Camerino, bella e ferita. I ricordi e l’oggi – di Pucci Cipriani

“Già, (diceva la vecchietta) perché qui noi, per chi vien dalla porta di strada si sta al primo piano, ma dalla parte dei bastioni, che se lei si affaccia e non lo sa, gli parrà che la terra gli sia sprofondata d’un tratto sotto gli occhi, c’è tutta l’altezza della rocca, che è tanta. Perché, questa casa, vede, fu costruita proprio dentro le mura del castello, che sarebbe la fortezza. E qui c’era il torrione propriamente. (…) Massimo, sistemata la questione dell’alloggio, avrebbe subito voluto andare all’Università, ma il bidello che gli era tornato al fianco gli annunziò che oggi è domenica, se mai il professore se lo fosse dimenticato, e che a quell’ora di certo negli uffici non ci troverebbe nessuno. E per di più il suo laboratorio e l’aula per le lezioni non stavano proprio nel palazzo grande dell’università, dove c’è il rettorato, la segreteria, la facoltà di legge e la biblioteca, ma dalla parte opposta della città (ovvero Camerino – n.p.c.) proprio sopra i bastioni, che son gli stessi di qui i quali giran tutto intorno e, quando è bello, farseli a passo a passo per il viale è una passeggiata che incanta”.  (Carlo Alianello descrive Camerino in “Il Mago deluso” – ed. Mondadori 1947).

di Pucci Cipriani

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zcamerino1L’altra sera, tornando a casa – avevo però sentito, nel mio paese che è sulla “dorsale appenninica” e nel mio appartamento che è al quinto piano, la scossa di terremoto delle 19,10 del giorno precedente – ho trovato un messaggio di Gabriele con le foto di Camerino letteralmente distrutta dal terremoto e, non lo nego, un senso di angoscia mi ha attanagliato il petto e un groppo mi è preso alla gola…nel vedere il corso di Camerino devastato e quella bella piazza, con il portico dell’Università e la cattedrale, pieni di macerie…”Sic transit gloria mundi…” ma mi sono tornate alla memoria anche le immagini, assai simili, del terremoto di Amatrice, nel mese di agosto quando durante la notte, per l’intensità e la durata delle scosse, i lampadari di casa mia andavano da una parte all’altra della stanza…e poi la notizia del disastro, la conta dei morti.

Non riuscii a mettermi in contatto con gli amici camerti e davanti ai miei occhi balzarono, come in una sequenza cinematografica, mille ricordi e mille immagini…a cominciare dai primi anni Sessanta, quando, allora quattordicenne, andai dopo una rappresentazione teatrale serale de “Il barbiere di Siviglia”, insieme al tenore Marco Bacchi (Lindoro) che aveva interpretato l’opera, con  alcuni amici borghigiani, a festeggiare, al Ristorante “Gli Artisti” ovvero da “L’Oste Barbaro”,  il successo di quel nostro giovane “camerata” (noi eravamo allora iscritti, ahimè, alla tricolorata “Giovane Italia”) che ci presentò Amilcare Giovannini e che si era laureato in farmacia all’Università di Camerino. Quella serata fu memorabile e io la descrissi nel mio libro: “L’Altra Toscana: Memorie di un Conservatore” (Controrivoluzione 2005) :

“…Marco Bacchi si era laureato, insieme al Dreoni, il farmacista di Barberino di Mugello, all’Università di Camerino…Io ero tutto orecchi e sentivo parlare di questa mitica Università dove la Destra (il FUAN) aveva una percentuale di voti che arrivava al settanta per cento: porca miseria, ecco un’Università davvero seria!). E poi le belle ragazze, lo spirito goliardico che lì esisteva ancora, le burle, la neve che, quando cominciava a cadere faceva mulinelli che giungevano fino a tre metri di altezza e poi la bellezza della città che ti avvolgeva in quella stupenda atmosfera del medio Evo.

