Cari connazionali italiani, sono Emmanuel Goldstein e mi sono deciso a scrivere questa lettera dopo aver assistito, in televisione a reti unificate, al disgustoso spettacolo del primo ministro Giuseppe Conte che, in uno dei momenti più difficili della storia patria e di fronte a scelte di enorme portata storica ed economica, non ha trovato di meglio che utilizzare lo spazio auto attribuito per attaccare, insultare, scaricare colpe e responsabilità sull’opposizione. Non che io sia un gran tifoso dell’opposizione italiana. Uno dei suoi capi, Matteo Salvini, è tanto confuso da invocare l’arrivo di Mario Draghi, ovvero si augura un auto commissariamento. Del vecchio Silvio il tacere è bello, mentre la signora Meloni, ex ministro, già esponente di un partito, Alleanza Nazionale, architrave dei governi nella lunga stagione berlusconiana, non può certo chiamarsi fuori dalle responsabilità per il deplorevole stato della nazione.

Povera Patria, cantava Franco Battiato. Iniziava così, e sembra scritta oggi: “Povera Patria schiacciata dagli abusi del potere, di gente infame che non sa cos’è il pudore. Si credono potenti e gli va bene quello che fanno e tutto gli appartiene. Tra i governanti quanti perfetti e inutili buffoni, questo paese è devastato dal dolore Ma non vi danno un po’ di dispiacere quei corpi in terra senza più calore?”

Se non mi conoscete – gli italiani leggono poco – sappiate che io, Emmanuel Goldstein, sono l’arcinemico del Grande Fratello, dittatore di Oceania, capo del partito unico Socing nel romanzo distopico 1984 di George Orwell. Distopia vuol dire incubo… Giuseppe Conte non è il Grande Fratello, eventualmente un fratellino minore, un burattino posto lì da venerabili fratelli ben più potenti di lui, uno a cui il caso o il destino – lui pensa la Storia – ha assegnato il compito di dirigere la navicella italiana nella tempesta più improvvisa e difficile da decenni. In difficoltà, non ha trovato di meglio che riesumare una pratica di cui io, Emmanuel Goldstein, sono stato protagonista, i due minuti di odio quotidiano e obbligatorio.

Ogni giorno, nell’Oceania del Grande Fratello, dove la guerra è pace, l’ignoranza è forza e la libertà è schiavitù, sui posti di lavoro, per strada, ovunque, a un segnale convenuto, la popolazione si riuniva “spontaneamente” e tutti i teleschermi proiettavano le mie immagini, quelle del nemico assoluto, il malvagio, l’empio, l’odioso Emmanuel Goldstein. Scene di guerra, rumori insopportabili, sequenze raccapriccianti per mantenere desto l’odio contro di me e i nemici del momento, Eurasia o Estasia, è lo stesso.

Osservati dagli sgherri del Grande Fratello, gli abitanti di Oceania torcevano il viso in espressioni violente e feroci, davano in escandescenze, qualcuno lanciava oggetti contro il teleschermo. Chi non lo faceva, era segnalato, considerato un potenziale traditore e doveva rispondere di mancato odio.

Mi chiederete perché mi sia prestato al gioco del Grande Fratello, io che mi chiamo Ciro Esposito e sono nato a Napoli, quartiere Montecalvario (un nome, un destino). Ero un attore di teatro disoccupato da troppo tempo in quel fatidico 1984, l’offerta di un impiego sicuro come nemico del popolo in Oceania era allettante. È ovvio che non esiste nessun Emmanuel Goldstein; mi hanno appioppato un nome finto – io lo chiamo nome d’arte – di origine ebraica, perché le zucche vuote che consigliano il Grande Fratello – i Rocco Casalino d’Oceania – pensavano che nei confronti di un ebreo, l’Altro perfetto, l’odio sarebbe stato più facile da suscitare.

Cambiato il nome, hanno costruito una narrazione, come si dice oggi: diventavo il capo della società della Fratellanza, o Confraternita, un’organizzazione segreta nemica del Partito. Il meccanismo a cui ho prestato il volto rappresenta una valvola di sfogo all’aggressività della gente, un perfetto congegno psicologico per individuare un capro espiatorio, un colpevole da demonizzare, attorno a cui la comunità si ricompatta. Vecchia astuzia del potere, fin da quando i romani antichi compresero che il popolo, in realtà, vuole essere ingannato. Io, Ciro-Emmanuel, ero un ingranaggio di una macchina più grande di me. Sono stato ben pagato, ormai non servo più in Oceania, dove il Grande Fratello ha sgominato l’opposizione, e mi godo una meritata pensione, il vitalizio di arcinemico in quiescenza.

