di Domenico Rosa
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Giovannino Guareschi è uno scrittore fortemente radicato nella società rurale; in essa si identifica e ne apprezza la genuinità, la fierezza, la bontà, virtù che contrappone alla modernità cittadina, generatrice di malcostume. Il suo è uno stile molto semplice, strettamente collegato al buon senso contadino, infatti senza troppi giri di parole arriva al punto badando alla sostanza dei concetti. Forse proprio questa è la chiave del grande successo dei personaggi da lui creati (Don Camillo e Peppone) tradotti in innumerevoli lingue e soprattutto nella più universale del XX secolo: il cinema.
In lui possiamo scorgere la forza della tradizione (cattolica, patriarcale, anti-industriale, anti-cittadina) che scorre con la stessa maestosa ineluttabilità del corso del fiume Po che fa da cornice alle storie del piccolo mondo guareschiano. Vede nell’Italia rurale la custode delle nostre radici e della nostra identità e individua il nemico nella società moderna cittadina, così gli stessi Don Camillo e Peppone sospendono la manesca, allegra, complice faida di paese quando si tratta di respingere quelli di città “esattamente come si fa in guerra con gli invasori”.
In più da grande uomo di fede Guareschi sa bene che un giorno tutto tornerà polvere perciò si scaglia fortemente contro il progresso, all’epoca vero e proprio dio delle sinistre. Infatti con il lancio dello Sputnik nel 1957 molti pensavano che il socialismo reale avesse avuto la meglio sul mondo occidentale; nella rossa Toscana per festeggiare l’evento tutti i cani (al di là del sesso) vennero chiamati Laika, dal nome della cagnetta a bordo dell’astronave.
Per comprendere a pieno il pensiero di Guareschi e la sua intelligenza cristiana riportiamo un passo dello stesso autore: “Gli uomini cercano di correggere la geografia bucando le montagne e deviando i fiumi e, così facendo si illudono di dare un corso diverso alla storia, ma non modificano un bel niente, poiché un bel giorno, tutto andrà a catafascio […] Gli uomini sono delle disgraziate creature condannate al progresso, il quale progresso porta irrimediabilmente a sostituire il vecchio Padreterno con le nuovissime formule chimiche. E così alla fine il vecchio Padreterno si secca, sposta di un decimo di millimetro l’ultima falange del mignolo della mano sinistra e tutto il mondo va all’aria”.
Leggendo questo periodo torna alla mente la conferenza stampa del capitano del Titanic, durante la quale con una certa sicurezza affermava: “Questa nave non l’affonda neanche Dio”. Sappiamo tutti come è andata a finire.
Un grande merito di Guareschi sta nell’averci parlato delle atrocità della Resistenza e dei trecento preti ammazzati dai comunisti nel triangolo rosso Bologna-Modena-Reggio Emilia.
Il fiero anticomunismo dello scrittore emiliano non gli impedisce di assolvere i ‘peppone’, cioè tutte quelle persone in buona fede che pur facendo una scelta politica sbagliata conservano una coscienza fondamentalmente cristiana. Infatti, il sindaco rosso nelle cose essenziali si trova esattamente dalla parte di Don Camillo, come quando i due entrano furtivamente in una stalla picchettata dai braccianti in sciopero per mungere le vacche e sgravarne un’altra che altrimenti sarebbe morta. Peppone porterà il figlioletto da Don Camillo per farlo battezzare e dopo averle prese di santa ragione per via della scelta del nome si rimetterà alla volontà dell’uomo di Dio che comunque guidato dal buon senso acconsentirà in parte alle richieste dell’antagonista: Libero Camillo Lenin. “Sì anche Lenin: quando hanno un Camillo vicino i tipi come quello là non hanno niente da fare”.
Questa era l’Italia pezzente ma vera dell’immediato dopoguerra; la situazione peggiorerà con l’inizio degli anni 60 con l’avvento – come afferma Guareschi – di quella generazione “dei dritti (diritti n.d.r), degli obiettori di coscienza, dei negristi (terzomondisti) che è cresciuta alla scuola della corruzione politica, del cinema neorealista e della letteratura di sinistra. Pertanto più che una generazione è una degenerazione”.
10 commenti su “Guareschi: profilo di un vero cattolico – di Domenico Rosa”
Un cattolico, un anticonformista, una persona libera duramente avversata dagli anticattolici della DC e dai comunisti.
Questi ultimi, sul loro organo d’informazione, «L’Unità», quando Giovannino si spense, scrissero il 23 luglio 1968:
«Melanconico tramonto dello scrittore che non era mai sorto».
Non più che dei comunisti potevano scrivere siffatte infamità.
In compenso, nel marzo del 1953, alla morte di Stalin, quando Guareschi dirigeva il settimanale umoristico “Candido”, aveva fatto uno splendido servizio di vignette per illustrare l’arrivo del baffone all’inferno…e la cosa non era certo piaciuta ai rossi che allora erano ancora tutti stalinisti. Ricordo anche la vignetta settimanale intitolata “Contrordine compagni…”
in cui i comunisti venivano disegnati con tre narici, poichè dalla terza narice assorbivano la dottrina marxista leninista.
Poi alla morte di Guareschi, il Candido fu rilevato dal senatore Pisanò e divenne un settimanale missino ma sempre satirico.
La terza narice serviva per fare uscire il cervello, almeno così mi spiegava mio padre! Grande Giovannino!
Grazie per questo commuovente ricordo del grande Giovannino Guareschi…
Splendido articolo! Mi son sempre stupito di quante storie Guareschi riuscisse a cavare da un piccolo paese rurale affogato nella canicola della bassa emiliana. Un mondo di fatica ma autentico, fatto di rapporti veri, dove una stretta di mano esprimeva tutta la sincerita’ d’animo. Ma poi basta avere la pazienza di fermarsi, ascoltare chi ti sta accanto e ti accorgi di quante storie si disvelano. Purtroppo noi abbiamo perso la capacita’ di ascoltare, affogati come siamo in un mondo dove la tecnocrazia ha sostituito l’uomo, e l’uomo Dio stesso.
Fu anche un grande monarchico.
Giovannino Guareschi morì, direi significativamente, nel famigerato 1968 proprio quando la sua epoca e la nostra civiltà cristiana si sarebbero incamminate sulla strada della dissoluzione: evento terribile solo a pensarci, a meno che il Padreterno, nella imprevedibilità della Sua misericordia e grazie alle preghiere di Sua Madre e di un irriducibile piccolo gregge, prima di spostare “di un decimo di millimetro l’ultima falange del mignolo della mano sinistra”, abbia un provvidenziale ripensamento e dia al mondo un’altra possibilità. Una grazia per Guareschi non aver ricordato i tragici sviluppi della “degenerazione” avvenuta in quegli anni disgraziati.
Sono sempre stata “innamorata” di Guareschi, delle sue storie, dei personaggi!!
Quello era il vero cristianesimo!!
Anche la puntualizzazione che fa riguardo ai “peppone” è verissima!!
Specialmente oggi che vediamo tanti personaggi ufficialmente cattolici che
agiscono da apostati!!
E non importa citare nessuno….
Un grande cattolico, un esempio da seguire.
Aveva previsto tutto quello che sarebbe successo.
Non nascondo che, spesso, mi trovo a pensare “Guareschi avrebbe fatto così…avrebbe detto questo” e lo seguo!
Maledetto ’68