Il buon cattolico liberista (terza parte) – di Marco Manfredini

Per essere anticomunisti bisogna per forza essere capitalisti? Il socialismo si può avversare solo col liberismo? La risposta è semplice: no. Alla luce del Magistero (ma anche di semplici osservazioni della realtà) rigettiamo entrambe le ideologie. Ai nostri giorni, è tuttavia necessario prendere le distanze soprattutto dal dio mercato, che come tutti i falsi dei richiede schiavi, vittime e sacrifici umani. Nel mondo cattolico, come non mancavano ieri i seguaci illusi dal collettivismo quando ancora si poteva far finta di non vedere, non mancano oggi i liberomercatisti per i quali i confini nazionali rappresentano uno spiacevole ostacolo alla circolazione di capitali e merci e per i quali la supremazia di banche e imprese sugli stati non rappresenta un problema. L’articolo che segue analizza criticamente con argomentazioni divulgative il pensiero in materia economica di uno tra i più noti esponenti di questo cattolicesimo che sarà pure conservatore, ma forse un po’ troppo “austriaco”, nel senso di “scuola austriaca”, quel movimento da cui ha tratto origine il pensiero neoliberista. Clicca qui per la seconda parte Clicca qui per la prima parte  

In questa puntata raccogliamo altri pensieri di Ettore Gotti Tedeschi da cui dissentiamo fermamente. Dal suo Spiriti animali di bocconiana edizione, in cui dichiara di aver scoperto d’essere liberista, fornendone effettivamente ampie prove, tra cui: “[…] credo che la vera morale per l’economia sia solo nel mercato e che l’economia per l’uomo, scopo e fine di tutto, venga sublimata solo nel mercato e nella concorrenza”.[1] In questo saggio rende omaggio ai marginalisti e a tutta la scuola austriaca al gran completo: Böhm-Bawerk, Von Mises, Von Hayek, Kirzner, fino a Murray Rothbard, il teorico dell’anarco-capitalismo, il modello economico più lontano dal magistero assieme allo speculare comunismo. Al pensiero di EGT sopra espresso si oppone in primis il buon senso. Abbiamo visto tutti negli ultimi decenni a quale livello di morale ci ha portato il mercato e la concorrenza. Loro diranno che non era vero mercato e vera concorrenza quello che è stato finora, ma non fateci caso: è un po’ come i comunisti quando dicevano che in Unione Sovietica non era vero comunismo. Per un cattolico però, come dicevamo, si oppone anche il magistero: “A quel modo cioè che l’unità della società umana non può fondarsi nella opposizione di classe, così il retto ordine dell’economia non può essere abbandonato alla libera concorrenza delle forze. Da questo capo anzi, come da fonte avvelenata, sono derivati tutti gli errori della scienza economica individualistica, la quale dimenticando o ignorando che l’economia ha un suo carattere sociale, non meno che morale, ritenne che l’autorità pubblica la dovesse stimare e lasciare assolutamente libera a sé, come quella che nel mercato o libera concorrenza doveva trovare il suo principio direttivo o timone proprio, secondo cui si sarebbe diretta molto più perfettamente che per qualsiasi intelligenza creata.               Se non che la libera concorrenza, quantunque sia cosa equa certamente e utile se contenuta nei limiti bene determinati, non può essere in alcun modo il timone dell’economia; il che è dimostrato anche troppo dall’esperienza, quando furono applicate nella pratica le norme dello spirito individualistico. […]         Ultime conseguenze dello spirito individualistico nella vita economica sono poi quelle che voi stessi, venerabili Fratelli e diletti Figli, vedete e deplorate: la libera concorrenza cioè si è da se stessa distrutta; alla libertà del mercato è sottentrata la egemonia economica; alla bramosia del lucro è seguita la sfrenata cupidigia del predominio; e tutta l’economia è così divenuta orribilmente dura, inesorabile, crudele”. (Quadragesimo Anno, Pio XI). In genere si dice che il capitalismo è l’unico sistema che funziona perché fa leva sull’egoismo umano convogliandolo in modo che ne tragga vantaggio tutta la società. Questo, se sottoposto a dei limiti, ha una sua fondatezza, mentre la visione secondo la quale il mercato è di per sé morale, cioè buono, foriero di