Il suicidio della “Chiesa del dialogo”  –  di Patrizia Fermani

L’arrendevolezza della Chiesa di fronte alla minaccia islamica, sempre più tragicamente concreta, ha radici lontane, che affondano nella resa al mondo già iniziata col Concilio Vaticano II, che scardina il fondamento primo del cristianesimo, la sua Grundnorm di religione vera comandata da Dio fatto uomo

di Patrizia Fermani

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zzmnltCi voleva un giornalista politico – anzi uno quasi di guerra come Carlo Panella, che da anni sta sul fronte sempre più devastato del Medio Oriente e dalla parte più scomoda della barricata – per mettere sul tappeto anche la questione dei rapporti della Chiesa con l’Islam. Questione che non nasce oggi, ma si ripropone di fronte allo annientamento del Cristianesimo ancora una volta in atto e, ancora una volta, senza che il famoso popolo di Dio sia stato chiamato a raccolta a gran voce per gridare contro lo scempio dei fratelli in Cristo.

Siamo di fronte ad un annientamento, fisico di certo, mostruoso e diabolico, di inaudita ferocia. Ma non possiamo fingere di non sapere che esso è stato preceduto anche da un autoannientamento, quello morale, religioso, identitario, praticato su di sé dalla Chiesa Cattolica. Quello che la rende ormai evanescente di fronte a tutte le congiunture fatali della storia.

Infatti ha ragione da vendere Socci quando addita con disperato sconcerto la latitanza senza scusanti di chi non riesce ad essere all’altezza del mandato ricevuto di guidare la Chiesa universale, nei termini minimi del decoro. Che non riesce neppure a spendersi personalmente contro una tragedia di portata epocale e dalle conseguenze quasi di certo irreversibili. Le parole e le omissioni di Bergoglio si commentano da sole, ma sono riconducibili, più che alla inadeguatezza personale, a premesse di ben altra portata.

Anzitutto – dice Panella – la evanescenza vaticana di fronte a questa vicenda che segneràla storia presente e quella avvenire, è il frutto di un equivoco politico e teologico che continua ad essere alimentato insensatamente.

La Chiesa, infatti, si ostina a non vedere “il legame tra i paciosi ulema del dialogo interreligioso e i mitra del califfato. Ignora l’Islam, quello vero, praticato”. Non vuole conoscerlo perché sarebbe costretta a decisioni devastanti, in primis quella della “guerra giusta”. Concetto che alla prova dei fatti sembra però essere stato più condizionato dalla politica che soppresso in modo assoluto, se consideriamo qualche notevole oscillazione tra forti interventi di condanna e altrettanto forti silenzi, non lontani nel tempo.

Viene inoltre ignorato colpevolmente – dice ancora Panella – che secondo l’Islam tutti nascono musulmani, ma alcuni vengono traviati dalla eresia cristiana o ebraica, e sono perciò, in ogni caso, infedeli da combattere con ogni mezzo. Inoltre ci si dimentica che il Corano non è suscettibile di interpretazione e quindi di adattamento, e di conseguenza è impossibile una sua applicazione diversa da quella letterale secondo cui gli infedeli debbono essere distrutti fisicamente.

Ora, non si può negare che, ormai da mezzo secolo, l’atteggiamento del Vaticano di fronte all’Islam, col suo inclinare alla ricerca di un dialogo impossibile, sia stato un tragico compendio di errori ingiustificabili anche da un punto di vista soltanto strategico. Ma, per trovare l’origine di questa ignoranza colpevole o di calcoli rivelatisi puntualmente sbagliati, bisogna forse risalire ancora una volta al Concilio e a quelle sue appendici ideologiche che da allora hanno condizionato  ogni aspetto della vita e del pensiero della Chiesa.

È stato osservato più volte come il Concilio, già nelle sue battute iniziali, quando l’assemblea ha deciso di mettere da parte i lavori della Commissione preparatoria, quindi di negare l’autorità dottrinale della Curia, si sia trasformato in assemblea costituente sovrana sull’esempio degli stati generali francesi nell’89. Il Concilio è nato, rilevava Baget Bozzo, dalla cultura politica dell’Europa del secondo dopoguerra, e se per la prima volta nella Chiesa entrava il concetto di rivoluzione era perché, in quel contesto storico, esso sembrava il solo capace di fornire una sicura legittimità politica.

