… non c’era casa, non c’era famiglia, che non lo apprestasse, così come avveniva in tante chiese… Auguri (con il presepe, grande o piccolo che sia), ai colleghi, ai lettori, e auguri anche perché il nuovo anno ci veda liberi di celebrarlo sempre, il Natale, da cristiani.

di Giovanni Lugaresi

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zzprspSe penso al Natale, rivedo i presepi della mia infanzia e adolescenza ravennati. E non soltanto quello che preparavo io, andando a prendere il muschio dietro il battistero del Duomo o in pineta, cercando poi, fra i pezzi di legna da ardere in cantina, quelli dalle forme contorte, o comunque “strane” sì da poterli usare per creare lo sfondo montagnoso. Con il passar del tempo, le legne da ardere lasciarono spazio (furono sostituite) al carbone già consumato nella caldaia della Banca Popolare, dove mio padre lavorava. Lo chiamavamo, non so perché, “marogna”: pezzi tutti neri di forme strane, con buchi.

Messi sullo sfondo, venivano ricoperti di muschio.

Poi, la capanna con la “Sacra Famiglia”, il bue, l’asinello; uno spazio davanti con le statuine dei pastori con pecore e agnelli; dietro, a ridosso delle montagne, case, mulini in sughero o cartapesta, la carta stagnola per improvvisare un fiume o un lago, infine, le piccole luci da accendere la sera e, naturalmente, sulla capanna, una stella cometa.

Non c’era l’albero, l’abete, in casa nostra; di rigore soltanto il presepe, come di rigore era non Babbo natale, bensì la Befana con la tradizionale calza.

L’allestimento del presepe avveniva il pomeriggio della vigilia e non la sera, dedicata alla preparazione dei cappelletti, da mangiarsi l’indomani, cotti rigorosamente nel brodo. Mamma, babbo, fratello maggiore e il sottoscritto impegnati in vario modo: quello principale della mamma, ovviamente, per tirare la sfoglia, preparare l’impasto; il babbo a porre l’impasto sui quadrati di pasta sfoglia (in precedenza tagliati) e noi figli a chiuderli.

Si faceva tardi; si faceva l’ora della messa di mezzanotte: il suono delle campane del Duomo dava il segnale. A volte si andava tutti, altre soltanto i grandi, perché io nel frattempo avevo preso sonno ed ero andato a letto, convinto che mi avrebbero poi svegliato per la messa, appunto. A volte, i grandi mi lasciavano fra le braccia di Morfeo… L’indomani mattina sarei andato in chiesa alle 9. Nel 1947, ricordo bene, a Santa Giustina, chiesa attigua al duomo, ancora chiuso per i lavori di riparazione dopo i bombardamenti della guerra, servii tre messe consecutive a don Luigi Quinche (pronuncia Chens) perché un tempo la mattina del 25 dicembre in tante chiese venivano celebrate tre messe, appunto…

Il presepe, s’è detto. Non c’era casa, non c’era famiglia, che non lo apprestasse, così come avveniva in tante chiese. Famoso divenne quello che in San Francesco (la chiesa di Dante) preparava padre Giovanni Lambertini da Bologna, religioso esemplare con la passione per le scienze, la fisica, l’astronomia. A Ravenna ci fu per merito suo uno dei primi presepi “meccanici”, cioè con statuine in movimento, fiumi con l’acqua che scorreva, giochi di luci a seconda dei momenti della giornata, angeli che si illuminavano, mentre nell’alto dei cieli si muovevano.

C’era la statuina del fabbro nell’officina che dava colpi di martello, fuochi di pastori che si accendevano di notte sotto un cielo stellato, e così via.

