A marzo, chi scrive affermò che alla fine dell’emergenza Coronavirus sarebbero state più numerose le vittime economiche dei lutti, pur terribili. Non potevamo ancora sapere del tutto che il contagio si sarebbe trasformato in un immenso esperimento di ingegneria psico sociale e che alla numerose dittature cui siamo assoggettati – finanziaria, oligarchica, tecnologica – avremmo dovuto aggiungere la dittatura sanitaria, con il suo insopportabile contorno di prescrizioni, maschere, distanziamento sociale eccetera eccetera. Purtroppo, la previsione iniziale si sta rivelando esatta: nessun merito o capacità divinatoria, solo la semplice arte di fare due più due.

In più, siamo precipitati nel meraviglioso mondo della telescuola, del telelavoro, delle app per andare in spiaggia e della fantastica applicazione “Immuni”, la quale – dica ciò che vuole il governo e la caricatura chiamata garante per la privacy (privatezza non si può dire, è termine dell’antiquata lingua italiana, parlata solo da alcuni cavernicoli) – consente di tracciare i nostri corpi a vantaggio del potere di sorveglianza. Biopotere, ma inutile insistere: da quell’orecchio il gregge chiamato popolo non ci sente.

Da qualche settimana, poi, e con sempre maggiore intensità, il potere, il governo, i suoi fedeli servitori della stampa, della cultura, della scienza, hanno coniato un nuovo, sanguinoso epiteto per coloro che si ribellano alla narrazione ufficiale. Sono diventati “negazionisti”, uno stigma peggiore della lettera scarlatta marchiata alle adultere del passato (protestante). Chi non la pensa come loro – o semplicemente continua a pensare – è un appestato come i neonazisti che negano la verità ufficiale dell’Olocausto scolpita nel marmo.

Poiché abbiamo la pelle dura come il carapace delle tartarughe, evitiamo di difenderci dalle accuse strumentali – è ciò a cui vuole costringerci l’avversario – ci facciamo un’amara risata sulla libertà che non c’è e tentiamo di dire la nostra sulle modalità esistenziali che ci vengono imposte sulla scia di Covid 19, sui drammi economici e finanziari che stiamo per vivere – in cui milioni di connazionali sono già immersi – e sui totalitarismi che avanzano, apparentemente in ordine sparso, ma in realtà marciando divisi per colpire uniti.

Iniziamo dal telelavoro: una gran comodità, come pagare con la carta di credito e comprare biglietti online. Per diverse attività, questo supporrà una diminuzione dei dipendenti e insieme un magnifico risparmio per le aziende. Non più grandi uffici con affitti in proporzione; spese generali in caduta libera e concorrenza al ribasso – un’altra – tra gli aspiranti telelavoratori. Una delizia per il sistema: tutto a carico del salariato, pardon imprenditore di se stesso, salvo qualche modesto contributo a trattativa privata. Il tele lavoro rende opachi gli orari – certo, stiamo a casa, ma scommettiamo che lavoreremo più a lungo? – crea ulteriori problemi a ciò che resta della vita familiare. Meno pendolarismo e treni meno affollati, un sollievo, ma anche ulteriore solitudine. Non conosceremo neppure i nostri colleghi, non ci sentiremo legati a loro né personalmente né tanto meno come categorie portatrici di interessi.

Gli stipendi, inevitabilmente, scenderanno e per bloccare la prevedibile rabbia sociale si renderà indispensabile la distribuzione di un reddito minimo universale. Non dimentichiamo che è in pieno svolgimento, insieme con la rivoluzione digitale, l’automazione con la generalizzazione di robot in grado di svolgere un numero crescente di professioni, anche cognitive.

