Il bene dell’anima esiste ancora? Se ne può parlare?  –  di Giovanni Lugaresi

Un libro di Giuseppe Prezzolini invita alla riflessione i credenti, ma anche tanto clero.

di Giovanni Lugaresi

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z.przzlnAi nostri giorni ci si imbatte sempre più frequentemente in uomini di Chiesa (anche ad alti livelli) che considerano l’istituzione fondata da Nostro Signore Gesù Cristo alla stregua di una onlus, che si deve preoccupare in primis dei corpi, e poi, magari se c’è tempo, delle anime!

Non diversamente si arguisce da discorsi e comportamenti che vanno in questa direzione, con vescovi capaci di “omelie sociali” nelle quali il nome Gesù Cristo, o quello di Dio non sono citati nemmeno una volta – dicesi una – testimonianza di chi scrive.

Il bene dell’anima esiste ancora? Se ne può parlare? Ce ne si può preoccupare?

Genitori di inizio Novecento, nessuna cultura, con una istruzione scolastica minima, epperò formati cattolicamente da sacerdoti straordinari, avevano insegnato a noi, fra le altre preghiere e invocazioni, una fondamentale: che ci venisse data “la salute dell’anima e del corpo”. Prima l’anima, poi il corpo, appunto.

 Non diversamente ancora, in altri tempi, a tutti i livelli, si parlava di doveri, che venivano prima dei diritti, e in questo, non soltanto noi cattolici eravamo d’accordo, ma anche altri, mangiapreti, atei, in quella Romagna d’antan dove c’erano spiriti liberi, coerenti, onesti.

Ergo, chi il proprio dovere lo compiva, poteva poi accampare un diritto, e si arrivava al punto di trovare edifici sede del Circolo Repubblicano tal dei tali che recava sulla facciata la scritta “Doveri e diritti”, appunto.

Onore a questi mangiapreti, che erano persone serie…

Adesso, invece? E’ tutto ribaltato e non soltanto per ciò che attiene ai diritti, tutti ne accampano, ma pochi o punti parlano di doveri.

Queste considerazioni che facciamo guardandoci intorno, in tanti ambienti, quelli clericali in primis, ci riportano a un vecchio scrittore, ateo (ma “con un grande desiderio di credere”) e a un suo libro uscito nel 1969, quindi ristampato. Lo scrittore è Giuseppe Prezzolini e il libro “Dio è un rischio” (Longanesi).

Nel 1979 ne uscì una nuova edizione per i tipi di Rusconi con una avvertenza: “Edizione annotata, ampliata, corretta,/ con l’aggiunta di sei lettere inedite/ di S. S. Paolo VI all’autore” – successivamente fu edito da Bompiani, quindi (2004) da Vallecchi.

Prezzolini aveva usufruito dell’opera benefica che l’allora monsignor Giovanni Battista Montini in Vaticano aveva compiuto durante la seconda guerra mondiale.

Scriveva dunque Prezzolini che in quegli anni “… fui in America separato dai miei. Egli [Montini, ndr] dirigeva, fra le sue incombenze, un servizio di informazioni per mantenere le relazioni fra famiglie divise dalla guerra. Grazie ad esso potei far sapere ogni tanto ai miei che stavo bene, ed ebbi ogni tanto notizie della loro salute. Quando tornai in Italia, finita la guerra, volli andare a ringraziarlo e fui accolto con grande semplicità e cordialità nel palazzo arcivescovile di Milano…”.

A quel colloquio, un altro seguì con Montini pontefice in Vaticano e quindi ci furono scambi di lettere, nonché un appello di Paolo VI durante uno dei discorsi pubblici (21 agosto 1974) che teneva a mo’ di catechesi. Parlando del pragmatismo e di un “suo grande esponente e poi suo critico vincitore, Giovanni Papini, come tutti ricordano”, aggiunse: “Aspettiamo sempre Giuseppe Prezzolini”, che del famoso convertito Papini era stato sodale.

