Epifania: Stella, Magi e dintorni – di Luciano Pranzetti

Proponiamo ai lettori un intervento che l’amico prof. Luciano Pranzetti tenne ai catechisti della sua parrocchia il 9 gennaio 2013. È un testo di grande interesse per conoscere realmente la narrazione evangelica della nascita di Gesù e per fare una corretta lettura cattolica degli avvenimenti, fraintesa o più spesso falsata dall’ateismo militante di molti – presunti – esegeti.

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Epifania: Stella, Magi e dintorni

di Luciano Pranzetti

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6 gennaio: Epifania del Signore. Nelle omelie, nei servizi giornalistici e in tv si parla dei tre re Magi che re, probabilmente, non sono e, forse, nemmeno tre; della stella cometa che cometa non è; della grotta di Bethleem che grotta non è, ma una  casa. E’ un accavallarsi di astronomi che parlano di orbite e stelle collassanti, di opinionisti sincretisti che discettano di tutto, di antropologhi che disquisiscono di  usi e costumi, di esoteristi/alchimisti che gorgogliano di archetipi, di ancestrale mitologia, di trasmutazione hermetica e di opus magnum, di teologi neoterici che timidamente vorrebbero accennare a un  fatto straordinario e soprannaturale ma, nutriti da tempo da una cultura conciliarcirciterista e  salottiera, “alla de Chardin”, o intimoriti dalla tracimante verbosa dialettica degli avversarii, non osano affermarlo e sostenerlo, ripiegando, pusillanimemente candidi, con  il convenire su un fatto astrale naturale, seppur misterioso, e riscuotendo così l’apprezzamento degli altri e incassando una pacca sulle spalle. Tutt’al più – ammettono-  una opportuna e fortunata coincidenza. Ah! ma sì: la cometa di Halley! Ma vediamo. Il testo evangelico di Matteo (1-2/11) parla dei Magi in modo generico: gr. “ idù màgoi apò anatolòn  pareghénonto eis Jerosòlyma” – latEcce Magi ab oriente venerunt Hieroslymamecco, i Magi vennero dall’oriente a Gerusalemme” i quali, sempre in Matteo, così parlano ad Erode:  gr. “éidomen gar autù ton astèra en te anatolé” – lat. Vidimus enim stellam ejus in OrienteAbbiamo, infatti, visto la sua stella in Oriente”, fin quando arrivano alla mèta: gr. “kai elthòntes eis ten oikìan èidon ton paidìon metà Marìas tes metròs autùlat. “Et intrantes domum invenerunt puerum cum Maria matre ejus  “Entrati in casa videro il bambino con sua Maria, sua madre”.

I primi due riferimenti sono del tutto neutri in quanto non se ne evince la natura della stella – un astro – né il numero dei magi e né che essi siano re, mentre molto chiaramente Matteo ci dice che il luogo, dove i Magi trovarono Gesù, era una casa – oikìa/domus – ben diversa dal presepe – fatne/praesepe – di cui in Luca 2,7. Evidentemente, la venuta di questi sapienti orientali deve collocarsi assai dopo la nascita di Gesù se già la famiglia di Giuseppe alloggia in una casa. E che fosse trascorso qualche tempo è dimostrato dall’ordine di Erode di uccidere i bambini del comprensorio sotto i due anni. Tanto per non sbagliare e prenderli tutti. I vangeli apocrifi, e più dettagliatamente il “Vangelo dell’infanzia armeno” – ed. Einaudi 1969  a cura di M. Craveri – parlano di tre re, notificandone i nomi,  probabilmente in riferimento al numero dei doni – tre: oro, incenso e mirra,  significanti la regalità, il sacerdozio e l’immortalità di Cristo. Ma questo non costituisce un problema dacché la vicenda non riveste i caratteri della straordinarietà, mentre il dibattito si accende maggiormente sulla stella in quanto, dal racconto di Matteo, essa si qualifica come un fatto senza dubbio straordinario, al di fuori di schemi astrologici, sapienziali o astronomici in senso specifico, una stella che precede il cammino dei Magi, che cammina con loro e che, poi, si “ferma sopra dove è il Bambino”. Non tracceremo l’intera storia  delle interpretazioni che di essa sono state date, e che continuano a darsi soprattutto in termini astronomici, tale da trasformare quello che per noi è un evento soprannaturale in un, sia pur eccezionale, caso di coincidenze del tutto  naturali, ma soltanto pochi cenni. La discussione ha ripreso vigore, in questi tempi, con la breve ricognizione che ne ha fatto Benedetto XVI nel suo libro “L’infanzia di Gesù” – ed. Rizzoli 2012 – ove, da pag. 113 a pag. 123, egli si occupa tanto dei Magi che della loro sosta presso Erode e della stella soprattutto. Riferendosi a Keplero, e alla scoperta di una probabile  supernova  additata quale astro luminoso apparso ai Magi, Sua Santità passa alla più recente e più appaltata teoria della “congiunzione” planetaria Giove/Saturno che la maggior parte della moderna esegesi la dà come dato definitivo e sicuro.