Il saccheggio di chi si ostinasse a lavorare e produrre renderà necessaria un’aggressiva politica fiscale, ovvero terrore fiscale, rivolto non contro la plutocrazia e i padroni universali promotori della devastazione economica e sociale, ma nei confronti di chi vive del proprio lavoro. Per essere gioiosamente accolte dalle masse – proletarizzate nel portafogli e istupidite nella capacità di giudizio – sarà indispensabile più di oggi che le politiche volute dall’iperclasse siano realizzate da governi detti “di sinistra”. Vecchia storia, lo insegnò il cinico Giovanni Agnelli: la migliore destra economica è la sinistra politica, alla quale infatti la sua classe è saldamente alleata da mezzo secolo.

Il tessuto produttivo verrà distrutto a velocità maggiore di quella sperimentata nell’ultimo quarto di secolo (perdita di un quarto delle produzioni) e le bocche ribelli o affamate saranno tappate con sovvenzioni, qualche pensionamento e mance, riservate ovviamente ai ceti e gruppi sociali più vicini alla “sinistra”. Nel frattempo, saranno stati sciolti gli ultimi vincoli comunitari che legavano i lavoratori, sempre più precari, messi in competizione tra di loro per ricevere le briciole del padrone, governativo o economico-finanziario, che in fondo è lo stesso. Tutto ciò a beneficio delle grandi multinazionali, di nuove delocalizzazioni e l’acquisto a prezzo di saldo, da parte degli avvoltoi chiamati graziosamente mercati, di pezzi interi del sistema produttivo.

Tutte operazioni per le quali occorre un clima sociale controllato, quindi governi di finta sinistra in grado di canalizzare la protesta sociale, indirizzandola verso finti nemici. Non i giganti, non i lupi vestiti da Agnelli, ma i lavoratori autonomi, gli artigiani, i piccoli proprietari. Il primo a comprenderlo fu Pier Paolo Pasolini: “la rivoluzione neocapitalista si presenta astutamente come opposizione, in compagnia delle forze del mondo che vanno verso sinistra”.

Almeno, lo capisse una buona volta la sedicente destra, che più allineata e istituzionale non si può. Anche nei prossimi anni sarà la sinistra – fucsia, secondo la fulminante definizione di Diego Fusaro – a portare a compimento il progetto. In Italia, dietro a Conte e ai figuranti a Cinque Stelle, comandano Gualtieri, l’uomo di Bruxelles, e soprattutto Vittorio Colao, il manager bocconiano delle telecomunicazioni a capo di una misteriosa “task force” governativa, che dirige da remoto, da Londra.

Telelavoro, ultima picconata alla scuola con le lezioni a distanza, generalizzazione del reddito di cittadinanza, paura. La gente, terrorizzata dal virus, in gran parte incapace di pensiero critico, bombardata dalla disinformazione a senso unico, si convince che tutte le mostruose operazioni di riconversione – economica, esistenziale, antropologica – avvengano a suo beneficio. Oltre a qualche spicciolo e al dubbio piacere di manovrare inedite app, verranno gratificati di nuovi diritti nella sfera ludica e sessuale: diritti da biancheria intima e autorizzazione alla movida con obbligo di sballo. I giovani avranno telediplomi, telelauree, telemaster che non varranno a nulla, se non per essere indicati come punteggio nelle richieste di benefici statali. Potranno telelavorare, riscuotere il reddito di cittadinanza – basso, molto basso, ovvio – diventeranno più oziosi, più mediocri e più solitari.

Esattamente come li vogliono gli iperpadroni: essenziale che siano occupati negli sballi e abbiano qualche soldarello in tasca per non farsi domande e ancor meno ribellarsi. Quando tutto andrà in malora – succederà presto – gli organizzatori del baraccone faranno come il protagonista di un film di Woody Allen: prendi i soldi e scappa.

