In mostra un insulto a Benedetto XVI: ma lo chiamano ‘arte’…

zzzzJohnsonE’ prevista a novembre presso il Milwaukee Art Museum, negli Stati Uniti, la mostra di Niki Johnson (nella foto): si tratta di un evidente, gratuito, deliberato insulto alla Chiesa Cattolica. Tra le varie opere esposte, ve n’è una, in particolare, che ha reso l’artista tristemente celebre: un ritratto di Benedetto XVI realizzato con 17 mila preservativi colorati. Con un aggravante: il museo, che ospita l’esposizione, viene finanziato anche con soldi pubblici, quindi col denaro dei contribuenti. Compresi quelli cattolici.

Spiegazioni pretestuose

Bill Donohue, presidente della Catholic League americana, ha preso pubblicamente posizione contro l’iniziativa, inviando una lettera estremamente critica ai responsabili del Milwaukee Art Museum. I quali han risposto picche. Secondo il presidente dell’ente, Donald W. Layden Jr., tutto ciò non avrebbe alcun intento derisorio o canzonatorio. «E cosa dovrebbe essere?», ha ribattuto sconcertato Donohue, domandandosi – senza tanti giri di parole – che reazione potesse suscitare in Lauyden un ritratto con la stessa tecnica raffigurante sua madre. Il presidente ha cercato però di giustificare l’ingiustificabile, spiegando come l’opera di Johnson volesse, in realtà, «aprire un dibattito sull’Aids e sull’educazione in materia». Acrobazie concettuali, che lasciano senza parole, non sapendo se dipendano da ingenuità, da malafede o da entrambe.

Nel 2014 lo stesso museo ospitò una splendida mostra dal titolo «Di cielo e terra», comprendente 500 anni di pittura italiana. Molte, ovviamente, le opere a sfondo religioso. Oltre a Layden, anche David Gordon – ex-direttore ed amministratore delegato dell’ente ed attuale membro del consiglio di amministrazione di DHi – ha ritenuto che trattare il Cattolicesimo con rispetto sia stato un autentico problema: «Molti han detto che quei capolavori erano tali nel contesto della tradizione cattolica», fuori del quale però alcuni li avrebbero «ritenuti addirittura offensivi». Ovviamente, i due dirigenti han giurato di voler rispettare anche tale sensibilità, sebbene non si sappia come un’opera di Raffaello o Michelangelo possa da qualcuno esser considerata un insulto. Ciò che, invece, risulta evidente ed immediatamente percepibile in un “ritratto” come quello di Johnson.

Ma Gordon va oltre e dice che gli piace la raffigurazione di un Cattolicesimo “crudo”. Donohue si chiede perché allora «questo uomo coraggioso» in cerca di emozioni “forti” non chieda di fare «un ritratto anche di Maometto coi preservativi. Avrebbe il coraggio di spiegare ai musulmani, che eventualmente si sentissero offesi, che in realtà son loro ad esser troppo cattivi»? Incalza Gordon, con una nuova argomentazione pretestuosa: «Se un museo d’arte non offende qualcuno, non sta facendo il suo lavoro: le controversie sono il sale della democrazia». «Tale perversa visione – ha commentato Donohue – suggerisce che l’arte e la bellezza non costruiscano relazioni, bensì solo opposizioni. Da capogiro è inoltre la sua visione adolescenziale circa il rapporto tra controversie e democrazia, democrazia che, in realtà, si nutre di verità, non di polemiche. Che, del resto, questa sortita di Gordon rappresenti un inganno, lo si capisce da questo: quand’è stata l’ultima volta che il Milwaukee Art Museum ha deliberatamente provocato antisemiti e gay» per il gusto di crear contrapposizioni e, quindi, “democrazia”?

Il vero motivo

Quale la realtà? Semplicemente che l’autrice dell’irriverente opera intendeva protestare a modo suo contro l’invito all’astinenza rivolto da Benedetto XVI all’Africa, ritenendo questo il rimedio privilegiato contro la diffusione dell’Aids: «Ciò che voglio fare è destigmatizzare il preservativo – ha invece ribattuto Johnson – normalizzarlo». Al di là delle opinioni personali dell’artista, ciò che conta è il parere espresso da un esperto come il dott. Edward C. Green, direttore del Progetto di Ricerca sulla Prevenzione dell’Aids presso il Centro Studi sulla Popolazione e lo Sviluppo di Harvard: «In ogni Paese africano ove le infezioni da Hiv sono diminuite – ha detto – tale calo è risultato associato ad una diminuzione della percentuale di uomini e donne, che abbiano avuto rapporti con più partner sessuali nel corso dell’anno, esattamente cioè quel che promuove un programma fondato sul concetto di fedeltà». Dove il modello cattolico è stato applicato, come in Uganda, si sono registrati i risultati migliori ed i benefici maggiori. Che, insomma, Benedetto XVI avesse ragione, «lo sostiene l’evidenza empirica», ha dichiarato il dottor Green, che ha però anche precisato come per gli “addetti ai lavori” schierarsi apertamente col Pontefice su di un argomento controverso come questo comporti «terribili rischi professionali».

«L’arte intenzionalmente progettata per promuovere l’odio non ha nulla di affascinante– ha concluso Donohue – è soltanto un incitamento all’odio puro e semplice». Una sintesi perfetta…

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fonte: NoCristianofobia

4 commenti su “In mostra un insulto a Benedetto XVI: ma lo chiamano ‘arte’…”

  1. L’Uganda è la “bestia nera” di questa gente (i soliti sterminatori di bambini e di anime degli adulti), sia perché il Cattolicesimo è profondamente radicato e realmente praticato da molti, sia perché i Santi Martiri Ugandesi (1886), tutti del posto, sono dei giovani uccisi atrocemente per non aver accondisceso ai desideri omosessuali del re.
    A loro fece forte riferimento il beato Paolo VI nel suo viaggio in Uganda (1969)

  2. In questa condizione di pressoché totale desistenza da parte cattolica, non ci si può meravigliare più di niente. Prendiamocele tutte, dunque, ché ci sarà sempre qualcuno fra “i nostri” pronto a giustificare qualsiasi cosa.

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