Dalla tutela delle minoranze alla dittatura dei mentecatti – di Giovanni Zenone

di Giovanni Zenone

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zzzzidtmrcQuesta mattina al radiogiornale ho percepito con maggiore chiarezza i difetti di pronuncia dei giornalisti. Difetto grave in chi usa proprio la voce per comunicare, quasi come se un taxista fosse senza patente. Erre moscia, la gl pronunciata j (fijio invece che figlio), erre alla francese (da sinistri radical chic), per non parlare dei congiuntivi dimenticati in favore dell’indicativo…

Questo piccolo fatto, che testimonia la deriva sociale e lo svaccamento culturale e professionale, mi ha suscitato una riflessione più generale.

Ingannando i popoli le nuove dottrine sono partite dalla tutela delle minoranze, dei più deboli, dei cosiddetti oppressi, tutte cose apparentemente buone anzi buonissime. Sennonché si concludono sempre con la dissoluzione e la dittatura. Per tornare all’esempio di prima: povera giornalista, è meridionale e non sa pronunciare la gl, perché mai dovremmo “discriminarla”? E si apre la porta agli asini ai microfoni, che non sanno scrivere nè parlare ma sono del tutto asserviti alle notizie che si devono e si possono dare, come la loggia comanda. Oppure, poveri negri, che sono stati deportati e schiavizzati nei secoli passati, perché dovremmo “discriminarli”? E si finisce per avere un presidente negro schiavo dei dettami degli invertiti, degli abortisti e della massoneria finanziaria mondiale. Poveri pederasti, sono pochissimi e non trovano “l’amore”, perché dovremmo discriminarli?  E si finisce con la dittatura gender e omosessuale in tutti i campi, con la discriminazione della stragrande maggioranza della popolazione psico-sessualmente sana in favore di una minoranza di ammalati contagiosi che propagano le proprie porcherie tramite la scuola, la stampa, le leggi, il cinema… Povere donne, “discriminate” dal maschilismo, cosa possiamo fare per far finire questa ingiustizia? E si finisce con le antidemocratiche quote rosa, con le donne in carriera che fanno una vita da schiave, rinunciano alla famiglia, all’amore, alla vera realizzazione per il piatto di lenticchie di un posto di lavoro (forse) ben pagato. Poveri gli operai, i pigri, i mentecatti, gli ignoranti, i drogati, i degenerati, i poveri…

E si finisce governati proprio da loro, cominciando dai comunisti, cioè da chi non ha né testa né capacità per governare, per insegnare, per giudicare, ma per natura deve rimanere suddito, e così gli stati e le nazioni vanno alla malora, la scuola diventa una sentina di vizi e corruzione morale e culturale… Questa canaglia al potere ha partorito – a mo’ di esempio – il più infame incipit di una costituzione: “L’Italia è una repubblica fondata sul lavoro”! Certo, sul lavoro di chi sa e ha voglia di lavorare, mentre chi governa né lo sa né lo fa, ma si fonda, vive e prospera sul lavoro degli altri.

Insomma, si parte apparentemente con buone idee, e la stolta maggioranza di pecoroni ci crede, s’infiamma, combatte per esse. Si scopre poi che proprio quelle illuministiche idee di progresso e libertà sono il vero oppio dei popoli per tenerli incatenati.

13 commenti su “Dalla tutela delle minoranze alla dittatura dei mentecatti – di Giovanni Zenone”

  1. Gentile sig.Zenone,
    la R moscia però la potrebbe anche far passare… più che un difetto di pronuncia è una difficoltà di articolazione della lingua,che è ben diverso da non saper utilizzare la consecutio temporum!
    Soprattutto quando si è adulti è praticamente impossibile toglierla (dettomi da una logopedista).
    Se non lo si fosse capito IO HO LA ERRE MOSCIA, i miei genitori non l’hanno mai considerato un problema e non vedo perché debba iniziare e crederlo tale sorpassati i 30 anni. Per il resto ritengo di parlare la lingua italiana in maniera quasi perfetta.. correggevo gli spropositi delle canzoni di Jovanotti quando frequentavo i primi anni delle elementari (con i suoi “a me mi” e congiuntivi mal utilizzati).
    Non le nascondo che quando canticchio piacerebbe pure a me riuscire a tenere la lingua in un certo modo quando pronuncio la R,ma mi è fisicamente impossibile ormai! Detto ciò so bene che non potrei mai far la logopedista, ma ritenere la R moscia pari ad un uso o abuso di doppie mi sembra eccessivo.

    1. Anche la cattiva pronuncia del nesso “gl” è un difetto di articolazione che non è facile superare. L’autore ha soltanto voluto fare un minestrone di luoghi comuni per far capire come, alla fine, intenzioni buone sono distorte in azioni cattive. Come esempio si potrebbe aggiungere: “Poveri giovani, non hanno spazio in politica!” e ci ritroviamo un boy-scout come Presidente del Consiglio che riforma la scuola e introduce surrettiziamente il concetto di “gender” nell’educazione.

  2. Mio padre era amico -per una semplice conoscenza a scuola, da ragazzi- di un signore che divenne lettore di notiziari radiofonici e televisivi RAI (anni ’50- ”60). Dizione perfetta, tono pacato e costante… nel segno di “l’ascoltatore è sovrano: va rispettato e servito”.

