C’era una volta un Re…  –  di Patrizia Stella

Come in tutte le fiabe, narriamo cose avvenute in paesi lontani…  ma nella realtà avvengono fatti che ci lasciano sconcertati, come il comportamento del Papa nelle celebrazioni pasquali

di Patrizia Stella

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zznzrglIn un lontano paese, c’era una volta un Re, vedovo, che aveva un’unica figlia che adorava, destinata a ereditare non solo l’ingente patrimonio, ma soprattutto le responsabilità di governo di un intero popolo. Avvenne che la figlia, Principessa, conobbe un bravo Principe e decisero di sposarsi, con grande gioia del Re che non vedeva l’ora di dare una discendenza al suo Casato. Giunse il giorno delle nozze preparate con una magnificenza indescrivibile tra il tripudio non solo della Corte e dei più alti dignitari e nobili convenuti da ogni parte del mondo, ma anche dei sudditi che amavano il loro Re perché era buono, generoso e timorato di Dio, e si impegnava perché non venisse mai meno la Giustizia nel suo Regno.

Accadde però che, proprio il giorno delle nozze, giunti davanti all’ingresso della Chiesa tutta addobbata a festa, il Re Padre prese una decisione alquanto insolita che suscitò molto scalpore perché lì per lì, davanti a tutti, affidò la figlia al suo Primo Ministro perchè la accompagnasse all’altare, e si congedò lasciando come giustificazione questa dichiarazione pubblica: “Cari sposi, ministri e dignitari tutti, visto lo sfarzo della cerimonia e, per contrasto, la miseria di molta gente, ho deciso di far festa con gli ultimi, e pertanto chiedo scusa a tutti gli invitati e i partecipanti, ma in coscienza ritengo doverosa la mia presenza in mezzo ai poveri piuttosto che in mezzo ai ricchi.”

Lo sgomento che ne seguì fu indescrivibile, a tal punto che qualcuno svenne, altri se ne andarono indignati imprecando contro il Re perché veniva meno a un suo preciso dovere di padre, oltre che di regnante, mentre la promessa sposa, con un coraggio da leonessa, procedette a testa alta in mezzo alla Chiesa, accompagnata dal Primo Ministro, fra una schiera di militari in alta uniforme parati a festa che le facevano ala e scudo, verso lo sposo che l’attendeva trepidante ai piedi dell’altare, e senza indugio diedero inizio alla cerimonia, desiderosi com’erano di poter coronare quanto prima il loro progetto d’amore col matrimonio.

All’inizio della cerimonia religiosa si ebbe un silenzio sepolcrale perché molti invitati si sentivano come imbarazzati e quasi coperti di vergogna davanti a questo gesto plateale di umiltà del loro Re, povero con i poveri, mentre loro sfoggiavano indumenti preziosi adatti all’occasione. Tuttavia, mano a mano che i minuti e le ore passavano, si notava un malcontento e un nervosismo generale con commenti duri e severi che non lasciavano dubbi: “Ma i poveri sono sempre qui con noi, perché non andare a festeggiare con loro in qualunque altro momento? Perché umiliare in questa maniera la sua unica figlia tanto amata proprio nel giorno delle sue nozze, rovinando la festa a lei, allo sposo e a tutta l’immensa folla dei sudditi composti ugualmente di ricchi e di poveri i quali avevano almeno il diritto di godere di questa cerimonia unica e irripetibile? Questo insolito gesto potrebbe oltretutto creare dei precedenti imbarazzanti, dei sensi di colpa inutili a chi ha compiti di governo, delle nuove mode o strategie pericolose ecc.”  E giù mugugni, e critiche, e malcontento, e divisioni, e perfino liti, a tal punto che un giorno così bello, se non fosse stato per l’intervento deciso e coraggioso degli sposi che cercarono, col loro sorriso, di sdrammatizzare la cosa focalizzando l’attenzione sul loro amore, si sarebbe trasformato in tragedia!