Siamo negazionisti e pure confessi. Eppure, la democrazia dovrebbe essere tutt’altro che uniformità e conformità, come vogliono i nostri “superiori”. Neghiamo anche la validità degli interventi finanziari europoidi anticrisi. Il cosiddetto Recovery Fund (tutte le fregature vengono battezzate in inglese; questo dovrebbe insospettire il gregge, se levasse lo sguardo oltre la greppia della magra pastura) è un imbroglio, uno in più, nel tempo in cui le aste dei BTP (Buoni del Tesoro Poliennali) navigano oltre i cento miliardi, segno che l’Italia, se ne avesse la volontà politica, potrebbe agevolmente autofinanziarsi. Non ci sarà nessuna pioggia di soldi: non lo permetteranno i governi del Nord Europa, non lo consente lo stesso meccanismo, che oltretutto ha bisogno di molto tempo, mentre l’emergenza è immediata. È oggi che occorre scegliere tra vita e morte, non nel 2021.

Quanto ai soldi, le cifre vanno prese con le molle. Sempre di prestiti si tratta, da restituire con le tasse; l’unico vantaggio è un buon tasso di interesse: le cure palliative del malato terminale. Non ci resta- è la strategia del governo – che scegliere se morire di fame o di debiti europei. Gli italiani si bevono le panzane di lorsignori: è la preoccupazione di una personalità niente affatto incline al populismo e non certo di destra, il sociologo Luca Ricolfi, un liberal progressista.

Gli italiani si sono fatti rubare la democrazia senza reagire”, è la sua conclusione. Ricolfi, distinto e maturo professore torinese, sembra uno scamiciato populista quando sbotta, a proposito del livello della classe dirigente di governo: “dipendesse da me, vedrei bene a capo del governo un contadino che ha fatto il classico”. Sì, ci hanno rubato quel che restava della democrazia e non ce ne siamo accorti, paralizzati dalla paura, tra guanti, mascherine, igienizzanti e disciplinate file davanti ai supermercati. Colpa nostra: l’autore di Sinistra e Popolo.

La società signorile di massa e Il sacco del Nord, pugni nello stomaco della vulgata diffusa dal potere, ci offre una riflessione capitale: “La sinistra rinasce continuamente perché è un camaleonte senza vergogna di sé, la destra resta al palo perché non riesce a cambiare”. Soprattutto, non riesce a uscire dai suoi luoghi comuni, a cominciare dalla mitologia “legge e ordine” e dall’incapacità di prendere atto che i nemici dell’impresa sono le grandi corporazioni multinazionali.

Il Covid ci lascerà molto più poveri di prima. C’è un ulteriore problema: la società parassita di massa che stanno accuratamente predisponendo. Quando la base industriale del Paese si sarà ridotta del 20-25%, la domanda di sussidi e di assistenza del Sud non potrà che esplodere, accentuando il modello sussidi più lavoro nero già molto diffuso. Parola di Ricolfi, che iscriviamo al partito negazionista e alla corrente avversa al grottesco strapotere degli esperti e dei membri delle task force di cui si è perso il conto. “La politica ha deciso di costituire comitati tecnico-scientifici scegliendo in base alla carica ricoperta (manager e burocrati della sanità) e non in base alla competenza”.

Un ulteriore rischio è l’esplosione della rabbia sociale: “Quando la paura sparirà, o ci saremo abituati a tollerarla, molti si troveranno senza lavoro, con poco reddito, bassi consumi, molta disperazione. Questo governo sta prendendo con molta allegria soldi che non ha, e prima o poi i mercati, ancor più delle autorità europee, ci chiederanno il conto. Dobbiamo fare come in Irlanda: niente burocrazia e imposta societaria non oltre il 12.5%. E magari restituirci il voto, così almeno potremo incolpare noi stessi quando sceglieremo l’ennesimo governo di mediocri”. Non c’è molto da aggiungere, se non registrare l’amara sorpresa dello scienziato sociale per la docilità e lo scarso amore per libertà e democrazia. “Abbiamo bevuto tutto ciò che le autorità ci dicevano, senza pretendere l’unica cosa che dovevamo pretendere: serietà e trasparenza. In democrazia, ogni popolo ha i governanti (e i giornalisti) che si merita”.

