Come barare al gioco e vivere infelici. L’esempio del Foglio

Il giornalismo di regime, come è noto, soffre della grave malattia che, oltre ad altri malanni, induce a vedere e a far vedere la realtà in modo capovolto. Una malattia che non ammette cure palliative e pare ormai incurabile. Anche quando la gran parte dei lettori vittime dell’inganno vengono svegliati dalla evidenza delle cose e non credono più a quello che leggono, gli illusionisti della penna di regime non cedono ai ripensamenti e neppure ai sensi di colpa e continuano a raccontare tranquillamente la stessa favola secondo copione, senza pentimenti.

Un caso emblematico, ma anche particolarissimo, è quello di Giuliano Ferrara, che dopo aver inalberato a lungo la bandiera del pensiero non allineato, oggi è ferocemente asserragliato nella fortezza dell’impero militare e finanziario, intento a sventare i tentativi di fuga dei prigionieri, cioè di noi che vi siamo rinchiusi.

Personalità complessa e contraddittoria, che le circostanze e la fantasia hanno portato di volta in volta dall’albergo sovietico in cui è cresciuto alle Frattocchie, dalla Cia a casa Berlusconi, fino ai dintorni del Quirinale passando per il Nazzareno. Uno che dopo essere stato affascinato dalle raffinate modulazioni del pensiero ratzingeriano si è trovato subito a proprio agio con la grossolana blasfemia del successore, passando così dai principi non negoziabili a quelli fai da te. Che ha potuto inventarsi un partito antiabortista ma sul presupposto che in ogni caso vada rispettata la volontà abortiva delle donne, che ci ha fatto portare in piazza Duomo l’acqua per Eluana Englaro condannata a morte dai giudici della Repubblica pur continuando a celebrare l’apoteosi in vita di Pannella e Bonino.

Quando poi è arrivato dal cielo lo sfregio all’amata Manhattan, si è incarnato in Bush figlio, ha ripetuto con lui che il male andava sradicato in medioriente da dove veniva e dove si ammassavano in un furgone color panna le armi di distruzione di massa, pronte per essere utilizzate contro la popolazione civile a destra e a manca. Così gli è andato bene tutto, perché tutto era a fine democratico e di pace eterna. Iraq, primavere arabe spontanee come i bonsai, la c.d rivoluzione ucraina. Tanto per non perdere un colpo. Certo con qualche riflessione filosofica sulla esportabilità della democrazia per non sembrare a corto di pensiero e sfoggiare quel dubbio metodico che è gioiello sofisticato indispensabile nel guardaroba intellettuale di chiunque voglia tenersi discosto dal volgo profano.

Poi però il giornale di élite e destinato alle élites ha dovuto fare i conti con le centinaia di migliaia di morti ammazzati dagli importatori di democrazia. Con l’incendio dei pozzi petroliferi. Con l’impiccagione di Saddam all’uso del far west: il sensale si attacca la stella di sceriffo, stringe il cappio e sprona via il cavallo da sotto il prigioniero. Quello che si dice il valore della tradizione. Ha dovuto fare i conti con la distruzione di una storia e di una sovranità.

Ma una personalità complessa, geniale e passionale, le cui contorsioni si riflettono spesso in un periodare sconnesso, ateo morso dal genio del cristianesimo, non poteva non affrontare il problema della responsabilità e quello contiguo della colpa. Del senso di colpa di chi è stato moralmente vicino al carnefice e ha spiegato a tutti che uomo di buon cuore fosse costui, ma non vuole ammettere di avere preso lucciole per lanterne.

Di qui un curioso articolo comparso in prima pagina sul “Foglio” di sabato scorso che la dice lunga su come si possa capovolgere la realtà per accordarla meglio con la propria coscienza, per non dover mortificare un ego ingombrante e qualunque puntiglioso pregiudizio politico di aver creduto ad una realtà vergognosamente falsificata e di continuare a volerla credere tale, come il famoso marito cornuto.

