Italia unita e cattolica. L’unica, difficile via percorribile dai tradizionalisti italiani – di Piero Vassallo

La revisione storica del Risorgimento e delle ragioni palesi e occulte dell’unificazione nazionale è di grande interesse e di attualità, anche per le non poche spinte centrifughe che si manifestano attualmente. Nell’intento di aprire una discussione su questi argomenti, proponiamo un primo contributo di Piero Vassallo, che espone gli argomenti trattati da Paolo Pasqualucci in un articolo uscito di recente sulla rivista Catholica. Confidiamo nel contributo di altri Autori, per un approfondimento che sarà di sicuro di grande utilità.

PD

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Italia unita e cattolica. L’unica, difficile via percorribile dai tradizionalisti italiani  –

di Piero Vassallo

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zztlsgrtltUna imparziale lettura dei documenti e delle testimonianze sul Risorgimento, ossia una ricerca finalizzata    all’acquisizione di notizie dimenticate o sottostimate o censurate dalla storiografia liberale e/o progressista, è lecita ed apprezzabile, purché compiuta con scrupolo e rigore nelle competenti sedi, (con ovvia esclusione delle sedi dei partiti politici, normalmente adibite ad ospitare altre attività).

Incomprensibile, antistorico, deleterio e potenzialmente rovinoso è invece il progetto para-politico e para-scientifico finalizzato a confutare i fondati motivi dell’unificazione dell’Italia e a preconizzare – giubilando – lo smembramento dello stato nazionale.

Sulla Patria italiana, infatti, incombe oggi il peso sgradevole della pedagogia ferocemente – invertitamente – bacchettona, mediante cui il potere europeo tenta di rovesciare nella nostra società il furore sonnambolico, narrato da Robert Wiene, il regista dell’inquietante e quasi profetico film, “Il gabinetto del dottor Caligari”.

I fautori della disunità d’Italia non hanno compreso che il progetto maltusiano gira nella direzione di quel potere post-ideologico, che  prepara la capitolazione dell’umanità ai profeti di un’utopia sedicente virtuosa, che nasconde maldestramente la volontà di regredire.

 Gestito, purtroppo, da una classe politica, equamente divisa tra lanciatori di coriandoli destri e seminatori di sinistre suggestioni libertine & caligariane – due patetiche/grottesche oligarchie, convergenti nella inadeguatezza a resistere efficacemente al cimiteriale totalitarismo europeo – lo  stato italiano produce, nella maggioranza dei cittadini, l’insorgenza di un’angoscia rancorosa e di un disagio incubante stati d’animo vandalici.

 I tradizionalisti anti-unitari, in rotazione nel vortice disperato, sono [ciecamente] favorevoli al potenziamento delle autonomie regionali, “introdotte in Italia dalla costituzione della repubblica antifascista”.

 In poche e ruvide parole: il sonno della ragione tradizionalista approva e gonfia i fantasmi di uno stato d’animo, che cerca rifugio nell’incremento/moltiplicazione delle dense nebbie anti-unitarie alzate dal regionalismo scialacquatore, che è stato attuato in conformità ad uno fra i più infelici articoli della costituzione italiana.

 E’ peraltro evidente che, ove lo stato unitario fosse smembrato e ridotto al desiderato coacervo di micro-repubbliche, i disagi prodotti dall’umiliante e severa ideologia europea sarebbero moltiplicati. Ed è  pacifico che l’accrescimento delle severe correzioni ridurrebbe ai minimi termini la speranza in una futura uscita dall’invasiva e incubosa ideologia eurocratica.

 Di qui l’urgenza di esaminare criticamente e infine di confutare gli argomenti usati dai tradizionalisti/revisionisti (fra i quali si contano perfino alcuni monarchici sabaudi) al lavoro inconsapevole nella fabbrica dell’eversione.

 Un cospicuo contributo alla revisione della revisione è ora offerto da Paolo Pasqualucci, autore di un magnifico, convincente saggio, Unité italienne: histoire et controverses, pubblicato nel n. 124 (estate 2014) della prestigiosa rivista Catholica.

