Dio “ingiusto” e “morte” di Dio – di Cesaremaria Glori

Vorrei aggiungere alcune considerazioni al prezioso intervento di Patrizia Fermani sulla recente uscita di Papa Bergoglio, che ha cianciato di ingiustizia di Dio nel permettere il sacrificio del figlio. Non è, purtroppo, una tesi nuova nella Chiesa dei nostri tempi. La si insegna nei seminari, sia di casa nostra che all’estero. Da noi, ad esempio, è stata fatta propria dal monsignore biblista Rinaldo Fabris, i cui testi sono adottati in molti seminari.

di Cesaremaria Glori

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La tesi, evocando la morte di Dio fatta da Nietzsche, è stata ripresa dalla teologia protestante (Bultmann in primis) ed ha fatto capolino anche nelle costituzioni conciliari. Infatti nella Costituzione Pastorale Gaudium et Spes (22 Cristo, l’Uomo Nuovo) è detto che con l’incarnazione il Figlio di Dio si è unito in un certo modo ad ogni uomo. Non bastava, forse, questa mistica unione per la redenzione dell’Uomo? Era proprio necessario il sacrificio del Figlio di Dio? Non è stata, allora, l’ostinazione dello stesso Gesù Cristo nel fronteggiare la dirigenza ebraica a provocare la Sua condanna a morte? Insomma Gesù Cristo se la sarebbe andata a cercarla quella morte ingloriosa che non era necessaria, giacché con l’incarnazione Egli s’era unito in “ qualche modo” con ogni uomo. Alla gran massa dei cristiani queste tesi appariranno inspiegabili e incomprensibili. Come può l’Uomo-Dio errare?

Inequivocabilmente Gesù Cristo obbedì al Padre, tanto è vero che esclamò sulla croce: Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato? Se prendiamo alla lettera – così come è stata tradotta – questa frase pronunciata da Gesù, si può, se lo  si vuole perché lo si pensa,  anche congetturare una ingiustizia di Dio. Il Figlio avrebbe obbedito al Padre, perché il Suo sacrificio fu voluto da Lui, tanto è vero che Gesù esprimerebbe tutto il Suo dolore e la Sua docile sottomissione al volere del Padre in quella frase che appare effettivamente misteriosa e inquietante se interpretata alla lettera.

Invero l’errore sta nella lettura che si fa di quella frase. Frase che non era indirizzata al Padre bensì agli astanti sacerdoti e scribi che erano sotto la croce. Nella Palestina dei tempi di Cristo era costume, infatti, citare le prime parole di un salmo per rimandare alla memoria di chi ascoltava il suo intero contenuto. Citando il primo stico del salmo 22 Gesù volle far capire a quei Giudei che assistevano gaudenti alla Sua morte di dovere riflettere sull’intero contenuto di quel salmo. Mel Gibson, ad esempio, nel suo bellissimo e crudo film “ La Passione” ha giustamente messo in bocca allo scriba Sadok  le parole “No! Sta citando il salmo 22” . Parole che Sadok stava rivolgendo a coloro che credevano che Gesù stesse invocando Elia. Ma che cosa dice questo salmo? Suggerisco caldamente di andare a rileggere interamente questo salmo. Esso si divide in due parti: la prima costituisce il lamento del Servo di YHVH in cui sono descritte esattamente le vicende che si stavano svolgendo in quel momento della storia umana, là sul colle del Golgota. Gesù richiamava coloro che lo avevano condannato a meditare su quel salmo ove ciò che si stava svolgendo sotto i loro occhi, era descritto con estrema precisione.

Il salmo nella sua seconda parte, dal versetto 20 in poi, si trasforma in inno alla potenza e alla misericordia di Dio, un inno al Signore, all’unico Signore dell’Umanità, quel Gesù Cristo che muore trionfando per aver compiuto la sua missione: “Del Signore è il regno, Egli è in mezzo ai popoli  dominatore… Verranno ed annunzieranno la Sua giustizia al popolo che nascerà: Sì, è opera Sua”.