Non è per mero interesse psicoanalitico che vale la pena di leggere quell’articolo. Va letto perché spiega bene come possa accadere che, di fronte ai soprusi inauditi perpetrati sulle moltitudini, queste oggi stentino a ribellarsi in modo efficace, e possano essere tenute in scacco dal potere di pochi, anche solo in virtù della propria acquiescenza. Una acquiescenza che la penna di certi cantori di regime sono in grado di indurre ogni giorno con discorsi più scervellati che scellerati.

Ecco dunque che Ferrara ammette di soffrire, e molto, perché moltitudini di povericristi partiti a piedi dall’Africa subsahariana con mogli e figli piccoli, invece di trovare lo stato ben ordinato che avevano immaginato, trovano l’inferno tribale scatenato dalle follie colonialiste europee con il riluttante appoggio obamiano. E non dice che quelle traversate non potrebbero mai avvenire se non fossero pianificate organizzate e finanziate da altri interessati. Soffre perché paghiamo il despota turco per deportare come gli conviene i profughi siriani, ma non si ricorda da dove vengono i profughi siriani.

Soffre per i tagliagole jihadisti disumanizzati in spaventosi campi curdi, ma si scorda di dire che quei poveri tagliagole sono stati reclutati, organizzati e pagati da altrettanti figuri in giacca e cravatta o in palandrana islamica per creare il caos in cui sguazzare, e che alcune migliaia di essi sono stati rimessi in arnese e già spediti in Albania dove si scaldano in attesa di nuovi ordini superiori.

Ma soprattutto, e qui viene il bello, trova disgustoso e immorale che ci si accordi con gli “assadisti” dopo una lunga guerra di sterminio e assedio del popolo e della nazione siriana. E a questo punto ci si deve chiedere a chi ascriva Ferrara la guerra di sterminio e di assedio del popolo e della nazione siriana. Per caso proprio a quelli che chiama con evidente disprezzo “assadisti” ovvero seguaci di Assad? Così suggerirebbe la sua sintassi.

Ma non basta ancora, perché saltando di palo in frasca, senza vedere il fosso, vola agli annegamenti, “uno ogni due fermati”, dovuti alla linea continua che unisce Minniti a Salvini oltre “lo squallore dell’esibizionismo nazipop” (sic!). Ora, dice, per fortuna c’è un altro governo al quale tanti benpensanti possono chiedere democraticamente conto del modus procedendi, perché discutere è sempre fecondo, come lo fu ai tempi dell’11 settembre, e delle successive guerre americane e, pensa a… Guantanamo, “come un miraggio di equilibrio giuridico, politico e militare…” (!).

Ed ecco finalmente il nocciolo ideale di questo farneticare a ruota libera: “quella stagione di guerra occidentale ebbe un senso dichiarato, si voleva rifare la mappa del medio oriente in nome di una idea regolatrice di libertà”, anche se poi “il pacifismo occidentale rovinò il progetto”. Accidenti! Dunque ci siamo. C’era di mezzo il grandioso, alto ideale di volere rifare una parte del pianeta secondo un altrettanto elevato ideale. Peccato che sia sfumato dopo tanto spreco di bombe. L’orso russo deve avere rovinato la festa e spento quelle grandi speranze. Questa però ce la risparmia.

Alla fine dopo essersi immedesimato in una coscienza collettiva già globalizzata di cui sembra farsi portavoce, gli rimangono due certezze: 1) Non si sente in colpa perché, alla fine, lager, usurpazioni territoriali, ammazzamenti e naufragi fanno parte di un atroce destino storico. Hic sunt leones, qui voleva andare a parare. Il misterium iniquitatis in fondo può anche essere un buon modo per risolvere il problema delle cattive coscienze. 2) Sente invece, appunto in quanto membro e rappresentante della comunità internazionale, la responsabilità politica di detta comunità che non ha saputo governare l’inferno.