Dentro di me c’era già il progetto di andarmene a vivere a Camerino. Feci mille domande anche perché, ormai, il vino dell’Oste Barbaro aveva fatto il suo dovere e lo scilinguagnolo era sciolto, e non riuscivo a levarmi dalla testa questa città di sogno dove – ci fu detto – dei comunisti non si sentiva nemmeno il puzzo. Poi brindammo ancora: alle femmine camerinesi (camerti , ci riprese il Dreoni), al FUAN, ai suoi dirigenti, al cameratismo, alla goliardia (della quale, onestamente, non me ne fregava un fico secco), alla libertà e financo alla neve…poi i brindisi non si contarono più mentre le brocche si svuotavano freneticamente…Fu una serata indimenticabile e, quando verso le cinque di mattina, uscimmo, decidemmo tutti che la prossima riunione si sarebbe tenuta a Camerino. Ahi umane promesse! Ahi vino spumeggiante e traditore! (…) Passarono, poi, i giorni, i mesi, gli anni  e Camerino andò nel dimenticatoio, ma non quella serata spumeggiante che ricordo ancora con tanta nostalgia, anche perché molti commensali d’allora, sono partiti per un viaggio assai più lungo e non per quella mitica località a cavallo tra le Marche e l’Umbria”.

Così come “C’è un’ora nella vita che riscatta nel bene tutti i peccati e riconduce a Dio…”, c’è talvolta anche una telefonata che non ti aspetti e che ti fa allacciare il mondo passato con il presente. E la telefonata arrivò nel 1989, dal presidente del FUAN di Camerino, Fabrizio Di Stefano (oggi anche lui farmacista e deputato della destra, ma, a differenza dei tanti buzzurri, un signore d’altri tempi) che mi invitava, insieme al Giudice Mignini di Perugia, a Domenico Del Nero e a Franco Samorè, a parlare sulle “Insorgenze antigiacobine  in Italia”…ovverosia sulla nostra Vandea, sulla gloriosa “Controrivoluzione” da cui prese il nome la nostra rivista che, proprio a Camerino, fu “battezzata” e della quale, proprio ieri è uscito il n.125 (il secondo della nuova serie) per merito dell’editore Marco Solfanelli.

La “dolce visione” di Camerino – arrivai proprio quando c’era una bella festa paesana – mi avvinse, insieme alla calorosa e amicale accoglienza di Fabrizio e degli altri ragazzi del FUAN…e quella piazza del Duomo era proprio come io mi ero immaginato: una città elegante con tanti studenti – qui ancora, almeno mi parve, non era arrivato lo studentume con le zecche, la “massa” della contestazione pilifera contro l’acqua e il sapone – e poi quei portici bellissimi dell’Università dai quali, affacciandosi, si poteva ammirare il panorama incantevole della vallata. E, all’interno dell’Università, la mitica “Aula Betti”…e Fabrizio, perfetto Cicerone, che ci portò a vedere i posti più belli, davvero da mozzafiato, delle Marche!

Ricordavamo, proprio la domenica scorsa, con l’On. Di Stefano e la moglie, la Signora Marianna, quei tempi e quel mio soggiorno nella casa dell’esponente della Destra Universitaria, in una camera da letto, dove campeggiava un manifesto di D’Annunzio (ammiro il poeta ma non altrettanto il “personaggio”, a differenza di Fabrizio che ammira e il poeta e il “personaggio”) che, durante la notte, mi guardava male con quegli occhiacci satanici che mi inquietavano…e poi le riuscitissime conferenze, alla luce di un intelligente “revisionismo” che, allora, esisteva a destra, la fraterna amicizia con Di Stefano che da allora – ovvero da una trentina di anni – non si è mai perso uno degli annuali Convegni della Tradizione, da me organizzati, presso la “Fedelissima” Civitella del Tronto.

