Draghi celebra le vittime del Covid. A ciascuno il Pericle che si merita

Draghi come Pericle accompagnato dalla Gelmini nella parte di Aspasia ha commemorato i caduti del primo anno di covid, con una cerimonia adeguata alle circostanze, e alla Gesinnung governativa (come direbbero i tedeschi). 

Le circostanze sono quelle note della guerra iniziata un anno fa e la cui fine è affidata ad oracoli ancora tutti da interpretare. Del governo vediamo i fatti, ma cominciano a delinearsi anche i fini. Ovvero, se il senso della commedia è rimasto piuttosto confuso finché recitavano solo attori presi dalla strada, esso comincia a chiarirsi da quando a fare il capocomico è stato chiamato un consumato professionista. Che per le orazioni funebri sembra proprio portato. L’abbiamo visto nel discorso inaugurale pronunciato in veste di salvatore della patria altrui, cioè della nostra. 

Del resto, se è vera la diceria per cui al sommo delle sue aspirazioni vi sarebbe nientemeno che il Quirinale, sappiamo che le prerogative riservate a chi ricopre quella carica siano essenzialmente due, le commemorazioni e la riduzione al minimo delle procedure democratiche. Il nostro primo attore comincia ad affiatarsi con le prime, mentre la seconda è in via di consolidamento definitivo. 

Dunque torniamo alla commemorazione. L’Italia è un paese ricchissimo di monumenti alla memoria. Quasi ogni borgo, anche il più piccolo, ha il suo monumento ai caduti e spesso anche il suo parco della Rimembranza. Dove il compianto e la memoria è anche un monito perché il male e il dolore che viene dall’uomo possa non ripetersi. Del resto la nazione fresca di nascita si è trovata al centro delle due guerre più devastanti della storia umana. Poi sono venuti i morti di una efferata guerra civile. Ma questa è un’altra storia. A Redipuglia sono stati raccolti anche simbolicamente i corpi. Negli altri luoghi la memoria dei corpi è stata affidata ai cenotafi. Il caduto per la patria è anche eroe, perché è colui che ha sacrificato la propria vita più o meno volontariamente pur nel quadro dissennato della storia, e questo alza eroicamente i morti al di sopra degli eventi e delle vicende personali. 

Ma, accanto alla immagine dei caduti, si è profilata nel tempo anche quella delle “vittime”, cioè di quelli che spesso sono stati annichiliti dai frequenti e devastanti eventi naturali, o da spaventosi errori o efferatezze umane. Le vittime sono innocenti per definizione, perché ignare e soggette senza alcuna coscienza al destino che subiscono senza residuo.

A Bergamo è stato inaugurato un tertium genus. Quello dei caduti vittime del covid. E si capisce. Se le vittime vengono elevate a caduti, si sposta il baricentro della commozione, distogliendola dal problema della responsabilità politica e dall’errore sanitario. Il covid è l’autore materiale e non ci sono complicità umane. E, soprattutto, onorando la memoria si colma la voragine aperta dalla sottrazione ai vivi del corpo dei morti che è stato disperso nel nulla, cioè si cerca di coprire la ferita più insanabile.

Una operazione sottilmente risarcitoria, insomma, che è sembrata politicamente utile per chiudere un conto e magari anche per una nuova apertura di credito del futuro. Si vede che la classe non è acqua, tutt’al più acqua santa, perché in realtà la veste assunta dall’officiante è stata quella dell’ordinario militare che, anche senza vesti liturgiche, ha appunto celebrato non in nome del Dio sconosciuto e innominabile per le anime belle repubblicane, ma in nome del popolo che deve rinnovare le proprie virtù civiche con propositi di obbedienza e di fede, ovvero di fiducia politica incondizionata. 

Poiché la memoria ha bisogno di essere fissata nella materia, in clima di transizione ecologica, al posto del monumento, l’alberello piantato in aperta campagna e fecondato dalle ceneri dei malcapitati. E siccome onestamente non si può celebrare il valore dei caduti, così si celebra quello dei sopravvissuti, i quali, adeguatamente in lutto quaresimale, hanno il compito gravoso di ricordare che “nulla sarà come prima”. Infatti l’oracolo ha già parlato chiaramente, non per cenni, e ha anche detto in cosa consiste concretamente il proprio intervento salvifico: nella “distruzione creativa”.

Nessuno ha intonato il Dies Irae, ma tutti lo cantavano a bassa voce. Compresa Aspasia, in nero e a debita distanza, in omaggio alle pari opportunità funerarie. Il grande assente è stato ovviamente il senso del ridicolo. Ma di questa assenza non dobbiamo dolerci troppo. Spesso è proprio l’arma fatale che riesce ad uccidere anche le dittature più sicure di sé.

8 commenti su “Draghi celebra le vittime del Covid. A ciascuno il Pericle che si merita”

  1. Salvatore Rubino

    Ammirevole e molto puntuale il caustico commento al discorso del neo premier :si può essere d’accordo su tutta la linea (pregevole la distinzione fra vittime e caduti!);darei ancora una possibilità al nuovo Premier avendone ascoltato tanti sperticati elogi.

    1. Non importa dare ulteriori possibilità SE LE PRENDERANNO. E, sicuramente, sarà un validissimo manager per ottenere ciò per cui è stato chiamato. Ma non sarà per il bene del popolo. Questo è certo. Chi conferma Speranza nelle proprie compagini di governo ha già emesso verdetto.

  2. Ulisse Bensoni

    Condivido tutto. Alcuni giorni fa parlando con una amica mi ero espresso proprio in tal senso. La commemorazione delle vittime da parte di chi ne è stata la causa. Che tristezza.

  3. Cara Patrizia, condivido, ma il Dies Irae è sprecato, con questa gente. Basta il Degüello. Peccato che poi non arrivi il grande John Wayne, a rimettere tutto e tutti a posto, con il suo meraviglioso. “E’ uno sporco lavoro, ma qualcuno doveva pur farlo!”.
    Buon lavoro!
    Bruno PD

  4. corrado corradi

    ottimo articolo che commenta con arguzia e stile una realtà fatta di soffusa ipocrisia alla quale non dovremmo essere abituati ma che ormai fa parte della quotidianità…

  5. All’autrice di questo insipiente articolo vorrei porre una domanda: di concreto cosa propone per guidare questo sgangherato Paese? Fatto di sgangherati cittadin! Forse che l’ordine migliore e’ quello suggerito dall’anarchia? Mai nessuno che dica, fuori che dal negare, sempre, io farei cosi’! Quando si dice che questo e’ il Paese delle banane, si dimentica che le banane siamo noi! La grandezza dei comandanti si fa anche con il comportamento dei soldati! Ed io non vedo soldati in giro, vedo solo gigioni!

  6. Articolo da incorniciare!
    “super-mario” che commemora il disastro procurato in seguito ai tagli alla sanità, del quale lui stesso é parte in causa.
    Discorso da Nobel destinato a premiare i moderni “farisei” del nostro tempo.
    Le vittime di Bergamo non possono memmeno rivoltarsi nella tomba in quanto cremate!

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