Dissesto sociale e dissesto idro-geologico – di Piero Vassallo

A ogni disastro causato dal maltempo ci si ricorda che l’Italia è un Paese con mille irrisolti problemi di gestione di territori… Il rombo della cultura operaista e l’accompagnante fruscio dell’assistenzialismo democristiano hanno soverchiato e messo a tacere la sapienza cattolica di Pio XII, il papa che tentò di frenare il dissesto sociale (prima che ecologico) denunciando l’errore di coloro che promuovevano la fuga dalle campagne.

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 Premessa

trrngrclbbndtA ogni disastro causato dal maltempo ci si ricorda che l’Italia è un Paese con mille irrisolti problemi di gestione di territori, problemi che si acuiscono naturalmente nelle zone che hanno una struttura tale – come la Liguria – per cui in pochissimo tempo un torrente può trasformarsi in un fiume in piena. Ora, un dato di fatto inconfutabile, ma di cui si parla poco o nulla, è l’abbandono del lavoro agricolo e il conseguente inselvatichimento di boschi, corsi d’acqua, terreni. Guardiamo i numeri: ancora nel 1951 gli addetti all’agricoltura (che prima della guerra erano in maggioranza) rappresentavano il 45% degli occupati. Dopo dieci anni, si ridussero del 15%, mentre gli addetti all’industria e ai servizi passarono rispettivamente dal 29 al 37% e dal 27 al 32%. Il processo continuò negli anni sessanta. Furono gli anni della grande industrializzazione della nostra economia, che portarono anche a un massiccio fenomeno di migrazione interna, dal sud al nord, con abbandono di terre coltivabili, soprattutto dalla Sicilia e dalla Calabria e sradicamento di milioni di persone e famiglie dalle loro terre d’origine. Attualmente in Italia la superficie dei terreni coltivabili abbandonati, di proprietà privata o demaniale, è enorme.

Il fenomeno non nacque dal nulla, ma da precise scelte politiche, che ebbero comunque effetti negativi. Ma non parliamo solo dei disastri ambientali, della facilità con cui si verificano fenomeni alluvionali. Parliamo anche della distruzione di quella civiltà contadina, per secoli custode fedele dei valori del lavoro condiviso, della famiglia, della solidarietà, della tradizione, sostituita via via dalla società industriale, fatta di milioni di individui isolati, ridotti a semplici “risorse umane”, termine elegante con cui si traduce la riduzione dell’uomo a singolo animale addetto alla produzione secondo le logiche del puro profitto.

Le nuove tecniche che hanno trasformato il lavoro agricolo consentirebbero un massiccio ritorno alla terra, solo se si attuassero politiche favorevoli in tal senso, che potrebbero comprendere anche la requisizione delle aree coltivabili abbandonate e il loro affitto a prezzi favorevoli per chi sia disponibile a tornare a lavorare la terra, nonché facilitazioni al piccolo credito agricolo. Un ritorno massiccio alla tradizione agricola del popolo italiano non solo consentirebbe un riassestamento dei troppi terreni abbandonati (e una conseguente diminuzione dei disastri ambientali), ma anche un recupero del tessuto sociale della campagna, che per secoli ha rappresentato una base solida e sicura di valori condivisi. Inoltre darebbe uno sbocco lavorativo alla moltitudine di giovani disoccupati e favorirebbe il nostro mercato interno alimentare. Certo, si tratta di scelte politiche, ed è tutto da vedere se tali scelte non si scontrino con gli obiettivi di una società globalizzata e massificata, in cui milioni di singoli devono lavorare per gli interessi della finanza, divenuta ormai la vera dominatrice delle scelte politiche e sociali.

PD

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Dissesto sociale e dissesto idro-geologico

di Piero Vassallo

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 La città di Chiavari è collocata a mare di un territorio montuoso, non alterato dall’edilizia selvaggia e tuttavia tormentato da frequenti alluvioni.