Per contro altre voci in difesa del Re si alzavano prepotenti:  “Ma no! Non capite nulla! Non vi pare sia stato un gesto esemplare quello del nostro Re? Mica ha lasciato tutti per andare a giocare a golf, ma per rimanere con gli ultimi, con i poveri, con i dimenticati! Esemplare il suo comportamento! C’è da prendere esempio per il futuro ecc. ecc.”.

Fatto sta che di tutto questo scompiglio pro o contro, una cosa ne scaturì con assoluta certezza: quell’apparente gesto di umiltà del Re, oltre a non aver affatto risolto il problema dei poveri, aveva creato molte divisioni, delle crepe insanabili, delle liti irrisolvibili nel suo stesso regno, tra la sua gente, in mezzo al suo popolo, creando discredito anche nei confronti della sua figura che aveva goduto, fino a quel giorno, della stima e dell’affetto di tutti!

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Chiedo scusa del paragone forse poco azzeccato tuttavia, con i dovuti distinguo che si devono porre in questi casi, devo confessare che, davanti al secondo rifiuto per il secondo anno dal suo pontificato da parte di Papa Francesco di celebrare solennemente la grande e unica solennità del Giovedì Santo nel “cuore” della cristianità che è San Pietro e in mondovisione con tutti i suoi figli sparsi in tutto il mondo, buoni e cattivi, consacrati o laici, ricchi o poveri, com’era sempre stato fatto in precedenza, adducendo la motivazione di un gesto di carità fin troppo plateale e pretestuoso, mi sono sentita letteralmente trafiggere il cuore, vedendo nella figlia tradita dal Re non solo tutto il popolo cristiano, cioè tutti i suoi figli che si aspettavano da lui la solenne cerimonia, ma la stessa Chiesa, che era pronta a festeggiare Gesù Cristo Sommo ed Eterno Sacerdote in uno degli eventi più importanti della storia della salvezza cristiana, per mano dello stesso Vicario di Cristo, il Papa. E questo non certo per mancanza di rispetto e di considerazione che si deve avere verso tutti, di qualunque condizione e stato sociale, ma per il rispetto sommo che si deve avere innanzitutto per Gesù Cristo e la sua volontà che precede qualunque altro motivo umano.

Ma è successo che, mentre per altri gesti sconcertanti di questo strano Papa si sono levati commenti pro o contro, critiche o lodi, perché è proprio il suo stile contraddittorio a suscitare vespai e divisioni, davanti alla decisione gravissima di rinunciare alla solenne celebrazione del Giovedì Santo, il silenzio l’ha fatto da padrone, anzi sembra che la gente abbia accolto con compiacimento questa notizia perché il Papa andava a compiere un’opera di misericordia sopraffina! E così tutti gli animi si sono rasserenati! E invece è sbagliatissimo! È una gravissima omissione passata sotto silenzio perfino da chi ne conosce bene l’importanza e la gravità: Vescovi e Sacerdoti ! “Ma perche?” Si chiede la gente che non è a conoscenza della dottrina cristiana.

