Il suicidio di Brittany Maynard – una lettera di Carla D’Agostino Ungaretti

zzscdCaro Direttore,

 e così la povera Brittany Maynard a soli trent’anni ha realizzato il suo progetto (ampiamente divulgato sul WEB ) di morire anzitempo  perché, malata com’era di un’inguaribile forma di tumore al cervello che le lasciava pochi mesi di vita, ha voluto ricorrere al suicidio assistito che, a suo dire e secondo la mentalità corrente, le avrebbe garantito di morire “alle sue condizioni”  e “con dignità”.

Ancora una volta, dopo i tanti suicidi descritti come segno di libertà e di autodeterminazione di cui abbiamo avuto notizia, sono stata colta da un profondo senso di gelo, che ho potuto sciogliere solo affidando a Dio l’anima della povera ragazza nella certezza che solo Lui conosce quello che ella  aveva nel cuore. Quindi, con questa mia riflessione non intendo certo giudicare lei, per non essere troppo severamente giudicata da Dio io stessa per i miei innumerevoli difetti, ma non posso fare a meno di giudicare il suo gesto, tanto più che il video in cui veniva divulgata la sua decisione è stato visto su You Tube da nove milioni e mezzo di persone, è stato supportato, ammirato e portato come esempio di coraggio da tutta la mentalità corrente di questo nostro mondo in cui allignano sempre più rigogliose, la “cultura di morte” e “le strutture di peccato” di cui ha parlato lungamente S. Giovanni Paolo II. E tanto più che la povera ragazza ha fatto sapere di voler morire dopo aver festeggiato in famiglia il compleanno di suo marito e dopo aver fatto una gita con lui al Gran Canyon che non aveva mai visto.

Prescindendo per un momento dal credo religioso che Brittany aveva (o non aveva) questi suoi due ultimi progetti, dei quali tutti i media hanno parlato abbondantemente, mi hanno dato da pensare. E’ mai possibile, mi sono domandata, che un essere umano che decide scientemente e razionalmente di morire, sia pure col suicidio assistito, dia tanta preliminare importanza a eventi di per sé banali, nel significato globale della vita, come il compleanno del proprio marito e una gita turistica? Che senso potevano avere, quale soddisfazione o consolazione potevano darle questi due eventi di fronte al ben più grave, serio, irreparabile progetto che essa si proponeva di attuare? Sia che ella credesse in un Dio che l’avrebbe giudicata, sia che non ci credesse, a mio giudizio la decisione del suicidio avrebbe dovuto essere talmente dirompente, destabilizzante, sconvolgente per suo marito e per gli altri suoi familiari (oltre che per se stessa) che festeggiare un compleanno e fare un viaggetto, come se nulla stesse per accadere, avrebbero dovuto suonare come un’irrisione o l’omaggio al feticcio (tipico del mondo moderno) del godimento del proprio piacere ad ogni costo. O meglio, forse, come la svalutazione di ciò che veramente sembrerebbe importante e cioè la sacralità della vita umana nella quale evidentemente non crede più nessuno.

Lost and Confused SignpostTant’è: la cosiddetta “American way of life” che ci viene propinata continuamente prevede anche questo, come l’importanza esasperata attribuita a certi eventi, festeggiare i compleanni o gli anniversari di matrimonio in un mondo in cui i legami familiari si vanno sbiadendo o addirittura adulterando, celebrare feste originariamente pagane come Halloween o divenute tali come lo stesso Natale, in cui si dà più importanza alle decorazioni  e al gigantesco tacchino che alla nascita del Redentore.

Sul CORRIERE DELLA SERA di ieri, 5 novembre, Remo Bodei ha definito il gesto di Brittany “un atto di coraggio degno di rispetto”. Con tutto il rispetto per l’illustre filosofo, non sono del tutto d’accordo. Atto degno del rispetto che si deve nutrire sempre di fronte alla morte, sì (e infatti non giudico la ragazza) ma coraggio qui non ne vedo. Che significa, poi, morire “alle proprie condizioni“? Forse che si può negoziare con la morte sui tempi e i modi di morire? Alcuni artisti hanno cercato di farlo nelle loro opere; per esempio, nella sua tragedia Alcesti, Euripide descrive l’eroismo di una giovane moglie che accetta di morire per amore al posto di suo marito, dopo che gli egoisti genitori di lui avevano rifiutato di farlo, ma alla fine sopraggiunge Eracle che, commosso da tanta devozione coniugale, sconfigge in duello Thanatos (la Morte) e fa ricongiungere i due sposi. Molti secoli dopo, il regista Ingmar Bergman, nel film Il settimo sigillo, descrive una partita a scacchi tra il Cavaliere e la Morte dalla quale quest’ultima uscirà sconfitta, ma si tratta in entrambi i casi di poesia, anche se sublime, di fantasia che dà corpo alla più segreta, inappagata e inappagabile (a livello umano) aspirazione dell’uomo: quella di essere immortale.