Ne ho viste tante, però, e anche da pensionato, ho pensato di mettere in guardia gli italiani, i miei connazionali, dalle manovre del Piccolo Fratello Conte, occupante in pianta stabile degli schermi televisivi non per indicare soluzioni o infondere speranza, ma per insultare gli oppositori, i nemici del popolo, gli untori del contagio, gli avversari biechi e in malafede delle misure economiche e finanziarie che, inevitabilmente, ridaranno salute, prosperità e vita alla nazione, con l’aiuto dei cari amici e alleati europei e di certi benefattori finanziari internazionali, i nostri Pigmalioni. Il meccanismo scelto si chiama di stabilità, esempio perfetto di neolingua e bispensiero, il loro sostegno è generoso e disinteressato, nulla chiederanno in cambio. Nei lunghi anni in cui ho svolto la professione di nemico dello Stato, ho letto libri e accumulato esperienza. Ho imparato ad esempio che tutta la propaganda è menzogna, anche quando, per caso, dice la verità. Lo scrisse proprio George Orwell, l’autore di 1984.

Per contratto e sotto mentite spoglie – pochi lo sanno – ho lavorato a lungo nel Ministero della Verità, fianco a fianco con Winston Smith, protagonista del romanzo. Come lui, riscrivevo i fatti del passato, cambiavo gli articoli di giornale degli archivi, li traducevo nella neolingua del Regime. Spesso eliminavo ogni traccia di pezzi di storia o episodi di cronaca. La verità, infatti, è menzogna. Il protagonista di 1984 lavora al Ministero della Verità, una gigantesca macchina burocratica il cui compito è riscrivere i fatti del passato, cambiando gli articoli di giornale o cancellandoli completamente. Non le chiamavamo fake news, false notizie, quelle provenivano dal nemico, da Emmanuel Goldstein, dai traditori e dagli avversari esterni di turno. Il principio è semplice: menti mille volte, un milione di volte e ciò che dici sarà diventata verità. Il Grande Fratello lo aveva imparato da Goebbels, il nazistone.

Troppi indizi mi portano a paragonare il mondo di oggi all’Oceania del Grande Fratello. Ho saputo che è stata istituita una commissione per indagare e colpire le false notizie. Nulla di diverso dal lavoro di Winston Smith e del mio, quando smettevo, dopo le 11 di mattina, orario dei due minuti di odio, i panni scomodi, ma ben retribuiti dell’arcinemico Goldstein. So che esiste una commissione parlamentare, nell’Italia “liberademocraticaantifascistaprogressista”, incaricata di smascherare i crimini di odio, ovvero di sanzionare penalmente i sentimenti. Naturalmente, così come la commissione contro le false notizie, fake news, conosce per scienza divina la verità ed è formata da integerrime personalità tese esclusivamente al Bene, al Giusto e al Vero, insospettabili di possedere visioni parziali o errate, anche i membri della Commissione anti odio sono uomini d’Amore, fiori di bontà e di specchiata indipendenza morale.

Non sempre basta il lavoro disinteressato di costoro; il Male è sempre in agguato, massime in tempi di Coronavirus. Per questo interviene la maschera del Grande Fratello impersonata da Giuseppe Conte ed è utile disporre di un nemico pronto all’uso. Non due minuti, ma intere giornate di odio – travestito da amore, verità e giustizia – per allontanare la gente dalla verità. A questo mi sono prestato anch’io, finto nemico nostalgico delle frolle e del caffè del Gambrinus. Il Piccolo Fratello Conte non ha sottoscritto nuove cessioni di sovranità, non si è messo nelle mani degli usurai. Niente MES, basterà chiamarlo in altro modo e il popolo digerirà anche questa, indignato contro gli amici del virus annidati nei covi dell’opposizione. Si spiega tutto con un gioco di parole spagnolo comprensibile anche in Italia: donde dije digo, digo Diego. Dove ho detto “dico”, adesso dico “Diego”. Facile, no?

Essenziale è avere a disposizione il capro espiatorio, e se non c’è, crearlo, andare all’attacco mentre si dovrebbe essere sotto accusa o ci si dovrebbe scusare. L’allegra brigata capitanata dal professor Giuseppe non ha sottovalutato gli eventi né reagito con ritardo, malamente e con imperizia al contagio avanzante. Non sta mettendo in ginocchio la nazione, anzi “il Paese”: tutta colpa dell’opposizione.

Non è un vizio esclusivamente italiano, oh no. In Spagna, la nazione più simile alla nostra, una sinistrissima esponente di governo si è giustificata osservando che il Covid 19 è arrivato all’improvviso, così, senza avvisare, come un parente che ti piomba in casa con la valigia in mano. Il coronavirus non ha mandato neppure un whatsapp o un SMS, che so, un emoticon con la faccina disperata e la mascherina. È colpa dei nemici del popolo. Giuseppe Conte, Grande Fratello supplente simile a certi cugini azzimati e pedanti che si incontrano ai matrimoni e pronunciano frasi vuote ai funerali con voce di circostanza e sopracciglia aggrottate, il suo arcinemico lo ha individuato: l’opposizione, ossia una parte notevole, maggioritaria del popolo italiano.

