CEFALONIA: CHI HA DATO HA DATO E CHI HA AVUTO HA AVUTO – I motivi per cui NON festeggerò il 17 marzo l' Unità di QUESTA Italia – di Massimo Filippini

PREMESSA

 

L’Autore di questo articolo, avv. Massimo Filippini, non è uno storico “di professione”. Non ha pennacchi e alamari accademici, non appartiene a Istituti Storici foraggiati con denaro pubblico. Eppure ha fatto il lavoro che molti storici non hanno saputo – e sopratutto non hanno voluto – fare.

Filippini è figlio del maggiore Federico Filippini, comandante del Genio della Divisione Acqui. Il maggiore Filippini fu tra gli ufficiali fucilati dai tedeschi a Cefalonia, nel quadro delle ostilità tra truppe italiane e tedesche, nel clima di caos politico e militare del dopo otto settembre. Su Cefalonia venne imbastita dalla storiografia “ufficiale” una leggenda che addirittura vedeva nei combattimenti “il primo atto di resistenza ai tedeschi”. Il numero delle vittime variava, a seconda degli autori, tra i 9.000 e gli 11.000 uomini. Praticamente l’intero organico della Divisione. Inoltre la storiografia ufficiale attuò un vergognoso rovesciamento di responsabilità, dando la qualifica di “eroi” a due ufficiali subalterni, Apollonio e Pampaloni, che con uno scriteriato attacco ai tedeschi, attuato senza aver ricevuto alcun ordine in proposito, accesero la miccia dei combattimenti e delle successive rappresaglie tedesche.

L’avvocato Filippini voleva sapere la verità sulla morte di suo padre. E ha così iniziato un lavoro storico che ha dimostrato le vere responsabilità, gli atti di insubordinazione, gli ambigui comportamenti di molti “eroi” del dopo, e ha clamorosamente ridimensionato il numero delle vittime. Con paziente lavoro di ricerca sugli stessi archivi dell’Ufficio Storico dello SM Esercito, Filippini ha riscritto la storia di Cefalonia. O meglio, l’ha scritta, perché quanto c’era prima non era storia, bensì agiografia difesa dalle zelanti sentinelle rosse della retorica resistenziale.

Su Cefalonia l’avvocato Filippini ha pubblicato tre libri. Vi segnaliamo in particolare la prefazione scritta per uno di essi dall’illustre storico Luciano Garibaldi, collaboratore anche di Riscossa Cristiana. Potrete trovarla cliccando qui, e a questo punto sarete nel sito che Filippini ha dedicato alla vicenda di Cefalonia. Uno strumento indispensabile per chi voglia realmente sapere la verità.

Insomma, il nostro amico avv. Massimo Filippini ha un difetto assolutamente imperdonabile nell’Italia dei sepolcri imbiancati: ha un testardo e invincibile amore per la Verità. E sempre questo testardo amore per la Verità lo ha spinto a scrivere l’articolo che pubblichiamo, sperando di risentire presto questo prezioso e sincero amico.

PD

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” CEFALONIA: CHI HA DATO HA DATO E CHI HA AVUTO HA AVUTO”

I motivi per cui NON festeggerò il 17 marzo l’ Unità di QUESTA Italia

di Massimo Filippini


Mi sono spesso chiesto se in Italia essere rimasto orfano di un ‘Caduto per la Patria’ all’età di 7 anni – come chi scrive- abbia comportato un qualche risarcimento morale e/o materiale della grave menomazione subita da parte di quella stessa Patria per la quale il proprio Genitore morì.
Per me e la mia famiglia si è trattato solo di una pia illusione o meglio di una gran delusione non avendo ricevuto alcunché da parte della Patria e per essa dallo Stato che a mia Madre non concesse né uno straccio di pensione perchè il marito –morto per la Patria- non aveva ‘maturato’ il minimo, né un qualche risarcimento milionario ‘una tantum’ come usa farsi oggi.
Nulla di tutto ciò: si dovette trovare un lavoro e con immensi sacrifici tirò avanti due figli dei quali nessuna delle associazioni dedite al piagnisteo sugli orrori della guerra e sui poveri orfani da questa causati, si curò mai.
Dimenticavo: l’unico riconoscimento ‘morale’ dato a mio Padre fu la qualifica di ‘Partigiano Combattente’ che attribuì ‘a posteriori’ detta qualità ad un Ufficiale del Regio Esercito ignaro di essere tale quando venne assassinato dai nazisti !. Tutto qui.magg filip
E’ un po’ poco si dirà ma non si deve dimenticare che l’Italia è il paese dove vige il principio del ‘chi ha dato ha dato e chi ha avuto ha avuto’ e quindi se c’è qualcosa di cui lamentarsi ciò va fatto solo contro il destino che ha voluto che si nascesse in un paese del genere.
Nel mio caso poi al danno si è aggiunta la beffa del trattamento ricevuto dalle FFAA che ha reso ancor più cocente il dolore per la perdita subita e il conseguente rimpianto di non aver avuto i natali altrove magari in Papuasia.
Si è dato il caso infatti che, avendo partecipato come Relatore ad un Convegno indetto sulla vicenda nel 2007 presso il Comando Generale della GdF, io abbia scambiato alcune parole con l’attuale capo dell’Uff. Storico E. I. col. A. Zarcone sulle cifre delle Vittime di Cefalonia risultate circa 1/5 come dai documenti da me rinvenuti proprio in tale Ufficio, rispetto a quelle da sempre quantificate in 9/10.000, e quanto egli mi disse mi lasciò esterrefatto come dagli stralci sotto riportati da un articolo che scrissi successivamente:
http://www.italiaestera.net/modules.php?name=News&file=article&sid=7668