 La vera origine di questa anomalia è stata indicata da un autentico esperto, il sindaco di Chiavari, ingegner Roberto Levaggi, il quale, nel corso di un’intervista televisiva, ha rammentato che alla dissoluzione delle comunità montane ha fatto seguito il degrado delle terre coltivate e l’inselvatichimento dei boschi e la trasformazione del territorio in scivolo/toboga per l’acqua piovana in prevedibile eccesso.

 La puntuale analisi dell’ing. Levaggi corregge le teorie degli ecologisti, che vedono nello sviluppo edilizio l’unica causa dei mali che affliggono il territorio nazionale.

 Ora gli ecologisti rappresentano una delle sfere di quell’ideologia decadente, che percuote i tamburi di allarmismo indirizzato alla decrescita.

 Non è inutile rammentare che gli esecutori del frastuono ecologista sono eredi dei comizianti operaisti e stracittadini, i quali, negli anni quaranta e cinquanta hanno destato il disprezzo per la terra e il culto della ciminiera e della locomotiva.

 Il rombo della cultura operaista e l’accompagnante fruscio dell’assistenzialismo democristiano hanno soverchiato e messo a tacere la sapienza cattolica di Pio XII, il papa che tentò di frenare il dissesto sociale (prima che ecologico) denunciando l’errore di coloro che promuovevano la fuga dalle campagne.

 La lezione di Roberto Levaggi è un invito a mettere i piedi per terra e – tanto per cominciare – a fare l’inventario dell’ingente quantità di terreni coltivabili che sono stati abbandonati e a considerare la possibilità del loro utilizzo quale occasione d’impiego che lo Stato, uscendo dalle utopie assistenzialistiche, potrebbe offrire alla gioventù abbandonata alla disoccupazione con il pezzo di carta rilasciato dallo Stato della chiacchiera.

9 commenti su “Dissesto sociale e dissesto idro-geologico – di Piero Vassallo”

  1. lucianopranzetti

    Caro Vassallo: una volta – qualche decennio fa, ma sembrano secoli! – la Chiesa era solita ricorrere alla preghiera pubblica, alle processioni, alle dimenticate Rogazioni: a malo, a tempestate, a bello libera nos Domine. Oggi, la CE, smessi i contatti col Signore – chi si ricorda più di qualche processione lungo i campi? – li tiene con l’Ufficio Meteo dell’Aeronautica la quale, a tiene a rassicurare che il Tevere, il Po, l’Arno, i terremoti sono “sotto osservazione”.
    Luciano Pranzetti

  2. giammaria ricciotti

    Sante parole- nel 1990 , in un saggio polemico ( Fine della corsa) scrissi che la cosidetta “scelta industriale ” deliberata nell’lmmediato dopoguerra , e l’abbandono dell’agricoltura furono errori gravi e determinanti.Oggi raccogliamo quel che abbiamo seminato, con motivazioni in parte utopistiche, in parte mercantilistiche ed in parte demagogiche .Purtroppo non si ha ancora il coraggio di guardare in faccia la verità.

  3. Cesaremaria Glori

    Caro Vassallo,
    ricordo che esaminando il carteggio dell’Archivio Militare di Sicilia relativo alla spedizione dei Mille mi imbattei in una lettera del marigo (proprio così si firmava) di Pantelleria che pregava il dittatore Garibaldi di ripristinare il privilegio di Federico II di considerare i maschi adulti dell’isola come soldati con relativo soldo. In tal modo il soldo rimediava alla penuria di scambi delle magre risorse dell’isola e consentiva un commercio discreto e la salvaguardia del territorio sia dai nemici esterni sia accudendo alla stessa natura. Garibaldi si guardò bene da ripristinare il privilegio ma l’idea federiciana di considerare soldati coloro che restano su di un territorio avaro di risorse non era sbagliata. Se ci pensiamo bene a seguire la stessa idea sono stati i nostri sudtirolesi che hanno dato aiuti considerevoli ai nuclei famigliari dei masi garantendo loro una aggiornata sistemazione in loco e promuovendo attività complementari alla zootecnia e all’agricoltura (turismo soprattutto e piccole industrie che potessero lavorare la materia prima del posto). La cura del territorio in Alto Adige è esemplare e dovrebbe essere presa come modello dai nostri governanti. Ma è una speranza vana, perché i nostri amministratori locali se hanno voglia di fare sono frenati dalla burocrazia e dalla farraginosità di leggi assurde, ma più spesso non ce l’hanno – ed è il caso più frequente – perché sono animati da idee mutuate dalle ideologie e non dalla passione del Bene Comune. E’ da oltre 150 anni che inseguiamo la rivoluzione, prima quella risorgimentale, poi quella nazionalista, poi quella fascista, poi quella socialista- democristiana e ora siamo a quella sfascista sia sul piano morale che su quello materiale. Prima di voltar pagina dovremo attendere una controrivoluzione morale ma non ne vedo alcun accenno all’interno della nostra collettività. Soltanto Dio potrebbe fare ciò che a noi pare impossibile.