Sostenuto dal coro assordante del sistema di informazione e di intrattenimento, la società dello spettacolo riconvertita in cronaca del contagio cattivo ed epica della lotta senza quartiere condotta dai valorosi “esperti” e dai coraggiosi membri del governo, ripete come un disco rotto la verità di Stato, del Grande Fratello e del Socing italiano. Chiusi in casa, impediti anche a protestare, in coda per il pane e l’amuchina, dopo Pasqua potremo andare in libreria. Oh, gran bontà dei governanti italici, amici e mecenati della cultura. Peccato che le librerie siano in genere nel centro delle città e le grida manzoniane del Grande Fratello ci vietino di mettere piede fuori dal nostro quartiere. Milioni di persone sono ferme, impaurite dal virus ma anche dal lavoro perduto, dal ritorno alla vita che si allontana, dal portafogli vuoto, dalle banche che non scuciono un soldo, nonostante le rassicurazioni governative. Il futuro è nerissimo, ma altri nemici, altri Emmanuel Goldstein in ogni paese, in ogni quartiere, devono muoversi circospetti con la giustificazione scritta, additati da vecchi e nuovi delatori.

Chi volesse guadagnarsi la vita, non può farlo: arriveranno i droni, mobiliteranno i gestori telefonici, saremo smascherati da Google Earth se attraverseremo l’impalpabile confine del nostro rione. Non fecero così per fermare le navi dei clandestini – l’arcinemico era il solito Salvini, mio collega e successore – nessun drone sorveglia le strade dello spaccio e i luoghi della malvivenza. E’ sempre e soltanto colpa di qualcun altro: lo scaricabarile è uno sport in cui noi italiani meritiamo la medaglia olimpica. La calunnia nei confronti del Cattivo, poi, funziona sempre. In fondo, io falso Emmanuel Goldstein e autentico Ciro Esposito, sono stato fortunato: un nemico di cartapesta, un’invenzione, una recita per la quale sono stato pagato. Ero una specie di Malommo, ‘O Malamente della farsa napoletana trasferito nell’Oceania del Grande Fratello. Passati i due minuti di odio quotidiano, toglievo la maschera e passavo alla cassa.

Questa letterina, cari italiani, è per dirvi che vi stanno fregando. Date retta a me che me ne intendo, che sono, come dire, un professionista. Quel che ci stanno togliendo in questi mesi, in termini di libertà, pensiero, benessere, speranza, sarà difficile da riconquistare, se non vi alzate in piedi e, finalmente, dite no alle giudiziose panzane del potere a reti unificate, pubblicità compresa. Dovremmo fare come chiedeva Giuseppe Prezzolini, un italiano che campò cent’ anni senza piegarsi al potere: fondare mille, centomila società degli Apoti. Apoti, quelli che non se la bevono. Credete all’arcinemico Emmanuel Goldstein: sento odore di bruciato, cioè di dittatura e avverto sulla pelle l’arsura dell’odio, l’ansito del capro espiatorio da sacrificare; odo più vicina l’ouverture della calunnia eretta a meccanismo di potere.

Io, Emmanuel Goldstein, per rilassarmi dopo il duro lavoro quotidiano di nemico del popolo a cottimo, usavo ascoltare una famosissima aria musicale del Barbiere di Siviglia, di Gioacchino Rossini, un italiano come noi: “La calunnia è un venticello, un’auretta assai gentile, che insensibile, sottile, leggermente, dolcemente Incomincia a sussurrar. Piano piano, terra terra, sottovoce, sibilando, va scorrendo, va ronzando. Nelle orecchie della gente, s’introduce destramente e le teste ed i cervelli fa stordire e fa gonfiar. Dalla bocca fuori uscendo lo schiamazzo va crescendo, prende forza a poco a poco, vola già di loco in loco. Sembra il tuono, la tempesta, che nel sen della foresta va fischiando, brontolando e ti fa d’orror gelar. Alla fin trabocca e scoppia, si propaga, si raddoppia, e produce un’esplosione, come un colpo di cannone, come un colpo di cannone.”

Credetemi, e ricordate che in 1984, Winston Smith incontra Julia, l’amore vietato dal Partito. I due parlano giusto il tempo per dirsi che si sono denunciati a vicenda mentre erano in prigionia. Poi si lasciano, rinnegando la parte migliore di loro stessi, l’amore che li legava, per amare il Grande Fratello, la menzogna che li opprime, la catena che li tiene prigionieri.

2 commenti su “I due minuti quotidiani di odio”

  1. Dovrebbe smetterla col vecchio mantra di qua’ la sinistra che difende i poveri di là i fascisti.
    Sono dieci anni che la sinistra governa senza maggioranza e l’Italia va a rotoli.
    L’unico abbassamento di tasse è stata la flat fax, voluta un po’ da chi?

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