Le stesse parole pronunciate da Gesù sulla croce confermano quanto la Chiesa ha sempre sostenuto e che ha icasticamente riversato in queste parole del Prefazio Pasquale: Qui mortem nostram moriendo destruxit et vitam resurgendo reparavit. Sacrificando se stesso, il Figlio di Dio annientava la morte eterna della nostra natura umana, composta di anima e corpo, ma risorgendo rinnovava la vita di quel corpo che era stato irrimediabilmente ammorbato dal peccato d’origine, restituendo così l’integrità alla natura umana.

Le sette parole (frasi) dette da Gesù sulla croce sono un poema dell’amore di Dio, un’autentica sintesi della predicazione del Figlio di Dio sulla terra. Le prime tre sono un testamento di amore infinito per l’umanità intera. In esse Gesù invoca, con la prima, la misericordia del Padre (Padre perdona loro perché non sanno quel che fanno) sulla fragilità della natura umana corrotta dal peccato; con la seconda assicura il malfattore pentito (sottolineo pentito) che quel giorno stesso sarebbe stato con Lui in Paradiso, dando così la certezza e la speranza che la fede sincera è la nostra salvezza per l’eternità. Con la terza (Donna ecco il tuo figlio, e al discepolo,ecco tua madre) Gesù fondava la Chiesa battezzata dal Suo sangue che colava copioso dalle Sue ferite.

Con la quarta frase Gesù conferma lo scopo della sua missione su questa terra. La parola “SITIO” ha valore metaforico. La sete intensa che il corpo martoriato ed ormai esausto provocava rispettava e combaciava con la brama intensa di voler compiere sino in fondo la sua missione. Brama che Gesù chiarisce con la frase successiva pronunciata in aramaico Elì, Elì, lama sabactani. Frase che ha suscitato tanti problemi esegetici e che ha suggerito ai miscredenti e, viepiù, ai misoteisti, l’idea della morte di Dio. La frase non ha valore causale, cioè non va tradotta con  il “perché” interrogativo, bensì con valore affermativo e cioè con “perciò” equivalente a “per questo (sottinteso che sta accadendo) mi hai abbandonato” nelle mani di coloro che vogliono e amano il male. Senza quell’abbandono del Figlio alla morte della parte fisica della Sua natura umana non ci sarebbe stata redenzione e lo stesso Figlio lo proclamava citando l’incipit del salmo 22.

La frase successiva che Gesù pronuncia è la conferma del valore affermativo della precedente. La Vulgata traduce il Tetelestai greco del Vangelo di Giovanni in “Consummatum est”. Entrambi hanno lo stesso significato di “Missione compiuta”. Gesù afferma al Padre e all’intera Umanità di aver compiuto la missione che il Padre Gli aveva affidato: la salvezza, il riscatto dell’Umanità. Quel tetelestai è una affermazione di amore verso il Padre e verso l’Umanità: Missione compiuta, le tue, le nostre creature sono salve.

L’ultima frase pronunciata da Gesù vale come congedo del Redentore che torna al Padre sicuro di avere compiuto la Sua missione e che la Chiesa ha espresso in questa bellissima e schematica proclamazione nel prefazio pasquale: Qui mortem nostram moriendo destruxit et vitam resurgendo reparavit.

Moriva con il corpo del Cristo la malattia mortale inoculata dal peccato ma era assicurato il ricambio di quel corpo che era stato previsto immortale e che tale tornava ad essere nel futuro.

Questa è la Giustizia di Dio, Giustizia che è soprattutto Amore ma che non può cancellare il male. Il male può essere perdonato in considerazione della nostra fragilità ma non eliminato, tanto  è vero che l’Uomo continua a farlo. Con la redenzione il Figlio di Dio ci ha restituito la futura integrità ma ciò non significa che abbiamo la certezza assoluta che, anche in caso di una vita spesa nel male e per il male, si abbia la garanzia della salvezza. Misericordia infinita ma non ingiusta, perché Dio, con la redenzione, non ha annullato la nostra libertà. La scelta della Grazia non può che essere personale. Dio ha rispettato sempre la libertà dell’Uomo sino al punto di sacrificarsi per redimerlo. Giustizia e misericordia non sono alternative fra loro ma vanno sempre congiunte anche a beneficio e a riconoscimento della nostra libertà. La misericordia non cancella il merito ma, semmai, lo esalta, perché a chi più ha dato sarà dato in abbondanza.

