La ribellione dei padri modernizzanti e le incaute concessioni di Giovanni XXIII – di Piero Vassallo

“Il Concilio parallelo”

Il Concilio Vaticano II si è svolto secondo un’ispirazione diversa e talora del tutto contraria a quella dichiarata dai documenti preparatori, elaborati dalla curia romana sotto la sapiente direzione del cardinale Alfredo Ottaviani, in esecuzione delle direttive di papa Giovanni XXIII, il quale invitava ad approfondire e sviluppare eodem sensu et eadem sententia la dottrina della Chiesa cattolica, un’impresa che, nel 1870, il Concilio Vaticano I non aveva portato a termine a causa dell’occupazione di Roma.

di Piero Vassallo

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copertina Concilio parallelo.inddPurtroppo i risultati del Vaticano II capovolsero le buone intenzioni dichiarate dal papa e attuate dai collaboratori del card. Ottaviani. Uno dei più influenti e celebrati protagonisti dello storico evento, nell’introduzione ai documenti del Vaticano II, afferma risolutamente – e si è tentati di dire sfacciatamente: “Non si può negare che un determinato gruppo di teologi romani nei mesi precedenti all’apertura, avesse creduto che il Concilio non potesse fare praticamente altro che accettare ed applaudire al progetto di decreti elaborati dalle commissioni preconciliari radunate sotto il controllo del papa e che non fosse né possibile né pensabile, qualunque discussione o diversità di opinione notevole. Ma il Concilio, e fin dalla prima sessione, ha sempre respinto recisamente questo metodo e questo sistema, Le discussioni si svolsero in piena libertà e con indiscussa franchezza e così il Concilio arrivò a conclusioni che prima non solo non erano prevedibili ma nemmeno pensabili” (Cfr. Karl Rahner, Introduzione a “I Documenti del Concilio Vaticano II”, edizioni Paoline, Roma 1967).  

 Lo studioso di storia ecclesiastica, se onestamente impegnato nella ricerca della verità sul Vaticano II, deve affrontare pertanto il problema della doppia ispirazione del Vaticano II, quella dei documenti preparatori, elaborati da teologi obbedienti alle direttive di Giovanni XXIII e quella emergente dai documenti finali, prodotti da una agguerrita minoranza assembleare, che, pur dichiarandosi refrattaria e ostile alla dottrina proposta dai teologi del regnante pontefice, ottenne da lui l’autorizzazione a procedere contromano.

 Paolo Pasqualucci può dunque affermare, senza temere smentite, che “il vero Concilio era quello preparato dalla Curia sotto la guida del cardinale Alfredo Ottaviani e di padre Cornelio Tromp. … Un eccellente e validissimo lavoro, al quale avevano preso parte i migliori teologi ortodossi, fu buttato a mare nella convulsa e anomala fase iniziale del Concilio, grazie a una serie di colpi di mano procedurali dei progressisti, che riuscirono a conquistare la prevalenza nelle dieci Commissioni conciliari incaricate di elaborare gli schemi dei testi da sottoporre all’assemblea”.

 Ora il radicale e rovinoso mutamento d’indirizzo (che è vantato senza ritegno da Karl Rahner) non sarebbe stato possibile se non fosse intervenuta l’approvazione talora esplicita talora surrettizia e occulta di Giovanni XXIII.

  Il nodo che deve sciogliere il qualunque fedele intenzionato a capire l’enigma del Vaticano II, è stretto intorno al doppio pontificato di Angelo Roncalli, che fu padre esitante dei documenti pre-conciliari e padre entusiasta dell’anti-concilio.

 Edito in questi giorni dalla casa editrice veronese Fede & Cultura il saggio di Paolo Pasqualucci, “Il Concilio parallelo“, propone la soluzione del dilemma che si presenta al qualunque fedele che esamina senza pregiudizio quelle alterazioni e quegli abusi del diritto canonico e del regolamento conciliare, che favorirono l’impresa dei teologi intenzionati a compiere la metamorfosi dei testi proposto dalla Curia romana. Da una tale lettura emerge infatti  l’immagine di un’assemblea alterata dall’agitazione dei modernizzanti e di un pontefice ingannato dall’abbacinante miraggio che rappresentava l’errore dei moderni nell’avanzata fase della pia autocritica.

 A dimostrazione delle incertezze (per non dire delle ambiguità) di Giovanni XXIII, Pasqualucci cita un brano del Giornale dell’anima scritto durante il drammatico dibattito sullo schema presentato dal card. Ottaviani:  “Dibattito increscioso circa le fonti della Rivelazione.  Nonostante gli sforzi per la corrente Ottaviani, essa non riesce a contenere l’opposizione che si rivela molto forte”.