Si dice, insomma, che l’astro luminoso che tracciò la rotta, e che si “fermò” sulla casa, altro non era che la luce espressa dai due pianeti apparsi come congiunti. Egli, infatti, non se la sente di cestinare siffatta teoria soprattutto per quelle prove che la scienza sembra aver, vittoriosamente,  portato in tema. In sintesi: fatto naturale o prodigio? E, difatti, scrive a pag. 114: “ Sarebbe errato rifiutare a priori una simile domanda  con il rinviare al carattere teologico del racconto”. Come dire: se ne può discutere, ed anche accettare l’ipotesi della scienza se questa potesse verificare la validità Giove/Saturno. E ne parlò già, nel 1956, lo scrittore Werner Keller nel suo “La Bibbia aveva ragioneed. ital. Garzanti 2 vv dove, a pag. 309 (vol. II) al cap. “La stella di Betlemme, passa in rassegna tutte le antiche effemeridi babilonesi, cinesi ed europee per dimostrare che fu una simile congiunzione, che si ripete ciclicamente, a tracciare la direzione del viaggio ai Magi non rifiutando, poi, l’ipotesi della cometa di Halley. Rettificando l’errore di calcolo calendaristico commesso dal monaco Dionigi il Piccolo (533),  Keller situa nel 7 a.C. quella congiunzione che coincise con la nascita di Gesù. Naturalmente, lo scrittore non si pone su una prospettiva di fede in quanto il suo scopo è quello di negare, mediante un razionalismo kantiano tinto di positivismo, la soprannaturalità di taluni eventi miracolosi a favore di una spiegazione naturale. Il passaggio degli ebrei attraverso il mar Rosso, le cui acque Dio separa, ad esempio, non è un fatto soprannaturale e divino ma il risultato di un semplice e naturale prosciugamento di un certo facile guado marino dovuto a un locale forte vento. Affermando, perciò, che la stella dei Magi altro non fu che una delle tante congiunzioni planetarie Giove/Saturno, cade la rappresentazione dell’intervento divino ex nihilo – dal nulla -. E per dare maggior forza alla sua teoria, l’autore, poggiando sul prestigio del Talmud, che vuole le pecore doversi portare in alpeggio ai primi di marzo e tornare in città ai primi di novembre, smentisce il racconto di Luca negando, così, l’esistenza di greggi e pastori sugli altipiani di Giudea ove, secondo i tabulati meteorologici del periodo dicembre/gennaio, la temperatura minima scende a – 2,8 gradi, condizione climatica che proibisce lo stazionamento delle greggi in quota. Ma l’eccellente studio del prof. Michele Loconsole “Quando è nato Gesù ?” – ed. San Paolo 2011 –  pagg. 78/85 – demolisce, però, questa conclusione proprio con l’ausilio del Talmud e delle sue  norme relative alla purezza degli animali, cosa di cui Keller non ha parlato. Scrive, infatti, lo studioso cattolico che, secondo una precettistica mosaica, le pecore bianche – pure – possono, a sera, rientrare entro le mura della città; quelle pezzate – semipure – ritornano sostando, però,  a ridosso esterno delle mura, sotto tettoie o negli stazzi;  quelle completamente nere o scure – impure – debbono restare sugli altipiani, anche d’inverno. Semplice e chiaro: il Talmud stesso certifica ed autentica la cronaca di Luca.

Sale, però, il turbamento per una cosa, una cosa peraltro incredibile se si pensa che, al saggio razionalista di Werner Keller, ha prestato la sua “laudatio” prefatoria il famoso don Giuseppe Ricciotti, autore di una splendida “Vita di Gesù Cristo” – ed. Poliglotta Vaticana 1952 – . I cattolici, sembra di capire, pur di non apparire rigidi, integralisti, reazionari, oscurantisti agli occhi della società e della cultura, accettano il democratico, gentile ed ecumenistico apprezzamento ad opere di contenuto e finalità eversivi, infilandosi in nasse ideologiche e di compromesso da cui sarà impossibile uscire. O, forse, così comportandosi, sperano che con simile atteggiamento dialogico/ecumenistico, che sa tanto di lusinga e di viltà, sia facile compiere opera di conversione. E’ quanto avvenuto con la nefasta “Cattedra dei non credenti”, con gli incontri interreligiosi di Assisi (1986/2000/2011)  e col recente “Cortile dei Gentili” del cardinal G. F. Ravasi, dove la dottrina liberale e massonico/sincretista domina e gestisce ogni incontro, avvelenando ogni intento di nuova evangelizzazione. E sono i libri, ad esempio, che il defunto cardinale Martini, autentico eversore dell’ortodossia dogmatica e morale, ha scritto in connubio con personaggi atei/eretici di internazionale fama, e sono le prefazioni encomiastiche che egli stesso ha vergato per opere di natura corrosiva e modernista come quelle del salottiero Vito Mancuso. Ma  torniamo alla congiunzione Giove/Saturno. A dar credito a un corposo volume: “Congiunzioni Giove-Saturno e Storia Giudaico-Cristiana” – Giuseppe de Cesaris – ed. Keybooks 2001 – sembra che questo fenomeno astronomico sia l’elemento che preordini e scandisca tutti i grandi eventi quasi fosse lo spirito e il generatore della storia. L’autore ne fa un elenco di lunga tratta e di smisurata quantità. Da pagina 311 a pagina 338  si rubricano  234 fatti straordinarii relativi a personaggi, guerre, terremoti, compresi tra il 980 a.C. (inizio regno di Davide) e il 406, anno della Vulgata di San Gerolamo, fissando, poi, la nascita di Cristo al 9 settembre del 7 a.C. con Giove/Saturno ancora  congiunti (0,8°), con la Luna piena in Pesci e con il Sole in Vergine, corredandola con il seguente, stupefacente e spassoso oroscopo: “E’ questa, secondo noi, la più probabile data di nascita di Gesù di Nazareth, cioè quella data le cui particolarissime(?) condizioni astrali avrebbero, poi, conferito a Gesù uno speciale carisma agli occhi degli altri e l’auto-consapevolezza di essere proprio lui l’atteso Messia davidico ed il Figlio di Dio. In definitiva un iniziato, come lo descrive Eduard Schuré, nel quale non da Dio, di cui è Figlio, ma da un pianeta, vien infuso un magnetico carisma messianico e immessa  una  pleonastica “auto-consapevolezza” di esserlo. Insomma, per questo autore, non c’è fatto storico di eminente importanza che non abbia a capo la sua congiunzione gioviale/saturnina, non c’è personaggio famoso che non sia nato, o morto, durante una delle tante congiunzioni. Sorge, a questo punto, una domanda: è la congiunzione Giove/Saturno che determina la storia o sono taluni eventi che, stranamente, si verificano sempre in concomitanza di essa? In entrambe le ipotesi, nulla è la presenza di Dio il quale, paradossalmente, creato il cielo e i pianeti, trasferisce a questi il potere di disegnare e gestire la storia, fino al punto di concedere ad essi la delega di infondere nel Figlio le proprietà divine. Visione gnostica e che, oggi, fa tanto moda e stupore nel complesso, sulfureo  e variegato mondo dell’emporio New-Age la cui cifra, è noto, sta nella deificazione della materia, nel giulebboso panenergismo cosmico e nelle figure degli Avatar.