  • Perché il Giovedì Santo è il primo dei tre giorni del Triduo pasquale che precedono la Pasqua, cioè la domenica di Risurrezione, giorno importantissimo, da paragonare per solennità alla stessa Pasqua perché giorno dell’Istituzione di ben due Sacramenti voluti da Gesù Cristo: il Sacerdozio e l’Eucaristia, Sacramenti fondanti e costitutivi della Chiesa Cattolica che Gesù ha in un certo senso, “convalidato, confermato” il giorno seguente, Venerdì Santo, con la sua Passione e Morte in croce. Staccare la Pasqua dal Venerdì e dal Giovedì Santo non ha senso perché sono un tutt’uno, una continuità che sfocia nella Risurrezione gloriosa! Non celebrare la Messa “In Coena Domini” del Giovedì Santo è un gesto di disobbedienza davanti a un preciso mandato che Gesù Cristo trasmise ai suoi Apostoli: “Fate questo in memoria di me!”. In un certo senso è come rifiutarsi di celebrare la Pasqua, o celebrarne solo “un pezzo”, a scelta!
  • Inoltre focalizzare l’attenzione del giovedì santo solo sul gesto della lavanda dei piedi che è marginale e secondario rispetto a tutta la celebrazione, è assai pericoloso. A maggior ragione se si pensa che Gesù lavò i piedi non a degli sconosciuti, ma ai suoi Apostoli che erano lì presenti, cioè a coloro che erano destinati a trasmettere il suo mandato e i suoi Sacramenti, mentre Papa Francesco nemmeno si recò in una Chiesa consacrata ma in un Istituto qualunque, in una stanza priva di tabernacolo a compiere un gesto che, per quanto umile e misericordioso, (neppure sappiamo se fu accompagnato o meno dalla Messa!) non poteva certo sostituire un mandato divino per volere di Gesù Cristo come quello del Giovedì Santo celebrato con Vescovi e Sacerdoti, successori degli Apostoli, e con tutto il popolo di Dio bisognoso di esser confermato nella fede soprattutto attraverso la Liturgia della Chiesa.

Questo potrebbe anche avere delle gravi ripercussioni perché, se per caso anche i Vescovi decidessero, sull’esempio del Papa, di fare lo stesso negli anni a venire? Di sostituire la celebrazione liturgica del Giovedì Santo con un gesto di carità? Ma è meglio obbedire a Dio o agli uomini? E’ più importante il mandato di Gesù Cristo, la liturgia della Chiesa dalla quale scaturiscono grazie e benedizioni divine per tutta l’umanità che ci trascendono, o le nostre iniziative personali, spesso arbitrarie, che attirano i media sul nostro “io”, privandoci però di quei doni divini che fanno la santità? E senza santità la Chiesa affonda inesorabilmente in un mare di sabbie mobili.

Forse che, alla fine, non siamo tutti dei “poveracci” pieni di tribolazioni e bisognosi della Parola di Dio, della Sua Salvezza, del suo Perdono e della sua Grazia? Forse che, alla fine, non ci presenteremo tutti, poveri e ricchi, davanti al cospetto di Dio per essere da Lui giudicati sul nostro operato? E allora finchè siamo sulla terra abbiamo tutti il dovere di aiutarci con la correzione fraterna e la preghiera perché nessuno di noi è confermato in grazia, nemmeno i Consacrati del Signore, perché tutti abbiamo il dovere di spendere bene il tempo che ci resta da vivere, con le sue tribolazioni e i suoi dolori, quel tempo da santificare che sarà la “moneta” con cui potremo comprare l’eternità.[1].

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[1] Ferdinando Rancan, La moneta del tempo, ed. Fede & Cultura.

18 commenti su “C’era una volta un Re…  –  di Patrizia Stella”

  1. Francamente sono stanco di queste cose. Il fine della Chiesa è lo stesso del suo Capo, Gesù Cristo: salvare gli uomini dal peccato e donare loro la vita eterna. Non me ne può fregar di meno della ‘carità’ mondana, voglio che la Chiesa ci conduca alla vita eterna seguendo Gesù. Se il sale è diventato insipido, tanto vale buttarlo