progresso e abbondanza per tutti, è di un ottimismo che ricorda molto quello progressista rousseauviano del buon selvaggio, applicato alla sfera economica: “il buon mercato selvaggio”. Il libero mercato è un luogo dove l’uomo può dare libero sfogo ai suoi “spiriti animali” migliori, ma chissà perché se viene lasciato troppo libero emergono soprattutto quelli peggiori, quali istinti predatori e tentazioni dettate perlopiù dal secondo dei vizi capitali: la cupidigia. Proseguiamo con citazioni dal suo Amare Dio e fare soldi, brevemente commentate: “È stupido essere antimoderni per principio, lo spirito del cattolicesimo è per definizione ultramoderno, è proprio lui lo spirito di crescita, innovazione, miglioramento, del “progredire”, esso rivoluziona le tecniche, le scienze, l’economia”.[2] Lo spirito del cattolicesimo ultramoderno? Sarà stato un lapsus, forse voleva dire “Lo spirito del capitalismo”, o “Lo spirito del concilio”, che non sono proprio la stessa cosa. Il cattolicesimo non è né moderno né antimoderno per principio, perché alla luce della verità deve vagliare e giudicare ciò che vi è di buono (accettandolo) e di cattivo (scartandolo) in ogni novità che gli si pari davanti. In questo momento, l’errore più evidente è quello di prendere per buona qualsiasi cosa, in una specie di frenetico superspirito conciliare. La Chiesa, che doveva illuminare il mondo, si è messa ad “andare incontro” ad esso, ed infine si è sottomessa. “Per sperare di poter ridurre il potere dello stato (in Italia), ho l’impressione che non bastino riforme o continue nuove elezioni con la speranza di alternanza di un bipolarismo inesistente, temo che siamo arrivati al punto in cui ciò sia possibile solo cedendo potere all’Europa. L’Italia è come un’impresa mal gestita che non vuole cambiare il management, non vuole vendersi, non vuole ristrutturarsi […]“.[3] Purtroppo, invece, l’Italia si è voluta vendere, anzi, è stata svenduta dai propri indegni governanti. Dovrebbe essere contento il nostro EGT ora che il potere è stato ceduto all’Europa. “Non dobbiamo aver paura di parlare di morale in economia. Qualcuno vorrebbe che l’economia avesse una sua “autonomia” morale in modo da giustificare ogni azione o perlomeno non dover soggiacere alle “varie e diverse morali nel mondo globale”. Ma chi ha paura della morale? La morale non metterà mai in discussione il funzionamento dei modelli economici, essendo mezzi, la morale si occuperà solo dei fini, cioè del senso da dare alle scelte”.[4] La morale invece è tenuta a mettere in discussione il funzionamento dei modelli economici e anche di quelli monetari, se questi sono iniqui, oserei dire erronei, alla base. Un concetto dovrebbe essere chiaro a tutti: se l’uomo fosse perfetto (nel bene), qualsiasi sistema economico funzionerebbe alla perfezione, anche l’anarco-capitalismo e forse persino il collettivismo marxista. Visto che l’uomo tende al male, mai nessun sistema funzionerà alla perfezione; per quanto valido sia lo si potrà piegare verso l’ingiustizia. Detto ciò, si cercherà di porre in atto il sistema economico che meno si presta ad essere “piegato”. Qual è? L’unica risposta che mi sento di dare è di escludere i due peggiori che abbiamo visto in azione: comunismo e liberismo lassez-faire. Probabilmente la persona saggia non ne sposerà in via assoluta e definitiva nemmeno uno, neanche fosse il distributismo[5], perché se una volta applicato non funzionasse bisognerebbe essere pronti ad accettarne dei correttivi o nel caso peggiore a gettare anche questo. E solo chi non ha aderito ideologicamente ad un sistema è disposto a vederne i limiti e a porvi rimedio. “Dove non c’è stata cultura cattolica a ispirare il lavoro umano, o si vive fatalisticamente (indusimo) o distaccatamente da tutto (buddismo) o miseramente (animismo) o frenando le innate capacità umane non confidando nei meriti individuali (islamismo) o con ansia di successo quale benedizione di Dio (protestantesimo), oppure trasformando il successo in fine e vivendo il lavoro solo con scopi umani molto terreni: salute, bellezza, consumi… (laicismo)”.