Ma è così? E’ tutto un susseguirsi di coincidenze o di intelligenti interventi degli astri? Ma davvero il Signore, Dio Onnipotente, Creatore dell’universo troverebbe difficile “inventarsi” una stella quale segno della nascita del suo Unico Figlio? Ha forse, Egli,  durato fatica ad oscurare il sole per tre giorni quando, in Egitto – nona piaga – calarono le tenebre sì fitte da essere toccate con mano “Factae sunt tenebrae horribiles . . .tam densae ut palpari queant” (Es. 11, 21/22)? – calarono orrende tenebre, così fitte da toccarsi – Ha incontrato difficoltà, o non è riuscito a fermare il sole su richiesta di Giosuè alla battaglia di Gabaon “Sol, ne movearis” ( Gios. 10, 12/13)? – sole, non muoverti! –  Dall’ora sesta alla nona – dall’agonia fino alla morte di Gesù – non ordinò, oscurando il sole, che la notte ricoprisse l’intera terra “A sexta autem hora tenebrae factae sunt super universam terram usque ad horam nonam” (Mt. 27,45)?  O tutto è accaduto per caso? Ma come, invece, non sottolineare ed evidenziare la pedagogica corrispondenza “a contrariis” di una stella che illumina la notte di Bethleem e l’intimità sconosciuta di un presepe, con il sole che, all’opposto, si oscura di giorno, nell’imminenza della morte di Gesù innalzato sulla croce in vetta a un colle? Sono eventi da apprezzare per fortuita significanza, per casuale coincidenza di congiunzioni astrali ed eclissi, o non sono forse segni e segnali di Colui che tutto può? Forse che, a Fatima, il 13 ottobre 1917, il sole, davanti a migliaia di persone raccolte nel luogo delle apparizioni, roteò con pregiudizio delle leggi di Keplero/Newton? “Caeli enarrant gloriam Dei, et opera manuum Ejus annuntiat firmamentum” canta il salmista (Ps. 18 a,1 ) – i cieli narrano la gloria di Dio e il firmamento annuncia l’opera della sue mani -. Ora, se il Magistero della Chiesa ha sancito la soprannaturalità di questi eventi, cosa impedisce al fedele, o alla stessa gerarchia ecclesiastica, di credere, anche nella vicenda della stella di Bethleem, all’intervento onnipotente di Dio? La cosa potrebbe suscitare qualche risolino di compassione da parte del ceto scientista al quale si può semplicemente recapitare la totale carenza di prove e di dati che caratterizzano tante teorìe come, ad esempio, quella darwinista o del ‘big bang’. E ciò sarebbe testimonianza di quella fede che sposta le montagne. Ma in tutto questo, ciò che suona particolarmente allarmante è l’abbandono totale dell’approfondimento della teologia dogmatico/apologetica, in ispecie di quel tomismo che è stato, nell’ossequio alla Sacra Scrittura e alla Tradizione, il fondamento della fede cattolica, argine e bastione alle derive liberali e moderniste fino al Concilio Vaticano II ove, invece, per sotterranee, ma non troppo, manovre massoniche, si è proceduto ad eliminarlo a vantaggio di una nuova cultura che, sollecitata da una non richiesta esigenza di rinnovamento o di riforma– Ecclesia non reformanda quia numquam deformata, “Chiesa non da riformare perché mai deformata” – ha sposato le istanze del mondo moderno identificandosi in esso, tramutando e la prospettiva e il piano della trascendenza in quelli dell’immanenza antropologica  e dello “spirito del tempo”, a traino del pensiero modernista, liberale, laicista e gnostico dei varii Rahner, Chenu, Suenens, De Lubac, ma soprattutto del gesuita Pierre Teilhard de Chardin, le cui opere, pur condannate dal S. Uffizio – Monitum del 30 giugno 1962  mai abolito – trovano accoglienza ed interpretazione favorevole anche nei testi e nei libri di autori cattolici, di prelati e, purtroppo, del pontefice. Infatti, nel suo “Introduzione al Cristianesimo” – ed. Queriniana 2005 – Benedetto XVI cita spesso, e in tono ammirato e reverente, quale si deve a una auctoritas di schietta ortodossia, il gesuita pseudopaleontologo frodolento armeggione, autore della teoria del “punto omega”, edizione riaggiornata, in chiave scientista, della vecchia apocatàstasi di Origene. A pagina 77 si legge che “ . . .ci torneremo anche in seguito, dimostrando come questa visione (di un Oriente che pone la sua prospettiva di fede in una dimensione cosmico/metafisica) più ampia, specialmente in conseguenza degli impulsi portati dall’opera di Teilhard de Chardin,  ricominci, ora finalmente(!!??) a imporsi con maggior energia anche alle coscienza occidentale”. Incredibile! Sembrerebbe che il Monitum, di cui sopra, sia stato abrogato mentre  è stato solamente oltrepassato e disinvoltamente accantonato e stracciato proprio da colui che, regnando ora Pontefice, per decenni fu il rettore dell’istituzione che presiede alla purezza della dottrina e della fede. In altre pagine, 226 e seguenti, il Papa torna ancora su Teilhard con un lungo elogio perché, a parer suo, “va ascritto a grande merito di Teilhard il fatto di aver ripensato in modo nuovo queste relazioni (uomo/Cristo – uomo/creato – anima/corpo) a partire dall’immagine moderna del  mondo e, nonostante(!!) una tendenza non del tutto immune da sospetti di simpatie per il biologismo, di averle comprese in maniera complessivamente corretta. Non è facile accettare il fatto che Teilhard, indagato di sospette simpatie per il biologismo, abbia compreso le relazioni uomo/creato in modo corretto.