  2. Pienamente d’accordo. Bello e significativo il paragone con la storia del Re che abbandona la figlia. C’è un significato di confermazione Sacerdotale nella Messa del Giovedì, che è cardine e fondamento di tutto quello che segue il Venerdì e la Domenica. Le tre cose (Giovedì Venerdì e Domenica) o stanno assieme o non stanno. Putroppo (il Signore mi perdoni, ma è quello che penso), non si è tardato a “scimmiottare” immediatamente. Nella mia Parrocchia, per prima volta in assoluto, quest’anno il Parroco ha fatto la lavanda dei piedi ai “papà”. Per fortuna, pur essendo anche io un “papà”, mi è stata risparmiata la partecipazione attiva. Non è finita. Messa del Venerdì Santo e Veglia Pasquale in un’altra Parrocchia di un’altra città. Il “leit-motif” della omelia: la Chiesa dalle .. “ginocchia forti” (non mi ritengo una persona dotata di intelligenza sopra la media, anzi tutt’altro, perciò vi chiedo aiuto: che vorrà mai dire ‘sta storia delle .. “ginocchia”?) e la Chiesa “senza formalismi” (detto poi che, come ho letto da qualche parte, forse proprio su Riscossa Cristiana, ma non ricordo con precisione, Gesù ci teneva eccome alla forma ed all’educazione, basta vedere come “cazziò” a dovere il fariseo che lo aveva invitato a pranzo senza porgergli l’acqua per fargli lavare le mani ecc…). Ma vede, cara Patrizia, la cosa preoccupante è forse un’altra. Come ho avuto modo di scrivere in un altro mio precedente post su Riscossa Cristiana, c’è a mio modo di vedere una strana “eterogenesi dei fini” in atto. Ci si preoccupa che la Chiesa “non diventi una onlus” (parole testuali, al’incirca, del Pontefice, o sbaglio?), ma si sta facendo di tutto perchè ad una onlus la Chiesa sia ridotta.

  3. Mi pare che Papa Francesco in uno dei suoi primi discorsi abbia affermato che la Chiesa senza annunciare Cristo si ridurebbe ad una semplice Onlus. Be a me pare che con questo ennesimo gesto sconcertante si sia contradetto.

  4. l’abolizione dei paramenti splendidamente ricamati e sostituiti dalle squallide “cappe di zorro”, la costruzione di chiese simili ad autorimesse, la censura dei solenni canti liturgici e la loro sotituzione con canzonette insipide quando non sciocche, la comunione nelle mani, i preti vestiti come facchini, le omelie comiziali e/o pirandelliane, i gesti teatrali, le futili mostentazioni ecc. sono segni dell’irruzione nella Chiesa cattolica di una teologia demagogica : “ammirate la nostra umiltà e il nostro pauperismo! applaudite la nostra fedeltà alle opinioni democratiche e ai gusti della massa educata dai giornali d’indirizzo laicista! approvate il nostro magnifico camaleontismo! venerate il nostro conformismo e il nostro disprezzo della solenne liturgia! gustate la nostra splendida mondanità! “

    1. i tabernacoli messi negli angoli o negli sgabuzzini, per trovare il SS. bisogna fare il giro delle sette chiese, spesso il cero è spento, senza fiori, e al posto di Gesù l’uomo prete e il MAXISCHERMO. Ragazzi ma non se ne può più.

  5. Grazie Patrizia …concordo e condivido ogni singola parola del tuo articolo.
    Vorrei aggiungere un solo mio pensiero e cioè che mi sembra, purtroppo, e dico purtroppo con rammarico, che si stia cercando , dopo 2.000 anni, di trasformare il CRISTIANESIMO in …UMANESIMO.
    E la “cosa” personalmente non mi piace.
    Come ci suggerisce la Madonna …preghiamo incessantemente. Sempre di più.
    Marta

  6. Stravolgimento totale del dettato evangelico , alimentato specie nella storia piu’ recente da certe ideologie e da partiti ‘ dde ssinistra ‘ , anche se in questo caso si dovrebbe dare un’ occhiata a cosa fu il peronismo. Gesu’ mai disse o fece capire che i poveri avessero status spirituali particolari , diritti propri per nascita , né fossero per natura piu’ bravi , belli e buoni o piu’ riconoscenti dei non poveri . Né reclamo’ mai particolari ‘ politiche dei redditi ‘ o ‘ redistribuzioni delle ricchezze ‘ imposte dallo Stato , ma propose azioni volontarie e libere . Ormai purtroppo sembra stia rientrando dalla finestra un sessantottismo di bassissima lega , che sembrava ormai essere stato cacciato fuori dalla porta principale. Avevano ragione Amerio e Guitton , nella Chiesa si stanno perdendo di vista le essenze e a volte si rincorrono farfalle . Si ricominci a spiegare , anche nei Seminari e a vari sacerdoti e Vescovi, cosa intendesse Cristo per ‘ poveri di spirito ‘ e si rilegga il Vangelo per quello che dice , non per quello che si pensa che dica . Il resto ci sara’ dato in piu’ . Basta con la creativita’ ermeneutica , da cui deriva quella liturgica.