Intanto, mentre tutte le aziende commerciali erano chiuse, un cantiere non si è mai fermato. Costruisce il nuovo centro di smistamento di Amazon a Pisa. Migliaia di posti di lavoro spariranno, compensati – si fa per dire – da un centinaio di assunzioni low cost di chi spedirà pacchi ordinati via computer. C’è un vasto tessuto d’impresa perdente, anzi morente, ma il capitalismo vincente macina nuovi profitti, ridisegna il mercato a sua immagine e prende direttamente le redini del mondo, ovvero si fa potere. Il potere già senza volto ha gettato la maschera nel momento in cui l’ha imposta a tutti noi. Le previsioni sono radiose per pochissimi e terribili per l’immensa maggioranza.

L’anagrafe si sposta nel salotto di casa degli impiegati, Google si fa scuola e università. Amazon, lo straricco Jeff Bezos è un benefattore dell’umanità: qualche monetina dei suoi cento e più miliardi va alla Protezione Civile. La pubblica amministrazione esulta: potrà riconvertire in lavoratori casalinghi un terzo dei dipendenti. Le immancabili “linee guida” arrivano direttamente da Londra, dal dominus Vittorio Colao. Lo Stato si prepara gioioso all’estinzione fisica delle sue istituzioni. Esternalizzerà, come già capita per le figure professionali più basse. Chiameremo per un documento o un’informazione e ci risponderanno dall’estero, da un call center in cui poveri cristi in fila davanti ad apparati elettronici, con cuffie e microfoni, faranno quel che potranno per pochi euro.

Un esponente del Club Bilderberg, Lucio Caracciolo, è chiarissimo. Bisogna prepararsi e rassegnarsi. Sarà colpa nostra se non saremo vincenti nella nuova lotta per la sopravvivenza, la darwiniana struggle for life. “A un certo punto ci sarà una parte di questo paese (ricordate: l’espressione “questo paese” è il segno sicuro che sta parlando un nostro nemico!) che troverà le energie per ricominciare a costruire un progetto insieme. Il problema è cheper arrivare a questo punto, passeremo attraverso delle tragedie, delle crisi veramente molto pesanti, perché l’Italianon è capace di trovare dentro sé stessa spontaneamentele ragioni di unprogramma comune”. Insomma, peggio per noi se non siamo così bravi nel mestiere di schiavi. Il “programma comune” di Caracciolo è l’agenda feudale di lorsignori: prima la globalizzazione, impoverimento di molti, profitti per pochi. Ora bisogna correre ancora più veloci: deve scomparire la classe media, una volta orgoglio e motore dell’Europa e dell’Occidente.

I nuovi strumenti? Il distanziamento sociale che la fa finita con le relazioni, l’amicizia, la solidarietà, la comunità. La società verrà travolta, ma “loro” vinceranno, regneranno sulle macerie della post umanità, ridotta a maschere, come aveva intuito Pirandello. Il terrore della morte ha funzionato: distrutta l’autorità di ieri, ci hanno fatto introiettare la nuova disciplina attraverso la paura, fisica e individuale. Povero Pasolini, proscritto dalla sua parte culturale e politica per avere pronunciato l’unica verità irricevibile tra i progressisti e i liberal: il nuovo capitalismo è una forma totale di fascismo, il cui fine è la riorganizzazione e l’omologazione brutalmente totalitaria del mondo.

Noi aggiungiamo che è anche una forma di volgare nichilismo. Nel bel mezzo di una crisi sanitaria, economica e civile senza paragoni, le borse salgono. Vivono in un mondo alieno, nemico e ripugnante, in cui non esistono pandemie né tensioni commerciali. L’indice Standard & Poor accumula guadagni. Sembra impossibile, illogico, ma non lo è affatto. Traiamo i giudizi che seguono dal Wall Street Journal, il grande quotidiano americano degli affari. Il mercato si preoccupa unicamente dell’evoluzione di una serie di misure.