Allora bisognerebbe spiegargli che la colpa c’è ed è anzitutto quella di continuare a nascondere la colpa, incommensurabile, di chi si è sentito tanto forte da poter potere schiacciare l’aggredito, attraverso i milioni di morti, nella furia di volersi appropriare della roba d’altri, e in un delirio di onnipotenza quasi più demenziale che diabolico. Purtroppo le farneticazioni di un soggetto confuso e contraddittorio diventano il non pensiero di onesti e disarmati lettori che affidano ad altri la fatica di pensare a posto loro, e si liberano anche della possibilità di ricredersi.

Sotto il pezzo di Ferrara, il Foglio ha esibito anche una invettiva del meno immaginifico direttore sulla sedicente lotta, sempre rinverdita in mancanza di meglio, dal pensoso governo presidenziale all’antisemitismo che, esalato dal sostrato nazipop, pare stazioni in permanenza come una nube tossica sulle immacolate coscienze democratiche e quirinalizie.

Il direttore del “Foglio” è anche lui troppo immacolato per essere sfiorato non solo dal dubbio metodico, ma neppure da quello più terra terra che una certa signora di veneranda età possa essere stata assunta quale scudo umano per poter sparare liberamente sugli ultimi lacerti della libertà di pensiero. Mentre si avvia la costruzione di nuovi lager in cui chiudere appunto le orde ancora a piede libero dei famigerati nazipop.

Insomma c’è veramente da preoccuparsi, ma per ragioni che il direttore del “Foglio”, troppo emotivamente e moralmente impegnato, non può cogliere. Infatti quando la scemenza si organizza, e prende in mano il potere, e produce norme, allora diventa molto pericolosa. Basta elencare tutte le più recenti conquiste di civiltà, quelle che essa ha prodotto specie in quest’ultimo decennio, volte a garantire la involuzione della specie sui ben noti modelli parlamentari più progrediti, con il concorso esterno della ex chiesa cattolica.

Insomma bastava avere la pazienza e lo stomaco di leggere quella prima pagina del “Foglio” di sabato per capire come da un lato ci si possa concedere ancora il lusso di imbrogliare la gente, coprendo la realtà e il senso di colpa con la carta velina dei propri miraggi. E dall’altro, come un potere ottuso, incapace di elaborare nulla di sensato, tenti di tenersi in piedi brandendo la maschera tragicomica dei falsi principi, ma trovando anche il sostegno di chi è sempre disposto a smerciare in prima pagina l’aria fritta già cucinata nel retrobottega governativo.

Ma forse, di fronte al disincanto ormai diffuso, questa stampa cieca, sorda e pur sempre libera da sensi di colpa, si avvia a diventare più inutile che dannosa.

14 commenti su “Come barare al gioco e vivere infelici. L’esempio del Foglio”

    1. Una sintesi mirabile, puntuale e senza fronzoli di come l’occidente (ex) cristiano affondi nei liquami alti della sua meschinità ben rappresentata dalla corpulenta quanto ormai amorfa figura di un giornalista di regime caratterizzato solo da una immensa massa cerebrale senza connessioni. Grande la Signora Patrizia nel presentare in questa figura l’immagine speculare di una civiltà e della sua storia recente come il triste avverarsi della profezia di Nostro Signore Gesù Cristo applicata ai popoli e del loro ritorno ai demoni pagani del passato: “e la loro condizione sarà peggiore della prima”.

  1. Da ex-lettore del Foglio concordo. L’imaginifico Ferrara profitta della sua debordante cultura ma soprattutto della sua inafferrabile dialettica per inquinare i pozzi. Ho sostenuto ai tempi la sua “lista pazza” contro l’aborto e le campagne pro-vita, ma qui di sana pazzia non c’è più nemmeno l’ombra. L’appoggio all’abortista Clinton mi ha tolto gli ultimi veli, la recente affermazione “la coerenza è a volte l’ultimo rifugio delle canaglie” qualifica il debordare di un ego che risponde solo a sè stesso. Quanto a Cerasa (una strategia al giorno, ma molto inferiore al suo mentore) mi pare stia conducendo il Foglio alla morte definitiva, non fosse per i contributi generosi che continua senza merito a ricevere questo giornale, che presume ormai troppo dall'”intelligenza” delle teorie, ma trascura la realtà e la verità dei fatti, vedasi Siria e Ucraina.