  4. mi permetto di scavalcare l’autorità del direttore deotto e di invitare il lettore ricciotti [ricordo un abate ricciotti… ] ad approfondire il tema sulle colonne del presente sito, tema cui deotto ed io abbiamo fatto cenno, con l’intenzione di promuovere un più ampio e approfondito dibattito.

  5. lucianopranzetti

    Paola carissima: hai ragione, manca il medico il quale non crede più ” alla propria “scienza”. Purtroppo.
    Pranzetti

  6. Normanno Malaguti

    Caro Piero,
    Articolo splendido, diagnosi esatta e cura da clinico di vaglia. Ma, per compiere l’indispensabile cammino risanatore occorrono gli incentivi di cui tu parli.
    Ma come dice Paola poco sopra, manca il medico. Manca anche chi si decida a ristabilire la Sovranità Monetaria che ci spetta, poiché con la MONETA DEBITO CHE CI REGALANO GLI EUROCRATI FEDELI AI LORO POTENTI PADRONI, SIAMO AVVIATI PROGRESSIVAMENTE AL BARATRO DELLA COMPLETA ROVINA.
    Un caro saluto, Normanno

  7. Normanno Malaguti

    Caro Piero,
    E’ la sesta volta che provo ad inviarti il mio commento con una della due e-mail che R.C. dichiara errata provo un’ultima volta. Pewr favore intervieni tu. Grazie Normanno

    Caro Piero,
    Perfette l’analisi, l’analisi e la cura, ma come dice Paola il medico manca. Aggiungo che con la MONETA DEBITO CHE IL NOSTRO GOVERNO, IN FEDELE OBBEDIENZA AI SUOI PADRONI DELL’ALTA FINANZA, CI HA ADDOSSATO E QUINDI SENZA IL RECUPERO DELLA NOSTRA SOVRANITA’ MONETARIA, mancano i ‘mezzi’ per fare alcunché. siamo anzi avviati, con andamento esponenziale. verso IL BARATRO DELLA ROVINA IRREVERSIBILE.
    Un caro saluto,
    . Nomrnano

  8. Vi posso assicurare che i terreni abbandonati assorbono bene l’acqua e, grazie alle radici degli alberi, non franano. Il problema è la manutenzione di fiumi e torrenti e, soprattutto, lo dico senza ideologie, il cemento! Qui nella pianura Padana vanno via ettari ed ettari di territorio in centri commerciali e capannoni vuoti: terreni irrecuperabili per l’agricoltura.
    Un terreno abbandonato viene solitamente ricoperto da una boscaglia facile da togliere per tornare a coltivare. Al contrario le zone abbandonate cementificate possono essere riciclate con nuovi usi o edifici, ma non saranno mai più campi agricoli. Per questo è urgente fermare il cemento e ricostruire dove c’è già: non è ideologia, è il buon senso di assicurare alle generazioni future terra fertile e dunque cibo.
    Come Pio XII denunciava l’urbanizzazione di massa, ora Francesco (e già i suoi predecessori) sta dicendo chiaramente che il Creato a noi affidato va custodito: una cosa giusta ovvia che molti hanno scordato a furia di liquidarla come uno dei tanti argomenti ideologici degli eco-animalisti.

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