Nella concreta vita umana di ogni giorno, decidere da sé quando morire non è forse sterile superbia? Coraggio sarebbe stato affrontare la malattia fino alla fine, accettando l’ineluttabile e la sofferenza (oggi, poi, controllabile con le cure palliative) e dominandoli con la propria volontà, tenendo stretti accanto a sé gli affetti familiari più veri  ma la tendenza moderna –  che esalta e ammira tanto il suicidio assistito in caso di malattia grave divulgandola addirittura su Internet – mi fa pensare che siano proprio questi affetti a mancare in queste tristi circostanze o che, per lo meno, vengano meno al loro ruolo perché incapaci di accettare loro stessi la tragicità della fine di un loro familiare assistendovi impotenti. Meglio per tutti farla finita, allora, tanto la vita degli altri continua.

Sono cinica? Può darsi; ma, essendo cristiana, io ho sempre davanti agli occhi  la morte di Gesù Cristo, crocifisso come un malfattore e come i due ladroni che gli furono messi ai lati. Morte non certo “dignitosa” (secondo il giudizio dell’epoca) o inflittagli “alle sue condizioni”, perciò per noi cristiani, chiamati all’imitazione totale di Lui, la dignità della morte è un falso problema: la morte per noi è sempre dignitosa, se accettata come la volontà di quel Dio che è pronto ad accoglierci tra le sue braccia.

Ma possiamo fare questo tipo di discorso al mondo moderno? Pare di no, ed ecco allora dilagare le leggi che tutelano e regolano la volontà di morte.

           Come sempre, grazie per avermi letto.

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Carla D’Agostino Ungaretti

12 commenti su “Il suicidio di Brittany Maynard – una lettera di Carla D’Agostino Ungaretti”

  1. è proprio così per tutti coloro che credono. Ma dovrebbe essere così anche per un corretto uso di ragione! Il fatto è che a 200 anni dal “monumento alla dea ragione” il risultato è “la perditadella ragione”. Una perfetta eterogenesi dei fini.

  2. Articolo eccellente: non c’è nessun coraggio nel gesto di togliersi la vita, il VERO coraggio è continuare a vivere nonostante le avversità, per quanto gravi possano essere!
    Anche il compianto Mario Palmaro era affetto da tumore, anche se in una sede diversa, e ha dimostrato a tutti come affronta la morte una persona VERAMENTE coraggiosa (vedere l’articolo “Mario Palmaro, testimone della concretezza della vita eterna” – di Alessandro Gnocchi).
    Inoltre l’eutanasia può uccidere anche persone che vogliono vivere se qualcuno riesce a farle dichiarare (magari con l’inganno) incapaci di intendere e di volere: saremmo così di fronte all’omicidio di un innocente che NON VUOLE essere ucciso e che magari vive anche l’immenso dolore di constatare che sono i suoi stessi figli a decidere di togliergli la vita!

  3. Cara Carla, mi dispiace moltissimo contraddire lei e i commentatori:
    – la sofferenza non è assolutamente controllabile con le cure palliative.
    – 11 anni fa morì la mia sorella gemella fra atroci sofferenze.
    – La morte non mi ha mai fatto nè mi fa paura, e se penso a mia sorella piango per i suoi patimenti non per la morte.
    – Molti anni fa morì la mia amica d’infanzia, ancora giovane. Stesso strazio.
    – Morì molto giovane un amico di famiglia, che era andato addirittura all’estero per “nuove cure”. Un suo parente
    andò a trovarlo. Tornò con i capelli bianchi.
    Cioè, gli affetti familiari CI SONO! Altro che! Ma non è la morte che ci fa soffrire, sono le sofferenze dei nostri cari!
    Io ho sempre creduto, anche “quando dicevo sono troppo infelice”, ma se non fossi credente sarei favorevole
    all’eutanasia.
    Brittany e i suoi non lo sono, la morte c’è per tutti: perché non cercare di TOGLIERE le sofferenze dal distacco
    inevitabile? E perché non alleggerire il tutto…