Ma la rivoluzione assume a principio che il maggior nemico sia il proprio passato e che la sua distruzione sia la condizione fondamentale per edificare il futuro. In questa chiave diventa subito comprensibile come, attraverso il linguaggio sfuggente e mondanizzato dei documenti conciliari, si sia potuta poi consumare quella apostasia della Chiesa da se stessa che ha riguardato la teologia, la storia e la politica. Una apostasia per cui la Chiesa ha cominciato a rinnegare una storia secolare, dopo avere messo in discussione il proprio fondamento veritativo.

Del resto, solo con una rivoluzione si sarebbe potuto realizzare quell’aggiornamento in vista del quale il Concilio era stato indetto, e che doveva risolversi nell’abbracciare la realtà del mondo in uno sforzo di adeguamento che allora significava anzitutto la chiusura delle ostilità con il comunismo, diventato cultura dominante e destinato a rimanere tale in occidente anche dopo la  débacle del mondo sovietico.

A questa pacificazione mirava il discorso inaugurale di Giovanni XXIII, che staccando il peccato dal peccatore ha eliminato il primo e assolto il secondo, sbiadendo il confine tra il bene e il male che ormai dovevano essere individuati soprattutto secondo criteri politici, cioè secondo un codice diverso da quello della legge divina.

Il marxismo, dunque, poteva penetrare agevolmente in profondità nel cattolicesimo in una forma opportunamente modificata. L’uguaglianza, il dialogo, la solidarietà, la critica del principio di autorità, il progressismo, la critica anticapitalistica, il pacifismo, il terzomondismo, il pregiudizio antioccidentale correlato alla condanna senza appello del colonialismo, divennero i filoni portanti del neonato cattocomunismo. Senza che ci si preoccupasse del fatto che alcuni di essi, nella forma di pretesi temi evangelici, erano i grimaldelli forgiati all’est, dalle centrali della propaganda sovietica proprio ad uso degli occidentali, per neutralizzare dall’interno le difese naturali di un mondo ancora cristiano, anche se già in via di secolarizzazione. In primis ovviamente il pacifismo, che era diretto a disarmare psicologicamente la  politica occidentale, ma disarmò anche la struttura morale della Chiesa sotto forma di un indiscriminato e disarticolato irenismo.

Nasceva allora anche l’idea della Europa come colpa che, preparando la dissipazione di un patrimonio ideale e spirituale, ha fornito a cattolici e progressisti tutto un repertorio surreale quanto inossidabile di proposizioni senza senso comune da spendere all’occorrenza a favore del nemico di turno, e riproposto ora puntualmente e senza ritegno dal solito Sofri.

Ma per celebrare le nozze col mondo, la Chiesa doveva pagare un altro prezzo, quello fatale della rinuncia alla propria pretesa di verità, diventata improvvisamente un arnese pericoloso e inopportuno.

l'”Extra ecclesia nulla salus” era già da tempo una idea imbarazzante per teologi tanto eruditi da  sentirsi stretti nella tradizione della chiesa e che in alcuni casi erano tentati dalle sirene del marxismo e del protestantesimo, quelle sirene appunto che potevano fornire tutta una rosa di nuovi filoni ideologici. Il Concilio, che viene spacciato ancora per pastorale, scardina il fondamento primo del cristianesimo, la sua Grundnorm di religione vera comandata da Dio fatto uomo.

Nasce infatti l’ecumenismo conciliare. Dalla speculazione dei teologi si introduce ufficialmente nei testi magisteriali l’idea del Cristo totale immanente in tutte le confessioni cristiane. Ne segue la condanna obbligata del proselitismo, che verrà sostituito con il sussidio sociale e la solidarietà toutcourt.

A portare a buon fine quello che è diventato ben presto un processo di omologazione c’è pronta la nuova categoria del dialogo, un espediente capace di relativizzare definitivamente l’idea di verità perché implica la rinuncia alla persuasione dell’altro. L’ecumenismo si risolve così in uno sbilanciamento della Chiesa, che invece di attrarre a sé i dispersi comincia ad adeguarsi ad essi.

Poi ben presto l’ecumenismo si allarga alle confessioni religiose non cristiane, e su questo percorso si consuma quella perdita progressiva della verità il cui seme negativo era stato gettato.  La naturale conseguenza è che, se in passato una fede forte e sicura aveva consentito all’occorrenza di prendere le armi contro un nemico spietato e sempre incombente, ora una fede vacillante sui propri fondamenti veritativi e sedotta dalle scappatoie della politica trova nella invenzione di colpe passate verso quel nemico delle ottime ragioni per una resa senza condizioni.