  7. Marina Alberghini

    D’accordo con Patrizia Stella.Continuando così che differenza ci sarà fra il papa e Gino Strada, per esempio?Questo pauperismo scatenato, specie di rozzo comunismo, che non è certamente il fulcro del messaggio evangelico, se non è una “posa” per far dimenticare tante nequizie, comincia a diventare imbarazzante come certe malattie mentali.Cristo non era una specie di barbone fra i barboni, amava andare a pranzo dagli amici anche quelli ricchi, il suo primo miracolo fu l’apparizione del vino alla tavola di nozze, segno che dava grande importanza alla gioia che nasce dalle buone cose di questa terra, rimproverò Marta per il suo spendersi in cose fattive quando anche l’olio per ungergli i capelli era segno di amore sublimato.Il Vangelo non è scritto da un don Mazzi qualsiasi o da un Castro, non divide l’umanità in buoni-i poveri-e cattivi-i ricchi-, non è così banale,e senza amore.

  8. Grazie Patrizia, continua ad illuminarci con i tuoi sapienti interventi.
    «Ti benedica il Signore e ti custodisca. Il Signore faccia risplendere per te il suo volto e ti faccia grazia. Il Signore rivolga a te il suo volto e ti conceda pace» (Nm 6,24-26)

  9. Annarosa Berselli

    Era proprio necessaria, durante le celebrazioni pasquali, da parte di p. Cantalamessa, tutta quella tirata contro il denaro?
    E se i soldi fossero guadagnati con il sudore della propria fronte, come dice Dio nella Bibbia, oppure necessari
    per comprare il pane, sarebbero ugualmente sporchie e maledetti? Ancora con lo sporco denaro e la vile moneta?
    Che lagna!

  10. non dimentichiamo il magnifico saggio di Marcel de Corte, “La grande eresia”, gli scritti di Nino Badano, i “fondini” del card. Siri nella rivista Renovatio e la lettera pastorale “I complessi d’inferiorità del clero” e il saggio “Getsemani” – fin dagli anni Settanta era evidente la gravità e la tragicità degli errori teologici e filosofici “esplosi” nell’infelice Vaticano 2 – adersso all’orizzonte si profila uno scisma…

    1. Ha ragione…se il Sinodo dovesse andare come si augura Kasper (profanazione volontaria del Corpo di Cristo, matrimonio non più indissolubile, adulterio tollerato (e quindi, per coerenza, anche i rapporti prematrimoniali), contraccezione tollerata (gran parte di essa è contraccezione abortiva e quindi omicida), eventuale uscita di un nuovo “catechismo” in cui saranno “rivisti” o aboliti il 5°, il 6° e il 9° Comandamento) lo scisma sarà inevitabile e, per la prima volta, il Vaticano si troverà dalla parte SBAGLIATA di esso, avendo scelto di tradire Dio e le Sue immutabili Leggi per inseguire i capricci degli uomini: la Chiesa sopravviverà nel piccolo gregge che rimarrà fedele a Dio!

      1. Il fatto è, caro Diego, che “il Vaticano” è solo lo strumento operativo e la base territoriale della Sede di Pietro, che per definizione è “Santa”.

