Dal miracolo economico alla depressione. L’impulso delle partecipazioni statali e il freno liberale – di Piero Vassallo

di Piero Vassallo

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zfnfPremiato da strepitosi/miracolosi successi, il trionfale decennio italiano – 1954/1964 – fu attuato grazie all’attività delle maestranze al lavoro nelle aziende a partecipazione statale, IRI e ENI in special modo.

I due istituti furono i volani di una economia rigorosamente mista, ovvero indenne dall’influsso esclusivo esercitato dalla soffocante/castrante ideologia liberista.

La scelta dei governanti democristiani (Amintore Fanfani in testa) fu di proseguire e rinnovare le rivoluzionarie scelte economiche avviate dopo la crisi del 1929 dal geniale economista Alberto Beneduce (un collaboratore non fascista -socialista – oggetto di una lungimirante e fortunata scelta di Benito Mussolini).

Guidato da criteri irriducibili all’ideologia capitalista, l’intervento di Beneduce produsse eccellenti risultati, la sollecita riparazione dei danni inflitti dalla guerra all’industria e il magnifico rilancio dell’economia nazionale.

L’azione riparatrice di Beneduce (e in seguito di Oscar Sinigaglia e di Amintore Fanfani) costituisce un modello che – rivisitato e adeguato all’attuale, deprimente situazione dell’economia – può risolvere felicemente la crisi economica causata dai seguaci dell’ideologia liberale.

Il problema dell’ora è infatti rigettare le incapacitanti/paralizzanti/asfissianti ingiunzioni europee, che cadono a pioggia dagli umbratili e surreali burocrati in azione a Bruxelles.

zalberto-beneduceNon alterati e obnubilati dalla mitologia intorno alla mano magica del mercato, artiglio rampante nelle tasche dei lavoratori e dei risparmiatori, numerosi e qualificati economisti militanti sono pronti ad avviare un audace piano di riforme atte ad allontanare i fantasmi del liberalismo puro.

La destra, ove fosse intesa ad uscire dalle rovine del qualunquismo, potrebbe facilmente riappropriarsi della ricchezza degli studi sociali intrapresi dai suoi più coraggiosi e acuti studiosi: Angelo Tarchi, Ernesto Massi, Giacinto Auriti, Giano Accame, Gaetano Rasi, Bruno Spampanato, Edmondo Cione, Beppe Niccolai, Dino Grammatico, Ivo Laghi, Silvio Vitale, Lucci Chiarissi, ecc..

Gli economisti militanti nella destra, allora refrattaria alla mitologia intorno alla mano magica del mercato, sostenevano e approvavano l’intervento pubblico nell’economia, una scelta avviata negli anni trenta e continuata, in conformità con la dottrina sociale della Chiesa cattolica, dalla Democrazia Cristiana degli anni successivi alle elezioni del 1953, nei quali ottenne il consenso della destra di Arturo Michelini.

Gli anni dello sviluppo furono disgraziatamente interrotti e rovesciati negli anni bui della reazione agente sotto la maschera progressista, dalle manifestazioni ostili promosse dal Pci nel giugno del 1960 e assecondate dalla fragilità dei nervi democristiani e missini.

Se l’albero si giudica dai frutti, la sterilità del liberalismo si misura dalla attuazione di un perpetuo, umiliante passaggio dalla breve, illusoria festa dello spreco gaudente alla soffocante discesa nelle rapinose e devastanti crisi orchestrate dagli alti strozzini.

Il disgusto e la pena generati dal giro perpetuo della chimera liberale si devono rovesciare nell’aspirazione ad uscire da un sistema ingiusto e fallimentare, diventato ultimamente fomite di una squallida e feroce denatalità e di una allarmante immigrazione di maomettani. Parte essenziale dell’auspicata risposta al delirio nichilista attivo sotto la maschera liberale, la sfida lanciata sulla faccia dei trombettieri della denatalità italiana è impensabile senza l’allontanamento degli incubi ineconomici, emanati da una decrepita ideologia. Di qui l’urgenza di allontanare la politica della destra dal La Russa/Meloni (s)pensiero e in ultima analisi dall’incapacitante/frusciante/strisciante incubo liberale.

