Don Isio Cecchini. Sui monti aspri della Toscana, un soldato fedele alla Tradizione e alla Fede di sempre  –  di Pucci Cipriani

di Pucci Cipriani

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zzzz03“Non riesco a mettere più piede – racconto durante una riunione della Comunione Tradizionale – nelle chiese della mia amata Borgo San Lorenzo per assistere a quelle funzioni simili, anzi peggiori, delle riunioni condominiali, che io in cinquant’anni ho sempre disertato, da quando, a mano a mano, il nuovo parroco – imam don Maurizio Mohamed Tagliaferri, ha trasformato quella che era una fiorente e devota parrocchia in una sorta di setta neognostica dove, secondo il modello della famigerata Parrocchia della Madonna della Pace di don Lelio Cantini, a comandare è una sorta di “profetessa”, soprannominata la “Papessa Giovanna” che ha creato, istruendole e scegliendole lei stessa, una sorta di Corpo Donnesco delle “Sublimi Maestre Perfette” che, praticamente, presiedono, vestite con una candida (sic!) veste bianca(sic) da Angelone, i riti e “brancicano” le Particole Consacrate (sempre che il celebrante creda nella Transustanziazione e intenda fare quello che ha sempre fatto la Chiesa) per consegnare poi, con aria ispirata, ai fedeli che, purtroppo, fanno l’abitudine credendola una cosa lecita, la Sacra Particola mentre il prete “giovanneo” se ne sta comodamente seduto su un seggiolone da quando ha fatto innalzare il suo trono e abbassare quello di Gesù…ma di questo – dico ancora- ve ne parlerà (e ne scriverà) ad abundantiam il prof. Vinicio Catturelli…”

E così, dopo una telefonata assai gradita, due giovani amici la mattina della domenica passano, alle sette in punto a prendermi, per farmi – mi dicono – una sorpresa portandomi in una chiesetta di campagna che, sicuramente, non puzza di setta.

Durante il viaggio racconto di quando, una sera dei lontani anni Settanta mi telefonò con gioia, alle 21, l’amico Tito Casini svelandomi un episodio che, accadutogli durante quella domenica, per lui, rappresentava una nota di speranza, in quel drammatico postconcilio in cui si pensava che ormai tutto fosse perduto. Un delizioso e commuovente episodio che, poi, volle immortalare nel suo libro : “Il Fumo di satana . verso l’ultimo scontro” (Ed. Il Carro di San Giovanni) con la copertina di Antonio Berti e che qui voglio riportare a delizia mia e dei miei cari lettori:

zzzz01“Passavo da Sant’Agata, un vecchio Borgo del…Mugello, una domenica dell’altra estate, quando, nell’avvicinarmi all’antica pieve, sentii nella chiesa venir col suono dell’organo un canto, poco meno che a solo, che subito riconobbi e mi fece affrettare il passo per non perderne e unirmi a quanto ne rimaneva…Era il Vespro, era l’ultimo salmo, In exitu Israel de Aegypto, e alla mia contentezza fu pari la mia meraviglia nel vedere che a cantarlo era, con pochi bambini e una diecina fra uomini e donne, il pievano. Quasi solo, dunque (non ricordo che insolito avvenimento aveva spopolato il paese), e, nonostante, egli non aveva rinunziato, non rinunziava al suo Vespro, a quei bei salmi, a quel bell’inno, a quel Magnificat (che aveva, un giorno, a Notre Dame, convertito Paul Claudel), soddisfatto di soddisfare a un dovere, “servetur”, di cui sentiva evidentemente il piacere, conservando una tradizione,di fede e di bellezza congiunte, ricevuta dai secoli,attraverso le generazioni che in quella chiesa avevano così pregato, così cantato, coi canti di David, per essere inoltrata nei secoli, più forte di ciò che il verno della barbarie le avesse o le avrebbe potuto contro. Tradita tradere…e al pievano (che salutai poi festosamente con l’alcaica di Orazio, Iustum et tenacem propositi virum…)io dico, io ripeto grazie, anche di qui, per lui e per il piccolo coro che cantava con lui quelle grandi cose”