[6] Sottoscriviamo con entusiasmo quanto sopra, aggiungendo solo una postilla: senza la cultura cattolica si può vivere anche “parassitariamente” succhiando interessi dal lavoro, o in genere, da qualsiasi cosa si muova (…ismo; completate voi i puntini). “Il libero commercio di beni consiste nel godere dei prodotti di altri e contemporaneamente di far sviluppare (prescindiamo dagli “sfruttamenti”) le altre economie con modelli competitivi, perciò efficaci. Esso promuove il benessere generale globale e diventa pertanto una forma di solidarietà logica e naturale. Il protezionismo, invece, è egoismo sciocco e controproducente per chi lo applica, non solo per chi lo subisce. Il primo è morale se opera in regime di vera libertà di ogni soggetto, il secondo più che immorale è sbagliato”.[7] EGT prescinde dagli sfruttamenti, ma fa male, perché il commercio troppo libero, competitivo ed efficace produce sfruttamento in modo fisiologico, non accidentale. Quanto a noi, saremo sciocchi ma non escludiamo a priori il protezionismo come strumento utile, forse inevitabile per una buona economia al servizio delle genti. “La competizione economica è la forma più apprezzabile per assicurare la libertà: quella di scelta tra varie offerte e quella di poter ottenere i prezzi più opportuni per tutti i segmenti di potere d’acquisto, perciò soprattutto per i meno abbienti. La competizione, quale principio economico, è giusta”. È giusta se arginata e corretta dagli inevitabili eccessi ed intollerabili storture che produce. Non è buona né giusta in assoluto. “Ma oggi, nel mondo globale dove coesistono senza più confini popoli ricchi e popoli poveri, se non crescono i consumi fra i più ricchi, difficilmente potranno soddisfare i bisogni materiali per i più poveri. Paradossalmente il consumismo dei paesi ricchi permette la produzione a basso costo a vantaggio dei paesi più poveri”. Un po’ meno paradossalmente invece la produzione a basso costo nei Paesi poveri determina la riduzione in povertà di ampie fasce della popolazione dei paesi un tempo ricchi. Dopodiché, fine del consumismo. “Non esiste uno strumento etico (in economia per esempio) in sé. Esistono uomini che con il loro comportamento fanno diventare etico uno strumento, probabilmente qualsiasi strumento lecito”. Non esistono strumenti etici in sé. Ma esistono strumenti anti-etici in sé. Strumenti immorali esistono: gli strumenti di tortura ad esempio, difficilmente potranno essere utilizzati per scopi “etici”. Attrezzature e pillole per abortire, contraccettivi, mine antiuomo… in economia il MLM (multilevel marketing) con i suoi sistemi di vendita piramidale (in molti paesi infatti anche illegali), certi strumenti finanziari come i derivati, ma soprattutto, ed è qua che vogliamo arrivare, il prestito ad usura e l’emissione di moneta-debito gravata da interesse da parte di banche private. Tutti questi strumenti, se utilizzati “correttamente”, cioè per il motivo per cui sono stati creati, producono inevitabilmente danni: dolore, morte, ingiustizia, schiavitù, povertà. “Io credo che la moneta unica abbia un tumore maligno e le cure siano fatte da dilettanti. Se non vogliamo che sia decisa l’interruzione delle cure (come per il piccolo Alfie Evans), si deve fare qualcosa subito: cambiare i medici. Per poter cambiare i medici si deve cambiare ospedale…”[8] La moneta unica non ha un tumore; la moneta unica è un tumore, per cui o si cerca di renderla inoffensiva isolandola e affiancandola a monete complementari buone e nazionali, oppure la si abbatte una volta per tutte e si ritorna alle care, vecchie, compiante monete sovrane precedenti all’81. Gresham in cortocircuito Nonostante EGT, da buon banchiere, conosca bene la legge di Gresham[9], quella per cui la moneta cattiva scaccia quella buona, egli invita l’imprenditore ad essere competitivo e seguire la morale. Qualcosa però non torna, perché nel mondo reale degli affari l’imprenditore senza scrupoli, quello che non segue la morale (moneta cattiva), spesso ha la meglio (scaccia), l’imprenditore scrupoloso (moneta buona).