“Je t’aime, moi non plus.” Io ti amo, io nemmeno. La grottesca fine dell’Europa – di Roberto Pecchioli

di Roberto Pecchioli

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Un’immagine ed una frase di pochi giorni fa racchiudono tutto il senso d’impotenza dinanzi alla frana che travolge ogni giorno la nostra tramontata civiltà. L’immagine è quella di un giovane uomo elegante e di bell’aspetto su un palco ufficiale pieno di bandiere francesi che, in qualità di coniuge del poliziotto ucciso nella sparatoria degli Champs Elysées, pronuncia una sorta di elogio funebre, affermando di non odiare gli assassini. Monsieur Etienne Cardiles coniugato al flic Xavier Jugelé conclude il suo breve intervento con “Je t’aime”, ti amo. Quarant’anni fa, all’alba dell’evo nichilista, Jane Birkin e Serge Gainsboug (comunque un uomo e una donna) scandalizzavano l’Europa con la canzone Je t’aime, moi non plus. Ti amo, mugolava lei, ed io nemmeno, replicava il maturo musicista-amante. Nasceva allora quel mondo liquido che avrebbe caratterizzato i decenni successivi: gli amanti consumano, ma non credono per primi ai loro sentimenti.

Certo, nessuno avrebbe immaginato che a rilanciare un grido d’amore sarebbe stato un omosessuale a cui un islamico dei milioni che abbiamo allevato in Europa (le meraviglie dell’immigrazione e dello ius soli…) ha sottratto ingiustamente il compagno. Ma l’Europa Civiltà si è inabissata in quelle parole pronunciate davanti alle telecamere tra ufficialità e sventolio del tricolore transalpino. Rispetto massimo, ovviamente, per il dolore di Cardiles e cordoglio per la giovane vita spezzata, ma, Dio ci perdoni, in un angolo delle viscere abbiamo capito – non condiviso, certo – la forza di ciò che arma la mano dei nemici dell’Europa.

Cardiles non sa odiare chi ha ucciso l’uomo della sua vita (è tremendo lo sforzo di usare i termini rispettosi che la morte esige sempre), il circo mediatico rilancia nel mondo intero, e soprattutto ai nostri occhi di europei atterriti, la sua immagine, la sua idea di famiglia e di lutto. Una canzone politica di tanti anni fa, Paracadutista, gridava che “solo chi l’odio non porta nel cuore, può dire che mai è vissuto d’amore”. A parte i santi e le anime belle, gli uomini e le donne normali, sotto ogni cielo ed in qualunque epoca, hanno odiato chi ha levato la mano contro chi o ciò che amavano: persone, principi, interessi, la terra nativa. Noi non più, je t’aime (forse, e solo per oggi) ed io nemmeno. Chi non ama sul serio, con il cuore, l’anima e la pancia, non solo con la misera ragione umana, non riesce a detestare davvero. Parliamone, dialoghiamo, è la frusta litania europea ed occidentale, mentre l’altro, pur meravigliato, brandisce la spada. Nessun profeta disarmato ha vinto la storia, tranne uno, che il terzo giorno risuscitò, “secondo le scritture”, ma era il figlio di Dio, come ci hanno proposto a credere.

Nessuna civiltà ha mai lontanamente pensato, qualunque fosse il suo rapporto con l’omosessualità, che due uomini o due donne fossero dei coniugi e la loro relazione sia una “famiglia”. Le virgolette sembrano necessarie, purtroppo, e passa per la mente il grandioso affresco di Dante nel quinto canto dell’Inferno. Tra i lussuriosi egli vide Paolo e Francesca, e ne ebbe pietà, ma osservò per prima Semiramide, la regina egizia di cui Virgilio, la ragione umana universale, dice “fu imperadrice di molte favelle. A vizio di lussuria fu sì rotta, che libito fé licito in sua legge, per torre il biasmo in che era condotta. “

Anche l’Occidente ha molte lingue diverse (favelle), è un impero, rende lecito e normale ciò che non può esserlo (libito), ma, a differenza di Semiramide, salta a piè pari il giudizio morale. Nel mondo terminale, non esistono il bene o il male, il giusto o l’ingiusto, ma solo ciò che è legale in un certo momento storico. Si chiama decadenza, e non è così strano che un altro brano della coppia Birkin- Gainsbourg si intitolasse proprio La décadanse, giocando sull’assonanza, in francese, tra decadenza e deca-danza.

Una danza macabra, come quella annunciata ad inizio Novecento, da un altro decostruttore, lo svedese Strindberg, che, qualche decennio dopo l’opera musicale di Saint-Saens, rilanciava in teatro un forte tema iconografico medioevale, quello appunto della danza tra uomini e scheletri. In questo tempo dannato scarseggiano gli uomini, abbondano gli scheletri.  Dunque, non esistono bene o male, vero o falso, solo ciò che la legge scritta consente o vieta in una certa data (“tempus regit actum” non più principio giuridico, ma nuovo universale filosofico), in ossequio ad un pensiero che nega valore ai principi naturali iscritti nel cuore dell’uomo. Noi abbiamo varcato ogni Rubicone, e ben più di Giulio Cesare, abbiamo tratto il dado.

