La Chiesa tedesca mostra già i frutti venefici del Sinodo

zzzzzdkGli ambienti cattolici– o sedicenti tali –, in Germania, sono sempre un’ottima cartina di tornasole, per capire dove vada il progressismo ecclesiale spinto. Complice la lingua pressoché sconosciuta, purtroppo in Italia giungono poco le loro notizie, che rappresentano tuttavia un osservatorio privilegiato in tal senso.

Ecco, dunque, di nuovo, il Zdk, il Zentralkomitee der deutschen Katholiken, offrire con un proprio comunicato-stampa a bilancio del Sinodo, un’interessante e completa sintesi del pensiero kasperiano – cui, non a caso, tale organismo è dichiaratamente vicino – e delle sue prospettive. Utilissimo, per capire ora come intenda muoversi, a conferma dei timori già da tante, autorevoli voci espresse all’indomani della relazione finale.

Dunque, sin dall’inizio, il presidente dello Zdk, Alois Glück, ha chiarito come il Sinodo sia stato, a suo giudizio (e non solo suo…), un evento destinato a «fissare gli standard del futuro», nonché a «cambiare la Chiesa Cattolica, ben oltre la questione del matrimonio e della famiglia». Anzi, specifica come fosse dai tempi «del Concilio Vaticano II» che «non si facesse più esperienza» di momenti – oltre tutto «innescati dal Papa» in persona , ove «i Vescovi, assieme agli Ordini religiosi ed ai laici», potessero scontrarsi in modo «tanto intenso, aperto e controverso» sulle vie che la Chiesa è chiamata ad intraprendere. Glück trova tutto questo esaltante, al punto da riuscire – non si sa come – a scorgere nelle divisioni e nelle «polemiche» i «principi di una Chiesa unita», biasimando i «massicci tentativi di distruggere» tutto questo, ovviamente imputati a quanti siano rimasti davvero fedeli alla Dottrina cattolica.

Ma il passaggio più emblematico del comunicato ufficiale emesso dallo Zdk è il seguente: «Il Sinodo ha una porta spalancata verso una nuova cultura della discussione nella Chiesa». Si afferma, cioè, in modo esplicito come quanto vissuto in Vaticano abbia dato piena cittadinanza al dubbio, alla critica, alla contestazione non sull’opinabile, bensì sui fondamenti dettati dalla Sacra Scrittura come Parola di Dio, dal Magistero e dalla Tradizione. I “disobbedienti” sono stati insomma in qualche modo legittimati. Non solo, Glück evidenzia come abbiano trovato rifugio e scudo nelle stesse parole del Pontefice, il quale aveva chiesto di fare in modo che «dottrina e pastorale entrassero maggiormente nella realtà quotidiana», ponendo la Chiesa in atteggiamento «di ascolto e di servizio». Di più: l’eterodossia oggi si sente forte al punto da esser convinta di poter addirittura scalzare l’ortodossia, sempre citando papa Francesco, in particolare il suo discorso di chiusura del Sinodo, laddove afferma: «L’esperienza del Sinodo ci ha fatto capire meglio che i veri difensori della dottrina non sono quelli che difendono la lettera ma lo spirito; non le idee ma l’uomo; non le formule ma la gratuità dell’amore di Dio e del suo perdono». Frase ovviamente subito interpretata dai kasperiani a proprio uso e consumo.

Ed è ancora papa Francesco il riferimento, in particolare il suo discorso fatto in Aula Paolo VI per il cinquantesimo del Sinodo, definito «una delle eredità più preziose dell’ultima assise conciliare»: «Il cammino della Sinodalità – precisa – è il cammino che Dio si aspetta dalla Chiesa del terzo millennio», per poi rilanciare una «salutare decentralizzazione», non ritenendo opportuno «che il Papa si sostituisca agli episcopati locali nel discernimento di tutte le problematiche che si prospettano nei loro territori». Tutte cose, che han dato grande slancio ed euforia al presidente dello Zdk (ed a molti altri), ora sbilanciatosi nel ritenere addirittura che «nessuno possa più fermare tale dinamica. Nelle sue aperture papa Francesco offre al suo progetto di riforma la possibilità di avanzare», trasferendo «ogni principio generale nella rispettiva cultura», evidentemente vedendo in ciò una sorta di carta bianca affinché ciascuno faccia quel che gli pare: «Si tratta – prosegue infatti – di un chiaro mandato alle Chiesa locali, affinché, in modo indipendente, coraggioso ed in accordo coi fedeli, ricerchino i percorsi su sessualità, convivenze, matrimonio e famiglia in accordo con la Dottrina della Chiesa», ma da viversi «nei rispettivi ambienti culturali». E’ la parcellizzazione dell’insegnamento cattolico, la sua disgregazione a livello atomico, d’ora in poi di fatto adattato ed adattabile alle singole situazioni soggettive, così da poter zittire quanti finora tentassero d’arginare l’eresia, appellandosi giustamente a Sacra Scrittura, Magistero e Tradizione.