[10] Per ovviare a ciò non credo sia sufficiente “rafforzare la coscienza buona”, perché non si riuscirà mai a farlo con tutti, specialmente con quelli che la coscienza buona non ce l’hanno di base e non hanno alcuna intenzione di formarsela. E costoro, rimanessero anche in tre, avrebbero facilmente la meglio su tutti gli altri. Crollano le certezze Poco più di un anno fa, EGT ha scritto una lettera, pubblicata sul sito di Blondet, nella quale cerca di difendere le sue posizioni: “Io ho sempre trovato nella originale realizzazione dell’Euro (come peraltro nella originale realizzazione dell’Europa) molti valori più che condivisibili. Lo spirito della realizzazione dell’Europa era di creare una sovra nazione sussidiaria ai vari paesi, che potesse e sapesse valorizzarli, mantenendo e crescendo le identità locali. Lo spirito della creazione dell’Euro era identico: valorizzare le varie differenti economia dei paesi costituenti l’Europa. Le “modificazioni culturali e politiche” sopraggiunte hanno ben modificato questo spirito originale”.[11] Che lo spirito originale dell’Euro fosse quello di valorizzare le differenti economie mi pare un’idea molto ottimistica (anche su quello dell’Europa stessa). La sovra-nazione è stata creata, non c’è che dire, ma più che sussidiaria è risultata soppressoria dei paesi che la compongono. Come è possibile valorizzare situazioni anche molto diverse uniformandole e fornendole di strumenti identici? L’Euro è stato come dotare della stessa autovettura (che potrebbe essere anche una velocissima Lamborghini) un gruppo di persone di età assortita dai dieci ai novant’anni, sperando in questo modo di metterli in condizioni analoghe per competere. Questo nella migliore delle ipotesi, quella non dolosa. Le sue certezze però iniziano ad incrinarsi: “E comincio a pensare, se qualcosa non mi convincesse del contrario, che l’opzione di uscita dalla moneta unica europea possa essere necessaria, ma attenzione, non (solo) per ragioni economiche, come argomentano questi economisti, ma per un’altra ragione. In questo contesto e grazie a questi strumenti economico-politici, ci stanno distruggendo, abbiamo ed avremo sempre più, un problema di libertà democratica e personale. E persino l’autorità morale non ci difende più”. Considerando che era il 27 luglio 2017, forse ci si sarebbe aspettati da un rinomato esperto di economia e di banca una tempestività leggermente maggiore nel capire certi meccanismi. Soprattutto nel comprendere che con questi strumenti “ci stanno distruggendo”. Speriamo che fra un po’ si accorga anche delle nocività insite nel sistema, e che non migliorerà semplicemente riproducendoci alla rinfusa. Nocività che ripetiamo nel caso non fosse chiaro: moneta debito e liberismo economico. Chissà se ci saremo ancora quando lo scoprirà. Eurofatalismo In un’altra intervista del 2017, EGT afferma: “Fino al termine degli anni ’80 l’economia italiana era in mano allo Stato per una percentuale elevatissima del Pil. Basti pensare agli enti (Eni, Efi, Iri…) alle banche, che erano pubbliche. Di private se ne contavano ben poche”.[12] Già, infatti fino agli anni Ottanta si stava piuttosto bene, però poi con la separazione tra Banca D’Italia e Ministero del Tesoro (1981), e le privatizzazioni che hanno preso il via sul Royal Yacht Britannia (1992), sia i conti dell’Italia che le effettive condizioni degli italiani non sono potute che crollare. A schizzare verso l’alto in compenso furono il debito pubblico e l’estorsione fiscale. L’inflazione sarà pure diminuita, ma il debito pubblico, accompagnato dai suoi inseparabili interessi, è aumentato a dismisura proprio quando abbiamo iniziato ad applicare le magiche formule liberal-monetariste. “Viviamo la complessità di un processo di privatizzazione difficile da realizzare. E questo perché dobbiamo smontare troppo Stato in tempi troppi brevi, con aziende che erano troppo protette (con le conseguenze che Lei può immaginare) nonché scarsa disponibilità di imprenditori domestici in grado di acquisire”. […] EGT accetta senza batter ciglio il fatto che dobbiamo smontare lo Stato per adeguarci ai dettami che le istituzioni europee ci impongono per conto della finanza speculativa. “L’Italia è stata l’economia di Stato più grande d’Europa. Questo è il primo punto. Vengo al secondo: l’economia di Stato, proprio perché economia fuori dal mercato, ha bisogno di