Il caso della scandalosa nuova traduzione del Padre Nostro nella Bibbia CEI. Completamente errata. Vi spiego perché – di Fra Cristoforo

di Fra Cristoforo

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Credo di essere in grado di poter dare il mio modesto contributo sul caso della scandalosa “nuova” traduzione dell’ultima parte del Padre Nostro nella Bibbia CEI, che ovviamente compare anche nel Lezionario Liturgico di cui abbiamo già trattato. E siccome so che in diverse comunità parrocchiali alcuni sacerdoti utilizzano già, durante la Messa, la nuova versione del Padre Nostro, vorrei chiarire con voi lettoriil caso di questa traduzione pedestre. La parte a cui mi riferisco, tradotta e utilizzata per secoli, è proprio il versetto di Matteo 6,13a: “non ci indurre in tentazione” , che nella nuova versione è stato maldestramente tradotto con “non abbandonarci alla tentazione”. Naturalmente anche qui ha prevalso il “politicamente corretto”. Come può Dio “indurre” in tentazione? Allora cambiamo con una traduzione più morbida, più sdolcinata, più sentimentale. Cosa sbagliatissima. Ma su questo punto tornerò dopo. Prendiamo dunque il versetto in questione dal testo originale greco: “καὶ μὴ εἰσενέγκῃς ἡμᾶς εἰς πειρασμόν”. La parola di interesse è “εἰσενέγκῃς” (eisenekes), che per secoli è stata tradotta con “indurre”, ed invece nella nuova traduzione vediamo “non abbandonarci” (come i cavoli a merenda). Il verbo greco “eisenekes” è l’aoristo infinito di “eispherein” composto dalla particella avverbiale eis (‘in, verso’, indicante cioè un movimento in una certa direzione) e da phérein (‘portare’) che significa esattamente ‘portar verso’, ‘portar dentro’. Per di più, è legato al sostantivo peirasmón (‘prova, tentazione’) mediante un nuovo eis, che non è se non il termine già visto, usato però qui come preposizione.

Tale preposizione regge naturalmente l’accusativo, caso di per sé caratterizzante il “complemento” di moto a luogo. Anzi, a differenza di quanto accade ad esempio in latino e in tedesco con la preposizione ineis può reggere solo l’accusativo.

Come si vede, dunque, il costrutto greco presenta una chiara “ridondanza”, ossia sottolinea ripetutamente il movimento che alla tentazione conduce, per cui è evidentemente fuori luogo ogni traduzione – tipo “non abbandonarci nella tentazione” – che faccia invece pensare a un processo essenzialmente statico.

Il latino “inducere”, molto opportunamente usato da san Girolamo nella Vulgata(traduzione della Bibbia dall’ebraico e greco al latino fatta da Girolamo nel IV secolo), essendo composto da ‘in’ (‘dentro, verso’) e ‘ducere’ (‘condurre, portare’), corrisponde puntualmente al greco eisphérein; e naturalmente è seguito da un altro in (questa volta preposizione) e dall’accusativo temptationem, con strettissima analogia quindi rispetto al costrutto greco.

Quanto poi all’italiano indurre in, esso riproduce esattamente la costruzione del verbo latino da cui deriva e a cui equivale sotto il profilo semantico.

Dunque la traduzione più giusta, che rimane fedele al testo è quella che è sempre stata: “non ci indurre in tentazione”. Ogni altra traduzione è fuorviante, e oserei dire anche grottesca.

Come ho detto in precedenza, il rispetto per il Testo Sacro è fondamentale, e si dimostra nella fedeltà delle traduzioni con i testi originali. Ma la tendenza oggi è quella di far prevalere il “politicamente corretto”, la traduzione morbida, mielosa. Sradicando completamente il vero significato di ciò che la Parola ci vuole dire.

