IL CASO DEL PROF. GIOVANNI ZENONE. UN’INTERVISTA E UN ARTICOLO DEL CORRIERE DEL VENETO

Il caso del prof. Giovanni Zenone, direttore della Casa Editrice Fede & Cultura, docente di religione rimosso dall’insegnamento dal Vescovo di Verona, ha suscitato interesse, e sdegno, da parte di molti lettori. Per maggior documentazione pubblichiamo un’intervista rilasciata dal prof. Zenone al sito Pontifex, e un articolo pubblicato sul Corriere di Verona. All’amico Giovanni Zenone non possiamo che ribadire la nostra affettuosa vicinanza e la piena solidarietà, nella certezza che saprà vivere con grande Fede questa dura prova.

Su questa vicenda Riscossa Cristiana ha già pubblicato un articolo di Francesca Castellaneta e una dichiarazione di P. Giovanni Cavalcoli, OP

PD


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L’intervista rilasciata da Giovanni Zenone al sito Pontifex

 

L’estromissione dall’insegnamento della Religione Cattolica del Prof. Giovanni Zenone da parte della Curia di Verona ha lasciato stupefatti e “indignati” moltissimi cattolici che da tutta Italia hanno mandato a noi, a Corrispondenza Romana e al Professore stesso innumerevoli attestati di stima e di sostegno contro un atto che appare come iniquo e ideologico. Sotto le fredde motivazioni ufficiali addotte dalla Curia veronese di “carenze didattico pedagogiche” abbiamo, tutti, subito intuito si celasse ben altro. Una diocesi – infatti – che nel suo settimanale diocesano di questa settimana dedica un’intera pagina celebrativa al fu card. Martini, di dubbia dottrina su fede e morale, tra i primi fogli del giornale e un esiguo trafiletto fra gli ultimi al nuovo libro di Papa Ratzinger “L’infanzia di Gesù”, la dice lunga su quale sia l’opzione teologica fondamentale delle sue gerarchie. Abbiamo perciò intervistato il Prof. Giovanni Zenone, direttore della Casa editrice Fede & Cultura, per capire meglio cosa sia successo.


D. Cosa è successo effettivamente?

R. È successo che tra luglio e agosto 2010 con un procedimento affrettato, mentre ero in ferie sia io che il mio avvocato Abbondio Dal Bon, la Curia di Verona, senza lasciarmi un reale diritto alla difesa, in base ad accuse generiche, non circostanziate, non definite, non dimostrate, sulla base di delazioni e atti amministrativi che appaiono come gravemente illeciti, mi ha tolto l’insegnamento. Non a norma di diritto e carità, ma abusando di un cavillo della CEI. Infatti si può rimuovere un docente di religione Cattolica o per eresia o per vita pubblica immorale, a norma del Diritto Canonico o, secondo quanto afferma una nota della CEI, per gravi carenze didattico pedagogiche. Ebbene, i primi due casi non c’erano, e quest’ultimo non sussiste perché l’unica istituzione abilitata a dichiararmi carente e inadatto alla docenza è il Ministero della Pubblica Istruzione dopo un procedimento lungo e nel quale ogni docente ha un reale diritto alla difesa. E un tale procedimento non è mai stato avviato nei miei confronti!


D. Ma allora perché il caso salta fuori solo ora, e perché la Curia di Verona sembra aver commesso quello che appare come un abuso di potere?

R. Dopo due anni e mezzo di dolore, di grosse perdite economiche a causa di questa esecuzione, di frustrazione, umiliazioni continue e di rischio per la fede dei miei figli che sanno che il Vescovo ha marchiato d’infamia loro padre, due  fatti mi hanno indotto a far venire alla luce questi episodi. Prima ho incontrato il Vescovo chiedendogli perdono per il risentimento che avevo provato, e gli ho poi fatto una evangelica correzione fraterna dicendogli: “La gente sa che Lei ha rimosso un docente cattolico di chiara fama e lo ha sostituito con uno che insegna che la Chiesa avrebbe sbagliato tutto sul tema dell’omosessualità, delle crociate, ecc…; veda che la questione non torni di scandalo per la fede e quindi per la salvezza eterna del Suo gregge. Anche perché questo va di pari passo con il mantenimento nella docenza di professori concubini, apertamente comunisti, che insegnano a viso aperto dottrine contrarie a quella cattolica”. Il Vescovo mi ha limpidamente risposto di aver agito “in coscienza”. Ho capito che non c’era niente da fare. Quando poi ho saputo che a tu per tu con mia madre, rinomata docente di Storia del Monachesimo che gli chiedeva conto della mia estromissione, egli ha risposto: “Non c’è più nessun problema, abbiamo sistemato tutto!”, ho deciso di far scoppiare il bubbone che la Curia stessa aveva creato.