  2. stefano raimondo

    Una volta Ferrara disse: “mi piacciono le guerre dell’Occidente”. Da uno così cosa vogliamo aspettarci? E non dimentichiamo che chi è stato comunista in gioventù conserverà sempre una certa intolleranza ideologica, una insofferenza per le diversità, una preferenza per l’universo anziché per un più tollerante pluriverso. Del giudeo-cristianesimo Ferrara ha preso l’aspetto peggiore, peraltro esasperandolo, quello del Dio unico=unica verità: chi ha altre verità non è semplicemente uno con una propria cultura ma è uno che è nell’errore, e che quindi va debitamente rettificato, eventualmente anche con la forza (si pensi all’esportazione della “democrazia”).

  3. C’è stato un periodo, anni or sono, in cui Il Foglio poteva essere letto come un raffinato e sofisticato quotidiano conservatore, con tratti di gradevole snobismo e ottimi collaboratori tra i quali Roberto de Mattei, Camillo Langone, Giulio Meotti e altri. Certo, c’erano alcune irritanti “nuance” teo-con, una squilibratissima posizione riguardo al Medio Oriente, ma nel complesso era leggibile e godibile sia pure come terzo quotidiano. Poi quella trasformazione di Ferrara e del suo quotidiano qui ben rappresentata da Patrizia Fermani. E un onesto lettore conservatore e tradizionalista si trova oggi in mano un fogliaccio liberal-radical-renziano. Plinio Corrêa de Oliveira lo avrebbe definito “trasbordo ideologico inavvertito”.
    Silente

  4. stefano raimondo

    Perfetto il commento di Silente. (Aggiungiamo che anche la polemica avviata da Ferrara contro Benigni, per smascherarne il moralismo ipocrita, fu apprezzabile).

  5. L’articolo colpisce nel segno.Il problema è che il foglio,dalla prima ad ultima pagina parla male di Salvini e Meloni.Ed usa Langone e Meotti come foglia di fico.

  6. Oswald Cobblepot (the Penguin)

    Che tristezza fa assistere alla liquefazione di uno che ambisce ad essere un maître a penser, e si riduce ad essere uno dei tanti saltimbanchi, che per quattro soldi di notorietà si dimena scomposto. Motus in fine vulgarior.

  7. tommaso chierico

    L’elefantino, al pari degli scalfari, odifreddi, augias, mancuso, melloni, spadaro e galantino – per citarne alcuni – sono così prigionieri del loro orgoglio e della misera supponenza, che difficilmente si convertono alla Verità.
    Purtroppo, sono così “potenti” da riuscire loro a convertire,……. bergoglio, per esempio.
    Noialtri, cerchiamo di continuare a sentirci servi inutili, supplicando il Buon Dio affinchè pronunci al più presto il suo basta! allo smarrimento sempre più diffuso, soprattutto nella Chiesa, liberandola da eresia, apostasia,idolatria,sodomia, simonia . . ..

    Tommaso Chierico

  8. Sono d’accordo qualcosa mi lasciava dubbioso da ex lettofre del foglio allora filo ratzingeriano .questo articolo mi ha chiarito l’inghippo mi ha dato la chiave di lettura. Saluti . Interessante la nuova formula di questo blog ex riscossa cristiana

  9. Da ex lettore del foglio ricordo che nella votazione contro l’aborto ci rimise di suo trecentomila euro. Era stato sconsigliato anche da Berlusconi perchè sarebbe stato un sicuro fallimento, ma lui si gettò lo stesso a capofitto in quell’ avventura e questo me lo rese molto vicino. Come anche la sua ammirazione per Benedetto mi fece veramente amare questo Papa. Mi chiedo oggi come faccia a supportare il successore che intellettualmente è agli antipodi, per non parlare poi della sua apostasia, conclamata con gli idoli amazzonici.

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