14 commenti su “Dio “ingiusto” e “morte” di Dio – di Cesaremaria Glori”

  1. E’ come se Cristo avesse detto: “La mia morte umana è la vita eterna della vostra Verità di uomini.” Di qui la Resurrezione: la Verità assoluta (letteralmente:” ad-solutum” sciolto dal contingente), il Logos torna al Padre il terzo giorno e si asside alla Sua destra.

  2. Carla D'Agostino Ungaretti

    Grazie, Prof. Glori, per questo splendido commento al Salmo 22 che mi ha insegnato moltissimo! L’ho stampato e lo conservo nel mio libro dei Salmi per averlo sempre a portata di mano. La saluto e le auguro di cuore Buon Anno.

  3. Sentivo proprio il bisogno di rimettere le cose nel loro giusto ordine, dopo quanto, mio malgrado, ho dovuto leggere sull’ingiustizia di Dio, provenire, ahimé, dalla bocca del Pontefice. Questo articolo centra talmente il nocciolo della questione che quasi, potendo, lo farei “piovere” sul cielo di Roma così che tutti se ne potessero giovare..

  4. Marina Alberghini

    Veramente Cristo dice:Eli, Eli, lamma sabactani?-E gli astanti dicono:-Chiama Elia-Infatti chiamava il profeta.Secondo quanto si legge nei libri dei Re[2], Elia fu un grande profeta. Egli svolse la propria missione sotto il re Acab. Risuscitò il figlio della vedova di Sarepta che lo ospitava durante una carestia; ultimo fedele al Dio di Abramo, sfidò e vinse i profeti del dio Baal sul monte Carmelo: qui, dopo che essi furono svenuti, dimostrò la potenza di Dio accendendo, con la preghiera, una pira di legna verde e bagnata. Dopodiché, presso il torrente Kison, scannò tutti i 450 sacerdoti di Baal[3]. Fuggì sul monte Oreb[4], presso il quale gli porgeva cibo un angelo, e dove parlò con Dio. Chiamò Eliseo a seguirlo ed a essere il suo successore. Infine venne rapito in cielo con «un carro di fuoco e cavalli di fuoco» (2Re 2, 11). Egli dunque non avrebbe conosciuto la morte così come già il patriarca Enoch, ed entrambi sono stati interpretati come figure simboliche di un’antica divinità solare.

  5. Cesare Maria Glòrì, merita la riconoscenza di tutti per la esaustiva spiegazione del Salmo 22, proclamato dal Divin Redentore negli istanti che, precedono il Suo trapasso.
    Di fronte alla laconica frase di Cristo, coloro che ne restano sconvolti, senza palesare opinioni, tenute segrete nel cuore, molti non manifestano, forse per non scandalizzare il prossimo, e/o non rendere noto il proprio disorientamento di fronte al grido conturbante del Morente, conturbante se staccata dal contesto dell’importantissimo passo biblico. (identificato? come? quando?)

  6. Oblatus est quia Ipse voluit (Isaias 53.7). Il senso del Sacrificio cruento di Gesù potrebbe essere riassunto in 5-diconsi-5 parole. Quelli che parlano di ingiustizia di Dio, oppure di morte di Dio, ma che teologia dogmatica hanno studiato? Qui sono venuti meno i fondamentali della stessa fede. Se Dio è iniquo perché “uccide” suo Figlio, come celebrano la S.Messa? Che senso avrebbe allora l’elevazione e la frase “Ecce Agnus Dei, ecce Qui tollit peccata mundi”?