D. Non esprimiamo giudizi sul Vescovo, ma “Abbiamo sistemato tutto” non appare certo espressione da Vescovo e pastore cattolico! Ricorda vagamente il gergo di Luca Brasi nel film Il Padrino parte 1?

R. Certo, non mi sento di esprimere giudizi contro il mio Vescovo cui ho ribadito la mia cristiana obbedienza per Chi rappresenta, sebbene disapprovi del tutto parecchi suoi atti di governo.

 

D. Ma quali sono state le motivazioni reali, a suo parere?

R. Un preside chiese la mia rimozione perché avevo chiesto congedo parentale per occuparmi della mia quinta figlia! Già questo è un atto illecito legalmente e antisindacale, ma il peggio è che la Curia invece che rispedire al mittente questo abuso lo ha fatto proprio. Mentre la Chiesa dice di difendere la famiglia la Curia di Verona mi estromette anche perché mi sono occupato dei miei figli. Lo stesso preside tornò poi alla carica perché una madre si era lamentata che avessi fatto usare alla classe di suo figlio il Catechismo di san Pio X. E anche in questo caso, nella battaglia per la diffusione della Fede, invece che avere un “fuoco di copertura” dalla retroguardia, mi hanno impallinato alle spalle con “fuoco amico”. È paradossale che un colonnello nella Battaglia per la Fede invece che sostenere le sue forze d’assalto le faccia colpire alle spalle, apparendo così come complice del nemico.


D. Ma cosa ha fatto di male contro Mons. Zenti?

R. Tra me e Mons. Zenti non c’è mai stata alcuna ruggine, anzi! Il problema è che sembra che di questa esecuzione il mandante sia qualcun altro che preferisce restare nell’ombra, anche se almeno un nome lo potrei dire, ma per ora taccio. L’allora vicario generale, poi subito promosso Vescovo di Pordenone, Mons. Giuseppe Pellegrini, il direttore dell’Ufficio Scuola della Curia don Domenico Consolini e lo stesso Vescovo, ho sempre avuto l’impressione che eseguissero un compito sgradevole che veniva però da altri, e non certamente da chi ama la Chiesa e ci tiene alla salvezza delle anime. Si ripete la storia che 150 anni fa l’allora Vescovo di Verona fece quando cacciò il Beato Rosmini per timore del potere civile. Si compie quello che l’intimo amico di Rosmini, Alessandro Manzoni, racconta nei Promessi Sposi con don Abbondio di fronte a don Rodrigo. Si tocca qui uno dei problemi più seri della Chiesa di oggi: la presenza di molti don Abbondio al governo delle Chiese e di pochissimi san Carlo Borromeo.


D. Nessuno le è stato accanto e l’ha difesa in questa storia?

R. Molti miei studenti e genitori hanno scritto in Curia per sostenermi, ma la sentenza era scritta prima ancora che il processo cominciasse. Mi hanno addirittura fatto una colpa anche di questo! Fra le motivazioni – messe da loro nero su bianco per la mia rimozione – c’è addirittura la mia attività editoriale (per Fede & Cultura) e il mio impegno come autore con libri e articoli sul mio blog personale e altri! Ho preferito tenere la cosa nascosta per oltre due anni, ma la degradazione quasi a livello di bidello che ho subito – con ogni probabilità per una “parolina” di qualche funzionario curiale cui dispiaceva che dapprincipio io fossi stato messo in biblioteca con orario di docente, quindi con un vantaggio orario – le parole del Vescovo e la difficoltà economica mia e di Fede & Cultura a causa di questa situazione, mi hanno fatto capire che era giusto che si sapessero le malefatte anche di alcuni uomini della Chiesa veronese. Tante ne avrei da dire, ma per il momento taccio nella speranza che siano messe a posto. Se sarò costretto scoperchierò i sepolcri imbiancati. Sto ricevendo moltissime attestazioni di stima e di sostegno da parte di centinaia di buoni cattolici e sacerdoti. Addirittura lo stesso Card. Bagnasco, allora, chiamò al telefono il Vescovo Zenti per chiedergli conto del mio caso, ma quest’ultimo non se ne diede per inteso… Obbediva forse a poteri più forti e temibili del Presidente della Conferenza Episcopale Italiana?


D. E ora cosa intende fare?

R. Sto ultimando una causa ecclesiastica contro la Curia di Verona e una civile. Ho subito troppi danni morali ed economici che né la mia famiglia (ho sei figli) né Fede & Cultura può più sostenere. Ho l’impressione fondata che da parte di qualche burattinaio che resta nell’ombra ci sia la volontà di affondare Fede & Cultura colpendo personalmente me. Abbiamo bisogno quindi di tutto il sostegno che le decine di migliaia di estimatori di Fede & Cultura, fra i quali i Papa, e che questo avvenga attraverso i mezzi che preferiscono, non ultimo l’acquisto e la diffusione dei nostri libri che infastidiscono tanto i fautori clericali del compromesso col mondo.