Sull’esempio di padre Lambertini si sarebbero messi in seguito altri frati in chiese dell’Italia settentrionale, a incominciare dalla basilica del Santo a Padova, dove ancora si procede, nei chiostri, sull’esempio di quel che realizzava fra’ Claudio Gottardello…

I miei giorni natalizi sono ovviamente mutati col passare del tempo. Servizio militare, e poi via dalla Romagna, da Ravenna, e lavoro nel Veneto, stanza ammobiliata in affitto, inquilino in un condominio, con annessi e connessi, per così dire. Ma un piccolo presepe, una capanna con la Sacra Famiglia “mignon”, l’ho sempre posto su una mensola di casa. Senza contare la frequentazione della messa di mezzanotte, ultimamente nell’abbazia benedettina di Praglia, ai piedi dei Colli Euganei, e senza contare gli articoli di carattere natalizio scritti per giornali e periodici.

A tal proposito, nel 2002 o 2003 (non ricordo di preciso) una rivista trevigiana mi chiese un articolo sul Natale, ma per carità, che non scrivessi di presepe, che non citassi Gesù Bambino… per ovvi motivi: non bisognava offendere le suscettibilità dei non cristiani – cioè i musulmani!

Risposi secco che trattando del Natale non si poteva prescindere dalla Natività, dall’incarnazione di Nostro Signore, ergo… declinai l’invito perché l’articolo come volevano loro, quelli della rivista, non rientrava nelle mie convinzioni. Cessò all’istante la collaborazione con quella editrice: senza rimpianti, anche perché ci scrivevo gratis!!!

Del Natale ho continuato a occuparmi invece su altri giornali, diretti da persone sensate, che non mi hanno mai tagliato una riga.

Allora, auguri (con il presepe, grande o piccolo che sia), ai colleghi, ai lettori, e auguri anche perché il nuovo anno ci veda liberi di celebrarlo sempre, il Natale, da cristiani.

Chi non ci crede, nel Natale, ovviamente faccia a meno di celebrarlo. Questa è la libertà.

6 commenti su “Il Presepe  –  di Giovanni Lugaresi”

  1. ma per il diavolo la libertà altrui non esiste, vuole tutti proni ai suoi piedi, lui solo vuole essere libero (di fare il male), gli altri debbono solo obbedire. I modernisti, che da rivoluzionari e antiautoritari sono diventati dittatori intolleranti ed arroganti, manifestano apertamente questa mentalità luciferina, satanica: sparano “alzo zero”, su chiunque manifesti anche solamente un briciolo di attaccamento alla chiesa ed alla dottrina preconciliari , mentre sono proni a questo mondo incredulo e perverso. e poi parlano di nuova primavera della Chiesa, di nuova evangelizzazione: ma chi volete prendere in giro? vergognatevi, è il minimo che vi si possa dire. Immanentisti, filocomunisti e protestanti di fatto, ecumenisti incalliti, quindi traditori di Cristo, del Suo Regno Sociale, negatori dell’univa, sola, vera religione: che il Signore vi punisca per tutto il male che fate al suo gregge, alla Sua vigna, alla sua Chiesa; vedrete che bel premio otterrete.

  2. Che Natale sarebbe se eliminiamo il Vero festeggiato..il presepe nelle case,nelle scuole nei luoghi pubblici ecc..ci ricorda che Dio ci Ama infinitamente perchè ci ha donato il Suo Figlio divino..Questa umanità che natale può festeggiare se vive l’Attesa con tanta frenesia nella corsa agli acquisti,ai regali(spesso superflui)alle vacanze..Dov’è Gesù?.che gioia ripensare alla mia infanzia,il presepe in Chiesa, nelle case e spesso anche nei rioni del paese…la novena in latino con i bellissimi canti.. con grande emozione ripenso ai tempi passati con tanta gioia davanti al camino in famiglia, in attesa della messa di mezzanotte…ed ora proibiscono anche di preparare il presepe nella scuole…loro pensano a non turbare i non cristiani….ma…chi pensa ai nostri bambini? non hanno anche loro una sensibilità da rispettare? a loro veramente è stato rubato il vero Natale togliendogli la gioia di preparare il presepe per accogliere il Bimbo Gesù.