Del resto non gli importa nulla. Scrive il WSJ: gli Stati Uniti stanno vivendo proteste mai viste da mezzo secolo, mentre tra Pechino e Washington aumenta la tensione con il pretesto di Hong Kong. Tutto ciò in mezzo a una devastante pandemia. Ma neppure questo scenario esplosivo è riuscito ad allontanare i mercati dallo stato di rilassamento in cui vivono. Il differenziale tra i buoni del Tesoro e i titoli spazzatura, inclusi quelli di settori in crisi come energia e industria, è sceso a 5,5 punti percentuali, rispetto ai 9,7 di marzo.

Insomma, tutto va bene, madama la marchesa: nessun panico geopolitico e nessun interesse per il mondo degli altri, il trascurabile 99 per cento del pianeta. Per i signori del denaro, fondamentale è che le banche centrali restino disponibili a misure eccezionali e l’atteso rimbalzo avvenga entro un anno. I dati sembrano dar loro ragione: nonostante il collasso dell’economia, i redditi negli Usa sono saliti del 10 per centro, grazie al denaro direttamente affluito dal governo alle famiglie. Proprio lo stesso comportamento dell’esecutivo italiano “de sinistra”. Se il virus si mantiene sotto controllo e le prospettive di Big Pharma restano positive, come quelle dei giganti tecnologici, i mercati stanno allegri e il toro vince sull’orso.

A pensarci bene, i negazionisti sono loro. Quello che per noi è il male, la morte, la povertà, per lorsignori è ricchezza e potenza. Confessiamo il sogno di una vita intera: svegliarci un radioso mattino e scoprire che tutte le Borse del mondo sono chiuse per sempre e gli unici mercati sono quelli rionali. La vita è sogno.

7 commenti su “Confessioni di un negazionista”

  1. Come sempre impeccabile e affascinante però, una volta preso atto della tragedia in cui siamo immersi, cosa resta da fare? Cosa si può fare per uscire da questo incubo a cui non avremmo mai creduto se ce lo avessero raccontato?

  2. Tutte cose vere ion cui io condivido anche la presentazione. E’ vero che se questo rientra nel progetto Divino qualunque cosa facciamo serve a poco. Ma questo non significa che sia solo una concessio divina che Satana sfrutterà che rabbia perchè sa che alla fine sarà Gesù il Cristo a vincere e ad instaurare il Suo regno . Ma chi la pensa così dovrebbe passare molto tempo in riflessione, lettura della scrittura, preghiera. Mentre le Chiese sono vune ed il clero (sia cattolico che ortodosso), abbassa il suo livello constantemente e Bergoglio invece di far studiare seriamente chi si prepara al sacerdozio anche insegnandogli un fluente latini ed un altrettanto fluiente canto gregoriamo. Invitato in RFussia alcuni anni fa a tenere u breve corso sulla teologia dell’Icona, ebbi modo di incontrare Parrocchie (in vero poche, ma già il seme era gettati. Dove si unsegnava lo Slavonico di San Cirillo perchè in Russdia non vogliono la traduzione in volgare delle celebrazione. Allora si insegna lo slavonico ed il canto antico fin da bambini. In Italia i preti giovani non sanno nè il latino nè il Gregoriano. Quest’anno ndella mia città metterò io in essere un corso di latino cristiano, sperando di trovare chi mi affiancherà nell’insegnare il canto Gregoriano. La nostra Chiesa in Italia, usa indifferentemente il Rito latino dell’epoca di San Gregorio Magno (cioè prima dello scisma)
    ed il rito Bizantino. Voglio vedere quanti preti cattolici giovani approfitteranno di questi corsi
    +Silvano vescovo Ortodosso