Per quanto riguarda queste ultime (le cifre nda) la conferma di tale atteggiamento ‘negazionista’ ci è venuta da un colloquio di recente intrattenuto con l’ attuale capo Ufficio Storico E. I. col. Antonino Zarcone il quale, molto gentilmente ma senza mezzi termini, ha detto che la storia ‘ufficiale’ non può essere modificata neanche in presenza di documenti successivi -quelli da noi scoperti- anche se essi furono ‘secretati’ (rectius: OCCULTATI) per quaranta anni da quelle stesse Autorità che oggi si mostrano refrattarie a qualsiasi modifica sulla vicenda che proprio a causa di tale occultamento – da loro compiuto – è risultata completamente ‘taroccata’ perfino nel numero delle Vittime”. (…) “Ciò spiega, dunque, il poco edificante e reticente silenzio che il Ministro della Difesa, Parisi, e i Capi di S. M. della Difesa e dell’Esercito hanno riservato ad una mia lettera del 26 settembre 2006 in cui, prospettando il risultato delle mie ricerche chiedevo loro di dare conferma o altro riscontro circa i nuovi dati numerici del presunto sterminio da me ricavati in detti Tabulati”. (…) “Detto questo e rilevato che tale comportamento delle massime gerarchie militari ha leso non tanto e non solo il diritto di chi scrive ad essere informato su un dettaglio importantissimo di un fatto storico nel quale – a differenza di chi siede sulle poltrone ministeriali – il proprio Padre lasciò la vita, osserviamo che anche il diritto degli studiosi di storia seri ed onesti ha subìto un grave ‘vulnus’ stante l’eloquente silenzio delle FFAA da cui – come ci sembra di ricavare dal nostro colloquio con il Capo Ufficio Storico E. I. – siamo obbligati a concludere che alle stesse non interessa la verità ‘oggettiva’ dei fatti ma solo quella che fa comodo non tanto a loro ma soprattutto al potere politico: la cosiddetta verità “ad usum delphini” in merito alla quale il nostro paese gode di un invidiabile primato nel confezionarla”. Quanto sopra conferma l’esattezza della metafora di cui al titolo dell’articolo aggravata dalla più completa e ottusa irragionevolezza da parte delle gerarchie Militari poiché, in base alla loro perversa logica, si arriverebbe a conseguenze aberranti anche in altri campi come ad esempio in quello giudiziario dove sarebbe impossibile chiedere la riapertura di un processo terminato con una condanna definitiva qualora siano emerse prove a distanza di tempo che dimostrino inequivocabilmente l’innocenza del condannato: ciò in omaggio al principio che la sentenza non andrebbe riscritta..
La Storia scritta non si riscrive, dicono dunque le FFAA consapevolmente o meno a rimorchio delle verità prefabbricate dalla storiografia dominante –quasi sempre di Sinistra- in decenni di strapotere durante i quali è lecito presumere e nessuno ce lo toglie dalla testa che essa abbia inserito suoi abili esponenti anche nelle FFAA con un’operazione simile in tutto e per tutto a quella compiuta nell’ambito della Magistratura. A questo punto ritengo sia il caso di riportare –a conferma di quanto sopra- una lettera del Capo Ufficio Storico EI pubblicata il 28/2/2009 dal Corriere della Sera con un mio commento in calce ad essa:
“ESERCITO:L”ATTIVITA’ DELL’UFFICIO STORICO
“Scrivo in merito alla lettera apparsa sul corriere del 23 febbraio relativa alla difficoltà di accesso a biblioteche e archivi da parte della società italiana per lo studio della storia contemporanea. Non entro, ovviamente, nel merito delle biblioteche, ma mi preme precisare che l’ Ufficio Storico dello Stato Maggiore dell’ Esercito nel 2008 ha avuto 1.288 visite di ricercatori (la sala e’ aperta dal lunedì al venerdì negli orari mattutini), ha risposto a 2.500 consulenze telefoniche e ha prodotto 1.077 risposte scritte. Le cifre che ho enumerato costituiscono un incremento del già positivo bilancio dello scorso anno. Forse questo non sarà sufficiente ma assicuro che noi operiamo con il costante obiettivo di agevolare gli studiosi -in particolare quelli esterni alla forza armata- e che stiamo mettendo in atto, a fronte di risorse sempre più scarse, tutti gli accorgimenti tecnici possibili per rendere fruibile il notevole archivio storico di cui disponiamo. Col. A. Zarcone – Capo uff. Storico Stato Magg. Esercito”.