 Pasqualucci sottolinea la sorprendente definizione (corrente) che papa Roncalli applicò alla commissione da lui istituita. E giustifica il proprio stupore: “Lo schema presentato e difeso da Ottaviani, e con lui dagli altri cosiddetti “conservatori”, schema approvato dal Papa, non conteneva né voleva contenere tesi personali ed originali, per il semplice motivo che esponeva, con la massima chiarezza possibile, l’insegnamento ufficiale e plurisecolare del Magistero.  Ma per il Papa esso era l’espressione della “corrente Ottaviani”, un prodotto di parte!  Il punto di vista di una “corrente” teologica!  I novatori non dicevano forse lo stesso?”

 In un’altra annotazione di Giovanni XXIII si leggono parole ancor più stupefacenti e francamente sgradevoli: “Anche oggi ascolto interessante di tutte le voci del Concilio. In gran parte sono di critica agli schemi proposti (dal card. Ottaviani), che, preparati da molti insieme, rivelano però la fissazione un po’ prepotente di uno solo e il permanere di una mentalità che non sa divincolarsi dal tono della lezione scolastica. La semi cecità di un occhio è ombra sulla visione dell’insieme.  Naturalmente la reazione è forte, talora troppo forte…”.

 Pasqualucci commenta: “Qui lo stupore non nasce solo a causa del doppio senso di cattivo gusto, non privo di malignità, sulla parziale cecità che aveva cominciato ad affliggere il cardinale Ottaviani; nasce soprattutto dalla constatazione che a Giovanni XXIII l’esposizione e la difesa del dogma della fede contenuto nello schema De Fontibus altro non appaiono se non la “fissazione”, per giunta “un po’ prepotente”, “di una mentalità che non sa divincolarsi dal tono della lezione scolastica”; ragion per cui, “naturalmente”, la reazione è forte. Anche qui, Giovanni XXIII usa lo stesso linguaggio dei teologi novatori, sprezzatori, come si è visto, del Magistero: i testi dello schema, che esprimono la dottrina di sempre (ovviamente chiusa ad aperture e compromessi con l’errore) sono “scolastici” e quindi non vanno bene; sono frutto della “fissazione” anche “prepotente” di uno solo, e quindi non vanno bene!”

 Di qui una severa ma motivata opinione sull’ingiustificato voltafaccia di papa Roncalli: “Con il suo comportamento, Giovanni XXIII legittimava di fatto l’interpretazione che i novatori davano delle aperture “ecumeniche” da lui volute; legittimava di fatto l’abbinamento “ecumenismo = mutamento dottrinale”, consentendo così al Concilio di consolidarsi nell’andamento anomalo, rivoluzionario, che i novatori avevano voluto imprimergli sin dall’inizio, in quello che Amerio chiamò il suo carattere “autogenetico, improvviso, atipico”.

 Pasqualucci dimostra peraltro che Giovanni XXIII non nascose il suo autentico pensiero, per evitare che potessero sorgere equivoci su cosa si dovesse intendere con “aggiornamento” della Chiesa: “Di fronte ad interpretazioni, come quella del cardinale Siri, che volevano vedere nella sua allocuzione di apertura del Concilio principalmente la difesa della dottrina e della tradizione, egli, nel discorso d’auguri per il nuovo anno tenuto come da tradizione al Collegio dei Cardinali (gennaio 1963), citando sé stesso nella versione in volgare, più audace in alcuni punti del testo latino, soprattutto nella famosa frase in cui affermava che la dottrina deve essere “studiata ed esposta attraverso le forme dell’indagine e della formulazione letteraria del pensiero moderno”, fece capire che l’allocuzione valeva soprattutto per le novità che enunciava“.

 Il libro di Pasqualucci, filosofo del diritto e perciò in grado di misurare la gravità degli abusi compiuti da papa Roncalli, si raccomanda per la magistrale ricostruzione delle irregolarità che hanno punteggiato e tormentato lo svolgimento del Concilio Vaticano II, fino all’infelice esito rappresentato dalle ambiguità insinuate nei documenti, che hanno sviato il clero cattolico  e narcotizzato i fedeli. E offre finalmente un’immagine veritiera e non zuccherina del “papa buono” tale da giustificare i dubbi manifestati da Roberto de Mattei sull’opportunità di santificare un uomo che incise sulla vicenda del Vaticano II  il segno delle contraddizioni del suo carattere e la traccia della sua debolezza davanti all’errore dei moderni.

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“Il Concilio parallelo”, di Paolo Pasqualucci, ed. Fede & Cultura – pagg. 128, euro 12,00 (spese di spedizione a nostro carico) – per acquisti on line inviare una mail a info@riscossacristiana.it . Per le modalità di pagamento, clicca qui

7 commenti su “La ribellione dei padri modernizzanti e le incaute concessioni di Giovanni XXIII – di Piero Vassallo”

  1. Normanno Malaguti

    Ho un’alta stima del prof.Paolo Pasqualucci, ho letto molte sue cose, e le ho trovate sempre acute e fedeli alla retta dotrina, capaci di penetrare veramente fra tendine ed osso. Stupisce che i suoi scritti non siano divulgati come meriterebbero, per un’operazione d’igiene mentale della quale tanti uomini di chiesa manifestano di avere estrema necessità.
    Complimenti prof. Pasqualucci !