protezionismo. E protezionismo, lei sa bene, produce inefficienza. E quando il Protezionismo finisce, nel 2000, per molti settori è stato l’inizio della fine”. Due considerazioni. Prima: con sorpresa scopriamo di aver vissuto in un regime economico di tipo sovietico, senza nemmeno accorgercene. Si vede che non si stava poi così male. Seconda: è da preferirsi un protezionismo che produce inefficienza o un liberomercatismo che toglie la speranza nel futuro producendo indigenza, disoccupazione, e suicidi? Viva l’inefficienza. All’interlocutore che gli chiede se sia possibile secondo lui una riduzione della pressione fiscale: “Credo proprio di no. Le tasse scendono ad una sola condizione: ridurre prima le spese. Altrimenti non posso far altro che ridurre le tasse a qualcuno per aumentarle a qualcun altro, come stanno pensando, mi pare. Se ho deciso di ridurre le tasse, devo ridurre le spese più riducibili”. Eh no! Questa è una fake! O meglio, un dogma del liberismo, che si equivale. Un’affermazione da ospitata a Di Martedì con Massimo Giannini che annuisce soddisfatto. Le tasse scendono se le si vogliono far scendere, ad esempio iniziando ad affrancarsi dall’irrestituibile debito pubblico e dal suo insostenibile interesse. Di modalità tecniche per farlo ce ne sarebbero diverse, sono già state studiate e basterebbe iniziare ad applicarle[13]. Le tasse possono scendere se scendiamo anche noi dalla Matrix Europea[14] e iniziamo a fare il contrario di ciò che ci impongono Junker e Moscovici. Pillola rossa, grazie; vogliamo vedere quanto è profonda la tana del Bianconiglio. Altrimenti sarà sempre un gioco di prestigio in cui si fa finta di diminuirle togliendo un po’ di da una parte per aumentare un po’ dall’altra, ma inevitabilmente alleggerendo meno di quanto non si appesantisca, in un gioco che nel medio periodo non è mai a saldo zero, ma sempre a saldo positivo (cioè negativo per il popolo). “Lo spirito dell’euro è l’irreversibilità del progetto Europa. Avrebbe dovuto essere un evento conseguente all’Unione, invece è stato “anticipante”. Fatto l’euro, non si può più tornare indietro, si deve arrivare a un governo europeo”.[15] No, mi dispiace ma fatto l’euro, ed assaggiatene le conseguenze, sarà meglio innestare una bella retromarcia proprio per evitare di trovarci con un governo europeo definitivamente oppressivo, nonché prodromico ad un governo mondiale. Direbbe Novak: “Il potere è pazzo e deve essere controllato con la prudenza economica. Senza prudenza gli Stati declinano. L’impero romano cadde a causa delle eccessive spese che ne consumarono i tesori». Sarebbe auspicabile che Bruxelles riconoscesse dottrine economiche che vengono dal cuore cristiano dell’Europa, dagli eredi della cultura monastica, delle grandi abbazie, preferendole a tanti altri valori”.[16] Novak sembra mettere in contrapposizione potere politico ed economico, ma se il potere politico è pazzo, il potere che deriva da un’illimitata libertà in ambito economico non è da meno. Gli operatori economici devono lavorare certamente adoperando la virtù della “prudenza”, ma questa non può sostituire un quadro di norme e limiti posti dall’alto che sono necessari qualora questa prudenza venisse messa da parte (cosa che in economia di mercato pare la regola piuttosto che l’eccezione). Come ha efficacemente notato lo studioso Luigi Copertino in un articolo che invito a leggere chi volesse approfondire: “L’anti-statualismo liberista di Gotti Tedeschi – ricordiamo che l’avversione allo Stato è ciò che accomuna liberisti e marxisti – è il tipico risultato del medesimo strabismo storico, di importazione americana, che spinge molti cattolici a guardare alla globalizzazione post-statuale come al ripristino della condizione pre-statuale del medioevo cattolico, epoca cristiana che, secondo la lettura conservatrice, in quanto priva dello Stato sarebbe stato l’ambiente favorevole per la comparsa del libero capitalismo”.