  3. Giusta la critica al nullismo della destra allineata e istituzionale, sempre pronta a recepire le sparate degli “esperti” di turno e a difendere sempre, comunque e dovunque le “forze dell’ordine”, anche quando multano chi accompagna un malato di cancro a fare la chemioterapia , scatenano droni, moto, jeeps per rincorrere chi corre in spiaggia mentre non intervengono sulle risorse che celebrano il ramadan e si assembrano, irrompono nelle chiese per interrompere Messe e schedano chi interviene alle manifestazioni non allineate

  4. Il virus ci ha dato una spallata forte, ma la nostra direzione di marcia era ben segnata anche prima. Abbiamo voluto metterci al seguito dell’America vincitrice (forse non c’era alternativa). Non siamo stati americanizzati contro la nostra volontà, lottando con le unghie e coi denti; ma, per lo più, con il nostro compiaciuto consenso, prestato decennio dopo decennio. Eccoci servito il risultato. La nostra locomotiva è impazzita e noi vagoni le andiamo appresso docilmente, di corsa verso il baratro.

  5. Rif. Confessioni di un negazionista.
    Dalle visioni della beata Anna Caterina Emmerick .
    “Vidi che molti pastori si erano fatti coinvolgere in idee che erano pericolose per la Chiesa. Stavano costruendo una Chiesa grande, strana, e stravagante. Tutti dovevano essere ammessi in essa per essere uniti ed avere uguali diritti: evangelici, cattolici e sette di ogni denominazione. Così doveva essere la nuova Chiesa… MA DIO AVEVA ALTRI PROGETTI”. (22 aprile 1823)
    Se aggiungiamo alla parola CHIESA (Cattolica) la parola UMANITA’, tutto calza a pennello per i tempi che stiamo vivendo, per cui mi sembra logico pensare che, anche per questa derelitta umanità, Dio abbia ALTRI PROGETTI, radicalmente diversi da quelli che l’infernale nemico cerca di attuare attraverso la satanica setta massonica.
    E se Dio ha altri progetti, certamente li attuerà.

  6. “I falsi pastori della falsa chiesa mentono, spergiurano, ingannano i fedeli, tradiscono le pecorelle del gregge che è stato loro affidato, le spingono verso i lupi famelici perché ne facciano strage … Bergoglio vuol cambiare la parola di Cristo: Si veda il documento di Abu Dhabi, negazione del vero Vangelo di Gesù, nel quale è scritto: Andate e predicate: e chi crederà e verrà battezzato, sarà salvo, ma chi non crederà sarà condannato. Dunque, Bergoglio è un falso pastore, e sono falsi pastori tutti quelli che vanno dietro a lui;. Bergoglio non è papa… mai nella storia si è visto un sedicente papa come Bergoglio; mai un papa si è macchiato di tali e tanti crimini contro la verità e contro la fede… il capo della Chiesa, non lo si scordi mai, è uno e uno solo: Gesù Cristo… a nessun papa spetta tracciare la via; la via è già tracciata, una volta per tutte … figuriamoci se potrebbe farlo un papa eretico, illegittimo, bugiardo, fraudolento, perfido, mendace, calunniatore, blasfemo, ipocrita, senza carità, senza misericordia, senza giustizia.
    Quel che sta accadendo nella Chiesa sta accadendo anche nel mondo. È in atto un assalto globale delle forze del male contro la luce di Cristo; i figli delle tenebre gioiscono, pensando di aver già vinto la battaglia; ma s’ingannano. L’ultima parola sarà di Cristo, il quale sconfiggerà ogni nemico, e manderà in fumo l’ambizioso progetto del Diavolo, quello di vanificare gli effetti della Redenzione”
    http://www.accademianuovaitalia.it/index.php/cultura-e-filosofia/teologia-per-un-nuovo-umanesimo/9173-figli-della-luce-e-delle-tenebre
    Così parla il professor Francesco Lamendola; parole confortanti, come un balsamo spalmato su ferite sanguinanti.

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