  2. Sono pienamente d’accordo col professor Piero Vassallo riguardo al suo commento a “Il Concilio parallelo” di Paolo Pasqualucci. Desidero aggiungere che, già nelle sue encicliche, Giovanni XXIII predicava un errore grave, cioè che gli uomini del mondo, in particolare i governanti, possono fare il bene e giovare alle anime senza avere la Fede e senza rispettarne la legge, ossia tenendosi indipendenti dalla dottrina della Chiesa. Era una proposizione del pelagianesimo, confermata poi dal Concilio, come – tra l’altro – ho voluto dimostrare nel mio volume “L’ottimismo ereticale – Giovanni XXIII – De Lubac – Teilhard de Chardin teologicamente accomunati” Ed. Solfanelli – Chieti.

  3. Anche il saggio di Piero Nicola meriterebbe una migliore distribuzione. Se non che la cultura italiana è tenuta sotto schiaffo dagli eredi di Gramsci e dai continuatori del progetto di diffamare e silenziare la cultura dei refrattari. Un’infamia cui sono stati complici i cattolici progressisti. Oggi la chiusura del mostruoso lager progressista IL FORTETO (forse) inaugura una nuova stagione. Si è visto, infatti, che l’alleanza catto-comunista giunta al suo culmine ha incontrato la spaventosa barbarie pedofila e la demenza antifamilista. All’alleanza cattocomunista al Forteto si applica il consiglio di gettarsi a mare con una pesante pietra al collo. Quanto prima ritornerò sull’argomento recensendo e raccomandando la lettura del libro”IL FORTETO, Destino e catastrofe del cattocomunismo”, edito a cura di Stefano Berselli da Settecolori Lamezia .www.settecolori.it. In esso si dimostra la vasta complicità e la connivenza delle quali ha goduto la banda delinquenziale e bestiale dei pedofili fiorentini – esempio luminoso della via di “correzione” dell’errore moderno creduta (stupidamente, non so trovare altra parola) dagli ecumenisti festanti nel Vaticano II.

  4. Poco fa in auto, girando la manopola della radio sono capitato su Radio Maria (che non ascolto più ormai); c’era uno che parlava degli ebrei: un panegirico mieloso e quasi stucchevole, ribadendo ad ogni parole che bisogna ammirare gli ebrei, esse umili verso di loro, anche se loro ci insultano non fa niente, perché siamo debitori a loro della nostra fede cristiana (non che ce l’abbiamo malgrado loro, no questo no!). Ho letto che il C.V.II fu fortemente voluto dal cardinale Bea, di origini tedesche, che voleva così (anche tramite la Nostra Aetate di G.XXIII) risarcire moralmente gli ebrei della shoah. Insomma, non era una canonizzazione del popolo ebraico, ma poco ci mancava; è chiaro il disegno di ribaltare la tradizione cattolica, anche qui: non più “Perfidi ebrei” (ci mancherebbe, in effetti faceva un po’ impressione questa espressione), ma nemmeno l’attribuzione al popolo ebraico del deicidio (“il Suo sangue ricada su di noi e sui nostri figli!” gridavano a Pilato), tant’è che tempo addietro Papa Benedetto ebbe ad affermare che della crocifissione erano responsabili solo alcuni dei sacerdoti, assieme a Caifa, e che il popolo ebraico non ne aveva alcuna colpa (però non arrivò ad affermare che quelle parole se le erano inventate gli evangelisti). Quanto poi ad affermare che anche gli ebrei si devono convertire, neanche a pensarci, non ne ha nemmeno accennato (si legge che quando si saranno convertiti, allora Nostro Signore farà ritorno sulla terra). Sotto sotto, vogliono imporci la religione unica mondiale, o il relativismo al 100%, ma hanno fatto male i loro calcoli, don Fanzaga incluso: Non Praevalebunt! Buona Pasqua.

  5. Se le memorie di scuola non mi ingannano , due parallele non si incontrano mai. Se vi e’ stato quindi un Concilio ‘parallelo’ a quello vero di una Chiesa vera , le deduzioni che possiamo ,anzi a questo punto dobbiamo trarre , hanno un carattere terribile che va portato alla luce . Le fanfare della ‘ Nuova Pentecoste ‘ ormai non possono piu’ ingannare chi e’ veramente con Cristo e vive ed opera solo per Lui .

  6. Andrea Mondinelli

    Il termine “Concilio parallelo” è sbagliato, come è sbagliato “magistero parallelo”. In realtà, trattasi di Concilio e magistero “divergenti” o meglio “opposti”…

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