        Ci troviamo nella situazione descritta esplicitamente da padre Cavalcoli, prima di essere manadato “in campagna”: il Clero è dominato dalla fazione neomodernistica, specie nelle posizioni medio-alte; il Papa non può fare affermazioni solenni contro la Fede e la Morale, per l’Infallibilità

        1. Caro Raffaele, già parecchi Papi hanno fatto affermazioni INFALLIBILI e IRREFORMABILI (dogmi), e anche le parole di Cristo sono infallibili: se un Papa dovesse fare un’affermazione in evidente contrasto con un dogma avrebbe fallito per definizione (a meno che non si voglia negare l’infallibilità di tutti i Papi precedenti) e se quanto afferma contrasta con ciò che ha detto Cristo si DEVE stare dalla parte di Cristo (VIA, VERITà e VITA), altrimenti si esce dal Cristianesimo e si entra nella papolatria.
          Il Concilio Vaticano Primo ha stabilito dogmaticamente che l’infallibilità papale è al servizio del Deposito Della Fede e che non può essere usata contro di esso: quindi un Papa che cercasse di modificarlo sbaglierebbe.
          Le faccio due esempi: 1)se un Papa dichiarasse ex-chatedra che lo Spirito Santo non esiste secondo Lei un Cattolico è vincolato a credere a una tale dichiarazione?
          2)Se un Papa dichiarasse, ad esempio in un Sinodo, che il Matrimonio NON è indissolubile, Lei crederebbe alle parole di Cristo, o alle parole del papa?
          L’eventualità del secondo esempio forse si verificherà al prossimo Sinodo, se ciò accadesse dovremo scegliere se stare con Cristo o se tradirLo…non sono argomenti di cui faccia piacere parlare, ma dobbiamo essere pronti a TUTTO…vari dottori della Chiesa hanno già preso in considerazione l’ipotesi di un eventuale papa eretico!
          La prego di rispondere con sincerità alle due domande che Le ho fatto e la invito a leggersi l’articolo “LA GERARCHIA DEL MALE”, pubblicato su “Riscossa Cristiana”.

          1. Caro Diego, la ringrazio per le domande, che consentono di mettere a fuoco un punto decisivo.

            Premettiamo che abbiamo un Papa che, psicologicamente e per ambiente, inclina ad affermazioni errate. Basta riferirsi alla telefonata alla signora argentina, o alla stima per il card. Kasper (ne ha parlato Lui, non è un’illazione).

            Detto questo, io affermo che Egli, come tutti i Suoi predecessori, NON PUO’ fare dichiarazioni solenni contrarie alla Fede o alla Morale. Questo per l’infallibilità garantita da Cristo.
            Di conseguenza la risposta alla prima domanda è: “ipotesi non realizzabile”.

            Più delicata la risposta alla seconda. Sono già venute e presumibilmente verranno indicazioni errate, purtroppo. Il nostro ruolo è quello di non seguire tali indicazioni, costatando però che non sono affermazioni solenni.

            In realtà, si avverte dolorosamente un forte sbalzo, perché abbiamo alle spalle un secolo di Papi eccezionali, che hanno lottato per Cristo e per la persona umana contro gli orrori del mondo e gli sbandamenti della Chiesa (tranne papa Giovanni, che non era di questa tempra).
            Adesso abbiamo, drammaticamente, un Papa “normale”: un gradino improvviso verso la pochezza della condizione umana

  11. Caro prof. Vassallo, vorrei ricordarle anche gli splendidi libri di Jean Madirain, tra cui “L’eresia del XX secolo” e “L’accordo di Metz”, che ho recentemente acquistati, Madirain era davvero un grande scrittore ed un ancor più grande cattolico. Al confronto, i vari don Mazzi, don Ciotti, don Sciortino (et similia) fanno proprio una pessima figura. Un caro saluto

  12. Grazie a cattolico, che ha ricordato il grande Madiran (ma ha dimenticato di citare la pessima figura di padre Livio Fenzaga…) cordiali saluti, p.v.

  13. Anch’io, cara Patrizia, mi sono sentita trafiggere il cuore (e forse dovremo prepararci a lasciarcelo trafiggere di nuovo).
    Concordo inoltre con molti dei commenti qui riportati. Anch’io ho la sensazione che si vada più verso l’uomo che verso Dio. Certo le due realtà sono connesse: ma io amo l’uomo perché tendo a Dio (l’esperienza ce lo dice: più si va verso Dio e più si impara a vedere nell’altro una creatura amata dal Creatore), è Lui il primo.

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