Poi un’altra telefonata nel 2000 riallacciò ancora i fili: era un giovanissimo “sciupafemmine” montecatinese, allora ventenne, studente di diritto, presso l’Università di Camerino e Presidente del FUAN, oggi valente avvocato nella città del Liberty e delle terme, che mi invitava a tenere un Convegno sul “Libro Nero del Comunismo italiano”. Manlio, “er gatto”, lavorava insieme a un allora altrettanto giovanissimo studente di lettere antiche presso l’Università di Macerata, il camerte Stefano Carusi “la Volpe” e insieme formavano davvero una micidiale “macchina da guerra” e quando il Carusi – oggi sacerdote fedele alla Tradizione e alla Santa Messa nel rito romano antico, la Messa di sempre e di tutti, Docente di teologia morale e Direttore della rivista di teologia on line “Disputationes theologicae” – prendeva di mira qualcuno diveniva il “Martello degli infedeli” e, anche l’altro, Manlio, “er Gatto”, non era da meno…ne sa qualcosa una ragazza, di cognome Vacca, che, durante una riunione di iscritti al FUAN si dichiarò “di destra sì, ma favorevole all’aborto”….

zguareschiE il “Convegno” sul Comunismo fu fatto e c’erano tutti, insieme a me, a Stefano e a Manlio: Luciano Garibaldi, Fabrizio Di Stefano, don Bruno Lima, Pierangelo Maurizio…e in piazza, davanti all’Università, l’intero battaglione mobile dei Carabinieri di Macerata, in assetto di guerra. E poi, durante la notte, come i pipistrelli, i “compagni” a distribuire volantini fuori dal tempo : “I compagni e le compagne, dicono no a questa ennesima provocazione fascista e sapranno reagire etc. etc”.

Alla partenza, all’indomani, avevamo soggiornato, con Manlio, nel bel palazzo avito della famiglia Carusi, la sua macchina, una Mercedes nera, non voleva partire: per due giorni fu tenuta in officina e smontata completamente: non c’era niente di guasto…ma la macchina non ripartiva, finché don Bruno Lima non fece, con l’acqua Santa, uno speciale esorcismo…e la macchina ripartì e arrivammo in Toscana sani e salvi…alla faccia di chi aveva fatto “la fattura”. Raccontai l’episodio in un fondo sull’edizione toscana de “Il Giornale”.

E poi, ancora, conferenze (nell’Aula Magna e nella Aula Betti) su “Il Geniale Guareschi” con i figli di “Giovannino”, Alberto e Carlotta (clicca sul manifesto a destra per ingrandirlo), la presentazione del libro sulla “Storia della Destra” di Piero Vassallo…e quella Messa in rito romano antico, quella “Messa clandestina” e guareschiana, nel mese di maggio “sì caro a Maria”, alla presenza dei figli dell’autore di don Camillo (Carlotta se n’è andata lo scorso anno), e di tanti amici tra cui Giovanni Cimino, Marras, e Zeno…quello che, quando tornò, nelle prime ore del mattino dalla discoteca, bussò, ripetutamente, al convento dei frati francescani chiedendo “un cappuccino”…E, nel Duomo di Camerino, la cerimonia più bella e commuovente: la prima Messa tradizionale di don Stefano Carusi e la sua benedizione particolare, presenti tutti gli amici di un tempo e anche don Cecchin, con tutte le sue decorazioni e Ascanio Ruschi al quale narrai, per tutto il viaggio, le “imprese” di tanti anni fa quando, almeno con me, c’era ancora una bella e piacente Signora, la Signora Giovinezza…che ahimè se n’è andata per non più tornare….

Ecco, quando l’altra sera ho visto le foto di quella città distrutta ho sentito che con quelle case, con quei palazzi, con quel campanile crollato, se n’è andata anche un po’ della mia vita e, sentendomi impotente, non sapendo cosa fare per quella gente sulla quale, ora, caleranno come gli avvoltoi, i politici della sinistra al potere per accaparrarsi gli “appalti”, come fanno le cooperative e la Caritas con gli immigrati, mi son venuti a mente i versi che il Foscolo scrisse per la sua “Zacinto”: “Tu non altro che il canto avrai del figlio/ o materna mia terra…” . E mi par di sentirlo litigare don Stefano Carusi , con il quale, finalmente, mi son messo in contatto: “Dai, Pucci, da quando in qua sei nato a Camerino….”

