Dio, palla e famiglia. Insegna di più un ritorno di Champions League che un anno di catechismo

TORINO – E così, proprio nella settimana santa delle fiamme a Notre-Dame, è finita, fra gli olè dei tifosi dell’Ajax, la più grande illusione dell’anno dopo Monchi. Perde in casa la Juventus di Allegri e viene eliminata dalla principale competizione, quella che avrebbe dovuto vincere avendo acquistato l’uomo che gliel’aveva negata, Cristiano Ronaldo.

Vince meritatamente – risultato bugiardo – la squadra di Erik ten Hag, dopo aver immeritatamente pareggiato l’andata in casa. Alla Johan Cruijff Arena i Bianconeri avevano persino rischiato di vincerla giocando al calcio praticamente solo 5 minuti per tempo: un gran gol in tuffo di Ronaldo e un palo di Douglas Costa. La partita di ritorno era cominciata con lo stesso copione, ma il football è quel gioco in cui quando una squadra che non sa giocare a calcio incontra una squadra che gioca a calcio, la squadra che non sa giocare a calcio di solito perde.

Non sappiamo se questo Ajax lo avrebbe fermato solo Trump con i Canadair, ma il colpo di testa di de Ligt è solo un gol fra i tanti possibili, come quelli sventati da due miracoli di aerodinamica del portiere polacco, da un intervento alla disperata di Pjanic trovatosi fuori posto, da un annullamento per un fuorigioco ingenuo di Ziyech, per non parlare dei vari soliti tentativi dell’ubiquo de Beeck.

Dobbiamo ammettere che i ragazzi terribili dell’Ajax hanno due vantaggi rispetto alle squadre italiane: 1. si divertono giocando 2. non hanno un allenatore che sbraita come una canizza all’usta, se fanno un dribbling o un anticipo difensivo, insomma se giocano a football. In più hanno il signor “un euro” Frenkie de Jong, l’elegante incarnazione calcistica del detto di Johann Cruijff: “Non ho mai visto un sacco di soldi segnare un gol”, determinante, anche se quasi invisibile, davanti alla difesa con 90 passaggi riusciti su 98.

La verità di questo ennesimo fallimento bianconero in Champions League è un insegnamento di livello aristotelico per tutti: un Ronaldo non fa primavera. In una anno di catechismo non si impara così tanto. Avrebbero fatto forse meglio a prendere Erik ten Hag, dato che con un CR7 in più hanno vinto un trofeo in meno. A Torino non sembrano aver capito e, per la gioia degli antijuventini nel mondo, si apprestano a rinnovare il contratto del Teorico del Palleggiarla: “in certi momenti palleggiare di più e avere pazienza”. Molti rideranno. Eh ma, otto scudetti. Sì, fanno bene a ridere, rido anche io con l’espressione serena oltre ogni ragionevole motivo del tecnico degli Owls Steve Bruce, che si spaventa da solo. D’altra parte, lo Sheffield

 

 

 BARCELLONA – Immagino i titoli dei Tabloid “2-0 – De Gea error. Game over. #mufc”. Eliminato con merito da uno strepitoso Messi (il quale si conferma campione irresistibile nelle partite che non contano) anche il Manchester United di Solskjaer. I Red Devils pensavano di viversela alla grande dopo il parricidio di Mourinho, ma è stata la più grande illusione dell’anno dopo la Champions alla Juve: 0-1 all’Old Trafford, 3-0 al Camp Nou.

MANCHESTER – Tutta la simpatia politico calcistica di Guardiola sta in una risposta: «Con che spirito guarderai Juventus-Ajax questa sera? – Guardiola: “Guarderò il Barcellona”». Per questo siamo contenti dell’eliminazione del City, non per il City, ma perché il suo allenatore concepisce il calcio come la continuazione della politica con altri mezzi.

9 commenti su “Dio, palla e famiglia. Insegna di più un ritorno di Champions League che un anno di catechismo”

  1. Di nuovo mi chiedo cosa c’entrino articoli calcistici su questo sito. E quale sarebbe questo insegnamento che vale piú di un anno di catechismo? Mah! Approfitto per fare gli Auguri di una Santa Pasqua a tutti i lettori

  2. Non voglio offendere nessuno, piuttosto invitare ad una riflessione. Non si può essere cattolici e juventini nel contempo, poiché la Juventus è la massoneria del calcio: lo insegna la sua storia.
    Si accettano insulti.

  3. Il mondo del calcio non insegna niente di positivo. Fa schifo!

    Tra le tante distrazioni di massa imposte dalla modernità per separare le famiglie, distogliere l’attenzione dalle cose serie, eliminare le tradizioni festive e le abitudini familiari sane e la Santa Messa domenicale al primo posto c’è sicuramente il calcio.

    Visto, scritto, parlato giocato.

    Il Cardinale Siri già nel 1984 in una lungimirante lettera pastorale chiariva magistralmente le nefaste conseguenze delle distrazioni di massa come il calcio.

    Ragazzini abituati sin da piccoli a trasferte fuori casa, ogni domenica seguiti da genitori invasati che non sanno neppure cosa sia la Pasqua o la Messa ma che conoscono benissimo le regole del fuori gioco.

    Per non parlare dei raggruppamenti di ultras e tifoserie varie, che scorrazzano l’italia in lungo e largo ogni Domenica, vera accozzaglia di feccia itinerante.

    1. Pensi che io ho imparato a giocare “al Calcio” in Parrocchia: il Patronato del Santo, a Padova.
      Lì, il grande don Enea si tirava su le “cotole”, le infilava nella cinta e giocava con noi ragazzini. Quanti anni fa…
      Come si fa a sputare sentenze in questa maniera assolutamente arbitraria?!
      È sport, serve a mettersi in competizione con chiunque: col mondo, con se stessi.
      “Lo sport è l’unica cosa intelligente che possono fare gli imbecilli”
      (Mino Maccari)

  4. Articolo condivisibile anche se anti-juventino. L’Ajax ha meritato ha giocato meglio tutto qui, arrivare a trarre conclusioni su CR7 e la ricetta della CL é un po’ azzardato. L’anti-juventinismo dovrebbe essere catalogato dl DSM comunque.

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