O l’uno o l’altro: Tertium non datur, nonostante le litoti (nonostante – complessivamente) apportate per affermarlo. Continua, ancora, citando Teilhard “L’uomo non rappresenta forse, allo stesso tempo, un individuo. . . in rapporto a un nuova  e più elevata sintesi?”. Sappiamo bene come il preteso, l’armeggione paleontologo, ipotizzò la sintesi dell’uomo nuovo, dandone prova nelle truffaldine vicende del sinathropus  e del pithecanthropus , falsi abborracciati per dare forma e corpo alla teoria darwinista. Un gesuita!! E qui basti la presente ricognizione sulla nuova cultura che la Gerarchia intende far garrire come bandiera al vento dei tempi. Questa critica, va precisato, non paia forma di alterigia o disobbedienza al Magistero perché il Monitum, di cui sopra,  è documento ancor valido e, pertanto, signoreggia anche il pensiero estemporaneo e personale del pontefice, come in questo caso.

Ma cosa ne pensa il più grande teologo, quel San Tommaso di Aquino che trattò gli argomenti teologici con estensione e profondità, consegnando alla Chiesa, dopo il Nuovo Testamento, la più ampia e chiara ermeneutica su cui si sono formati dottori, santi, pontefici e studiosi, su cui fu stilato il migliore  pedagogico catechismo, quello di San Pio X, presente in ogni casa e semplice nella sua struttura a domanda/risposta? Il Santo Dottore, intanto, potrebbe rispondere all’autore del testo sopra citato: “Le congiunzioni Giove/Saturno” con gli argomenti contenuti nella Summa Contra Gentes (Ed. UTET – 1975 a cura di Tito S. Centi). Se ne indicano, qui, per comodità di consultazione senza troppo citarne i brani, i capitoli relativi ai temi trattati nella presente ricognizione. Al libro II, dal cap. XV fino al XXI, si passano in rassegna le questioni relative a Dio quale Onnipotenza infinita e Creatore dell’universo, secondo questo progressione:

Libro  II

cap. XV – Dio è causa dell’essere per tutte le cose

cap. XVI – Dio ha prodotto le cose dal nulla

cap. XVII – La creazione non è un moto né un mutamento

cap. XVIII- Come si risponde alle obbiezioni contro la creazione

cap. XIX – La creazione esclude successione e durata

cap. XX – Nessun corpo è in grado di creare

cap. XXI – Dio solo può creare

Nel  libro III  il dottore angelico si sofferma  sulle prerogative di Dio come Creatore. Ed infatti, dal capitolo XCVIII  al capitolo  CII, egli esamina i seguenti temi:

libro III

 cap. XCVIII – In che senso Dio può agire fuori dell’ordine della sua provvidenza e in che senso non può. In questo egli così si esprime. “Dio non può far nulla che non ricada sotto l’ordine della sua provvidenza. Tuttavia Egli ha il potere di fare altre cose diverse da quelle soggette alla sua provvidenza e alla sua operazione, se consideriamo la sua onnipotenza in assoluto”.

