DOPO L’APPELLO DI MAGDI CRISTIANO ALLAM. UNO SGUARDO AL PASSATO PER CAPIRE IL PRESENTE – di Luciano Garibaldi

di Luciano Garibaldi

 

 

Magdi Cristiano Allam ha scritto di recente, su «Il Giornale», un articolo, ripreso da «Riscossa Cristiana», che è una implacabile, documentata e sacrosanta denuncia contro la «dittatura finanziaria che sta distruggendo l’economia reale riducendo la persona da depositaria di un valore intrinseco a semplice strumento di produzione e consumo». Allam, senza mezze parole, accusa di ipocrisia i politici che si sono avvicendati al Quirinale dopo lo scioglimento anticipato delle Camere, tessendo le lodi del governo Monti. «Ripetono all’unisono», scrive Allam, «che Monti ci avrebbe salvato dal baratro e che grazie a lui avremmo scongiurato di fare la fine della Grecia».

Con che coraggio si possono fare affermazioni del genere, quando, soltanto nell’ultimo anno, è raddoppiato il numero degli italiani che soffrono la fame, diventando 6,2 milioni coloro che nell’arco delle 48 ore non possono consumare un pasto sufficiente ad alimentarsi adeguatamente?

Vogliamo continuare?  Sempre nell’ultimo anno, 47mila famiglie sono state costrette ad abbandonare la propria casa perché impossibilitate a pagare il mutuo; 240mila imprese sono fallite perché paradossalmente creditrici in un contesto dove il principale debitore insolvente è lo Stato; circa il 50% della forza lavoro è composto da disoccupati, inoccupati, cassintegrati ed esodati; 8 giovani su 10 tra coloro che lavorano sono precari.

ac«Monti», scrive Allam, ed è difficile dargli torto, «sta perpetrando il crimine di trasformare uno Stato ricco in una popolazione povera, imprese creditrici in imprenditori falliti». Non passa giorno senza che si venga a conoscere la tragica decisione di un imprenditore fallito di togliersi la vita. Siamo ormai di fronte ad un’ondata di suicidi. Per non parlare della continua violazione dei sacrosanti diritti dei cittadini, attuata soprattutto grazie al regime di polizia tributaria instaurato dopo il golpe Napolitano-Monti. Se vai in banca per ritirare tremila euro dal tuo conto, ti senti chiedere dall’impiegato: «A che cosa le servono?».

Ma siamo matti? Ma in quale nazione al mondo è immaginabile una domanda del genere? Fino a ieri, sicuramente in Urss, o nella Germania Est. Ma oggi, probabilmente, neppure in Cina, a Cuba e nella Corea del Nord.

La denuncia di Magdi Cristiano Allam – al quale, lo dico fin da ora, andrà il mio voto – mi richiama alla mente due citazioni storiche che, in qualche modo, fanno venire i brividi. La prima è una frase che si può leggere nel celebre libro di Winston Churchill «The Second World War»: «L’errore imperdonabile della Germania prima della seconda guerra mondiale fu il suo tentativo di sganciare la sua economia dal sistema di commercio mondiale, e di costruire  un sistema di cambi indipendente dal quale la finanza mondiale non  poteva più trarre profitto».

La seconda citazione è una drammatica conferma della motivazione che Churchill diede allo scoppio della Seconda Guerra Mondiale. Fu pronunciata in una intervista dal generale britannico J. P. C. Fuller: «Quel che ci spinse in guerra contro Hitler non fu la sua dottrina politica; la vera causa fu il suo tentativo, coronato da successo, di dare vita a una nuova economia. La prosperità della finanza internazionale dipende dall’emissione di prestiti a interesse a nazioni in difficoltà economica. Il progetto di Hitler significava la rovina della finanza internazionale. Se gli fosse stato permesso di completarlo con successo, altre nazioni avrebbero certo seguito il suo esempio, e sarebbe venuto il momento in cui tutti gli Stati privi di riserve auree si sarebbero scambiati beni contro beni. In tal modo, non solo la richiesta di prestiti sarebbe cessata e l’oro avrebbe perso valore, ma i prestatori finanziari avrebbero dovuto chiudere bottega. Questa pistola finanziaria era puntata in modo particolare alla tempia degli Stati Uniti».

Riflettiamo. Non siamo nazisti e, per fortuna, non abbiamo un Hiter, anche se sul tema specifico dell’economia è difficile dargli torto. Ma il ragionamento  dei due personaggi inglesi non fa una grinza. La schiavitù economica non ci sta bene. Cerchiamo dunque di contrastarla, nel nostro piccolo, quando andremo alle urne.

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