La tragedia è che dopo la decadenza viene la fine, e gli scheletri si trasformano in polvere. Simbolo del tempo meticcio è stato il presidente americano Obama, che legalizzando trionfante il matrimonio omo al grido di “oggi vince l’amore” ha enfatizzato l’alleanza tra i nuovi occupanti delle cupole che Michel Maffesoli chiamò simbolicamente gli alti luoghi, finanza, grande industria, tecnoscienze, intrattenimento, accademie, e l’officina di Vulcano delle nuove moralità postmoderne ed infine post umane.

A chi spara o piazza bombe rispondiamo con le infiorate: un funerale grottesco in stile festival di Sanremo. I nuovi eroi sono poliziotti militanti omosessuali con i vedovi inconsolabili, ragazze morte per caso e sfortuna come la veneziana Solesin deceduta al Bataclan, le due Vanesse, dubbie vispe terese dell’umanitarismo per le quali lo Stato italiano ha versato milioni ai rapitori-tagliagole, giovanotti non si sa se più ingenui o più strumentalizzati come Giulio Regeni ed il giornalista Del Grande, il quale, in fin dei conti, in Turchia era in casa d’altri e non nel nostro ridicolo recinto.

Disposti ad aiutare i lontani ignorando i vicini, abbiamo inverato, e contemporaneamente rovesciato la previsione di un intellettuale francese liberal come Jean François Revel “siamo ormai prossimi a pensare che tutti abbiano ragione tranne noi “. Il fatto è che ci siamo convinti di un unico assunto, ovvero che non esista alcuna verità e nessun principio forte, tranne, ovviamente, il denaro e la sua rivoltante ideologia. Su questo terreno, il pensiero non è debole, come in Gianni Vattimo, ma è totalitario, poiché vieta le convinzioni alternative codice penale alla mano. Di volta in volta reprime saluti non conformi (apologia di regimi seppelliti da tre quarti di secolo), opinioni relative ai popoli ed ai territori bollate tout court come discriminazione e razzismo (vietato preferire la propria gente!), adesso anche l’omofobia (fobia contro gli invertiti sessuali, dunque malattia da curare con l’intervento dei sacerdoti esorcisti contemporanei, gli psicoterapeuti alleati di accigliati pubblici ministeri).

La coppia eterosessuale Birkin Gainsboug aprì la strada, riducendo l’amore a gridolini di piacere fisico, ma almeno ammettendo onestamente che non di amore si trattava. Nell’anno del Signore 2017, se preferite 1395 dall’Egira, il trasferimento del profeta Muhammad dalla Mecca a Medina, o, per restare in Francia, 228 anni dopo la Bastiglia, il cerchio si chiude. Vince l’amore, recita la narrazione alla moda, dunque se un assassino ammazza a caso un poliziotto gridando Allah Akbar, il caduto sia santo subito specie se militante omo e sia reso ogni onore e gloria al suo sposo, che, per di più, non odia chi ha sparato al povero Jugelé e urla in diretta globale Ti amo. Rispetto per il dolore, sempre, cordoglio per le vite rubate, senza tentennamenti, disprezzo per chi uccide, ovvio, ma a questo siamo ridotti.

La laicissima Francia almeno ci ha risparmiato i consueti belati dei religiosi che dal pulpito ingiungono al perdono, il perdono disarmato ed obbligatorio di chi non sa, non vuole, non può reagire al male. Anzi, sarà poi il male, o non si tratterà che di una nostra valutazione? Riflettendo sul dilemma, comico se non fosse tragico, consoliamoci con Gainbourg e la Birkin. Je t’aime, ti amo, ma soprattutto, “moi non plus”, nemmeno io ti amo. E’ la danza macabra postmoderna, bellezza. A breve l’arrivo dei barbari, che usano la spada e se ne fregano delle sottigliezze, dell’esprit de finesse e di quello de geometrie. Loro, per restare a Blaise Pascal, la loro scommessa (“le pari”) l’hanno già vinta: sono convinti che Dio esista e che guidi le loro azioni.

Europa sterile nel cuore prima che negli accoppiamenti contro natura, affrettati agli ultimi banchetti, seppellisci i tuoi morti lanciando fiori, chiama eroe ogni sfortunato o squinternato. A breve, tutto cambierà, se Dio lo vuole: Inschallah!

1 commento su ““Je t’aime, moi non plus.” Io ti amo, io nemmeno. La grottesca fine dell’Europa – di Roberto Pecchioli”

  1. Articolo dal forte sapore, veritiero e salutare come una bella doccia fredda: se stiamo ancora dormendo è ora di svegliarci!

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