Cap. XCIX – Dio può operare fuori dell’ordine impresso nelle cose, producendo degli effetti senza le loro cause prossime.

cap. C – Le cose che Dio compie fuori dell’ordine naturale non sono contro natura.  

cap. CI – I miracoli. “Il grado più alto dei miracoli è occupato da quelli nei quali Dio compie qualche cosa che la natura non può compiere: p. es., che due corpi si trovino nello stesso luogo, che il sole retroceda o si fermi, che il mare dividendosi offra un passaggio.”  

cap. CII – Soltanto Dio compie miracoli. “Dio è superiore all’ordine che abbraccia tutte le cose, essendo Colui dalla cui provvidenza tutto codesto ordine deriva.. .la sua virtù non è determinata a uno speciale effetto, essendo infinita. . .”       

Ma  san Tommaso approfondisce in maniera esaustiva ed altamente spirituale in alcuni passi della sua Summa Theologiae, tanto l’argomento della potenza di Dio quanto, nello specifico, la natura prodigiosa e unica della stella, creata da Dio come segno della nascita del Figlio. Ed, infatti, in S.Th. I, q. XXV 8 (De divina potentia), divisa in 8 articoli, egli espone la tesi demolendone le obiezioni, così come in a. 1 (Utrum in Deo sit potentia – se in Dio ci sia potenza), a. 2 (utrum potentia Dei sit infinita – se la potenza di Dio sia infinita) e, soprattutto, in a. 3 (Utrum Deus sit omnipotens – se Dio sia onnipotente) dove afferma che “Ad primum ergo dicendum quod Deus dicitur omnipotens secundum potentiam activam non secundum potentiam passivamper prima cosa dico che Dio è onnipotente secondo una potenza attiva e non secondo una potenza passiva -. Nello stesso articolo San Tommaso riporta, a fondamento e dimostrazione dell’infinita potenza di Dio – che è anche quella di fermare il sole,come già detto in S. C. G (supra) – le parole dell’arcangelo. “Non erit impossibile apud Deum omne verbum” (Lc. 1,37) – Niente è impossibile a Dio -. Ma specificamente solo in S.Th. III, q. XXXVI ( De manifestatione Christi nati – Manifestazione della nascita di Cristo) il santo prende in esame la convenienza che Gesù fosse annunciato e manifestato al mondo attraverso segni prodigiosi, quali l’apparizione degli angeli ai pastori e la comparsa della stella che, tra l’altro, stando allo stupore di un ignaro Erode, e di tutta Gerusalemme, (Audiens autem Herodes rex turbatus  est, et omnis Hierosolyma cum illo –  Mt. 2,3) “Ciò udito, il re Erode si turbò e con lui tutta Gerusalemme” – doveva essere apparsa soltanto ai Magi e soltanto in oriente. In S. Th. III, q. XXXVI a. 7 (utrum stella quae Magis apparuit, fuerit una de coelestibus stellis – se quella stella che apparve ai Magi sia stata una delle tante stelle celesti), dopo aver esposto le opinioni positive e le obiezioni, egli conclude affermando l’eccezionalità della natura dell’astro e la sua non classisificabilità nel catalogo delle stelle create. “Respondeo dicendum quod, sicut Crysostomus dicit, quod  illa stella quae Magis apparuit non fuerit una coelestium stellarum. Primo: quidem quia nulla alia stellarum hac via incedit. Haec, enim stella, ferebatur a septemtrione in meridiem . Secundo: apparuit hoc ex tempore. Non enim solum apparebat in nocte sed etiam in media die. Quod non est virtutis stellae, sed nec non etiam lunae. Tertio: quia quandoque apparebat et quandoque occultabatur. . Quarto: quia non habebat continuum motum, sed cum oportebat ire Magos, ibat; quando autem oportebat stare, stabat, sicut et de columna nubis erat  in deserto. Quinto:. . . .ex quo patet quod verbum Magorum dicentium “ vidimus stellam ejus in oriente”non est sic intelligendum quasi ipsis in oriente positis stella apparuerit exsistens in terra Judaea, sed quia viderunt eam in oriente existentem, et praecessit eos usque in Judaeam. . .” (Rispondo dicendo che, come afferma Crisostomo, quella che apparve ai Magi non era stata una di quelle celesti. Primo: perché nessuna stella percorre quell’orbita. Questa, infatti, si portava da nord a sud. Secondo: apparve da questo tempo. Ed infatti non si manifestava solo di notte ma anche di mezzodì. Ciò che non è tipico delle stelle ma certamente della luna. Terzo: talora appariva e talora si occultava. Quarto: non aveva un moto continuo ma, secondo quanto era necessario far andare i Magi essa andava, quando invece non era necessario stava ferma, come la colonna di nube nel deserto. Quinto:. . .da ciò appare chiaro che le parole dei Magi “abbiamo visto la sua stella in oriente” non è da intendersi come se, a loro residenti in oriente, fosse apparsa una stella posta nel cielo di Giudea, ma che essi la videro posta in oriente e che li precedeva fino in Giudea).

