La luce del medioevo illumina ancora i nostri ragazzi

L’autore di questo articolo si chiama Giorgio Donadoni, ha tredici anni e ha da poco finito la terza media. Il fatto che un ragazzo della sua età dedichi il suo tempo alla lettura e alla scrittura, per di più cimentandosi nella storia medievale, ci pare più che encomiabile. Anzi, ci pare un esempio. Quindi abbiamo pensato di inaugurare con il suo lavoro una sezione intitolata “Compiti delle vacanze”, aperta ai giovani e ai meno giovani che non scrivono per mestiere, ma che, durante questa estate tribolata, intendono usare il tempo a disposizione mettendo nero su bianco le loro riflessioni. Buona lettura e buon lavoro.

L’argomento che attualmente mi interessa di più è il medioevo, quindi vorrei provare a immedesimarmi nel modo di pensare degli uomini vissuti in questo periodo lunghissimo che dura mille anni, dalla caduta della prima Roma alla caduta della seconda. Un’epoca raccontata con molti stereotipi messi in circolazione da illuministi e umanisti.

A questo proposito mi ha particolarmente colpito la figura di Salimbene de Adam, conosciuto come Salimbene da Parma fuori dalle mura della sua città, un francescano del Duecento, nato nel 1221 e morto nel 1290. Nell’ultima parte della sua vita, Salimbene scrive una Cronica in latino in cui parla delle proprie vicende e degli avvenimenti che le hanno condizionate.

Il primo fatto che colpisce leggendo quest’opera è che per i medievali il mondo è ordinato e razionale poiché l’ha creato Dio. Per loro a Bibbia è un grande manuale per l’uso del mondo, un manuale difficile sì, ma se lo si sa interpretare correttamente ci si può trovare tutto.

Il secondo fatto che ritengo interessante è la capacità degli intellettuali dell’epoca di memorizzare ciò che avevano letto o sentito dire anche solo una volta. Salimbene conosce la Bibbia a memoria anche perché è un predicatore e deve sapere affiancare le sue teorie a passi delle Sacre Scritture. Racconta solo otto versi di una storiella satirica nei confronti dei domenicani e dice: “L’ho letta solo una volta tanti anni fa e non l’ho imparata bene a memoria”. Bisognava tenere a memoria le cose interessanti che si leggevano perché la pergamena costava e i libri erano pochi. Magari trovavi un libro che ti interessava in un certo monastero, ma era solo lì e quindi dovevi ricordartelo.

Il nostro autore era di famiglia nobile e suo fratello maggiore si era fatto frate francescano; quando anche lui decise di seguirlo il padre andò al convento con scorta armata e volle parlargli per convincerlo a tornare a casa. “Figlio mio” gli disse “non credere a questi piscia in tunica”. Salimbene glossa in latino scrivendo: “Pissintunicis… id est qui in tunicis mingunt”. Alla fine Salimbene vince la disputa e resta in convento, ma da quel momento non rivedrà più il padre.

Pur entrando nella vita religiosa, ha mantenuto l’animo del nobile cavaliere e perciò per lui la vera misura degli uomini sono la cortesia o la villania: quanto al peccato, quello riguarda tutti, poiché siamo tutti peccatori. Ci racconta che in vita sua ha visto di tutto, anche un vescovo ateo. Il vescovo di Parma che sul letto di morte, quando gli portavano i sacramenti li rifiutò dicendo che tanto non ci credeva. Lui diceva sempre: “Ipse viderit!”, se la vedrà lui perché tutti torneremo un giorno davanti al nostro Creatore.

Salimbene ha viaggiato per molto tempo in Francia. Parla di Luigi IX, il re santo, che per andare a Gerusalemme in crociata fece un pellegrinaggio da nord al sud della Francia a piedi, vestito da mendicante.

Scrive pagine molto belle sul vino di Borgogna, soprattutto quello bianco che era bevuto dai nobili, mentre quello rosso era bevuto dalla gente comune. Aggiunge anche un particolare curioso legato a questo tema: secondo l’ordine francescano, la Francia era divisa in otto custodie e la spartizione era fondata sul fatto che in quattro bevono birra e nelle altre quattro bevono vino.

Annota molte volte anche fatti riguardanti la cucina e come cambia da regione a regione.

Per gli uomini medievali il digiuno era una parte fondamentale della pratica religiosa e scrive riguardo alla stranissima quaresima del patriarca di Aquileia. Questi, il primo giorno del periodo di penitenza si faceva portare quaranta portate, il secondo trentanove, il terzo trentotto, fino ad arrivare a Pasqua avendo fatto un cammino di digiuno graduale. Salimbene annota che Gesù ha digiunato per quaranta giorni e i patriarchi di Aquileia dovrebbero ricordarselo.

Il frate è inoltre interessato dalla lingua, che cambia da città a città in Italia. Fa una precisazione sull’uso dei pronomi in Italia dicendo che al Sud danno del “tu” a tutti, perfino al papa mentre i lombardi (a quell’epoca con “lombardi” si identificava tutta la gente del Nord) danno del voi perfino a un bambino, a una gallina e a un pezzo di legno.

Nella Cronica si nota anche una particolare differenza tra l’Italia e l’Europa quando dice: “Quando ero in Francia vidi uscire dalla città un corteo di dame che sembravano cameriere. Poi però mi ricordai che in Francia i nobili stanno nei castelli, nelle città vivono i borghesi mentre in Italia ci sono le Signorie con i nobili cavalieri”.

Mi è parsa interessante anche considerazione sulla conquista normanna del sud Italia, la dove Salimbene spiega che è stata facilme perché quei pugliesi e siciliani non sanno combattere e usa un’espressione in latino di facile comprensione alla lettura di un italiano: “sunt homines caccarelli et merdazoli”.

Con la stessa pungente arguzia, il nostro autore racconta che alcune persone avevano portato a un esorcista un contadino indemoniato. L’esorcista, per sapere se l’uomo fosse veramente posseduto, gli disse di parlare in latino. Il contadino parlò commettendo errori di grammatica e il frate lo prese in giro, così che il demone disse: “Io so parlare il latino bene quanto te ma questo ha una lingua così rozza che parlare latino bene è impossibile”.

3 commenti su “La luce del medioevo illumina ancora i nostri ragazzi”

  1. elisabetta frezza

    grandissimo Giorgio! Sono ammirata dal tuo articolo, che farò leggere ai miei figli uno dei quali è tuo coetaneo. Contiene passaggi divertenti e spunti molto profondi: la capacità, oggi così poco esercitata oltre che inibita dalla tecnologia, di ritenere e mandare a memoria i testi andrebbe proprio recuperata. Continua a scrivere, che è un’attitudine rara e, anch’essa, sempre meno coltivata. Ad majora. Elisabetta

  2. E bravo Giorgio! Devi aver letto molto ed esserti molto informato per scrivere una pagina così. Quasi incredibile e direi fenomenale al giorno d’oggi, con gli occhi di giovani, meno giovani e vecchi tutti puntati perlopiù a perder tempo sui cellulari di ultima serie.

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