[17] Ha ragione EGT quando altrove afferma che “Il nichilismo nega le leggi naturali, le leggi della creazione”[18], ma questo lo fanno tutte le ideologie, compresa quella di cui lui pare essere invaghito: il capitalismo tecno-finanziario con annesso monetarismo. Quello che crea aziende-monstre più potenti degli stati e che riduce in schiavitù le nazioni tramite il debito inestinguibile ad interessi. Tutto ciò, che passa per essere un sistema libero, moderno e incontrovertibile, va contro il diritto naturale di proprietà, in quanto quest’ultima viene erosa dal debito tramite la super-tassazione e messa a rischio dalla finanza predatoria. Lo stesso risultato del comunismo, partendo dal lato opposto. EGT vs Fusaro Stando a ciò che risulta dagli atti di un convegno su globalismo e sovranità, tenutosi a Torino il 20 novembre scorso, presenti diversi esperti tra cui il nostro economista, egli pur mostrando di non apprezzare il fatto che le nazioni abbiano delegato i loro poteri ad organismi sovranazionali quali Onu, Unesco, Fao, Fmi e Oms, ha sostenuto l’impossibilità del ritorno al sovranismo, magnificando i presunti vantaggi della globalizzazione. Ha ribadito altresì l’impossibilità del ritorno all’autarchia, in seguito alla deindustralizzazione già in buona parte avvenuta nel nostro paese; come dire, dal punto di vista industriale continuiamo così, finché non ci sarà rimasto più nulla. Fortunatamente in quella occasione c’era anche Diego Fusaro, che non sarà particolarmente cattolico, non sarà ufficialmente conservatore, ma ha affermato molto più lucidamente che:
  1. Di irreversibile non c’è nulla.
  2. La competitività è l’inganno del nostro tempo.
  3. Avere dei diritti sociali non è vivere al di sopra delle proprie possibilità.
  4. La religione dei nostri giorni è il “nichilismo ateistico compulsivo della merce” e la divinizzazione del mercato.
Bocciato ciò che piace a EGT, e che non c’entra nulla né col cattolicesimo né con un’economia al servizio della persona.[19] Quattro a zero per Fusaro. L’aspetto singolare è che l’economista, il quale in teoria ha come riferimento il magistero, giunge a delle conclusioni in buona parte discutibili, mentre il filosofo, muovendosi da una base che definire discutibile è poco (Marx, Gramsci, Heidegger…), giunge a conclusioni spesso corrette secondo il buon senso e anche secondo il magistero. In realtà questo accade perché i veri maestri di EGT, come abbiamo visto, sono altri; quello che segue non è ancora il vero insegnamento ma uno pseudo magistero liberale. In quanto a Fusaro, probabilmente ha la rara capacità di riconoscere quel poco di buono che alberga anche nel pensatore più controverso e rielaborarlo autonomamente, utilizzandolo per interpretare correttamente gli eventi reali. Chapeau. Quinto principio Anche se da un po’ non se ne parla, i principi non negoziabili non sono spariti. Per quanto ignorati rimangono e nessuno riuscirà mai a cancellarli, per fortuna. Vorrei qui ricordare il quinto di questi principi, quello che sancisce la “sacralità della proprietà privata di chi ha bisogno di lavorare per vivere”[20]. In pochi se ne accorgono perché il misfatto avviene in modo subdolo, ma insieme a vita, famiglia, educazione e culto, tutti pesantemente minacciati, oggi è in pericolo anche la proprietà. Il modo subdolo consiste nell’erosione di ciò che ognuno ha guadagnato col suo lavoro, tramite interessi e tasse (che a loro volta servono per pagare gli interessi sul debito di stato). “Il peggio si è che il rimedio da costoro proposto è una aperta ingiustizia, giacché la proprietà privata è diritto di natura”. Lo scriveva Leone XIII nella Rerum Novarum parlando dell’abolizione della proprietà privata, ovvero la soluzione socialista alla povertà. Oggi la possiamo applicare con immutata efficacia ai sistemi liberal-monetaristi in cui viviamo. In sintesi Concordo sul fatto che sia assolutamente necessario ripristinare urgentemente una cultura e una politica nataliste, favorendo nel contempo un recupero delle imprescindibili basi cristiane di una società giusta; ma il tempo sta per scadere, e queste rimarranno bellissime chiacchiere se non si mettono in moto azioni per recuperare gli strumenti base per svoltare: riacquistare velocemente sovranità politica, economica, monetaria, e badando di non perdere anche quella biologica; liberandoci in qualche modo dalla schiavitù dell’Europa, dell’Euro, della turbofinanza e del mercato senza regole. EGT ci invita a procreare, e sta bene; tantopiù che ci è stato detto “crescete e moltiplicatevi”[21], e l’attività in sé non è nemmeno spiacevole. EGT dovrebbe iniziare dall’alto del suo curricolo a parlarci anche di prestito ad usura e moneta debito, ricordandosi con la Vix Pervenit che “ogni siffatto guadagno che superi il capitale è illecito ed ha carattere usuraio”.