Con questa ultima affermazione Tommaso dice chiaramente che la stella non era una delle tante che, in quel momento, servì alla bisogna, ritornando, poi, al suo posto. La stella di Bethleem, sostiene il Doctor Angelicus, fu un segno straordinario, una stella nuova che Dio lanciò nel cielo per indicare ai Gentili – anticipo del messaggio che Paolo porterà nell’ecumene antico – così come, attraverso gli angeli, annunziò agli umili, ai pastori, la venuta del Redentore. Che una stella, apparsa in oriente, si muova secondo una direzione stabilita, fermandosi o occultandosi secondo le circostanze, riapparendo e riprendendo il moto, per “fermarsi”- fatto del tutto anomalo nel moto apparente delle costellazioni – “sopra il luogo dove era il Bambino” – gr. epàno ù en tò paidìon – lat. Supra ubi erat puer -,  è alquanto bizzarro  e piuttosto arduo – diciamo, impossibile – da spiegare con le normali leggi del moto. Pur coinvolgendo tutta la cultura astronomica o tutta la buona volontà razionalistica neocartesiana, riesce difficile pensare all’ambata Giove/Saturno che giocherellano sul cielo con tutto il carico di superstizione che la scienza antica si portava seco. San Tommaso, inoltre – nell’art. 7 sopra citato -porta a sostegno della sua interpretazione il parere di S. Agostino il quale, nel libello “Contra Faustum – lib. II cap. 5  P. L. 42, 212 – così afferma. “ Non ex illis stellis quae ab initio creaturae itinerum suorum ordinem sub Creatoris lege custodiunt  sed, novo Virginis partu, novum sidus apparuit” (non da quelle stelle che, dalla creazione custodiscono l‘ordine del loro cammino sotto la legge del Creatore, ma una nuova stella apparve, corrispondente al nuovo parto della Vergine).

E’ necessario ripetere che la potenza di Dio non trova difficoltà alcuna allorquando la sua libera volontà decide un atto. Se si pensa, poi, alla soprannaturale ed eccezionale circostanza della nascita del Logos, non sembra conveniente che il Padre l’annunci mediante semplici e naturali segni, ma Egli – come in tanti casi descritti nel V.T. – interviene creando nuovi enti, nuove figure o modificando le leggi di natura senza, con ciò, pregiudicare l’ordine del creato. Così, predisponendo a Lui una Madre,  volle, considerando la dignità del Verbo, prefigurare e creare una Donna esente dal peccato originale. Nella sua assoluta libertà lo stimò necessario e, siccome, così doveva essere, il Padre la preservò dalla tabe originale. Eadmero (  + 1141), discepolo di S. Anselmo  racchiuse tutta questa dottrina nel famoso trittico:“Decuit, potuit, ergo fecit” – era conveniente, poteva e lo fece – E così, riguardo alla stella di Bethleem, si può, e si deve  concludere, definendola, in accordo alla Santa Tradizione e alla dottrina dei S.S. Padri: un evento prodigioso ed unico che la potenza assoluta di Dio ha prodotto in occasione di un altrettale prodigioso evento: la nascita del Figlio.  Altro che supernovae o congiunzioni planetarie! Il Magistero, gli uomini della Chiesa cattolica, i pastori, i fedeli non abbiano timore, e non subiscano il rispetto umano, nel credere e nell’ affermare siffatta verità, perché questa attestazione di fede nella potenza di Dio è un testimonianza di cui chiederà conto il Signore. Così, infatti, intende Gesù quando insegna: “Beati estis cum maledixerint vobis et persecuti vos fuerint, et dixerint omne malum adversum vos mentientes, propter me Beati sarete voi quando vi oltraggeranno e perseguiteranno e falsamente diranno di voi ogni male per cagion mia! ( Mt. 5,11).  E non dissimilmente, ma come per completare, duramente ammonisce: “Omnis ergo qui confitebitur me coram hominibus,  confitebor et ego eum coram Patre  meo qui in caelis est; qui autem negaverit me coram hominibus  negabo et ego eum coram Patre meo qui in caelis est Chi mi riconoscerà davanti agli uomini anche io lo riconoscerò davanti al Padre mio che è nei cieli, ma chi mi rinnegherà dinanzi agli uomini, anch’io lo rinnegherò dinanzi al Padre mio che è nei cieli ( Mt. 10, 32/33).

Parole forti, perentorie ed inequivoche, che non lasciano alternativa.

Ed allora: vale più l’andar d’accordo  pro bono pacis terrenae, o per mero tatticismo ideologico, con gli Odifreddi, gli  Scalfari, i Giorello, i  Dawckins, i Veronesi, i Cacciari, i Mancuso, gli Onfray, i Marino,  i Fuksas, i Galimberti, gli Enzo Bianchi, i Severino – il fior fiore, cioè, dell’ateismo militante nazionale ed internazionale, della fratellanza 3 puntini, dell’apostasia,del modernismo di falsi frati, del neognosticismo, e dei tesserati presenti nel “Cortile dei Gentili” –  o credere a Dio? Pascal lancia la scommessa!