Tutto questo, per venire a noi e riferire quello che Prezzolini scrisse, dopo averlo detto in un colloquio con Paolo VI del 1966; “… Il pericolo è quello di vedere la Chiesa addentrarsi nella politica. Mi spiego. La Chiesa, secondo me, ha una funzione unica al mondo: quella di consolare gli uomini della loro infelicità e di confortarli con la sua facoltà di perdono. Il mondo è fatto di concupiscenza: concupiscenza di sesso, di beni, di gloria, e finalmente di potere, ossia politica. Questa è la natura dell’uomo, e questa natura concupiscente (e sempre insoddisfatta!) è la ragione principale delle lotte individuali e delle guerre collettive. I popoli vi sono immersi come gli individui. Perciò non possono cessare le guerre, se non per la grazia di Dio […]. Se la Chiesa, invece di cercare di creare dei buoni e di dare il perdono si immerge nelle lotte della concupiscenza politica, il Concilio Ecumenico avrà dei trionfi amari. Nella competizione dei beni la Chiesa rimarrà sempre sopraffatta dai partiti politici che non esiteranno a promettere di più. Temo che il Concilio Ecumenico abbia creato l’illusione di poter ricavare dal Vangelo un piano sociale che nel Vangelo non c’è, e invece di corrispondere alla infelicità degli uomini si contenti di carezzare e di eccitare i desideri materiali…”.

Sintetizzando quel colloquio con il Papa, Prezzolini (lo avrebbe poi scritto) disse: “Secondo me, che non sono un credente, la Chiesa Cattolica [maiuscole sue, ndr] è la più  straordinaria e meravigliosa organizzazione della storia del mondo occidentale; ma che non dovrebbe inframettersi la politica. Molte delle sue funzioni sono finite o sostituite da altri organismi. C’è un compito al quale soltanto la Chiesa può soddisfare: ed è la scelta e la preparazione di uomini buoni. Nel mio pessimismo (che va d’accordo perfettamente con il dogma del peccato originale) credo che la bontà umana sia rara, e che sia l’ultima e sola consolazione che gli uomini possano avere. Senza la fede si vive disperatamente.

“Ma ho conosciuto uomini (dico maschi e femmine) che erano buoni, anche se la Chiesa non li dichiarava santi. Era inutile e pericoloso per la Chiesa di entrare nella gara dei benefici sociali e delle forme politiche, nella quale gli Stati e i partiti avrebbero sempre potuto promettere di più. Ma nessuno Stato e nessun partito mai si propose e si propone e ha la possibilità di scegliere o di fare degli uomini buoni: ecco il campo per la Chiesa, che per fare questo non ha bisogno di rinnovare le strutture, le forme o le formule, come vogliono i nuovi o arretrati cattolici che farebbero bene a chiamarsi protestanti…”.

Fate tutte le tare che volete, tutte le riserve del caso, ma il non credente Prezzolini (che peraltro in una occasione negli ultimi mesi di vita disse a chi scrive: “non sono un negatore, sono un incerto”!) toccava un punto importantissimo per la missione della Chiesa: fare degli uomini buoni, appunto. Che qualche prete, che qualche vescovo, e anche qualcun altro, ci faccia magari una riflessione!…

P. S. Riferendo dei suoi due colloqui con Montini, prima, con Paolo VI, poi, Prezzolini citava sempre quel che lui aveva detto, tacendo su quello che Montini-Paolo VI a sua volta gli aveva confidato: per una questione di grande, alto, rispetto.

2 commenti su “Il bene dell’anima esiste ancora? Se ne può parlare?  –  di Giovanni Lugaresi”

  1. “Senza la fede si vive disperatamente”: credo sia una grande verità.
    Riguardo il Post Scriptum dell’articolo, mi chiedo cosa riguardi il “tacendo” di Prezzolini, visto la discutibile figura di Montini (cfr. ChiesaViva, numeri vari).

  2. jb Mirabile-caruso

    Giuseppe Prezzolini: “Nel mio pessimismo […] credo che la bontà umana sia rara,
    ……………………………e che sia l’ultima e sola consolazione che gli uomini possano
    ……………………………avere. Senza la fede si vive disperatamente”………………………

    Ma cos’è la fede se non credere “nel buio”? E cos’è la bontà se non la nostra realtà esistenziale originaria sprofondata “nel buio” fitto della Mente rimasta accecata a causa del peccato originale? Fede e Bontà sono state entrambe perdute come diretta conseguenza del sopravvenuto buio della Mente, ed entrambe possono essere riconquistate con la riconquista della sua “luce” perduta. Pur non dubitando che la Mente possa nuovamente “illuminarsi” per grazia di Dio in risposta ad una sua sincera quanto fervente preghiera, penso al contempo che questo agognato traguardo possa pure raggiungersi attraverso un graduale processo di “rigenerazione” che ricalchi le orme della “degenerazione” avvenuta nel tempo.

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