Il comunicato, ovviamente, in chiusura tira subito le somme concrete di tutto questo, individuando nel documento finale del Sinodo «la via, attraverso cui render possibile ai divorziati risposati una piena partecipazione ai Sacramenti della Chiesa». Il che significa che la Germania proseguirà nell’errore e nell’indisciplina gravi, cui sinora si era in gran parte attenuta disobbedendo.

Il presidente Glück promette d’impegnare l’intero Zdk a fare in modo che, da loro, si proceda in questa direzione. Una corrente di pensiero eterodossa ed alla deriva, tale da trovar qui la propria testa d’ariete, benché sia diffusa anche altrove, come dimostrano Francia e Svizzera. Da secoli non si dovevano fare i conti con un movimento di questo tipo, oltre tutto avallato dai vertici ecclesiastici: ora, però, è di nuovo questa la realtà con cui confrontarsi. Occorre rimboccarsi le maniche, lavorando nella certezza di quel «non praevalebunt», che rassicura: l’esito sarà quello di sempre ovvero del trionfo della retta Dottrina, del trionfo di Cristo.

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fonte: Corrispondenza Romana 

6 commenti su “La Chiesa tedesca mostra già i frutti venefici del Sinodo”

  1. E SEMPRE, in ambienti ereticali, la Santa Croce (o Veracruz, in Spagnolo) viene distorta.
    La Croce retta, aperta ai quattro venti, non è tollerata. Tanto meno se sovraimposta alla sfera/mondo (“Stat Crux, dum volvitur orbis”)

  2. San Vincenzo di Lerins diceva: “Dio alcuni papi li dona, altri li tollera, altri ancora li infligge”….che Bergoglio ci sia stato inflitto per castigo?

  3. Se fosse possibile, vorrei chiedere al papa emerito Benedetto XVI, dello stesso clero tedesco: quando ha pensato di dimettersi per il “bene della Chiesa”, poteva immaginare che si sarebbe verificato questo disastro? Certamente no, mi risponderebbe, se volesse volgere lo sguardo verso di me! Allora, insisterei, perché non valuta la necessità di ritornare sulla sua decisione? Che fu decisione sicuramente sofferta, ma fortemente influenzata da quel desiderio di non nuocere alla Istituzione che gli era stata affidata. Quella falla che si sarebbe potuta aprire sulla Barca di Pietro, sarebbe oggi ben poca cosa, alla luce della tragedia che si va delineando e potrebbe essere facilmente contenuta, grazie alla vera Misericordia di Dio ed anche con l’amore di quel gregge che vuole rimanerGli fedele! Troppa influenza hanno oggi certi personaggi sul nuovo corso, per non pensare che non ne abbiano avuto alla conclusione del precedente…..( fors’ anche sulla sua data finale….)

    1. Gentilissimo Audibertus: ma lo Joseph Ratzinger di cui parliamo è quello di Ratisbona o quello che, da brillantissimo teologo, contribuiva alla demolizione del dogma durante i giorni oscuri del CVII? Le abiure degli errori si scontano in clausura e preghiera, non sul soglio pontificio (dal quale peraltro abdicare a talento).

  4. Faccio finta di prendere Kasper e soci per attempati sessantottini in buona fede (e facciamolo, questo sforzo!) e, trincerandomi dietro ad un aforisma di Nicolàs Gomez Dàvila, mi permetto di ricordare loro come la Chiesa, pensando di aprire le braccia al mondo moderno, ha finito per aprirgli le gambe..

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