  7. luciano pranzetti

    Ottimo l’intervento, ma mi riesce difficile accettare come significante “perciò” il greco “eis tì” (Mc.15, 34) – ina tì (Gv.27,46) che Gerolamo traduce, come è naturale, con “ut quid?”, in italiano “come ciò?”, vale a dire “perché?”. Ma non è una domanda a cui Gesù attende una risposta per qualcosa che Lui non sa ancora, perché sa bene della sua missione. E’ la constatazione della parte finale, la più dolorosa a cui Gesù si è votato secondo la volontà del Padre, è come se dicesse: “Padre, guarda come sono ridotto, lo so che debbo bere il calice sino alla feccia, ma stammi accanto”. Il “tetelèstai” – il “consummatum est” – “è compiuto” è, come giustamente afferma Glori, il sigillo della consapevolezza del disegno del Padre e della adesione di Gesù a tale disegno.

  8. Gesù si rivolge al Padre, quindi “è ” insieme al Padre. Fino alla fine.Anche alla fine. Quindi Dio è li con Lui, non lo ha abbandonato. E non abbandona mai nessuno di noi, fino alla fine,è sempre con noi. Egli infatti è il Dio -con-noi,nonostante noi! Nonostante il nostro rifiuto, la nostra libertà, il nostro peccato. Lui e’ vicino a noi, ma ci lascia liberi .Siamo liberi veramente,e questo può spaventare! Però il male non può avete l’ultima parola,perché Gesù ha portato a termine la sua missione, quindi chi crede in Lui si salverà. Ecco cosa dobbiamo fare noi uomini: credere.Credere che Gesù è il Figlio di Dio ,il Redentore del mondo,Colui che libera dal peccato, e invocare la Sua grazia e il suo perdono SEMPRE !! Grazie per questo approfondimento !!

  9. Quanto spiegato in modo ineccepibile dal Professor Glori è già stato sviscerato almeno per quanto riguarda il significato dell’incipit come recitazione dell’intero salmo.Come avrebbe potuto, umanamente, un crocifisso moribondo, che ha subito una terribile flagellazione, dopo aver sofferto un’agonia spirituale che ha comportato trasudamento di sangue (Innocenti avanza una sua ipotesi sul motivo dell’angoscia al Getsemani, ma giustamente conclude che a causa del dormire degli apostoli prescelti purtroppo forse non conosciamo l’intero dialogo fra Padre e Figlio) recitare l’intero salmo, e a che pro? L’intervento teso a far credere che Gesù chiama Elia, mette ben in evidenza che Scribi e Farisei avevano capito benissimo e volevano ancora una volta ingannare il popolo astante. Bergoglio accusa i suoi “avversari” di “studiare troppo”; in realtà sono i suoi amici pseudoteologi e di cordata a cercare ad ogni costo il “nuovo”, anche inventandolo. Ma questo attiene alla sfera umana e non ha nulla a che vedere col Dio reale di cui dovrebbe occuparsi questo papa creativo.

  10. Io sono stato per vent’anni nel Movimento dei Focolari e sono molto critico nel loro modo di intendere la Chiesa, ma sulla Spiritualità che pervade il i Focolari, nulla da eccepire. Quel grido misterioso di Gesù sulla Croce è il centro di tutta la Spiritualità dei Focolari, quel Grido che fa capire il massimo del dolore spirituale di Gesù sulla Croce tale che il Cielo si fa oscuro e non gode più della Visone Beatifica di Dio, e il massimo della separazione da Lui è invece la Chiave dell’Unità con Dio e con i fratelli. La vera tentazione di Cristo sulla Croce è stata quella di disperare dell’Amore del Padre, tutti lo avevano abbandonato tranne Maria che stava sotto la Croce ma non poteva fare nulla se non condividere e pregare per il dolore del Figlio. Rifiutato dalla Terra e dal Cielo Gsù ha provato una forte agonia spirituale a causa di tutti i peccati e i dolori dell’umanita da Adamo all’ultimo uomo che sarà sulla terra tutto concentrato su di Lui come un buco nero che prende su di Sè tutto il male del mondo. Questo causò in Lui il sentirsi abbandanato persino da Dio ecco…