 Pasqualucci non nega l’ispirazione anticlericale di alcuni attori del risorgimento né l’attiva partecipazione individuale dei massoni, concentrati soprattutto nel movimento garibaldino. Ribadisce in modo convincente i fatti noti: se, dopo il fallimento del neo-guelfismo, nel risorgimento prevalse la componente anticlericale, questa fu diretta contro il vetusto potere temporale del papa, non contro la religione: contro il cattolicesimo in quanto tale operavano solo alcune frange, del tutto minoritarie. Sostiene quindi, con argomenti inoppugnabili, che l’unità politica è un bene dalla cui storica mancanza gli italiani ebbero secolari sciagure e brucianti umiliazioni.

 L’ideologia disunitaria, oltre tutto,è alimentata da una insufficiente e talora tendenziosa/fuorviante  lettura della storia italiana pre-unitaria.

 Saggiamente Pasqualucci, prima di entrare nel vivo dell’argomento, rammenta i fatti non conosciuti o non seriamente considerati dai denigratori dell’unità.

 Ad esempio, rammenta che l’inizio dell’infelice storia disunitaria ha lontana origine dalla megalomania di Giustiniano “l’imperatore d’Oriente che voleva riconquistare tutto l’Occidente senza disporre della necessaria forza militare”.

 La lunga e spietata guerra (d’intonazione reazionaria, diremmo oggi) condotta dai Bizantini contro i Goti (535-553) fu vittoriosa ma avvelenata dall’abolizione delle sagge riforme attuate dal re Totila in vista della formazione di una classe di piccoli proprietari terrieri.

 La fittizia e fragile unità stabilita in Italia dai generali bizantini Belisario e Narsete andò in frantumi quando (568) si affacciarono ai confini orientali i Longobardi. I nuovi invasori, a differenza dei Goti “non riuscirono ad occupare l’intera penisola, benché l’Italia fosse debilitata e sconvolta dalle precedenti guerre”.

 Il potere dei Longobardi disgraziatamente si stabilì sopra il sistema bizantino dei largamente autonomi ducati, “stabilendo perfino nella mentalità degli abitanti la funesta divisione che per secoli tormenterà la nostra Patria”.

 In quella congiuntura storica, rammenta Pasqualucci, “cominciarono a mettere radici quei difetti del carattere nazionale che non siamo riusciti a dominare dopo centocinquanta anni di unità – il particolarismo, la faziosità, la mancanza di senso dello stato,  l’indisciplina, l’anarchia di fondo, il complesso d’inferiorità nei confronti degli stranieri, la mancanza di fiducia nei nostri mezzi, l’abulia”.

 Pasqualucci ovviamente non nasconde la sua opinione sull’esorbitanza del potere papale: agitato dal timore che l’Italia unita diventasse un ostacolo alla sua libertà d’azione, perseguì quella estensione dello Stato vaticano che divise l’Italia in due.

 Di qui la formulazione di un giudizio del quale dovrebbero tener conto gli studiosi, che si accingono ad affrontare il problema dell’unità nazionale: “Se la Chiesa non si fosse opposta per la durata di tanti secoli, l’unità italiana (doverosamente rispettosa del Patrimonio originale di San Pietro) si sarebbe realizzata  molto prima, quando l’Europa era ancora cattolica”.

 La dignità dell’Italia pre-unitaria, peraltro, è una ridicola chimera: Pasqualucci, al proposito, rammenta la vergognosa sottomissione dei genovesi al bombardiere Luigi XIV e l’attribuzione dei ducati di Toscana e di Parma a dinastie straniere.

 Infine è svelato il vero motore della passione antiunitaria, nutrita dai tradizionalisti: la contrarietà all’Italia unita “si nasconde dietro il mito del complotto massonico, causa di tutti i mali del mondo: l’unità d’Italia è il frutto di un complotto massonico dunque è cattiva in sé e pertanto deve essere annientata”.

 In realtà tra le potenti nazioni europee non ci mai fu un accordo sull’eventuale unificazione d’Italia. Nelle classi dirigenti europee, nelle quali, prevalevano gli esponenti della massoneria, nessuno era favorevole all’unità d’Italia.

 Il gran maestro della massoneria, Joachim Murat, nel 1808, rammenta Pasqualucci, fu posto sul trono del regno di Napoli da Napoleone I.

 “Napoleone III non desiderava l’unificazione dell’Italia, che riteneva contraria agli interessi francesi”.