[22] E come insegna la Quadragesimo Anno anche che: “Questo potere diviene più che mai dispotico in quelli che, tenendo in pugno il danaro, la fanno da padroni; onde sono in qualche modo i distributori del sangue stesso, di cui vive l’organismo economico, e hanno in mano, per così dire, l’anima dell’economia, sicché nessuno, contro la loro volontà, potrebbe nemmeno respirare”.[23] EGT dovrebbe rivedere la sua idea di mercato e sovranità degli stati. Sia esso di moneta, di merci, di persone, il libero mercato senza cane da guardia rende schiavi. “Sempre Quadragesimo Anno: Una tale concentrazione di forze e di potere, che è quasi la nota specifica della economia contemporanea, è il frutto naturale di quella sfrenata libertà di concorrenza che lascia sopravvivere solo i più forti, cioè, spesso i più violenti nella lotta e i meno curanti della coscienza”.[24] I Pontefici di un tempo avevano una lucidità tale da spiegare agli economisti che vivono decenni o secoli dopo, cosa sta accadendo oggi. EGT, che ritiene l’efficienza (la corretta allocazione delle risorse, la produttività, eccetera) tra gli imprescindibili strumenti di una buona economia, non riesce a vedere di buon occhio lo stato, nemmeno quando quegli strumenti si ritorcono contro i popoli. “Quando qualcosa è gestito dallo stato, è difficile che sia efficiente”.[25] Sì, è vero. Nello Stato come oggi noi lo conosciamo la “gestione efficiente” sembra fantascienza. Eppure, si narra di un periodo della nostra storia nemmeno troppo lontano in cui lo stato gestiva e le cose funzionavano…     [1]Spiriti animali. La concorrenza giusta, Ettore Gotti Tedeschi, (Università Bocconi Editore, 2007) [2]Amare Dio e fare soldi, Ettore Gotti Tedeschi, Fede&Cultura (2014). [3]Ibidem. [4]Ibidem. [5]Piacerebbe a tutti poterlo fare, ma nemmeno il distributismo, essendo una elaborazione umana, può essere assunto a dogma, nonostante derivi più o meno direttamente dal magistero sociale della chiesa. [6]Ibidem. [7]Ibidem. [8]https://www.lospecialegiornale.it/ettore-gotti-tedeschi-la-moneta-unica-ha-un-tumore-maligno-bisogna-muoversi/ [9]Sir Thomas Gresham (1519-1579), commerciante, banchiere e agente di cambio al servizio della monarchia britannica. [10]Accade in tanti altri campi, ad esempio in politica: il politico spregiudicato non ha problemi ad imbastire un fantasioso storytelling (cioè a raccontare balle) per conquistarsi gli elettori, risultando vincente su chi non può fare a meno di essere onesto. Anche qua, non sempre, ma spesso, troppo spesso. [11]https://www.maurizioblondet.it/gotti-tedeschi-ci-scrive-leuro-anzi-lo-ero/ [12]http://www.lindipendenzanuova.com/gotti-tedeschi-e-quelleconomia-di-stato-italiana-piu-grande-deuropa/ [13]Ad esempio, quelle proposte dall’associazione Moneta Positiva di Fabio Conditi (http://monetapositiva.blogspot.com). [14]Espressione coniata dal giornalista Francesco Amodeo, e titolo di una sua pubblicazione. https://www.youtube.com/watch?v=xTXiOpmfD-0 [15]http://www.lindipendenzanuova.com/quando-gotti-tedeschi-ci-disse-italia-economia-di-stato-piu-grande-deuropa/ [16]Ibidem. [17]http://www.domus-europa.eu/?p=6957 [18]https://www.youtube.com/watch?v=Wvj8lzcbE6I [19]https://rivisssta.com/2018/11/28/il-futuro-di-una-nazione-tra-sovranismo-e-globalismo/ [20]Al contrario, non esiste nessuna sacralità della proprietà acquisita tramite l’accumulo di interessi da chi vive di rendita. [21]Genesi 19,30-38. [22]Vix Pervenit, Benedetto XIV (1745). [23]Quadragesimo Anno, Pio XI (1931). [24]Ibidem. [25]https://www.youtube.com/watch?v=Wvj8lzcbE6I    ]]>

3 commenti su “Il buon cattolico liberista (terza parte) – di Marco Manfredini”

  1. “le ideologie, compresa quella di cui lui pare essere invaghito: il capitalismo tecno-finanziario con annesso monetarismo.”
