La “Festa” è senza qualità. E allora tutti al lavoro (Pasqua compresa) – di Mario Bozzi Sentieri

di Mario Bozzi Sentieri

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“Fiat productio, pereat homo!” – scriveva Werner Sombart, l’economista-sociologo conservatore-rivoluzionario. “Fiat productio, pereat societas !” possiamo dire, oggi, di fronte agli eccessi di un Sistema, che non sembra avere altri parametri che i  livelli di produttività, la fungibilità della forza lavoro, la mercificazione delle esistenze. Anche a costo di mettere in discussione … la Pasqua.

E’ ormai prassi diffusa, specie nel settore del commercio, che  le festività “comandate”, sacre e profane, siano sempre più un optional, nel senso che lavorare la domenica non desta più alcuno scandalo, così pure per Natale e Pasqua, feste tradizionalmente familiari.

Qualcuno però sembra intenzionato a resistere. E’ il caso dei lavoratori dell’Outlet di Serravalle Scrivia, pronti a scioperare il giorno di Pasqua contro la decisione di tenere aperto in occasione della festività. La dirigenza si è giustificata spiegando che l’outlet è diventato, di fatto, una meta turistica a tutti gli effetti e che il lavoro è pienamente svolto “nel rispetto della normativa in materia ed entro la cornice di liberalizzazione del cosiddetto Salva Italia”. Sta di fatto che all’Outlet di Serravalle si lavora già 361 giorni all’anno ma all’azienda non basta. Ora si vuole arrivare a 363.

Sulla vicenda è intervenuta la Diocesi, attraverso le parole del vescovo di Tortona, Vittorio Francesco Viola: “La cultura profondamente secolarizzata, nella quale ormai da tempo viviamo, ha svuotato il senso cristiano del fare festa, riducendo la domenica in una fuga nel privato o in un giorno ‘consacrato’ agli idoli del consumo imposto da bisogni indotti o del divertimento senza felicità. Non sorprende, ma amareggia, che anche la domenica di Pasqua – unica vera festa a motivo dell’evento che celebra, il trionfo della vita sulla morte – venga svuotata della sua bellezza”. La questione non riguarda evidentemente solo i lavoratori interessati, mentre il “diritto alla festa” viene ad assumere valenze sociali e culturali, che vanno  ben oltre le aziende coinvolte e l’ambito strettamente  religioso. In gioco c’è l’idea stessa del nostro vivere quotidiano, con al centro il valore del lavoro ed il ruolo della famiglia. Non è insomma solo un problema di norme e di contratti da applicare. E’ qualcosa di più, nella misura in cui la “questione sociale” viene spostata ad un livello “superiore”, agganciandosi alla “questione nazionale”, intesa come ripresa d’identità. Se non ci si pone da un’ottica spiritualmente motivata, che senso può infatti avere la giornata festiva? Se non si riconosce la rilevanza sociale delle tradizioni, dei riti, delle feste appunto, che ragioni culturalmente compiute possono essere  opposte al processo di assimilazione del tempo non lavorativo ? Se non si riporta il senso del Sacro al centro delle esistenze, dove trovare le ragioni profonde del rifiuto ai processi di omologazione materialistica?

Un giorno, in fondo vale l’altro. Un “tempo libero” qualunque  vale qualunque altro tempo libero, secondo una concezione orizzontale dello scorrere dei giorni e delle settimane. E allora anche la domenica potrà essere consacrata alla produzione. E le feste, sacre e profane, nazionali e popolari, potranno essere svendute in nome di sempre più alti livelli produttivi e con esse l’anima e la Storia dei popoli e le ragioni della societas. Fiat productio …

5 commenti su “La “Festa” è senza qualità. E allora tutti al lavoro (Pasqua compresa) – di Mario Bozzi Sentieri”

  1. “… voi che dite: “Quando sarà passato il novilunio
    e si potrà vendere il grano?
    E il sabato, perché si possa smerciare il frumento,
    diminuendo l’ efa e aumentando il siclo
    e usando bilance false,
    per comprare con denaro gli indigenti
    e il povero per un paio di sandali?
    Venderemo anche lo scarto del grano” ”
    Amos 8, 5-6

  2. Con l’apertura di attività commerciali anche il giorno di Pasqua siamo arrivati al culmine di una situazione che va avanti ormai da molti anni costringendo i poveri lavoratori non solo a non dedicare agli affetti familiari la domenica (e anche in questo è evidente l’attacco alla famiglia), ma anche impedendo di santificare la festa a chi di loro è cristiano . Tutto da far risalire al malefico piano di scristianizzazione e di cancellazione di una grande civiltà, anche col concorso del silenzio delle gerarchie ecclesiastiche che parlano e parlano di giustizia e di diritti in sintonia con la peggior politica, ma ben si guardano dal mettere in risalto sia questo intollerabile strapotere e questa turpe schiavizzazione di chi ha bisogno di lavorare, ma soprattutto l’insulto al senso religioso della vita.

  3. Ottime segnalazione, ottimi commenti… Si permetta solo di aggiungere che non si sta parlando di produzione, ma di smercio di prodotti realizzati spesso a migliaia di km da qui… illusione di fatturato e certezza di impoverimento. Questi sono i fallaci doni del maligno a chi cancella le Feste del Signore. Dopo avere sedotto prende anche in giro.

  4. In un mondo, per cui tutto è merce (compreso la vita umana intrauterina), come poteva salvarsi la Festa della Resurrezione?

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