“Dovere e matrimonio”. Un saggio di Carlo Testa  –  di Piero Vassallo

Pubblicate in questi giorni, le raggelanti statistiche sulla denatalità in Italia rammentano l’esistenza di un’azione finalizzata al drastico restringimento della popolazione umana, secondo il piano  malthusiano elaborato e portato avanti dai poteri strozzini, che obbediscono alle incrociate e nefaste luci dell’edonismo e del nichilismo.

di Piero Vassallo

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zzcrltstMotori dell’infertilità e deterrenti antivitali, in Italia, sono gli spaventi procurati ai giovani dallo spettacolo che rappresenta la dolente irruzione nelle mense della Caritas di padri di famiglia impoveriti e affamati dalle separazioni, che sono attuate sotto la luce demenziale e disgraziata della legge divorzista, che ha il disonorato nome del duo Fortuna-Baslini e avvilito il popolo referendario.

La filosofia e la scienza ineconomica funzionali al programma inteso alla denatalità, contemplano lo snaturamento del matrimonio o peggio il suo abbassamento a convivenza provvisoria e sterile tra persone senza identità, nomadi senza memoria storica e senza radici spirituali.

Al proposito l’autore cita uno scritto di Roberto Volpi, il quale sostiene che “il sesso si è a tal punto sganciato, liberandosene dalla riproduzione, non soltanto dalla necessità ma dalla stessa possibilità della riproduzione, del fare figli, che tra questi ultimi e il sesso si è cavato un abisso culturale mai tanto profondo. Il sesso non soltanto non implica più ma neppure richiama alla mente la riproduzione e i bambini, se non come rischio da evitare”.

Di qui l’urgenza di una reazione spirituale e civile finalizzata alla restaurazione della legge naturale che – da sempre e ovunque  – governa le società fondate sulla famiglia naturale, cioè su unioni consacrate e intenzionalmente indissolubili.

Il disagio prodotto dell’economia globalizzata e il malessere causato dal dilagare di vizi applauditi dalla “cultura”, infatti, discendono dal disordine scorrazzante nelle società costituite da unioni liquide e sterili per vocazione e/o per costrizione.

La finalità dell’eccellente e appassionante saggio scritto dell’insigne giurista romano Carlo Testa e pubblicato dal Segno in Tavagnacco (Udine), è “reclamare la presenza e lo spazio nell’Ordinamento Giuridico non di una riserva indiana ma di una scelta di vita che, pur tra tentennamenti, incertezze ed errori, ancora milioni di uomini e donne hanno affrontato e si sentono in grado di realizzare”.

OpportunamenteTesta assume e fa proprio il criterio formulato dallo psicanalista tedesco Alexander Mitscherlich (1908-1982), autore nel 1963 di un saggio intitolato “Verso una società senza padre”. Secondo Mitscherlich “solo un felice legame reciproco fra madre, figlio e padre, di cui i due genitori debbono porre le premesse, può permettere loro di educare, cioè di porre le esigenze che il bambino accetta perché le fa sue”. L’armonia familiare è infatti la condizione della crescita equilibrata delle nuove generazioni.

Nel solco della filosofia del senso comune, magistralmente formulata da Antonio Livi  Testa riconosce l’esistenza di un pensiero “comune a tutti gli esseri umani, che non può non essere connesso ad una caratteristica identitaria del soggetto umano … ciò a dimostrazione dell’esistenza di una Natura comune a tutti noi, manifestato da questo senso comune universale, che ben potremmo chiamare senso di giustizia”.

Testa assume pertanto il carico della dimenticata/censurata (anche in alta sede) eredità dei cattolici, che in passato si sono strenuamente opposti al progetto divorzista, inteso alla dissoluzione della famiglia secondo natura e alla diseducazione dei figli.

Il filosofo del diritto Guido Gonella, che tentò di evitare il peggio proponendo una legge contemplante il divorzio soltanto per le coppie che ne ammettevano l’eventualità (dunque una legge che, diversamente dalla disgraziata parodia firmata da Fortuna & Baslini, non avrebbe minato il matrimonio cattolico e non avrebbe introdotto il disordine e il malessere nella società italiana).