    1. Cara Paola, la legge sull’eutanasia è abominevole ANCHE per un ateo di sani principi per il semplice fatto che può uccidere anche INNOCENTI CHE VOGLIONO VIVERE (se essi vengono dichiarati incapadi di intendere e di volere): nel periodo dello scandaloso OMICIDIO di Eluana Englaro ho ascoltato un’intervista di Ignazio Marino in cui gli si chiedeva se secondo lui per l’eutanasia occorrerebbe sempre il consenso dell’interessato, lui rispose di no, che è sufficiente il consenso di persone che “amano il malato”: come tutti sappiamo molte persone amano di più i soldi che genitori, coniuge e figli, inoltre se qualcuno è solo e viene dichiarato (magari ingiustamente) incapace, di lui si occuperà un assistente sociale che potrebbe decidere in buona o in mala fede che sia arrivato il momento della dipartita della persona a lui affidata (magari solo per far risparmiare soldi allo stato)!
      Inoltre i medici che si rifiuteranno di compiere quell’OMICIDIO verranno denunciati e magari radiati!

      1. Caro Diego, sono d’accordissimo con lei. L’eutanasia sarebbe un facile copertura per omicidi,
        di persone anziane ricche, di persone disabili ingombranti, come l’OMICIDIO DIABOLICO di
        Eluana, l’UCCISIONE DIABOLICA del bambino in Belgio, paese dove è stata legalizzata
        l’eutanasia dei bambini, ecc.
        Cioè non accetterei assolutamente l’eutanasia legalizzata decisa da familiari o da parenti, ma
        fin da bambina mi è stato insegnato a “mettermi nei panni altrui”, e se io fossi malata grave di
        cancro (io sono stata operata di cancro al seno 7 anni fa) e la morte per cancro si sa tutti che è
        quasi sempre dolorosissima, se sapessi di avere pochi mesi di vita E NON FOSSI CREDENTE
        vorrei poter decidere IO, IO SOLTANTO, di aspettare la morte o togliermi la vita senza patimenti.
        Io ho pregato per Brittany e i suoi familiari.

  4. Ma si ha la certezza che questa persona sia realmente esistita e che non sia invece l’ennesimo finto caso creato dal nulla con dei commedianti, come tanti altri in precedenza?

  5. E’ proprio così: la morte, per noi cristiani, è sempre dignitosa, se ci rimettiamo alla volontà di Dio. Come possimo saper noi in quale preciso istante la nostra alma verrà assunta in cielo? Se ne siamo stati meritevoli, quando lo deciderà l’Onnipotente! Comunque, la stessa scienza non può assicurare quanto durerà la nostra vita, se siamo colpiti da un male incurabile. Pochi mesi? un anno? alcuni anni? Questo può accadere ad ognuno di noi, anche a chi è in perfetta salute. La differenza sta nel saperlo. E’ chiaro che il fedele cristiano può anche pregare (lui o altri per lui) affinché possa miracolosamente guarire. Anche questo, ovviamente, spetta al mistero della grazia divina, ma può accadere. In ultima analisi, non vedo come possa chiamarsi coraggiosa una decisione mirata a morire prima della imminente fine, anticipando ciò che è stato predetto. Il coraggio sta, invece, proprio nell’attendere che il percorso della nostra esistenza finisca naturalmente, come tutti i santi hanno…

  6. Grazie Sig.ra Carla per la bellissima lettera, la vicenda che suppongo montata ad arte per essere proficuamente divulgata dai media, è sconvolgente.
    Come in altri casi viene strumentalizzata una persona (e coloro che le vivono accanto) al fine di avvalorare una tesi cara ad una parte del politicamente corretto che vorrebbe indurre coloro che per un motivo o per l’altro generano dei “costi” sociali a levarsi “dignitosamente” di torno sollevando la società (e i famigliari) da un inutile peso.
    Terri Schiavo ed Eluana Englaro forse non hanno potuto avere voce in capitolo, con la povera Brittany (pare gelosamente accudita da un’organizzazione pro eutanasia) è stato un successo mediatico.
    A noi resta la forza della Preghiera per la sua anima…
    Un saluto

  7. NOI CHE CI PROFESSIAMO CREDENTI E CHE SAPPIAMO CHE SOLO lUI DA L A VITA E SOLO lUI LA PUO’ TOGLIERE ABBIAMO IL DOVERE DI PREGARE PER LEI!!!!!

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