 

L’ARTICOLO PUBBLICATO SUL CORRIERE DEL VENETO DEL 9.12.2012

 

«Escluso dall’insegnamento perché professo la fede»

Un docente accusa la Curia. La replica: divideva le classi

VERONA — Ha un dottorato in filosofia e diverse pubblicazioni alla spalle, che spaziano dalla filosofia ai pamphlet contro il laicismo. Ma da un paio d’anni, fa il bibliotecario in un istituto tecnico e il collaboratore scolastico anziché l’insegnante di religione, «mestiere» che pur ha svolto a lungo. Le accuse? Secondo l’ufficio Catechesi della diocesi – che non commenta ufficialmente il provvedimento – avrebbe portato divisioni all’interno delle classi, scoraggiando gli studenti meno «ortodossi» a frequentare l’ora di religione. Ma lui si difende: «Spiego quello che dice la Chiesa da duemila anni, nulla di più». È la storia di Giovanni Zenone, a breve padre di sei figli e docente di religione a cui è stata tolta l’abilitazione – secondo quanto sostiene – per non aver fatto altro che il suo lavoro, quello di insegnare il cattolicesimo. Anche negli aspetti «più scomodi», quelli che una società secolarizzata fa più fatica a metabolizzare. Come la sessualità: «L’insegnamento della Chiesa è chiaro, ed è ben spiegato dal catechismo. Purtroppo entra necessariamente in conflitto con quanto si insegna nelle scuole italiane con l’educazione sessuale». O la concezione della Storia. «La Chiesa ha commesso molti peccati, ma anche il mondo ha commesso peccati contro la Chiesa. Vanno spiegati entrambi». Interpellato sull’argomento, il vescovo, monsignor Giuseppe Zenti, risponde così: «E’ una storia di due anni fa, non voglio entrare nei dettagli, ma di certo il problema non sono le convinzioni religiose della persona».

Intellettuale cattolico «militante», Giovanni Zenone ha fondato la casa editrice «Fede e Cultura» che ha sede, con una libreria, in viale della Repubblica. «Purtroppo ho dovuto limitare di molto questo tipo di attività, dopo che mi hanno cambiato l’incarico, chiedendomi, come collaboratore scolastico, il doppio delle ore a parità di stipendio». Fede e Cultura, tra le ultime pubblicazioni, ha anche il noto libro con cui Danilo Quinto, ex tesoriere del Partito radicale, ha attaccato Marco Pannella, rivelando una serie di fatti sulla gestione dei fondi del partito («Da servo di Pannella a libero figlio di Dio»). «Ma non sono tradizionalista – spiega – accetto il Concilio Vaticano II, e i tradizionalisti mi considerano eretico per quello che ho scritto».

Due anni fa, la Curia veronese decide di rimuoverlo, dopo diverse segnalazioni, dall’insegnamento, lui decide di fare ricorso, prima in diocesi (rigettato), poi a Roma. «Io non voglio mettere in mezzo la Chiesa veronese nella mia questione personale, ma sento solo di aver fatto il mio dovere – precisa Zenone – e vorrei sottolineare che non sono l’unico insegnante di religione a rischiare tutto ciò. Fino a otto anni fa, era rarissimo che un insegnante venisse rimosso». Chi ha buona memoria risale al caso Marsiglia, il docente di origini sudamericane che ammise di aver inventato un’aggressione a sue spese per conservare il posto di lavoro.

«Adesso – riprende – dopo il concorso per gli insegnanti di religione del 2004, tutto è cambiato. Prima, se uno perdeva il posto, restava senza lavoro, ora dev’essere reinserito nel mondo scolastico con altre qualifiche. E così si finisce a fare il bidello». Ad innescare il processo, secondo Zenone, basterebbe poco quindi, qualche genitore scontento, un preside che storce il naso. «A me nessuno, o quasi, ha detto qualcosa in faccia. Poi, di nascosto partivano le raccolte firme. Anche se i dirigenti scolastici, da un punto di vista giuridico, non dovrebbero avere voce in capitolo. La Curia li ha giustificati dicendo che, con me come insegnante, una percentuale tra il 40 il 70% degli studenti non si avvaleva dell’insegnamento della religione cattolica. Ma la verità è che le porte erano sempre aperte, e ho avuto anche studenti musulmani e luterani, che prima non ne volevano sapere».

Davide Orsato

1 commento su “IL CASO DEL PROF. GIOVANNI ZENONE. UN’INTERVISTA E UN ARTICOLO DEL CORRIERE DEL VENETO”

  1. Una mia nipote ha insegnato x anni religione a PD con passione e con un imprevisto totale.
    Siccome un anno, x fortuna ormai vicina alla pensione, in una quinta non si iscrisse nessuno all’ora di religione,la colpa è stata data a lei dalla curia, mentre sappiamo bene come sono i giovani

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