 Ci voleva divisi in tre regni, in aggiunta al Lazio lasciato al Papa: i Savoia al Nord, estesi sino all’Isonzo, di fatto satelliti della Francia, un regno al centro, da affidare a Gerolamo Bonaparte (Plon-plon), un regno al sud da affidare a Gerolamo Murat, gran maestro del G. O. di Francia

 Dal suo canto suo l’Inghilterra mirava da decenni a fare della Sicilia in modo morbido un suo protettorato.

 Pasqualucci rammenta inoltre che, agli occhi della gioventù italiana, la massoneria era screditata a causa della servile collaborazione che gli iniziati prestarono al detestato governo di Napoleone I.

 “Forse è il momento di liberare la mente degli italiani dall’ingombrante stereotipo dell’unità quale risultato di un complotto massonico europeo contro la Chiesa e di riflettere sull’esistenza di validi argomenti alla radice dell’ispirazione dei patrioti”.

 Quando al papa Pio XI fu chiaro che la Chiesa poteva coabitare con l’Italia unita caddero i sostegni di un pregiudizio ormai vivente solo nei testi di un tradizionalismo consacrato all’irrealtà.

 Quasi alludendo all’inclinazione del tradizionalismo anti-italiano alla assunzione dei pregiudizi  che hanno segregato venti anni di storia nazionale nella soffocante parentesi inventata da Benedetto Croce, Pasqualucci riconosce coraggiosamente “che il regime fascista ha ristabilito il rispetto e la protezione per la religione degli italiani: ha introdotto l’insegnamento della religione nelle scuole e riconosciuto la validità civile del matrimonio religioso”

 L’implicito (e talora dichiarato) cedimento al dogma antifascista è la spia della debolezza in confusionaria azione tra le righe della cultura anti-unitaria.

 Le scuole di pensiero (laiciste, clerico-progressiste, post-comuniste e iniziatiche) invitano a calunniare la vera tradizione degli italiani ed esibiscono il mostro fascista, quale giustificazione inoppugnabile della inaccettabilità dell’intesa tra Italia unita e Chiesa cattolica.

 Di qui il vento impetuoso che gonfia le vele della chiacchiera europeista a destra, fruscio che avanza imperterrito nella direzione indicata dai nichilisti (pensatori e banchieri) attivi nell’America post-sessantottina.

 Il tentativo di formulare un equilibrato giudizio sul fascismo (ma sarebbe meglio dire sulle diverse culture del fascismo italiano) in questa sede sarebbe fuori luogo.

 Opportuno è invece ragionare sullo scivolamento di alcune scuole d’indirizzo tradizionale verso il disprezzo astioso della storia l’Italia e l’orrore per tutto ciò che è vagamente riconducibile al mostruoso, intoccabile fascismo.

 Si tratta di uno stato d’animo ubriacante e disorientante, che fu inoculato dal Pci  (si pensi all’infame lettera di Togliatti sui soldati italiani prigionieri nel Gulag sovietico e alla dichiarata condivisione della rivendicazione titina di Trieste) e rafforzato dalla sinistra europeista e dal radical-chic.

 Non si avvia la legittima critica degli errori presenti nelle culture del fascismo, non si tenta, ad esempio, la confutazione del neo-idealismo e dell’esoterismo – ma si propala un ottenebrante giudizio di stampo manicheo, che insieme all’acqua sporca (gli errori) getta il bambino (l’unità d’Italia rafforzata dai Patti lateranensi).

 Chi  ascolta le voci flebili dei vescovi cattolici di scuola buonista, è in grado di misurare il pericolo rappresentato dalla dialettica sonnambolica, che oppone i papi cattivi (Pio XI e Pio XII, anti-modernisti, accusati di filo-fascismo) ai papi buoni, che abbandonarono – alla luce abbagliante dell’ecumenismo e/o del mondialismo – la tradizione che l’urlo da sinistra giudicava inquinata dall’amor di Patria, condiviso (ohibò!) con i fascisti.

 Nella predica dei tradizional/buonisti l’opportunistica avversione all’amor di Patria (contaminato dall’orrendo fascismo) circola inavvertita nei pensieri di coloro – i normalisti detti anche papolatri – che non sono capaci di misurare il grado di decomposizione raggiunto dal progressismo cattolico.