Infatti molti si sono chiesti: Come può Dio “indurre” in tentazione? Ci sono tantissimi passi biblici che dimostrano come Dio induce alla tentazione e alla prova. Non ci si può scandalizzare, pensando sempre che Dio abbia solo la “mielosa misericordia” (oggi molto di moda nella neochiesa), trascurando la Croce, la prova e la tentazione. Ricordate Genesi 22 quando il Signore chiede ad Abramo il sacrificio del figlio Isacco? E’ vero. Appena vide la sua fedeltà l’angelo fermò la mano di Abramo. Ma provate a pensare lo stato d’animo di questo patriarca, mentre saliva sul monte Moria per uccidere suo figlio in obbedienza a Dio; mi viene in menteanche Esodo 4,24 dove si dice che il Signore, mentre Mosè tornava in Egitto dopo la sua fuga “gli venne contro e cercò di farlo morire”; oppure il capitolo 1 del libro di Giobbe, dove si legge a chiare lettere che Dio da il permesso a satana di tentarlo e provarlo. O ancora nel Nuovo Testamento dove si dice che Gesù “fu condotto dallo Spirito nel deserto per essere tentato dal diavolo” (Mt 4,1), e appare chiaro che è lo Spirito Santo che conduce Gesù nel deserto per subire la prova della “tentazione”. E anche San Paolo in 2 Cor 12,7 dice: “Perché non montassi in superbia per la grandezza delle rivelazioni, mi è stata messa una spina nella carne, un inviato di satana incaricato di schiaffeggiarmi, perché io non vada in superbia”. La Scrittura è piena zeppa di citazioni simili. Dio ti mette nella prova, anche quando questa prova è una “tentazione”. Ecco allora il vero senso del versetto “non ci indurre in tentazione”. E’ la preghiera al Padre, di noi figli, che chiediamo di essere risparmiati dalla “tentazione”, di uscirne indenni, come i tre giovani nella fornace (Daniele 3).

Del resto se vogliamo seguire il Signore in modo autentico il Siracide 2 ci dice: “Figlio, se ti presenti per servire il Signore, preparati alla tentazione”.

Ora, che in certe Parrocchie usino la traduzione sbagliata è aberrante. Cari lettori, siete liberi di stamparvi questo articolo e farlo leggere a chi volete, soprattutto a quei sacerdoti che si sono già adeguati al “politicamente corretto”. Da qui non si scappa. La traduzione esatta resta quella di sempre. Con buona pace dei biblisti traduttori, che a questo punto giudico gravemente zoppicanti nel maneggiare il greco.

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fonte: Anonimi della Croce

19 commenti su “Il caso della scandalosa nuova traduzione del Padre Nostro nella Bibbia CEI. Completamente errata. Vi spiego perché – di Fra Cristoforo”

  1. Leggete il catechismo Pio X, semplice e chiaro per tutti, poi leggete il nuovo catechismo emesso nel 2005, un lunghissimo monologo fumoso, sembra scritto non per i credenti ma per sottomettere i credenti.

  2. La mia è una delle parrocchie che hanno adottato la nuova traduzione appena questa è saltata fuori. Ne ero rimasto inizialmente perplesso, ma visto l’andamento degli ultimi anni (preparato molto prima, certo, ma adesso dirompente) si può ora dire che appare logico e coerente, purtroppo. Piccolo ma significativo indice di decadimento. Quel “non ci indurre” richiama vigorosamente a una continua vigilanza e azione morale, perché un padre che davvero ama i suoi figli deve pur ogni tanto metterli alla prova, e quelli devono farsi trovare pronti; che poi, colti in difetto, chiedano al padre di risparmiarli, soccorrerli, perdonarli eccetera è un altro discorso, e non diminuisce il dovere dei figli. Tutte cose difficilmente digeribili dal cattolico moderno adulto. Molto meglio allora, per la neochiesa, un piagnucoloso “non abbandonarci” che risolve tutto e mette tranquilli. Peccato che, invece, pensare che sia tutto già a posto, inutile sforzarci di essere virtuosi, tanto poi finisce tutto bene comunque …sia la vera tentazione del demonio.

    1. E’ forse il caso di dire, caro Alberto, che il cattolico “adulto” in realtà senza le prove e la forgia della vita vera (e della morte, che si tende ad ignorare) resta per tutta la vita un cattolico menomato, direi un “ritardato spirituale” (per analogia con quello mentale).

  3. Che dire però della lettera di Giacomo che dice espressamente che Dio non può indurre in tentazione perché non può fare il male? Dio permette la tentazione, ma non viene da lui ma dal demonio. Spero che qualcuno tra voi mi illumini su questo.

    1. Marina Alberghini

      In effetti sono perplessa anche io…dicendo “indurre”sembra che Dio si diverta a vedere come andrà a finire per il poveretto messo di fronte alla tentazione.Per me è ridurre Dio alla stregua di uno che si diverte a spese degli altri.