    Negli anni ’70, questo signore fu messo in naftalina: tutta la RAI assumeva l’impostazione “l’ascoltatore è sovrano: PER QUESTO va aggredito, decapitato, per rieducare poi il corpo senza testa rimasto”. i Giacobini erano arrivati a Roma

    1. Che nostalgia per le perfette dizioni degli annunciatori/annunciatrici RAI degli anni ’50. E la provenienza non c’entra niente. Gianni Agus, splendido e signorile attore napoletano, non aveva accenti di sorta. L’indulgere alle storture del proprio accento (che nulla ha a che spartire con il nobilissimo uso del dialetto) è solo una dimostrazione di cialtroneria. Per questo sui nostri mezzi di informazione, vetrine del pegio del peggio (o “peggio” ancora), vanno tanto di moda.

  3. Una impressione diretta a i signori che hanno risposto qui sopra. Zenone non mi sembra esagerato. Anch’io ho l’erre impedita, ma vorrei guardare alla sostanza: non è una questione di capacità ma di adeguatezza. Io non potrei mai impiegarmi come ancor man, anche se ho una certa verve nel parlare. Lo scrivente è semplicemente indurito dall’eccesso di imbecillità, che propone l’uomo sbagliato danneggiando ogni importante funzione sociale. E peggio è, quando l’intera categoria omosessuale, che costituisce una minoranza, pianifica di ampliarsi pervertendo i minori. Non è la Dittatura della Maggioranza, che vorrebbe Zenone, più facilmente è un Regno del Senso Cristiano, quel tensore sociale che vorrebbe attivato . Un Regno in cui sarebbe naturale trovare l’uomo giusto al posto che gli corrisponde per vocazione. Non è discriminazione, ne aristocrazia, ne società castale; è buon senso. Zenone è stufo dei cretini e picchia duro, ma l’essenza del pensiero è corretta.

  4. Sono pressoché d’accordo con il prof. Zenone (forse la r moscia poteva risparmiarsela, anche se è vero che fa molto radicalchic), ma mi è piaciuto più di tutti le “Povere donne, “discriminate” dal maschilismo” ecc. ecc. Concetto che non si può dire e se lo dici, guai a te, discriminatore di genere che non sei altro. Eppure è quanto mai vero e sacrosanto che alla donna è stato tolto il meglio di sé; lei non se n’è accorta, povera e sbatacchiata fra un femminismo ideologico e un religioso volerle far posto nella Chiesa dove l’esempio di Maria con la sua santa umiltà non è certo da seguire, né tanto meno da proporre. E questo sì che discrimina, ma il padrone del mondo vuole altro perché sa che è stata posta l’inimicizia fra lui e la Donna, per questo vuole distruggerla, soprattutto quella con la ‘d’ minuscola, ché la Prima, ne siamo certi, lo schiaccerà inesorabilmente sotto il suo calcagno.

  5. Una proposta concreta potrebbe essere quella di fare una associazione on-line di consumatori-contribuenti che denunci alla Rai, puntualmente, tutte le cose che non vanno.
    Io, personalmente, mi sono tolta la tv da più di 10 anni, quando mi sono accorta che era come avere in salotto un ospite volgare, ignorante, superficiale, conformista in modo rivoltante, falso e ammiccante, consumista, ecc ecc.
    Internet e radio maria bastano a tenermi informata.
    Un piccolo, grande risultato: la famiglia di mio figlio (con 3 bambini piccoli) non ha la tv, nè ascolta la radio.

    1. Quanto a radio Maria, cara signora, forse lei non se n’è accorta, ma già da qualche tempo strizza l’occhio a chi un tempo biasimava. Ma sono punti di vista.

    2. Io sono sempre stata una gran sostenitrice della RADIO, soprattutto per i bambini! Imparano (se chi parla lo fa adeguatamente) molto bene a discriminare i suoni (fondamentale per l’apprendimento della letto-scrittura) e si abituano all’ASCOLTO paziente, senza contare la musica ovviamente senza la quale non riuscirei a vivere!
      Peccato però che di stazioni radio decenti non ce ne siano per bambini…sarebbe bello se ci fosse una stazione dedicata solo a loro, non solo qualche stralcio di trasmissione settimanale, senza però che mi debba pure preoccupare che vengan dette chissà quali castronerie!

  6. La r moscia non è segno di deficienza anzi.. ma se uno fa del parlare un mestiere ha ragione Zenone ch’è meglio che parli senza difetti di pronuncia che tale è la moscia. A Valentina vorrei far presente che trovo ingiusta una dittatura di maggioranza ma ancor più di minoranza. Dopo a nni di demo-crazia giunsi ad auspicare un buon re.
    Ancor non capisco e da tempo mi interrogo su quel parlar a colpi quasi che il fiato manchi ai tg, servizi vari… Unica spiegazione trovata: se si parla a singhiozzi posso manipolar meglio, con le pause, la frase qualora avessi a modificarla per un fine superiore…..!!???

  7. Patrizia Fermani

    Giovanni Zenone ha descritto in modo esemplare il paradosso del comandamento della non discriminazione. Esso è una delle trovate più geniali immesse nel mercato delle non idee di largo consumo con lo scopo di creare realtà virtuali secondo la bisogna ideologica. Poi è diventato un luogo comune irrinunciabile per qualunque discorso moralistico e compassionevole ed è quindi efficacissimo per alimentare ogni assurda scelta demagogica e ogni pretesa arbitraria. Sarebbe ora di liberare il linguaggio da questa distorta giaculatoria politica. Il riferimento alla fonetica era un pretesto letterario come un altro.

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