    Il monetarismo teorizza l’uso politico-dirigistico della moneta, o della quantità di moneta, e non il contrario, benché tra Keynes a Friedman (per esempio) vi siano poi differenze enormi poi in merito a tale uso. E quindi è una forma riposta di statalismo. E’ proprio ciò che la “scuola austriaca” (quella “liberista”) rimprovera ai monetaristi e a tutti i governi dal novecento in poi: in sintesi, la manomissione della moneta a dispetto delle indicazioni del mercato. I farlocchi cantori delle magie del sovranismo monetario sono in realtà dei monetaristi fanatici: alla malattia del sovranismo monetario globalista oppongono come medicina la stessa malattia su scala nazionale, nell’illusione che facendolo in nome del popolo (da chi, se non da una nuova oligarchia?) il veleno si trasformi in medicina. E il capitalismo-finanziario è proprio l’espressione metastatica di tale malattia, in barba al presunto trionfo del mercato. Ciò detto, io non sono contro lo…

    1. Oswald Penguin Cobblepot

      Zamax, quando il governo della lira (fino a pochi decenni fa) era di BankItalia, questo comportava il controllo di un organo politico (governo-parlamento). Questa situazione finì nel luglio 1981 (divorzio tra BankItalia e Min.Tesoro), da cui ne derivò la sostanziale privatizzazione del nostro istituto centrale. La BCE da chi è controllata? L’art. 283 § 1 TFUE prevede che “Il consiglio direttivo della BCE comprende i membri del comitato esecutivo della BCE nonché i governatori delle banche centrali nazionali degli Stati membri la cui moneta è l’euro”. Art. 28.2 Statuto BCE: “Le banche centrali nazionali sono le sole sottoscrittrici e detentrici del capitale della BCE”; questo ci indurrebbe a pensare che solo le istituzioni pubbliche (banche nazionali centrali) siano le detentrici del capitale della BCE. Ma è necessario osservare che le banche centrali nazionali sono istituti di diritto pubblico, ma compartecipate da banche private (es: BankItalia). E’ giocoforza dedurre che che interessi privati possono influire sulla BCE. Da Gotham, il Pinguino.

      1. Lei fa delle notazioni tecniche, un po’ guardando dal buco della serratura, che non cambiano il succo del mio discorso. Gli interessi privati influenzano sempre la politica. Ma siccome qui si parla di “ismi” e soprattutto di quel “liberalismo” che oggi trionferebbe nel mondo (è una delle più grandi fake news della nostra epoca) io mi limito a far notare invece che la mentalità economica dominante da almeno un secolo è proprio quella contraria. E non lo faccio da ideologo del “liberalismo”, ma da difensore della libertà economica che è propria dell’economia naturale a 360 gradi, rispettosa dei pesci grandi come dei pesci piccoli. A coloro che parlano di “libertarismo”, facendo di tutta l’erba un fascio col liberalismo, faccio inoltre notare che tale libertinismo si sposa meravigliosamente, come dimostra la storia, con le ideologie ultra-stataliste.

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