  4. roberto castellari

    Il verbo eisfero indica l’azione di: portare verso, mettere in e simili. Ritengo una traduzione coerente per esempio con Giobbe : Non metterci alla prova

  5. Io non capisco perché “Lungi da me Satana,” è diventato “Va dietro a me”
    Gesù stava respingendo con forza una tentazione, quella di evitare la croce, e stava sottolineando che questo viene da Satana. Per questo disse “‘Vade retro” che è come un esorcismo. Perché è diventato “Va dietro a me”? Mi piacerebbe conoscere quale cammino ha fatto il testo.

  6. Vista la situazione internazionale,con il maggior azionista delle guerre e del disordine che ci vuole offrire sempre nuove emozioni, questa celerità con il quale il “nuovo consiglio di amministrazione della nuova chiesa s.p.a. vuole a tutti i costi imporre la nuova dottrina dopo la nuova morale: non so a voi ma io sinceramente penso che a breve un segno dal Cielo o dagli inferi ci sarà dato, e credo anche che questa volta non ci sarà mandato nessun profeta come fu fatto con il profeta Isaia. Credo proprio che giustamente il Padre Eterno ci manderà quanto ci spetta con iva e imposte accessorie.
    Sia lodato Gesù Cristo.

    1. “Quanto ci spetta con IVA ed imposte accessorie” c’è già e si chiama “Inferno”, per gli apostati ed i peccatori impenitenti!

  7. Marina Alberghini

    Francamente ,come ho già scritto, che Dio si diverta a portare un poveretto in tentazione per vedere come va a finire mi pare un abbassare la Maestà Divina al rango di uno che si diverte a spese degli altri. Tra l’altro le tentazioni ci sono tutti i giorni, quindi che bisogno c’è che se ne occupi Dio?Semmai potrebbe aiutarci, se ci rivolgiamo a Lui nel pericolo, a vincerle.Quindi mi pare che la nuova traduzione vada bene.

    1. Però se seguo il suo ragionamento, risultano incomprensibili i passi biblici segnalati da Fra Cristoforo (soprattutto Abramo, Giobbe e Gesù nel deserto).
      Di fronte a questi “dati di fatto” la nostra posizione non può essere quella di far consuonare il testo sacro con quanto già abbiamo nel cuore e nella mente (pur con tutte le migliori intenzioni), ma viceversa.

  8. si tratta di capire se la “nuova traduzione” deve essere qualcosa che va bene a noi (oggi, magari domani non ci va più bene la cambiamo di nuovo e, perché no, cambiamo anche ogni altro passo della Bibbia che non ci vada bene) o quello che meglio e più fedelmente traduce quello che nella Bibbia, piaccia o no, è scritto.

  9. Io per non saper leggere e scrivere
    Lo recito sempre in Latino.
    L’ importante che lo capisca chi ha potere nei cieli e sulla terra.

  10. Mi chiedo da dove scaturiscano tante incertezze. Il Padre Nostro è la supplica di ogni uomo, ben consapevole dei propri limiti. Sa che la caduta è dietro l’angolo, e quindi si rivolge al Signore come il profeta Elia nel deserto, il quale nell’angoscia è arrivato a gridare : “Signore, prendi la mia vita, perché non sono migliore dei miei padri”. Equivale al Miserere, alla invocazione quotidiana, al timore fondato di soccombere di fronte alle prove della vita : “Gesù, mentre tutto crolla, io confido in Te”. Lo studio devoto della Parola di Dio è sempre benvenuto ; ma a Lui basta la Preghiera accorata e sincera, quella che giunge diretta al Suo Cuore. Non servono tante parole o precisazioni, è indispensabile solo un cuore contrito.

  11. Per me la vera prova che Dio mette in atto è quella di indurre il credente a fare il Bene e non a presentarci avanti il male per vedere se cede o gli resiste.

    LA VERA PROVA VERSO DIO SONO LE OPERE DEL BENE.

  12. STEFANO DE ROSSI

    Davvero uno studio interessante. Ma vorrei porre una domanda se mi è concesso….
    Se Dio può “indurre” ossia introdurre le persone in tentazione, perché allora Gesù ci chiede di pregare affinché questo non avvenga? L’apostolo Giovanni afferma nella sua prima lettera che solo se chiediamo qualcosa a Dio in accordo alla Sua volontà Egli ci ascolta…se dunque Gesù ci insegna a pregare secondo la volontà di Dio per quale motivo chiedere a Dio di evitarci di entrare in una situazione che Lui stesso potrebbe volere? Non sarebbe più corretto tradurre con “non permettere alla tentazione di sopraffarci”?
    Grazie.

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