E i miei amici sanno quanto, lo scorso dicembre, in quella che era stata la mia parrocchia, fossi colpito più che dal vento della morte dal verno della barbarie; e, così parlando, arriviamo, passando per Londa, in Casentino, a Stia e, da Stia, su per i monti, fino a Gaviserri che non è neanche un agglomerato di case, ma una chiesetta, con un campanile dal quale ci giunge, e siamo ancora in macchina, il suono pressante delle campane che sembra un saluto concitato e amicale. Posteggiamo la macchina e iniziamo a salire su per una viottola di montagna e, al crocicchio, troviamo un Cristo, come una volta mettevano i montanari e poi, su su, dove, dalle nebbie perenni del mio “natìo Borgo selvaggio” e dalla calura casentinese, siamo saliti a respirare una fresca e “dolce aria che scioglie le dure zolle\ e visita le chiese di campagna\ ch’erbose hanno le soglie…”

Siamo proprio a Gaviserri, ai confini della Romagna, e da quella chiesetta io sento già le voci squillanti dei piccoli chierichetti che rispondono al Santo Rosario, recitato in latino, prima della Santa Messa…e intanto tante famiglie, con i loro bambini – è questo che mi colpisce – salgono non il dantesco “lacrimoso colle”  ma “il dilettoso monte” per entrare in quella casa del Signore dove ti avvolge il profumo dei gigli e delle rose e, ancor più delizioso, il suono di quelle voci angeliche, che pregano, come in questa chiesa, pregarono i loro avi…generazioni di persone che hanno trasmesso la fede : “Tradidi quod et accepi” 

Non mi aspettavo una così bella sorpresa e non faccio a tempo a riprendermi da quella “meravigliosa visione” che i chierichetti con le loro vesti rosse e le cotte bianche, rientrano precedendo il sacerdote celebrante e i miei due amici, Gabriele e Leonardo,mentre un piccolo coro sottolinea a “una voce” con i fedeli presenti (e son tanti, tanti, forse il triplo della capienza di quella chiesetta di campagna) i punti salienti della S.Messa : il Kyrie,il Gloria, il Credo e poi la Consacrazione, con tutti i fedeli in ginocchio e nella chiesetta regna il silenzio, poi la S.Comunione, in ginocchio, il ringraziamento personale e, infine, il sacerdote in piedi, attorniato, dai suoi piccoli chierichetti, che intona, a due voci, un canto soave alla Mamma celeste che, non lo nego, qualche lacrimuccia m’ha fatto ingoiare:

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Nome dolcissimo

nome d’amore,

potente balsamo

al peccatore.

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Fra i cori angelici

e l’armonia 

Ave Maria, Ave Maria!

…………………………..

Dal ciel benigna

riguarda a noi

materna mostrati

ai figli tuoi.

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Mi son recato, al termine della Santa Messa in rito romano antico, la Messa di sempre e di tutti, in sagrestia, ho salutato questo sacerdote, in talare, con il “prosit” al quale ha prontamente risposto “tibi quoque”…e poi mi son congratulato con questo celebrante che fa sì che Gesù Cristo stesso offra, attraverso il suo ministero, il Santo Sacrificio e non ho citato – come Tito Casini – un’alcaica, ma mi son limitato a dire : “Grazie, padre, che Dio La rimeriti…” e ho detto il mio nome donandogli il mio ultimo libro, al che ha soggiunto il Santo sacerdote : “La sua fama…la precede” e non mi è venuto in mente di rispondergli : “Ahimè, sì, mi precede anche dal Signore…e quanto vorrei aver io non una “fama” come la mia, ma un animo come il suo da presentare al momento del “Redde rationem”…E intanto, mentre fuori batteva il sole, e le capre belavano, mentre Peppa, la ciuca, emetteva i primi ragli mattutini e seguiva i bambini, richiamata dalle loro voci argentine, quasi volesse giocare con loro, i fedeli, dopo aver fatto il ringraziamento in chiesa, affollavano la canonica e sembrava che, con gli occhi, si covassero il loro caro priore che, come le sentinelle di una volta, nei posti di frontiera sembra piantato a presidio di questo paesaggio silvestre e aspro sul Monte Falterona , tra le sorgenti di Capo d’Arno  e quelle del torrente Staggia, e  a quella montagna don Isio contende, giorno per giorno, con un duro lavoro, ampi spazi perchè vuol riportare quella terra all’uomo, all’agricoltura, perché solo dalla terra si ricava il cibo per la vita.