12 commenti su “Epifania: Stella, Magi e dintorni – di Luciano Pranzetti”

  1. Dato essenziale della Rivelazione, Antico- e Neo-Testamentaria: Dio è Persona (Tre Persone, sappiamo dal Vangelo); agisce in modo liberissimo, per amore.

    Struttura fondamentale del Panteismo gnostico, oggi dilagante attraverso la martellante propaganda massonica: Dio è concepibile solo in quanto “contraltare del Mondo (inteso come un Tutto con caratteristiche divine)”. Non può avere connotazioni personali (come non le ha il “Mondo”). Non può intervenire in questo nostro mondo- che peraltro non ha alcun bisogno del Suo intervento: è un “meccanismo perfettamente oliato”.
    Il Male non esiste – l’uomo NON ESISTE, se non come insignificante particola del “Mondo”: non è persona- gli Angeli non esistono, né i buoni né i cattivi.

    Il primissimo segno di attecchimento del vrus massonico è la ripulsa contro il Miracolo: “La Madonna ti ha guarito? sarà stata una malattia apparente”.

    8/12/1854: il beato Pio IX àncora esplicitamente la Chiesa all’ Immacolata Concezione della Vergine Maria, contrapponendola al “culto di Madre Natura”.
    8/12/2015: meglio non descrivere ciò che accadde

  2. Bello questo pensiero forte, espresso con logica inappuntabile e nel medesimo tempo con la chiara e tersa semplicità della Verità che il credente sostiene con la forza che gli viene da Dio stesso: quel Dio che nel Suo agire non ha certo bisogno delle misere giustificazioni delle umane teorie pseudo scientifiche, ( “pseudo”, qual è del resto tutta l’umana scienza quando pretende di affrontare temi che non le competono minimamente).
    Grazie prof. Pranzetti

  3. Raffaele Vargetto

    Il numero di tre relativamente ai Magi viene da varie tradizioni religiose e potrebbe benissimo corrispondere a verità. Non vedo perché dovrebbe essere il contrario. La mia idea a proposito è che essi fossero tre in ragione dei tre figli di Noè, ai primordi dell’umanità: Sem, Cam e Iafet. Gli ebrei erano e sono di stirpe semita, ma erano e sono semiti anche altre razze e stirpi, come gli assiri, i babilonesi, gli arabi. I Magi, astronomi e perché no? re, rappresentavano tutta l’umanità e i pagani del loro tempo appartenenti a stirpi e razze che non fossero giudei. Quanto alla stella, si è trattato di un segno ad hoc, di origine soprannaturale, che l’Onnipotente poteva senz’altro compiere per orientare i popoli a Cristo, Suo Figlio, che era stato predetto dai profeti d’Israele e, probabilmente, anche presso altri popoli. I Magi dimostrano di essere stati edotti in precedenza da una rivelazione – non sappiamo come, dove e quando -, altrimenti non si spiegherebbe la loro decisione eroica di mettersi in viaggio partendo da terre così lontane per cercare il Messia.

  4. Che l’Onnipotente “possa tutto”, non c’è alcun dubbio. Tuttavia, l’ipotesi dell’apparizione della stella dei Magi quale evento naturale (non che io abbia una particolare preferenza per essa, anche perché del caso in questione in realtà non mi sono mai interessato) in se stessa non mette necessariamente in discussione l’onnipotenza di Dio, né la possibilità che il fatto sia stato governato da una forza soprannaturale (al di là delle intenzioni, s’intende, di chi propaga queste teorie). La Provvidenza agisce spesso in maniera discreta, e si serve spesso di fatti che non turbano in se stessi l’ordine naturale delle cose, anche quando si manifestano con una tempistica straordinaria. Sta all’uomo che “veglia” riconoscere i segni del soprannaturale nel naturale. Naturalmente esistono poi i miracoli “veri e propri”, per così dire. Ma anche la Provvidenza, senza molto clamore, ne condivide la natura. Se si crede nella Provvidenza, bisogna credere anche nei miracoli, e viceversa.

  5. luciano pranzetti

    Certamente, Dio opera anche con i normali mezzi della natura, facendosi conoscere proprio dalle manifestazioni di essa, come infatti afferma il salmo 18: “I cieli narrano la gloria di Dio”. Ma nel caso di specie ci sono diversi momenti di particolare straordinarietà: l’angelo che annuncia a Maria il divino concepimento; l’angelo che dissipa i dubbi di Giuseppe; gli angeli che avvisano i pastori della nascita di Gesù; l’angelo che lo avvisa di partire per l’Egitto e, passato il pericolo, di ritornare. In quanto alla stella credo fermamente che, proprio per la straordinarietà dell’evento, Dio ha posto in cielo un astro unico, tanto è vero che il testo greco dice: ” èidomen gar autù ton astèra en te anatolé” laddove è detto “LA SUA STELLA”, non una qualunque, che scompare all’arrivo dei Magi da Erode.Un angelo li avvisa di ripartire per altra strada. E’ tutto straordinario. La Provvidenza, è vero, si serve spesso di fatti naturali che non turbano l’ordine, ma nel caso della nascita del Figlio di Dio così come straordinariamente il sole si oscurò alla sua morte. Ora non credo proprio che, in occasione della nascita di suo Figlio, abbia Dio lesinato sui mezzi per annunciare l’evento centrale della storia. Insomma, la stella, LA SUA STELLA, quella che, dopo la sosta dei Magi da Erode, riappare loro e si ferma sulla perpendicolare della casa di Giuseppe, be’, non è proprio un segno normale. Cioè, contrariamente all’emerito B. XVI, non penso proprio all’allineamento Giove/Saturno. Sa di astrologìa e di paganesimo.