Così la Chiesa, nella visione nuova di una salvezza che avviene nel mondo e attraverso il mondo e valorizza il presente mentre rigetta il passato, ha elaborato quella autocritica volta a rinnegare anche l’azione svolta nei secoli per la difesa della cristianità e che la solleva dalle fatiche di un ruolo di cui ha perduto il significato.

La rivoluzione imponeva al cattolicesimo di disfarsi di un passato in cui la fede aveva permeato la storia e per la quale tanti suoi santi avevano saputo combattere e morire, edificando il mondo cristiano che in gran parte sarà poi distrutto proprio dalla spada dell’Islam. È nata la leggenda nera delle crociate, che da mito eroico di esaltante bellezza è stato trasformato in pochi anni in una storia da dimenticare. In questo quadro la Chiesa di fronte all’Islam si adegua anche al filoislamismo progressista, altra faccia di un antisemitismo mai sopito neppure all’interno della comunità ecclesiastica, a dispetto della vantata modificazione dei testi liturgici riguardante gli ebrei, indicata come il fiore all’occhiello del novus ordo, e che ha assunto anche la  veste politica di una ostilità radicale verso lo stato di Israele.

Di certo, di fronte agli eccidi di cristiani che si sono andati moltiplicando un po’ in tutto il mondo soprattutto in nome dell’Islam, la inconsistenza della voce della Chiesa non ha trovato neppure valide giustificazioni pratiche. Perché mai l’atteggiamento passivo è servito a limitare i danni.

Se poi si è confidato di trovare nell’Islam un alleato per la difesa dei temi etici, non è stato messo in conto che anche una eventuale concordanza formale di posizioni (come ad esempio quella sull’aborto) è solo apparente, in quanto legata ad una concezione opposta a quella cristiana sul valore e la dignità della vita umana.

Quello che rimane invece è solo la tangibile mortificante sudditanza della Chiesa cattolica di fronte all’Islam, che ha toccato forme di intollerabile viltà quando la Curia ha piegato la dignità del Pontefice al ridimensionamento pubblico del grandissimo discorso di Ratisbona, un discorso che rimarrà comunque scolpito al di sopra della meschinità dei maneggi e della proterva ottusità degli uomini.

Possiamo ora toccare con mano come, dalla nuova teologia conciliare che ha preteso di riscrivere la storia del cristianesimo e della Chiesa, è risultato un cattolicesimo svirilizzato, contaminato dalle categorie politiche e sociologiche che ne hanno distorto i valori autentici. Un cattolicesimo indotto a sentire il passato come colpa e quindi a non avere più certezze per cui vivere e per cui morire. Un cattolicesimo senza missione, e senza bandiera, senza armi e coraggio e forza d’animo per difendere la propria fede la propria storia e i propri figli.

Ecco dunque che la Chiesa, dopo avere distrutto il mito eroico delle crociate e averlo sostituito con quello del terzomondismo equo e solidale, in questo quadro di annichilimento cristiano, di fronte alle efferatezze dell’Islam farfuglia parole scontate e senza nerbo, mentre la Cei si risolve ad indire una preghiera collettiva. Troppo poco e troppo tardi. Perché prima c’è stato l’increscioso ecumenismo di Assisi, c’è stata la insensata richiesta di perdono per presunte e imprecisate colpe altrui, c’è stato il ripudio della propria identità e l’ossequio ai carnefici durato mezzo secolo, tra sagrati appaltati alla preghiera verso la Mecca e la ossessiva passione per il meticciato dell’arcivescovo di Milano, fino alle chiese trasformate in moschee proprio come toccò in sorte ad Haghia Sophia dopo l’ immane profanazione.

La chiesa cattolica non ha eserciti da inviare per la difesa dei suoi figli lontani, ma a loro è stato tolta anche la possibilità di dare un senso alto alla propria morte, quel senso che, solo, può aiutare ad affrontarla e a lasciare agli altri una ragione per vivere.

16 commenti su “Il suicidio della “Chiesa del dialogo”  –  di Patrizia Fermani”

  1. La distinzione fra peccato e peccatore è ovvia e sacrosanta. Sentivo oggi che San Giovanni Eudes (1601-1680), propagatore della devozione al Sacro Cuore di Gesù prima delle apparizioni di Paray le Monial, era chiamato “un leone dal pulpito, un agnello in confessionale”.
    Ma oggi dove sono i leoni dal pulpito?
    E purtroppo -storicamente è cosa certa- San Giovanni XXIII inclinava proprio nella direzione che oggi ci affligge.