Questo il mio commento:
“Mi domando a che serve la precisazione del col. Zarcone se poi a chi, come me, ha consultato i documenti sulla vicenda di Cefalonia riportandone IN 3 LIBRI le risultanze – COMPLETAMENTE DIVERSE DALLA STORIA ‘UFFICIALE’ – egli disse, conversando il 24 maggio 2007 al Comando Generale della G.d. F a Roma in occasione di un Convegno in cui ero Relatore su detto argomento che, comunque la ‘STORIA GIA’ SCRITTA’ -leggasi quella ‘falsa’- anche in presenza di smentite dovute a DOCUMENTI SUCCESSIVAMENTE SCOPERTI che la modifichino non può essere oggetto di RISCRITTURA (!).
Come dire ad esempio che la balla dei 9/10.000 nostri Morti a Cefalonia ” per mano tedesca” -di cui io per primo ho accertato con i DOCUMENTI dell’Ufficio Storico la FALSITA’- deve continuare ad essere considerata come STORIA realmente accaduta e che, malgrado l’esistenza in detto Ufficio della copia dell’ORDINE DI RESISTERE inviato al gen. Gandin, che SMENTISCE le menzogne raccontate sul REFERENDUM con cui i soldati avrebbero deciso di COMBATTERE -addirittura nella piena CONSAPEVOLEZZA (!) di poter essere successivamente ammazzati- si deve continuare a parlare e a scrivere anche da parte delle FFAA- di SCELTA della Div. Acqui rimasta ‘isolata e senza ordini’ anzichè di esecuzione di un Ordine di Resistere.
Sempre secondo tale teoria io dovrei continuare a credere che mio PADRE sia stato fucilato nella rappresaglia contro gli ufficiali del giorno 24/9/1943 e non -come è indicato DAI DOCUMENTI DELL’UFFICIO di cui è capo il col Zarcone- il giorno 25 a seguito della fuga dall’ospedale in cui era ricoverato con altri ufficiali (6 dei quali vennero con lui assassinati) del cap. Pietro Bianchi divenuto in seguito generale (beato lui !) e del ten. Evardo Benedetti (successivamente aderente addirittura alla RSI !).

Aggiungo che nella mia costante opera di ricerca i dati dei Caduti a Cefalonia hanno trovato piena conferma anche all’Ufficio ALBO D’ORO del Ministero Difesa di Via Sforza n.5/bis 00184 ROMA, dove sono quantificati in 1.639 (Milleseicentotrentanove) di cui -preciso per l’ennesima volta- i ‘fucilati per rappresaglia dopo la resa del giorno 22 furono esclusivamente gli Ufficiali e pochi sfortunati incappati nella tremenda vendetta tedesca come i 17 marinai adibiti al trasposrto a mare delle loro salme e poi uccisi brutalmente per farli tacere per sempre.

Malgrado ciò la balla dei 5.000 fucilati dopo la resa  –lungi dall’essere definitivamente archiviata- torna periodicamente in auge specie in occasione delle celebrazioni dell’avvenimento con il concorso attivo e fattivo in esse di rappresentanti delle FFAA il cui viso non si arrossa minimamente quando in compagnia di Associazioni che o non sanno o meglio fingono ormai di non sapere, essa viene reiterata in un turbinio di inesattezze tali da far pensare che la triste vicenda che si commemora non sia quella di Cefalonia.  
Di fronte a tutte queste circostanze qualcuno dovrebbe spiegare come il cittadino Massimo Filippini -rimasto orfano a soli 7 anni- possa tenere un comportamento ‘politicamente corretto’ equivalente all’ignorare le stesse -pur avendole scoperte ed accertate- secondo l’esempio mirabilmente indicatogli dal col. Antonino Zarcone magari mandando al rogo i propri libri ‘colpevoli’ di riportare anche le smentite sulla vicenda di Cefalonia contenute addirittura nei Documenti esistenti nell’ Ufficio del predetto che non è –mi piace ricordarlo- un negozietto dell’usato ma l’UFFICIO STORICO dello Stato Maggiore dell’Esercito Italiano.

Proprio quest’ultima constatazione mi costringe a ribadire quanto ho scritto all’inizio e cioè che mi sarà molto difficile celebrare a cuor leggero e/o gaudioso il 150° dell’Unità di un’Italia che manda i propri figli a farsi ammazzare e poi quando qualcuno –come lo scrivente-  solleva fondati dubbi non solo conferma pervicacemente che si volevano far ammazzare ma addirittura nega l’evidenza sostenendo invereconde menzogne sui fatti lasciando l’interessato solo a ricercare la verità: perfino –come s’è detto- quella relativa al giorno in cui venne ucciso il Padre. Mi dispiace non è questa l’Italia che mi piace e non vedo perché dovrei festeggiarla..    
Non aggiungo altro: credo di aver detto abbastanza.


Massimo Filippini 2 marzo 2011

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