    1. Cara Bernadetta (un nome che è tutto un programma), deve tenere conto, nelle sue riflessioni, che questi modernisti hanno smarrito la fede, si sono equiparati ai nemici d Cristo e della Chiesa (comunisti, laicisti, massoni). Non ha letto, o ascoltato, cosa dicono Bruno Forte, Ravasi, Galantino, Scola, Nosiglia, lo stesso Bergoglio, ogni volta che aprono bocca o scrivono? Basta rileggersi il pensiero del beato Pio IX, di San Pio X, di Pio XI e di Pio XII per non avere alcun dubbio in proposito. Loro negano e rifiutano la dottrina cattolica bimillenaria, il suo magistero e la sua tradizione, e allora? che senso ha ascoltarli ancora? mica vorremo seguirli? la loro autorità nulla vale se va contro NSGC. Laudetur Jesus Cristus, e Buon Natale,

    2. Festeggiare il Natale secondo tradizione è politicamente scorretto. Un buon osservatorio è la pubblicità televisiva da cui da tempo sono state espunte le pur minime allusioni religiose. Si vedono solo gruppi festanti che si scambiano doni, oppure squallide famiglie, come nello spot dell’Ikea. Insomma, al massimo si celebra un rito sociale di riconciliazione forzata e di scialba felicità. Sì, una volta il Natale era bello. Aveva anche una sua tristezza per chi non aveva una famiglia felice, perché non dobbiamo mitizzare i nostri anni giovanili, però c’era la liturgia e c’era il Presepe.

  3. Mi associo alle accorate affermazione dell’articolo e dei commenti, non avrei saputo dire meglio. Come tutti ho i miei ricordi, le mie nostalgie. Sembra un mondo lontano, remoto!
    Voglio condividere con voi tutti, questa breve riflessione.
    Il presepe è la rappresentazione di ciò che avvenne due millenni fa: la nascita di Gesù!
    Chi ha accolto Gesù? Giuseppe e Maria, naturalmente, nella luce della stella; poi alcuni angeli, alcuni pastori, alcuni animali. E gli altri? E in quali luoghi, in quali circostanze, in quali difficoltà, in quale solitudine, in quale indifferenza?
    Non vi pare che il momento politico, economico, sociale e religioso, abbia alcune assonanze, nelle debite proporzioni.
    Noi, popolo di Dio – siamo ogni giorno chiamati alla prova, a sopportare le offese, a soffrire per la nostra fede, a subire l’abbandono dei pastori, soli ma Suoi!.
    Ecco, Gesù viene proprio per noi: apriamogli i nostri cuori, in famiglia, cogli amici, accogliamolo perché Lui solo ama, Lui pasce, Lui non…

  4. Commovente l’articolo di Lugaresi e non perché rievochi il tempo che non torna più, ma perché, trasparendovi il senso del Natale che abbiamo perso, che i nostri figli e soprattutto i nostri nipoti, checché ci si sforzi di farlo conoscer loro, in realtà non potranno conoscere più, presi come sono da questo clima ammorbato di tanta materia e dimentico dello spirito; di quello spirito che va oltre e vola alto, che non si ferma ai piedi di un finto abete stracolmo di pacchetti, ma si posa sopra, anzi dentro una piccola capanna dove nacque la salvezza del mondo, se il mondo l’accoglie. “Natale multietnico” leggo sulle porte delle chiese del mio paese, promosso dalla diocesi che il 25 dicembre, già da tempo allestisce il pranzo in chiesa. Rabbrividisco, non soltanto per il freddo che comincia a farsi sentire, ma al pensiero che fra mercanti e pranzo il tempio è bell’ e profanato. Siamo agli sgoccioli? Chissà…Affidiamoci alla Vergine Immacolata e consacriamoci a Lei. Buon Natale anche a Lei, caro Lugaresi

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