    Carlo Panella, come gran parte dei cosiddetti Neocon, proviene da “Lotta Continua”, edè interessato essenzialmente a dire “Gli Ebrei hanno sempre ragione, e sono il volto “deciso” della Giudeo-Cristianità”. Giudeo-Cristianità che non esiste

  2. bravo!cristianesimo s v i r i l i z z a t o! solo un appunto: si legga la “nostra aetate”, per capire ancora meglio.

  3. complimenti alla prof Firmani, autrice di un articolo magistrale. è tempo di parlare chiaramente e di porre il clero cattolico (a cominciare dal pirandelliano papa Bergoglio, che parla di combattimenti senza uso di armi, forse di guerra coi fucili a tappi nel senso di fucili tappati?) di fronte alle proprie responsabilità – ai teologi modernizzanti oso porre alcune domande: perché Santa Teresa d’Avila manifestava la sua alta stima, in Filippo II, il re che aveva liberato la Spagna dalla ostile e disgraziata presenza dei maomettani? perché Filippo II è diffamato dagli storici sedicenti cattolici? perché il Concilio di Trento (sostenuto da Filippo II nella fase cruciale) è stato “superato” dal Vaticano II? Perché il cardinale “conciliare” Dionigi Tettamanzi cercava invece l’intesa coi maomettani? perché i francescani incoraggiano la falsificazione della storia dei rapporti tra San Francesco e i maomettani? Perché è stata ripetuta la tragica e insensatissima giornata di Assisi? Per insultare la memoria di San Francesco?

  4. Cara dottoressa, non ho parole per esprimerle la mia ammirazione ed il mio vivo apprezzamento per il suo coraggio, la sua bravura ed il suo impegno da vera discepola di Cristo. Proprio stasera, vedendo in TV i disastri che gli eventi meteorologici (sempre più imprevedibili ed incontrollabili) stanno causando in Italia (a Genova, a Milano, al Molinetto della croda, nel trevigiano) mi son posto una domanda: ma non aveva forse ragione il prof. De Mattei a mettere in relazione i cataclismi con la perdita della fede ed il tradimento di NSGC da parte della sua Chiesa? Non è che di frorne al “motus in fine velocior” di cui parlava il bravo Roberto de Mattei, visto che il popolo di Dio non si ribella (tranne il “piccolo resto” a cui lei e De Mattei indubbiamente appartenete), si ribella allora la natura? non è che “stanno gridando le pietre”? Spero tanto di no, ma se i cataclismi continueranno, magari aumentando di intensità, non si potrà più fare a meno di collegarli alle colpe di un occidente depravato, senza Dio, anzi contro il progetto di Dio, e ad una Chiesa in spaventosa collusione con il mondo, che non ammonisce più nessun peccatore (tranne i cattolici tradizionalisti, ovviamente), invitandolo al ravvedimento, al pentimento, al cambiamento di vita, che non vuol più convertire nessuno, rifiutando l’incarico assegnatole da Cristo stesso all’atto della Sua Ascensione al Cielo, che chiama bene il male (l’ecumenismo ossessivo, di fronte al quale capitola con tutta la sua civiltà bimillenaria) e male il bene (l’impegno dei tradizionalisti, cioè).
    Cara Patrizia, senza persone come lei, De Mattei, Gnocchi, Viglione, ecc., noi poveri cristiani “piccoli piccoli” (non “adulti”) saremmo nel disorientamento più totale, facili prede dei lupi camuffati da pastori. Sia lodato Gesù Cristo,

  5. Sono senza parole di fronte alla profondità e alla forza di questo scritto.
    Se questo fosse il linguaggio di chi oggi rappresenta la Chiesa Cattolica, come lo fu di tanti suoi predecessori, non servirebbero le armi per difendere i poveri fratelli perseguitati.