 Il pregevole saggio di Pasqualucci indica una via d’uscita dalle contraddizioni, che angustiano, vanificano e paralizzano le buone ragioni della scuola tradizionalista e della politica italiana.

15 commenti su “Italia unita e cattolica. L’unica, difficile via percorribile dai tradizionalisti italiani – di Piero Vassallo”

  1. io porrei molta attenzione anche alla data della morte di Giangastone de’ Medici 1737 e l’arrivo dei Lorena al granducato di Toscana, in seguito al quale viene smantellato il sistema economico, vengono abolite le confraternite e messi gli edifici sul mercato.
    Un anno importante è stato il 1780, con il granduca Pietro Leopoldo, che tolse alla Toscana tutto l’esercito e fece trasformare cannoni e armi (peraltro ho asocltato ad una conferenza che l’armeria medicea era la più importante del mondo dell’epoca) in aratri, forconi ecc. in modo che dell’antica armeria medicea non abbiamo più traccia perché fu completamente distrutta. Ci fu un tentativo si ammutinamento, ma Pietro Leopoldo chetò tutti elargendo a tutti una pensione per poter vivere e allora tutti contenti; questo episodio mi ricorda gli 80 euro odierni. All’epoca tolsero l’esercito, le difese sotto forma di armi, nell’ultimo dopoguerra invece la sinistra ha avuto come obiettivo di toglierci l’orgoglio di essere italiani, quindi la difesa della nostra identità. Il resto è sotto gli occhi di tutti.

  2. Ciò che non è chiaro, mi sembra, neppure all’autore di questo saggio, è che l’Italia non fu unificata da proprii protagonisti delle diverse entità politiche esistenti, ma annessa dal Piemonte – entità che per lingua, storia, geografia, non era italiana, ma sabauda (Stato-cuscinetto alpino).

    Nizza e la Savoia furono cedute a Napoleone III come “pagamento” della sua partecipazione alla guerra all’Austria. Anche lì fu organizzata la sceneggiata dei plebisciti, con le percentuali immancabili del 99% di Sì. E ciò avvenne non qualche decennio prima dell’ “Assunzione del titolo di re d’Italia” da parte di Vittorio Emanuele, ma nel 1860: l’anno prima.
    Fu direttamente Cavour a trascinare lo Stato (sabaudo!) nell’azzardo, e a giocare ulteriormente la carta dell’azzardo e della successiva guerra alle Due Sicilie con Garibaldi, nello stesso anno 1860. Due massoni di primo calibro, agganciati direttamente a Londra (mentre il preesistente radicamento massonico in Italia era di impronta francese): orientati direttamente a liquidare il Papato. Con la tenaglia su Roma, da nord-ovest e da sud-est, in pochi anni il Papato sarebbe dovuto diventare un (brutto..) ricordo.

    Solo se si guarda in faccia questa realtà, si può dire poi “VIVA L’iTALIA ! “. E ricordando, purtroppo, che lo Stato italiano -come decine di altri- non è più legittimo da quando ha decretato e attua lo sterminio dei bimbi in attesa di nascere

  3. Come per altro ribadisce Vassalli, non è mai esistito, prima del risorgimento, uno stato italiano. Sono invece esistiti alcuni stati che hanno avuto in Europa grande credito e prestigio, come le repubbliche di Genova e Venezia. Pensare che uno stato italiano disorganico, privo di una identità comune del suo popolo, specie ora che il Cattolicesimo è sempre più marginalizzato, incapace di strutturarsi economicamente in modo sostenibile e minimamente omogeneo, privo di classe dirigente credibile e sempre sul punto di ripetere l’esperienza dell’8 settembre 1943, possa rappresentare una garanzia contro l’instaurazione di un super governo mondiale, è secondo me una pia illusione. A smembrare lo stato italiano non saranno le spinte autonomiste o indipendentiste; sarà la sua stessa natura di entità la cui nascita si è basata sulla prevaricazione, l’anticattolicesimo e l’idea mondialista della massoneria.