7 commenti su “Dal miracolo economico alla depressione. L’impulso delle partecipazioni statali e il freno liberale – di Piero Vassallo”

  1. Chi si riempie la bocca di liberalismo oggi, non è nient’altro che un agente della pianificazione più becera e burocratica. Quelli seduti a Bruxelles non sono altro che la nomenklatura rediviva di qualcosa che credevamo annientato dalle macerie del Muro. La nuova collettivizzazione di stampo libertina e giacobina è evoluta, attraverso la tecno-gnosi, a protezione di quelle forze che hanno fatto della libertà la maschera ‘demonocratica’ della dissoluzione finale. Non occorre leggere i libri di Von Mises e Von Hayek per prendere atto dell’accelerazione Apocalittica dei nuovi titani del disordine e ne abbeverarsi alla fonte della Società prevista da Popper. Il problema è che assistiamo ad un passaggio di consegne da una burocrazia libertina a una nuova gnosi della tecnica. Un passaggio ultimo allo scatenamento delle forze infere contro l’ordine dell’Uomo e di Dio.

  2. Il miracolo italiano, però, ha ragioni più complesse, rispetto alla sola adozione del modello di economia sociale di mercato. Forse aveva ragione il prof. Valletta, il ricostruttore postbellico della FIAT: “Non esiste alcun miracolo economico; semplicemente gli italiani si sono messi a lavorare”. E’ però indubbio che il sistema liberista e neoliberista ha creato un vero disastro sociale.

  3. Caro Alessandro, la ricostruzione dell’Italia fu in qualche modo miracolosa. Ovunque rovine materiali e morali. Circolava il veleno della vendetta (cioè una pura frenesia delittuosa). L’arroganza dei comunisti non conosceva freni. Il vecchio Agnelli era “epurato”. Le auto private erano una rarità. Erano ancora in uso le tessere annonarie. La fame non era del tutto debellata. Anzi… Scioperi a gogò. Cortei di uomini che invocavano pane e lavoro. Un furente Palmiro Togliatti minacciava nuove epurazioni. Un manifesto “democratico” rappresentava il capo comunista che allontana Alcide De Gasperi a calci nel sedere. Il voto del 18 aprile 1948 fu un vero miracolo oltre che il risultato dell’azione di Luigi Gedda e dei Comitati Civici (sostenuti da Pio XII). La ricostruzione fu un miracolo attuato dalla Provvidenza che usò gli italiani refrattari all’ideologia comunista.Purtroppo i beneficiari del miracolo – i democristiani – non seppero amministrare il dono celeste. divisero il dono del cielo con i…

  4. (segue) con i laicisti ed emarginarono le destre (Partito nazionale monarchico e Msi). Il risentimento (antifascista) di De Gasperi impose scelte politiche orientate verso i c. d. partitini (Pri, Pli, Psdi) nei quali covava e fermentava un sordo e losco laicismo. Dopo De Gasperi (nel breve periodo 1954-1960) la Dc riconobbe e incontrò le ragioni del voto degli italiani e avviò una politica autenticamente moderata – la sommossa comunista del luglio 1960 contro il governo di Ferdinando Tambroni e l’ottusità della corrente almirantiana del Msi, chiusero per sempre quella felice parentesi – il cattolicesimo politico svanì nella nube dell’inautentico e si ridusse a una penosa oscillazione tra socialismo e liberalismo – ultimamente nell’incerto consumante dilemma di Matteo Renzi: o il cadavere dell’ideologia socialista o il morto vivente liberale (In privato e in segreto – in cuor suo – io penso che l’americano/acrobatico Renzi obbedisca ad entrambi i cadaveri della modernità, socialismo e liberalismo)

  5. Caro Piero, tutto giustissimo come sempre, ma vogliamo parlare di Enrico Mattei? Anche lui inattaccabile perché ufficialmente fu partigiano cattolico,ma per tutto il dopoguerra si comportò fondamentalmente come e meglio di tanti nazionalisti, con una visione realisticamente e lucidamente mediterranea, facendo dell’ENI un faro di italianità nel mondo, esempio di azienda gestita con criteri di socializzazione, e fu un protagonista di primo piano del “miracolo italiano”, insieme alle maestranze nate e cresciute nel precedente regime. Ovviamente tutti sappiamo come, perché e da chi fu eliminato. Mi basta ricordare con quale malcelato fastidio non a caso lo ricordò in un articolo su “Espresso” una delle più ululanti iene della stampa “progressista” nostrana: G. Bocca. Disse di lui che, in fondo, la figura di Enrico Mattei gli ricordava in tutto e per tutto un Federale di provincia. E detto da lui, non c’era da mettere in dubbio!

  6. Innanzitutto ringrazio Piero per l’ottima sintesi storica; ma soprattutto voglio ringraziare Nino per il ricordo di chi tento’ di dare all’Italia l’indipendenza energetica: Enrico Mattei.

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