  6. Sia il suo articolo sia quello di Gnocchi con i relativi commenti li stamperò perché, come ho
    già fatto altre volte, li porterò nella Chiesa che frequento.
    Descrivere in questo modo SANTO la situazione tragica della Chiesa e di conseguenza
    della intera umanità mi rassicura perché mi dice che i VERI CRISTIANI esistono ancora,
    anche se in forte minoranza: il “piccolo resto”..
    Quello che sta accadendo in tutto il mondo, sotto tutti gli aspetti, è il frutto dell’albero sempre
    più malato che è la Chiesa!
    E il Signore ci manda SEGNI in continuazione, come dice Pascaliano.
    Non so quanti di voi hanno sentito TUTTA l’intervista di ieri a bergoglio, credo sull’aereo,
    perché è stata riportata dai giornali (ne ho comprati alcuni) e da vari Tg NON COMPLETA.
    A parte queste amenità:
    – “gli aggressori ingiusti”: sono in effetti molto INGIUSTI a trucidare e a martirizzare i
    cristiani….
    – vanno “fermati ma non con le bombe”: basta mettere delle file di uomini, magari
    soldati che dicano “abbozzatela con queste ingiustizie!…”
    E a un certo punto ha detto con TRASPORTO:
    – Basta con le torture!
    Lo ha ripetuto più volte questo no.
    E io ho pensato: finalmente usa un termine giusto contro gli islamisti!!!!
    Ma ha concluso così:
    – RICORDATEVI CHE I “CATTOLICI” CHE TORTURANO COMMETTONO
    UN PECCATO MORTALE!!!!!!
    E HA INSISTITO!!!!!!
    Ogni volta che ci ripenso mi sento di nuovo tramortita….

    1. Quindi, secondo Bergoglio, i non cattolici possono torturare a volontà senza peccare in modo mortale!?
      Ecumenismo al quadrato!

    2. patrizia fermani

      Questa volta bisogna riconoscere che ha superato se stesso e che probabilmente ha una riserva che va ancora al di là della nostra immaginazione…

  7. A proposito, gentile dott.ssa Patrizia, della sua imminente presentazione della biografia di papa Sarto a Cortina, dopodomani, le segnalo un fatto che forse conoscerà già: sulla Tribuna di Treviso, ieir, c’era un articolo che parlava che parla del centenario di S. Pio X (oggi 20 agosto) associandovi coppie di fatto e divorziati risposati, in vista del sinodo sulla famiglia. Si parlava della Curia di Treviso, dicendo che apre le porte a divorziati e coppie di fatto, invita le coppie di fatto a messa in 5 chiese della Marca In occasione del centenario della morte di San Pio X (anche nella chiesa di Riese Pio X, paese natale di Papa Sarto).
    Per intercessione di San Pio X, si legge, si invocherà il dono della buona riuscita del Sinodo dei vescovi sulla famiglia, voluto da Papa Francesco..: «Il Papa l’ha chiesto in maniera esplicita più volte», dice il segretario del Comitato diocesano per il centenario di San Pio X, «ha chiesto di pregare perché un evento ecclesiale come il prossimo sinodo dei vescovi sulla famiglia possa dare risposte anche a situazioni di difficoltà o ferite matrimoniali”…. Il tema scelto per il momento dell’adorazione è «Dio è amore».
    Mi sono chiesto allora, da ingenuo qual sono: ma a che serve l’invito? prima queste coppie non potevano entrare in chiesa e pregare? si vuol forse dare l’idea che S. Pio X, dal Cielo, possa transigere sull’indissolubilità del matrimonio cattolico? o che possa avallare le convivenze? o il rifiuto del matrimonio religioso? Quanto al tema scelto, è lapalissiano che “Dio è amore”?, ma le regole, il rispetto per la verità, dove lo mettiamo? e quelli “che si fanno un mazzo così” per salvare il loro matrimonio, per rimanere vergini fino al matrimonio, evitando convivenze prematrimoniali? tutti stupidi? ma che segnali vengono dalle diocesi?
    Non si invita al ravvedimento ed al cambiamento di vita, lasciando intendere che va tutto bene “madama la marchesa”, ma sì, continuate pure a passare da una convivenza all’altra, a seminare figli disadattati a destra e a manca, tanto a tutto provvede poi la misericordia divina.
    Inoltre non si ricorda affatto la strenua battaglia antimodernista di papa Sarto, ma lo si usa addirittura per portare acqua al mulino del modernismo, incredibile !

    1. patrizia fermani

      Caro Pascaliano, non sono io l’autrice del prezioso libro che verrà presentato a Cortina, ma la dott.ssa Cristina Siccardi. Per il resto ho letto delle produzioni trevigiane che però non hanno nulla da invidiare a quelle di altre consorelle,, più o meno vicine. L’importante è non stancarsi di leggerle e commentarle, anche se è impresa durissima! Grazie.

  8. Ferruccio Metolda

    Allora Santità come la mettiamo? Come si fa a fermare questi terroristi islamici? Ancora con questo “dialogo”? Era meglio Papa Benedetto XVI, molte idee e per giunta chiarissime.

  9. Più che di “suicidio” tout court penso che sarebbe più appropriato parlare di “dolce morte” …
    Per il resto concordo tristemente su tutto!
    Grazie!

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