  4. a Raffaele mi permetto di rammentare che la sinistra legge aborista fu approvata dal voto degli italiani, purtroppo – io non ho difficoltà a sputare in faccia a quella legge, mi creda e tuttavia non vedo il nesso tra il disprezzo di una legge infame con il rifiuto dell’unità
    Nizza era una città i cui abitanti parlavano il dialetto genovese (e lo conoscevano fino a pochi anni or sono) – la cessione di Nizza alla Francia fu una scelta triste, ma la tristezza non basta a fondare il rifiuto dell’unità (alla quale mi sembra che neppure lei sia contrario)
    magistrale è l’intervento di Luciana, “FOTOGRAFIA” PERFETTA DELLA MISERIA DEL PARTICOLARISMO
    auguro e auspico (a titolo personale) che Luciana diventi collaboratrice del sito Riscossa cristiana

    1. Caro professor Vassallo,
      ho citato Nizza e la Savoia, “date” a Napoleone III nel 1860, non per dire “siccome la cosa ci dispiace, rifiutiamo l’azione del Governo di quel tempo”, ma per sottolineare che lo Stato piemontese – che in quel momento era stato preso in mano da Cavour e dai suoi referenti massonici, specialmente londinesi – NON ERA UNO DEGLI STATI ITALIANI.
      Anche se lo fosse stato, l’idea di annettersi gli altri sarebbe stata violenta e delirante – Ma non lo era. Era una storica entità alpina (“Regno” solo dal 1720), dedita principalmente alle armi (un po’ come la Svizzera), il cui cuore era la Savoia e il cui sbocco al mare era Nizza e qualche tratto del Ponente ligure.
      Un ipotetico visitatore a Corte avrebbe trovato, il giorno prima della cessione, un ambiente di lingua francese, molti cognomi savoiardi, un Re che era erede di una lunga volontà di espansione verso Genova (ottenuta da poco).
      Il giorno dopo la cessione, avrebbe trovato un Re turbato, un Cavour trionfante, le logge convinte di poter tentare l’azzardo “al di là del mare”, con gli Inglesi e il nizzardo Garibaldi (primavera 1860). Non certo un palpitante ambiente italico, agganciato alla Romanità, alla cultura italofona, ai popoli della Penisola.

      Sulla legge di aborto:
      1- è importante ribadire che essa fece cessare la legittimità dello Stato. Vogliamo dire che il tipico cavallo di battaglia massonico è l’opposizione alla pena di morte (“Ogni Stato che applichi la pena di morte è illegittimo”), e che lo stesso ambiente fa della pena di morte per gli INNOCENTI un proprio baluardo?
      2- non ho scritto e non intendo sostenere che l’Italia vada frazionata. Ho scritto che la si può amare, come entità politica, solo costatando di che cosa si tratta, non saltando questa costatazione.
      Ripeto – non per lei ma per i lettori: nel 1861 l’Italia fu “NORMALIZZATA” allo standard massonico londinese, in particolare per ottenere l’estinzione della “grande sozzura” del Papato, non “UNITA”. Il Tricolore fu effettivamente uno straccio fino all’ 11 febbraio 1929

  5. Non mi trovo d’accordo con questo articolo. L’Italia unita è una chimera, auspico un suo smembramento in tempi brevi. Non sarà certo l’Italia unita a salvarci dall’europa. Si parla di particolarismo, ma io parlerei invece di identità culturali. La Grecia antica fu sempre divisa in città stato. Eppure ha prodotto una cultura che ha cambiato il mondo e se ne parla e se ne studia ancora oggi. L’unione non fa la forza.

  6. Giammaria Leone Ricciotti

    Ogni dubbio , anche e sopratutto per i cattolici dovrebbe esser risolto dall’insegnamento: ” OGNI REGNO IN SE’ DIVISO SARA’ DISTRUTTO”- Ed una democrazia come quella che si legittima in Italia, lo ha insegnato anche Platone, si trasforma in anarchia.E finisce male.

  7. Nemmeno io condivido qst articolo. Il fatto che le regioni oggi come oggi funzionino male non vuol dire che lo stato dev’esser per forza centralista. Lo stato centralista è una creazione moderna in netto contrasto con la tradizione del popolo italiano. L’unità d’Italia non ha portato alcun beneficio ne morale ne tanto meno materiale o spirituale. Tutt’altro! Detto ciò anche oggi l’Italia unita non è di alcun vantaggio in qst senso dato che lo stato nazionale è il principale strumento di imposizione della volontà delle lobby straniere. Ma ormai il più è fatto e non ritengo che una sua esistenza in vita o eventuale smembramento porti oghidi a grandi vantaggi/svantaggi significativi da un punto di vista morale/spirituale. Qnd è lecito x un cattolico a parer mio sostenere sia l’una che l’altra opzione indifferentemente. Vorrei sl ricordare che è grazie al papa re se l’Italia non è diventata una colonia islamica a sud e una propaggine tedescofona ca nord. Qnd attenzione alle facili critiche allo stato della Chiesa un Pio IX non era l’ultimo arrivato e sapeva il fatto suo. Si legga quelli che hanno scritto mons. Gherardini e il prof. De Mattei In proposito.