Sergio Cotta, il quale ha dimostrato che “senza la durata nella Famiglia e nel Diritto, il nesso comunicazione-comprensione-completamento non avrebbe senso alcuno”, si  avvierebbe un processo indirizzato a spezzare l’unità del diritto e far scomparire l’universalità della giustizia.

Gabrio Lombardi, il quale sostenne che  “il divorzio è legato a uno spirito e ad una pratica di cui il fanciullo è, per natura, la vittima“.

Infine Amintore Fanfani, che, nell’anno del referendum tradito, uscì dal deserto democristiano per assumere il pesante incarico di difensore del matrimonio indissolubile

L’indifferenza della legge di fronte al dolore che la separazione dei genitori procura ai bambini è la misura  della decadenza in atto nel mondo moderno: siamo entrati in un’epoca segnata “dalla fine del limite e del rispetto, dove l’Altro è ridotto ad oggetto passivo della volontà del soggetto-assoluto, dove la critica della violenza ha ragion d’essere solo in quanto essa crea Diritto, poiché il diritto sarebbe violenza in quanto ricorre alla punizione. Sulla scia di Benjamin, è radicata l’opinione che l’organizzazione giuridico-monogamica non è affatto dettata dalla dialettica degli affetti, bensì dalla dialettica della società civile borghese, bisognosa di certezze giuridicamente garantite

Ora la difesa del matrimonio propriamente detto, secondo Testa,  è costituita dal diritto naturale, “che non è un diritto ideale o utopico, ma il diritto della Natura Umana, ovvero la giustizia garante della relazionalità umana sulla Terra, diritto dell’uomo, garante dell’aprirsi all’incontro con l’altro non secondo il proprio arbitrio, ma secondo una regola obiettiva, che è garanzia di comunicazione e di pace fra le persone“.

Il magnifico saggio di Testa indica il primo e fondamentale impegno che la destra (oggi smarrita nel rumore della chiacchiera politichese) dovrà assumere nel futuro prossimo: assimilare e diffondere i princìpi della società fondata sul matrimonio indissolubile e fecondo.

5 commenti su ““Dovere e matrimonio”. Un saggio di Carlo Testa  –  di Piero Vassallo”

  1. Bisognerebbe regalare questo libro ai fidanzati che intendono sposarsi per realizzare un vero progetto di vita sulla base di un’unione indissolubile e feconda. Proprio quel progetto di vita che corrisponde in pieno a quel “senso di giustizia” di cui parla l’autore, da cui scaturiscono l’armonia e la pace fra le persone

    1. Giustissimo, la soluzione risiede nell’educazione: educazione all’amore capace di fedeltà, lealtà, eternità. Educazione che è tristemente mancata alla generazione che ha affrontato il matrimonio negli anni in cui esso veniva messo in discussione, non solo dall’introduzione della legge divorzista, ma da una disgregazione dell’identità della borghesia italiana studiata a tavolino. La borghesia sana, fondata sulla famiglia tradizionale doveva” essere distrutta. Sono stati presi di mira i suoi rampolli, che, in nome del libero amore e della libera scelta, sono stati cannibalizzati, sfruttati e impoveriti da una classe che ha usato il matrimonio o la libera unione interclassista come cavallo di Troia. La storia di molti divorzi si spiega con matrimoni avventati.

      1. Gentile signora Marina,
        fermo restando che condivido in pieno l’assunto che molti divorzi sono l’amaro frutto dell’avventatezza di molti matrimoni,cosa intende precisamente dicendo che il matrimonio interclassista è stato un cavallo di Troia che ha “cannibalizzato” i rampolli di una certa borghesia sana ?

  2. perfetta la diagnosi Marina ! il vento “californiano” del sessantotto ha avvelenato la società italiana! e continua a soffiare!

  3. piero vassallo

    chiunque interroga gli avvocati matrimonialisti sa che i matrimoni combinati sono quelli che presentano una minore percentuale di fallimenti – l’introduzione della passionalità nella scelta del marito e o della moglie cioè il matrimonio come seguito di un “colpo di fulmine” ha prodotto le cause di moltissimi divorzi – la differenza di classe, cultura e stile genera infallibilmente tensioni e difficoltà tra i coiniugi –

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