  11. … ecco perché quel Grido Misterioso, non recitava solo il Salmo ma quel Salmo era esperienza Reale su di Lui, il Salmo prediceva quello che avrebbe soffferto il Redentore. Ma proprio qui in questo massimo dolore c’è stata la Redenzione, perché Gesù ha continuato a credere nell’Amore del Padre anche se si sentiva abbandanato da Lui. Ecco la Riparazione Perfetta e il Sacrificio Perfetto che nasce dall’Amore Assoluto. Gesù prende tutta questa “immondizia spirituale” su di sé e la offre al Padre come Dono Infinito e pronuncia le parole di Fiducia nell’Amore di Dio …. Tutto è compiuto… Padre nelle Tue mani raccomando il mio Spirito”. Qui il potere di satana sul mondo è stato distrutto. E’ l’adesione piena alla Volontà del Padre fino all’estremo, di sentirsi abbandonato da Lui. Il Padre “commosso” da questo Suo completo Abbandono di Fiducia in Lui, Gli Dona la Resurrezione come compimento della Redenzione che senza quel Grido di Abbandono e di Amore non sarebbe accaduta. Era la Notte Oscura di Gesù che ha provato tutto il peccato e le sue conseguenze di abbandono da Dio…i Santi in genere hanno provato un pò di questa Notte Oscura dello Spirito: e Santa Teresa d’Avila e San Giovanni della Croce l’hanno spiegata nei loro scritti.

  12. Straordinariamente illuminante: alla faccia dell’esegesi storico-critica, alla quale, se la Divinu afflante Spiritu porge la mano ecco che s’impossessa repente del braccio intero. Infinite grazie dottor Glori.

  13. Mi devi scusare Cesaremaria, ma mi viene da collegare tutta la problematica che è riuscito a far sorgere, con il suo riferimento della morte ingiusta del figlio Gesù, papa Francesco ad un poco chiaro concetto che si ha della Santissima Trinità da parte di molti cosiddetti teologi. E penso possa essere di aiuto quanto Dio Padre dice nel colloquio avvenuto in una presunta apparizione straordinaria a madre Eugenia Elisabetta Ravasio (riconosciuta dalla Chiesa nella persona dell’allora vescovo di Grenoble) da “Il Padre parla ai suoi figli”: “…Eppure il mio Amore per questi uomini, figli miei, non si è affatto fermato. Quando ebbi ben constatato che nè i patriarchi, nè i profeti avevano potuto farMi conoscere e amare dagli uomini, ho deciso di venire lo stesso.
    Ma come fare per trovarMi in mezzo agli uomini? Non vi era altro mezzo che andare Io stesso, nella seconda persona della Mia divinità.
    Gli uomini Mi conosceranno? Mi ascolteranno?Per Me, niente era nascosto del futuro; a queste due domande rispondevo io stesso:
    “Ignoreranno la mia presenza, pur essendo vicino a Me.(…

    1. 2° parte…In Mio Figlio Mi maltratteranno, nonostante tutto il bene che darà loro. Nel Figlio mio Mi calunnieranno, Mi crocifiggeranno per farMi morire”
      Mi fermerò per questo? No, il mio Amore è troppo grande per i miei figli, gli uomini, è troppo grande.
      Non Mi sono fermato là: potete ben riconoscere che vi ho amati, per cos’ dire, più ancora del mio Figlio diletto, o per dire ancora meglio, più di Me stesso.
      Ciò che vi dico è talmente vero che se fosse bastata una delle mie creature per espiare i peccati degli altri uomini, mediante una vita e una morte simile a quella del Figlio mio, avrei esitato. Perchè? Perchè avrei tradito il mio Amore facendo soffrire un’altra creatura che amo, anzichè soffrire Io stesso, nel Figlio mio. Non avrei voluto mai far soffrire i miei figli.
      Ecco dunque in breve il racconto del mio Amore fino alla mia venuta, mediante il Figlio mio, in mezzo agli uomini.
      La maggior parte degli uomini conosce tutti questi avvenimenti, ma ne ignora l’essenziale: che è stato cioè l’Amore a condurre tutto!” Dio Padre a Madre Eugenia Elisabetta Ravasio

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