  8. La ricostruzione storica non mi convince. Le correnti di pensiero -parlo di quelle fattualmente significative- del movimento unitarista erano tutte miranti ad una “normalizzazione” della presenza cattolica in Italia, da quelle più marcatamente anticlericali se non antireligiose a quelle miranti ad una sua riduzione a stampella spirituale (specie per le masse popolari) della “nuova religione civile” alla stregua del protestantesimo liberale. Lo stesso fascismo- nella riconosciuta varietà delle sue componenti ideologiche- non riuscì a fuoriuscire da questo schema e solo per fattori inerziali sia a sè interni sia relativi alla struttura della società italiana e di aspetti- anche negativi come quelli segnalati dall’articolo del prof.Vassallo- del carattere nazionale- non vi fu un totalitarismo compiuto. Questo quanto alla genesi storica della “mala unità” senza affrontare le peculiari posizioni preunitarie, molto diverse tra stato e stato. Ora però questa unità esiste ed è realismo cristiano riconoscerlo e rifondarla ab imis sulla base di un nuovo patto sociale. Concordo invece con chi sostiene che una sua frantumazione oggi possa essere del tutto funzionale alle logiche di un potere mondialista.

  9. concordo con il lettore Enzo. Il titolo della nota peraltro dice “Unita e cattolica”. Una rifondazione di segno cattolico è l’oggetto della nostra speranza. Ovviamente non si può rifondare una nazione frammentata ed esposta agli influssi deleteri dell’Europa e del “mondo” (i banchieri thanatofili e gli ideologi – nichilisti – d’America)

  10. I problemi e le speranze dell’Italia, e anche dell’Europa, a mio modesto avviso non sono da imputare al fatto che sia unita, federata, spaccata, smembrata, ecc…
    Io penso semplicemente che le forme di governo si instaurano a seconda degli obiettivi che il “potente” di turno (inteso come il soggetto detentore del potere) vuole ottenere. L’unione o la suddivisione di un territorio fa parte, di conseguenza, di tale strategia.
    Il vero problema è la debolezza della Chiesa Cattolica e la divisione al suo interno. Lo Stato migliore possibile è quello formato da buoni fedeli cattolici “guidati”, ancor prima che dai politici, dal Papa, dai Vescovi e dai sacerdoti perché la stessa buona politica discende da una buona dottrina così come ogni altra buona disciplina umana.
    Una pessima dottrina, diffusa da pessimi ministri, produrrà una pessima fede e pessimi fedeli ma anche pessimi cittadini e quindi pessimi politici e pessima politica… ma anche pessime città, pessime opere d’arte, pessima musica, pessimi costumi, pessimi paesaggi, pessime case, …
    Ora sappiamo molto bene quanto la buona dottrina sia lontana dalla maggioranza dei fedeli e quindi dei cittadini e quanto la politica sia profondamente sganciata dalla cultura e della Tradizione cattolica. Pertanto sappiamo perché le cose vanno così male.
    Discutere sul fatto che l’Italia “unita” sia meglio o peggio non penso abbia molta utilità se già sappiamo che essa non è unita in Cristo.