Ma ora il nostro parroco ha fretta, è serio e pensoso, ha in mano l’Asperge e la stola viola, deve andare a benedire un bambino di una giovane coppia di suoi parrocchiani … ha undici mesi e da tanti giorni non riescono a fargli abbassare la febbre, lo portano all’Ospedale Majer, ma anche lì non sanno come fare…va avanti ad antibiotici e cortisone…E sembra quasi che le sofferenze del bambino e di quella giovane coppia si trasmettano sul suo volto che, ora, sembra corrugato…e anche noi, – e ora speriamo anche i nostri lettori – preghiamo mentalmente per quel piccolo che, ne siamo certi, ritroveremo, tra qualche anno, tra quei chierichetti.

E’ il lavoro, quello di don Cecchini, di un soldato di Cristo, sui monti aspri della Toscana, di un soldato fedele alla Tradizione e alla Fede di sempre e che la trasmette ai suoi parrocchiani : “Tradidi quod et accepi”…Sì, tra quei monti, tra quei castagneti, tra le fungaie, le selve dove domina il cinghiale, tra quelle “fresche, chiare e dolci acque” che a primavera divengono impetuose, tra quella neve invernale vergine per più mesi…grazie a quella vigile sentinella che, nella notte, aspetta l’aurora, come Israele aspetta il Signore, ancora non è arrivata l’apostasia.

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CLICCA QUI per il video “Gaviserri: un Sant’Antonio d’altri tempi“. Don Isio Cecchini, la sentinella vigile fedele alla Tradizione cattolica, festeggia come una volta Sant’Antonio con benedizione agli animali in latino e con la reliquia del Santo Antonio.

7 commenti su “Don Isio Cecchini. Sui monti aspri della Toscana, un soldato fedele alla Tradizione e alla Fede di sempre  –  di Pucci Cipriani”

  1. Che meraviglia!
    Un consiglio al “soldato”:
    si metta l’elmetto e carichi il fucile di doncamilliana memoria perché, tra un po’, arriveranno le truppe vaticanosecondiste per portare quest’isola felice alla “normalizzazione”

  2. luisella stefani

    il nostro parroco è grande nel cuore, ci ha insegnato tanto e ancora abbiamo tanto da imparare,lo scorso maggio ha sposato mia figlia in rito antico ed è stata una cerimonia emozionante mai vista,preghiamo il Signore che ce lo mantenga a lungo. Grazie ha lei per le sue parole verso il nostro parroco e la nostra piccola chiesa che noi amiamo con tutto il cuore.

    1. Angelo Augusto Muscas

      Semplicemente e stupendamente MERAVIGLIOSO!! L'”isola che non c’e'” … C’E’ !!! Quanto sarebbe bello poter abbandonare tutto e trasferirvisi… Un immenso ringraziamento per l’articolo per molti versi commovente. Sia lodato Gesu’ Cristo. Augusto

  3. Un Grande prete, che sa veramente pregare, un Alpino che sa veramente cantare.In Casentino tutti gli vogliamo bene ha riportato la Festa di Sant’Antonio Abate agli antichi splendori è divenuta la Festa che gli Agricoltori dedicano al Santo, di tutta la Toscana, e non si fermerà qui; un cartello esposto alla Festa infatti diceva che ogni anno con l’aiuto di tutti sarà sempre più
    partecipata e più bella. Ho testimonianza che un mio carissimo Amico che non frequentava più la Chiesa da 40 anni con Don Isio si è riavvicinato a tutti i Sacramenti.

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