Diva correva con la bicicletta sulla mulattiera sconnessa, per portare i panni puliti alla Certosa. Il fratello, quasi sacerdote, mentre l’aspettava al solito posto vicino alla fontana, al fresco, sotto all’olmo, leggeva il breviario che teneva sempre con sé – come se fosse una reliquia. Indossava la talare nera, perché all’epoca, era il 1933, tutti i sacerdoti e i seminaristi la indossavano. Non era una moda, ma la regola; oggi da molti abbandonata, ma non da tutti.
La vita alla Certosa scorreva lontana dal fragore del mondo. Il silenzio, predominava, interrotto dai canti liturgici in latino. Diva lo sapeva, non perchè glielo avesse detto il fratello quasi sacerdote. Ma perché lei conosceva un posto segereto fuori dalle mura della Certosa; un angolino da dove poteva ascoltare quella vita. E lei stava lì in quel cantuccio, ad ascoltare per ore. Non certo per spiarli, ma perché così poteva sentirsi vicina al Signore, sognando di averli tutti come fratelli, mentre sgranava il suo piccolo rosario fatto di grani di legno. “Oh, se fossero tutti miei fratelli”, pensava, “tra qualche anno avrei potuto ricevere tante benedizioni al giorno, quante il numero dei pretini”. Ma lei poverina, si sarebbe dovuta accontentare di una soltanto.
Appena finito di sgranare il suo rosario, Diva riprendeva la bicicletta che aveva lasciato sotto all’olmo e, pedalando lentamente, cominciava a cantare avviandosi verso casa.
In famigila erano in dodici, tra fratelli, sorelle, il babbo e la mamma. Ognuno aveva il suo compito; a Diva era stato assegnato l’incarico di andare a fare fascette.
All’epoca i boschi venivano mantenuti puliti in questo modo, dato che le persone dei villaggi andavano a raccogliere i rami, le foglie secche – e persino i cardi, per potersi riscaldare a casa col camino. E chi viveva vicino al fiume, sapeva che, se vedeva una pietra messa sopra a un pezzo di legno, o sopra a qualsiasi altra cosa, qualcuno sarebbe tornato a prenderli da lì a poco.
La vita era dura! E forse, anche per questo, le persone erano forti, le famiglie numerose, le chiese piene di fedeli e soprattutto, come diceva Diva – “c’erano tanti pretini!”. Erano talmente tanti che molti potevano dir messa soltanto agli altari laterali.
Alla sera, fino a che non comparve la televisione, tutta la famiglia si ritrovava insieme a pregare il Rosario prima della cena; sotto il quadretto del Sacro Cuore da un lato, la Madonnina dall’altro lato e il Crocifisso a guardarli dall’alto.
Queste erano le immagini che si potevano vedere in quasi tutte le case di un’Italia rurale cattolica, oggi defunta.
Adesso sono tutti morti! Anche Diva… riposa, sotto la terra, nell’attesa della resurrezione dei corpi. La sua anima è in paradiso, come potrebbe essere altrimenti! Il Signore, nella sua immensa Misericordia, le ha fatto la grazia di purgarla in questa vita.
Dopo aver ricevuoto gli ultimi sacramenti, per tre anni è rimasta inchiodata al suo letto paralizzata – solo gli occhi muoveva. Ma Diva sapeva: il suo corpo deforme, piagato, e umiliato dall’incontinenza, un giorno, sarebbe tornato ad essere giovane, bello e splendente, quando risorto.
Per tutta la vita, Diva, ha pregato il Santo Rosario – diceva: “Una corona per i vivi, e una per i morti”!
Persino nel suo letto di spine, muta e paralizzata, continuò a fare orazione continua. Emetteva sempre, tutti i giorni, due suoni in sequenza, per delle ore… a noi sembravano soltanto dei suoni. Invece, Diva pregava: “Ave Maria, Santa Maria”.
Lo capii, perchè ogni volta che le dicevo Ave Maria, lei rispondeva con il secondo suono. E se poi rimanevo in silenzio, Diva emetteva il primo suono, allora io rispondevo: “Santa Maria”.
Sicché, Diva, col sorriso e occhi puri – Ave Maria, Santa Maria, pregava.

2 commenti su “Diva pregava”

  1. Marcello Rocchi

    Ci si trovava dinanzi ad una Comunità solida, una Comunità di Credenti, di Cristiani, dediti al Lavoro, alla Preghiera e alla Famiglia!
    In Famiglia mio padre mia madre dicevano sempre:” se Dio vuole dobbiamo fare quel lavoro, quell’affare, dovrai raggiungere il diploma di laurea ecc”. In tutti i discorsi cosiddetti programmatici, in famiglia si anteponevano sempre tre parole: ” Se Dio Vuole!”
    Questo era il modo di ragionare, queste erano le fondamenta, allora assai solide. Esse seppero dare delle risposte e dettero alla Società del tempo risultati eccellenti!
    Il Miracolo economico degli anni sessanta derivò dallo spirito di sacrificio che i nostri genitori e nonni seppero affrontare, in un quadro inizialmente drammatico della ricostruzione, in quanto sostenuti dal coraggio, tenacia, dalla forza delle idee e degli obbiettivi da raggiungere per il futuro delle nuove generazioni. Il tutto, tuttavia, era sorretto, dalla forza dalla FEDE CRISTIANA!
    I Governanti (Alcide De Gasperi), tanti politici, una stragrande maggioranza di economisti del tempo, nel silenzio e nello studio ricco di impegno, seppero ricercare con umiltà innanzitutto Dio per arricchire la Patria di leggi, lontane da ogni empietà, tese al sostegno della piccola impresa privata, sia essa agricola che artigianale ecc, gestita a conduzione familiare! Tutto ciò creava lavoro ed interessi nel restare nel proprio paese nella propria città evitando in tal modo la costituzione della grandi megalopoli! sostenendo il necessario per la vita per il quotidiano.
    Il Lavoro e la Morale Cristiana in realtà, secondo il mio punto di vista, furono sostegni necessari per la vita del tempo!
    Marcello Rocchi

  2. Per la vicenda con Guareschi sentir nominare De Gasperi mi suscita una certa irritazione, perciò direi che ALCUNI governanti si prefissero leggi lontane da ogni empietà, fino a che, fra un compromesso e l’altro, un democristianissimo e cattolicissimo Andreotti dichiarò che si potevano santificare le feste anche lavorando. E fu così che scomparvero San Giuseppe, lAscensione e il Corpus Domini di giovedì, San Pietro e Paolo, San Francesco e per alcuni anni anche l’Epifania (poi a furor di popolo ripristinata). Intoccabili però grandiose date quali 25 aprile e 2 giugno.

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