    1. La appoggio in pieno, caro Professor Pranzetti e non posso far altro che gioire per la bellezza di questa sua lezione che mi suscita una riflessione amara, purtroppo: è dunque possibile che in ambito cattolico (?) si debbano tenere simposi, lezioni e convegni per ribadire o addirittura per dimostrare verità che ai tempi ormai lontani di quando la nostra Religione era la vera Religione, si davano come incontrovertibili e che noi di una certa età abbiamo accolto con la gioia nel cuore per la meraviglia dell’onnipotenza divina che contenevano, per quel sacro ardore che infondevano e il doveroso rispetto che implicavano? Ancora oggi, con gli anni addosso che già mi pesano, a leggere questo suo scritto mi palpita di più il cuore e sento la stessa beatitudine che sentivo una volta non nella ingenua creduloneria di fronte all’eccezionalità degli eventi, ma nel trasalire del cuore dinanzi alla maestosa infinità di Dio che tutto può e a tutto provvede secondo i suoi inarrivabili e intoccabili giudizi.
      Siamo infinitamente piccoli per osare ragionamenti che abbassino la Sua immensità. E diciamolo pure: a volte anche infinitamente ridicoli.

    2. Ripeto, allo scopo di evitare qualsiasi fraintendimento (anche se lei ha certamente capito il mio punto di vista), che io non contesto le sue conclusioni sull’integrale soprannaturalità dell’evento in questione. Ripeto ancora che il dilemma non ha mai catturato veramente la mia attenzione, almeno fino a ora, per cui mi sono limitato a prendere nota delle sue ragioni che mi sembrano a prima vista ben fondate. Ma per sposarle dovrei almeno studiare meglio la questione. E ripeto inoltre che mi rendo conto benissimo che chi porta avanti ipotesi contrarie alla sua, lo fa spesso per negare il soprannaturale. La mia era più una postilla di tipo teologico. Infatti, mi ha sempre un po’ infastidito il fatto che per affermare la realtà del soprannaturale si dovesse per forza chiamare a testimonianza SOLO l’eloquenza vistosa dei miracoli comunemente detti.

  6. @ Signora Tonietta
    Non deve leggere nel mio intervento una provocazione scettica. Cerco di riassumere la questione: 1) La natura solo soprannaturale dell’apparizione della stella dei Magi non è, o non è ancora, un articolo di fede. 2) La tesi dell’evento naturale è propugnata naturalmente in ambito anti-cristiano. 3) Ma anche in ambito cristiano può, ad oggi, essere accettabile senza uscire dall’ortodossia: infatti un Dio Onnipotente e Onnisciente può benissimo aver prestabilito che eventi naturali coincidessero, con la loro pregnanza di significato e col loro segno soprannaturale, con avvenimenti legati alla nascita e alla morte del Salvatore (non per niente perfino Benedetto XVI sembra pendere per quest’ipotesi, almeno relativamente alla stella dei Magi). Il mio intervento era mirato a ricordare questa possibilità, senza peraltro necessariamente avallarla per il caso in questione. 4) Ipotesi che il professor Pranzetti denuncerebbe (credo di non sbagliare) come una forzatura artificiosa che non tiene conto della straordinarietà e della peculiarità di tali eventi.

  7. luciano pranzetti

    Carissimo Zamax. Sono d’accordissimo. Il soprannaturale è percepibile anche – mi si passi il bisticcio – col naturale. Lo scrisse poeticamente Metastasio quando esclamò: “Ovunque il guardo giro / immenso Dio ti vedo./ Nell’opre tue ti ammiro / ti riconosco ognor”. Certamente, è necessaria una grande dose di discernimento allorché avviene un fatto straordinario, e lei, giustamente, lo ha usato proprio come caveat onde evitare facilonerie. Il tema da me svolto ai catechisti mirava, come mira adesso, a sottolineare un prodigio, cioè la stella che, esaminate la circostanze, come ho fatto, si qualifica come opera straordinaria ed irripetibile di Dio.

  8. leggo ora questo articolo di Pecchioli: splendido! ( e mi permetta, mandi pure a quel paese il così creduto, e purtroppo qui dichiarato -unico neo nella bellissima pagina – Pontefice Benedetto XVI. “frodolento armeggione” non meno che l’ ispiratore suo Chardin!- Papi e teologi di questa sconcezza non fanno certamente parte della Chiesa…..)

    1. mi scuso col Prof. Pranzetti, per la mia errata attribuzione…Un lapsus indotto dalla iniaziale del cognome? Davvero un grande grazie ancora, e una rinnovata indignazione per la turlupinatura della quale siamo stati vittime, e ancora molti lo sono, da parte da questi ‘grandi maestri’ che ci infestano senza pudore alcuno…

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