per la soddisfazione di interessi collettivi o di categoria. Ma esperienze recenti stanno a dimostrare che questo significato si sia quasi capovolto e a sfilare è chi avendo già il potere, vuole piuttosto ostentarlo anche per intimidire i sudditi più o meno recalcitranti. Questo fenomeno si è presentato con stupefacente evidenza in un recente affollatissimo corteo milanese. L’immigrazione africana e musulmana è stata ideata, programmata e finanziata per mettere fuori gioco l’Europa continentale e seppellire la sua cultura millenaria, che non potrà sopravvivere alla barbarie grazie alla sabbia del deserto, come è accaduto a Leptis Magna. Eppure soltanto un’epoca dissennata può vedere le vittime designate sfilare a favore del proprio annientamento, dietro ai loro beneficiari diretti, mentre promotori e finanziatori se la ridono in disparte. A Milano sfilava, accanto alla ottusità ideologica, all’ignoranza e all’alto concetto di sé delle “belle persone”, il vuoto di una civiltà ormai a perdere, mentre i notabili arabi in talare islamica in cima al corteo  rassicuravano i confratelli che il bottino europeo sarà più cospicuo delle ricchezze incommensurabili accumulate in casa. Insomma, una volta sfilavano le minoranze per far valere le proprie pretese, ora sfilano i nuovi poteri per manifestare la propria forza.

Questo spiega bene perché gli orgogliosi di Reggio Emilia, insieme ai manutengoli laici o chierici, abbiano accolto con tanto sconcerto l’eventualità di una processione riparatrice a vantaggio delle loro anime. Lo sgomento è stato tale da indurre un prete diocesano ad invocare la scomunica per chi ha indetto la processione. Segno che ci si sta spogliando, insieme al lume della ragione, anche del normale senso del pudore.

Ma alla fine una domanda nasce spontanea: perché tutti costoro, guidati e finanziati dalle munifiche istituzioni sovranazionali, saldamente incardinati negli uffici governativi, e finalmente con un posto di riguardo a bordo della moderna barca di Pietro, perché costoro hanno paura di una processione? Forse perché troppo abituati a travestire la realtà delle cose e a giocare con le idee fasulle, si accorgono di essere soltanto una enorme, grottesca maschera di cartapesta che potrebbe sciogliersi nell’acido della verità da un momento all’altro come il potente giudice Morton nella salamoia in “chi ha incastrato Roger Rabbit”?

Di certo non hanno messo in conto, tanto per tornare alle rane ipertrofiche, che se il potere dà alla testa, finisce per indurre anche la morte cerebrale.

8 commenti su “Appendice sull’orgoglio reggiano – di Patrizia Fermani”

  1. Mi rivolgo a Catholicus ed a tutti coloro i quali hanno ” frequentato” il sito Anonimidellacroce. Andate sul sito delle Apparizioni della Madonna di Anguera cioè www Madonna di Anguera.it messaggi. E vedrete nel messaggio ultimo del 23 maggio 2017 realizzarsi ciò che la Beata Caterina Emmerick e Fra Cristoforo avevano preannunciato riguardo la Santa Messa e la persecuzione. Grazie per la pubblicazione, Nicola.

    1. Grazie dell’informazione, caro Nicola, provvederò subito a visitare il sto di cui lei parla. Mi spiace aver perduto Fra Cristoforo, come mi dispiacque quando chiuse Fides et Forma di Francesco Colafemmina; un altro evento spiacevole è stato, recentemente, anche la chiusura dei commenti sul blog Radio Spada. Speriamo non si vada spegnendo la voce della Resistenza Cattolica Antimodernista, indispensabile per la salvezza delle anime dal drago modernista, almeno di quel piccolo resto di cui si parla nella Sacra Scrittura.

  2. normanno Malaguti

    Articolo Splendido, da cui trarre le opportune conseguenze e senza alcun timore.
    Piuttosto, invitiamo i pervicaci ostentatori di oscenità a un salutare TIMOR DI DIO!

  3. gentile Dottssa Fermani,
    concordo con lei.
    Certamente hanno reagito in modo così scomposto perchè hanno paura, tanta paura di essere spazzati via, sciolti nell’acido o ingoiati nella pancia della terra.
    Nulla di più sano per le nostre anime che pregare pubblicamente per loro.
    Non riesco a non pensare alla gioia che ci sarà nei Cieli per questa processione!
    Sia lodato Gesù Cristo.
    Giuseppe

  4. Caro Catholicus anche io sono rimasto dispiaciuto per la chiusura di anonimidellacroce ma non è detto che non ricompaia sotto altra forma come ho richiesto a Fra Cristoforo, durante i tempi delle persecuzioni che non mancheranno, per guidare spiritualmente i cattolici che vogliono rimanere fedeli al vero Magistero della Chiesa. Segnalo inoltre a proposito di blog cattolici doc il sito iI Ponte Levatoio di Massimo Viglione ( dove però non sono ammessi post dei lettori) . Il Professor Viglione è un grande storico del Risorgimento che scrive anche su il Timone ed è quindi una garanzia di cattolicità doc. Consiglio inoltre , per rendersi conto di cosa siano le Apparizioni della Madonna ad Anguera di vedere su youtube il video della conferenza di Don Leonardo Maria Pompei ( un Sacerdote davvero Santo) sulle Apparizioni di Anguera. Chiarirà gli aspetti specifici di questa Apparizione che lui ritiene credibile e veritiera. Un caro saluto.

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