Ed io che son rimasto affascinato da questa città e dalla sua gente e dalla sua “malìa” – e qualche cosa ci deve essere se quelle persone, legate ai ricordi di Camerino, son tutte rimaste nel mio cuore e io le rammento sempre con affetto – avrei risposto a don Stefano Carusi, se non avessi avuto il nodo alla gola mentre mi narrava della distruzione della città, che proprio lui, insieme a Manlio, mi nominarono “Novello camerte” ovvero “cittadino di Camerino” quando, dopo il Primo Convegno, nel 2000, mi regalarono il libro “Storia della Città di Camerino narrata in compendio dal Marchese Patrizio Savini ” con questa dedica:

Al carissimo Pucci, amico e Maestro, novello camerte “estote cives et pugnate Camertes” – Stefano e Manlio 

E mi dispiace tanto che Camerino, che tra l’altro ha dato i natali a Ugo Betti, grande letterato e drammaturgo, anziché avere il Canto di Ugo Foscolo si debba accontentare di questo mio povero scritto…che dedico con il cuore a questa nobile città perché, con l’aiuto di San Venanzio, che affrontò il martirio per la Fede durante la persecuzione dell’Imperatore Decio, possa risorgere.

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zcamerino

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zsantamariainvia

10 commenti su “Camerino, bella e ferita. I ricordi e l’oggi – di Pucci Cipriani”

  1. Esiste veramente un’Italia “della dorsale appenninica”, con caratteristiche sue, che accomunano paesi e città anche lontanissimi fra loro.
    Le vie lastricate, spesso assai curate, concepite come “ambienti condivisi in cui vivere”; i punti focali dei borghi (chiese -a volte Cattedrali; scuole -a volte Università; sedi amministrative…) percepiti come vitali da tutta la popolazione; l’intenso legame con i territori circostanti, sono presenti in tutto l’Appennino.

  2. e oggi e’ arrivata un’altra ferita crudele inferta dal terremoto.
    Che DIo abbia pieta’ di noi.
    E ci salvi dal terremoto e dai “ricostruttori”

    1. I ricostruttori sono lì per “fare” un “Cuore d0Italia” SENZA DIO. Esattamente ciò che volevano fare a Messina (fulcro del Regno delle Due Sicilie, e per questo ipermassonizzata dalla metà dell’Ottocento) centosette anni fa

  3. E’ iniziata la GRANDE TRIBOLAZIONE con cui DIO si accinge a purificare l’Italia dai troppi peccati sociali commessi negli ultimi 50 anni e la Sua Santa Chiesa dai tradimenti dei Suoi ministri….la misura è ormai colma! Che Bergoglio rinunci al suo sacrilego viaggio di domani in Svezia per non attirare ulteriormente l’ira di Dio su Roma!

  4. Può darsi che la mia sia un’ipotesi campata in aria ma, riflettendo sul fatto che questi terremoti umbro – marchigiani che si susseguono da agosto hanno causato solo pochissime vittime, a fronte di immani distruzioni di edifici e chiese, penso che siano da interpretare come un avvertimento della Misericordia di Dio, piuttosto che come un castigo dato all’Italia.
    In genere, gli avvertimenti inducono ad una riflessione. Chissà se, in questa luttuosa occasione, Renzi e Bergoglio faranno una riflessione sui loro sciagurati comportamenti!

  5. Personalmente credo che il terremoto sia stato un monito al Papa Francesco per frenare il suo slancio versoi Lutero e la sua riforma, cerca di giustificare il suo atteggiamento vedendo nel monaco ribelle tracce di ecumenismo e di verità, tace invece sui contenuti del Concilio di Trento mettendone in dubbio le decisioni, lo stesso dicasi per tutti i pronunciamenti dei Papi che lo hanno preceduto.
    La Tradizione viene cancellata, i laici non sanno più se credere in una Chiesa che viene smentita da un erede di Pietro, se si può smentire un filone dommatico che è un architrave secolare per la Chiesa perche seguire gli altri precetti inseriti nel catechismo e con essi i Sacramenti ?

  6. Giuseppe De Rosa

    Salve. Non sono di destra (ma nemmeno di sinistra). Però sono camerinese e non posso che ringraziare per questa bella pagina su Camerino.
    Giuseppe De Rosa

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