    1. “Unita in Cristo” l’Italia -come qualunque altra Nazione- non è mai stata, nel senso che le tendenze autodemolitrici, nel campo culturale e in quello morale, sono sempre state presenti.
      Però c’era “Roma” (“Roma locuta, causa soluta”). Roma che aveva autorità per l’aggancio a due immensi capisaldi: il Diritto (Ius) -e quindi la Ragione vera, moderatrice delle cose rispettando la loro natura; non quella falsa illuministica, annientatrice delle cose per poter partorire il Mondo Perfetto – e la Realtà (“Contra factum non valet argumentum”), sia nel senso antico della praticità romana, superiore al sofisma greco, sia nel senso cristiano della reale Presenza di Dio nel mondo.
      Se l’Ostia sanguina a Bolsena, il Papa (e San Tommaso d’Aquino) non dicono “Non è importante quel Sangue, ma l’amore fraterno che Esso vuole instillarci”, ma creano la Festa del Corpus Domini e i suoi inni liturgici.
      Se la Madonna dice a Lourdes, in dialetto locale, “Io sono l’Immacolata Concezione”, il Papa non dice “Che pazienza ci vuole con le donne e con la Donna !”, ma pubblica nella solennità dell’Immacolata, sei anni dopo, il “Sillabo”: contro il Liberalismo, l’Indifferentismo religioso, il matrimonio civile ecc.

  11. la maggioranza del popolo italiano fu fedele fino agli anni del post-concilio – storicamente il confine tra fedeltà e infedeltà della maggioranza è segnato dal referendum a favore della infame e maledetta legge Baslini-Fortuna (1974) – la classe dirigente infatuata dal delirio francofortese-californiano ha rappresentato plasticamente il proverbio napoletano: (spero di non offendere gli amici napoletani storpiando la loro bella lingua): o pesce fete d’in ta capa… – il “pesce marcio” è la classe dirigente catto-progressista che ha attuato l’alleanza della Dc con i partiti laici – lo sfascio delle famiglie e la denatalità sono fenomeni che dovrebbero aprire gli occhi degli italiani: sono l’annuncio e la preparazione di una catastrofe antropologica, che alla fine trasformerà l’Italia in una colonia dei seguaci del fralso profeta Maometto – parlo da persona refrattaria all’ecumenismo fasullo e autolesionista, messo in circolo dal clero modernizzante dopo il Vaticano II… la nostra aspirazione è un’Italia unita e cattolica dunque capace di allontanare la sciagura islamica incombente sull’italia senza difese immunitarie.

  12. Condivido pienamente l’articolo del Prof. Vassallo,ogni singola parola.Come tutti i proponimenti di singolare intelligenza,però,mi si consenta di dire pessimisticamente che non avrà seguito;il mondo tradizionale italiano(e tale aggettivo lo ritengo come un complimento fatto a certe categorie di persone) è a livello quantitativo completamente disastrato,neotribale,ultramicronazionalista,pieno di “ressentiment”,mezzo guenoniano,celatamente anticattolico,a volte leghista(!),tanto alieno a letture serie (Arrigo Solmi) quanto avvezzo a libri da ultima categoria che in tempi giusto un filo più “retti” avrebbero bruciato in pubblica piazza.Tanto basti.
    Grazie comunque per il prezioso contributo ed il bell’articolo.L’auditorio,evidentemente,è però tutto da rieducare.

  13. Egregio Dottor Caruso, ella dice il vero. Il guénonismo non è debellato, il concetto di “tradizione” è talora usato per indicare una immaginaria rivelazione primordiali/universale, circolanjo strane idee sulla bontà della massoneria americana, alcuni tradfizionalisti (sedicenti) nutrono simpatie per la confusione regnante al meeting di Rimini (cattolici tra virgolette, che fanno salire in cattedra la Bonino, mortale nelica della unica e vera tradizione). Tuttavia occorre ricominciare a parlare di politica (di cultura politica, l’azione verrà soltanto quando ci sarà chiarezza). Non sarà facile vincere l’errore che ha ucciso la destra politica, l’idea surreale che camminatori in opposte direzioni possano … camminare uniti. La destra ha cucinato un minestrone ideologico di segno dadaista, la famosa poesia di Tzara composta estraendo da un contenitore le parole ritagliate da un articolo di fondo. Molti profughi credono ancora che si possa militare tranquillamen te in un partito in cui le tesi di San Tommaso d’Aquino sono combinate con il delirio di Evola e di Nietzsche. Chi osa negare la ragionevolezza di un tale paradosso è definito intollerante. In breve: prima di tuttotentiamo di uscire dal tunnel. Lasceremo per strada gli irriducibili, e questo sarà un guadagno. Credo che il contributo del prof Pasqualucci sia molto importante, decisivo in vista della costituzione di un partito di cattolici indenni dal malanno sincretista (la malattia mortale della destra italiana).

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