La vita è un dono e dobbiamo andare avanti – di Cesaremaria Glori

Dobbiamo andare avanti, costi quel costi e avere fiducia in Dio accostandoci sempre più alla Madre Sua, vera guida sicura in quest’aerea salita . Sotto di noi c’è il vuoto dell’apostasia ma la corda cui siamo appesi è la catena del Rosario e con essa c’è la sicurezza della vetta.

di Cesaremaria Glori

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… “Mario, tutti pregano per il miracolo e anch’io spero che tu guarisca. Ma ora riesco solo a pregare perché tu possa sposare il volere del Signore sino in fondo, qualunque esso sia…. E poi penso che, se Lui ti vorrà con Sé, lo farà per risparmiarti ciò che presto si dovrà vedere fuori e, soprattutto, dentro la Chiesa. – “Dici che sarà davvero così”? – E tremava per la sua Chiesa. – Mario, più prego e più mi convinco che, se muori, è perché il Signore ti vuole veramente bene”.

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ReginadelSantoRosarioQueste frasi scritte da Alessandro Gnocchi su Il Foglio di oggi, mercoledì 19 marzo, festività di San Giuseppe, hanno riaperto la ferita  che, esattamente un anno fa, si era aperta  con l’improvviso aggravarsi della malattia di mia moglie. Entrambi sapevamo che era suonata l’ora dell’ ultimo chilometro della sua corsa terrena e che presto sarebbe venuta sorella Morte a cingere il suo capo con la corona del vincitore. Dopo quel  19 marzo 2013, similmente a quanto accadeva a Mario e ad Alessandro, anche Marisa ed io ci preparavamo a questa breve volata finale.  Io, soltanto io, speravo ancora in un altro miracolo, eguale a quello avvenuto quasi otto anni prima con l’impianto di due valvole cardiache artificiali. Era una speranza ostinata, caparbia quasi, che andava a scontrarsi con la sua serenità e con la convinta gratitudine del dono avuto con quella per lei insperata proroga di vita. Discorrevamo a lungo sulla vita e sul senso di essa e su come sia breve il cammino accordatoci, qualunque esso sia. E ci rendevamo conto che il tempo stava prendendo un’accelerazione paurosa.  Motus in fine velocior . E’ proprio vero. Quando suona la campana dell’ultimo chilometro tutto corre più veloce e si ha quasi la sensazione di voler anticipare l’evento e, contemporaneamente, di volerlo fermare per poter ricominciare daccapo. Una sera le dissi che, forse, lei stava ricevendo un’altra grazia da Dio, questa volta in premio della sua fede che aveva vissuto con gioiosa freschezza in ogni frangente. Era vissuta sempre nella Chiesa come fedele e solerte nipote dello zio sacerdote e poi monsignore. Conservava gelosamente in casa quei due quadri in cui lo zio appare, in uno, accanto a Papa Giovanni XXIII, allora patriarca di Venezia, entrambi in sontuosi abiti cerimoniali sull’altare della Chiesa e l’altro ove lo zio, rigorosamente in talare, è inginocchiato e commosso  davanti a un sorridente e gioviale Giovanni Paolo I, che fu suo insegnante in seminario. Dicevo, quindi, a mia moglie che Dio le voleva risparmiare questi tempi procellosi della Chiesa di Cristo. Discorrevamo spesso sul progressivo degrado della liturgia e della moralità comune anche all’interno della cattolicità. Entrambi eravamo incollati davanti alla televisione  quando, dopo un intervallo anche troppo lungo, apparve il nuovo Papa Francesco. Quel suo “Buona Sera” così impersonale e scialbo ci lasciò interdetti e ci guardammo negli occhi con stupore.  Ci rincuorammo quando Papa Francesco chiese di pregare per lui, perché sentivamo che ciò che unisce i cristiani attorno all’Unico Dio è la preghiera.  Successivamente, però, quel viaggio in Brasile e quelle carnevalate sul sagrato di emergenza ci lasciarono sgomenti e spaesati.

Lei mi confidò allora quanto suo zio le ripeteva spesso. Sull’altare il sacerdote rappresenta Cristo e quando eleva l’Ostia e il Calice non si limita a ricordare un evento ma lo ripropone in modo incruento un’altra volta e ciò avviene in ogni Messa ed ogni Messa è un sacrificio che, allacciandosi all’unico cruento avvenuto duemila anni fa, purifica l’Umanità e il mondo dal peccato, anzi dalla massa di peccati che ogni momento vengono commessi. Quante più sono le Messe tanto più grande è la riparazione.  Se oggi il peccato avanza e si diffonde con così spavaldo furore dipende anche dal fatto che la riparazione si è drasticamente ridotta. Dio ci aiuta se noi Glielo chiediamo ma se ci ostiniamo a ridurre ciò che è medicina e rimedio per i mali del mondo, la malattia non può che aggravarsi.  Convenivamo allora che sarebbe meglio se, come al vecchio Simeone, fosse concesso di lasciare questo  mondo per non assistere al peggioramento del degrado morale. Lo dicevamo convinti guardando ai bambini, quei pochi bambini che ancora allietano la nostra vita e che vengono bistrattati e diseducati in un continuo e progressivo paganesimo morale.  Ricordo che pochi giorni prima che lei lasciasse questo mondo mi guardò fisso negli occhi e mi disse con voce spezzata e a fatica, quasi avesse paura di pronunciare quelle parole, di stare attento a non perdere la vera fede e di resistere saldo in essa sino alla fine che non tarderà molto e che l’unica via per mantenerla era la preghiera. Tu pregherai per me, mi disse quasi come un comando, e io pregherò per te per aiutarti a superare questi momenti che s’avvicinano. Se preghi non potrai avere paura.

Ho ricordato quei momenti con autentica commozione rileggendo il lungo e bellissimo articolo di Alessandro Gnocchi.  Ho pianto e ho invidiato mia moglie e Mario Palmaro di avere già raggiunto quel traguardo per il quale entrambi, seppure in diversa misura e ineguale effetto verso il prossimo, hanno combattuto. Penso di aver peccato con quest’invidia che può valere come un disprezzo per il dono della vita che ancora mi è dato, ma le difficoltà in cui si trova la Chiesa di oggi e le ambiguità in campo dottrinale, l’incertezza su come vada interpretata la verità dei Vangeli e la parola di Gesù Cristo che in essi appare chiara eppure avvolta da mille interrogativi se riferita ai singoli casi concreti che il Mondo moderno oggi pone continuamente all’attenzione di tutti, queste difficoltà, dicevo,  aumentano sempre più e ci abbattono e ci fanno rimpiangere la sicurezza della fede di quando eravamo giovani, quando tutti questi problemi arrecati dal voler inseguire un progresso che sembrava prepararci una strada in discesa e che, invece, si è mostrata una salita impervia e piena di pericolosi vuoti ci fa quasi rimpiangere di essere ancor vivi. Ma la vita è un dono e allora dobbiamo andare avanti, costi quel costi e avere fiducia in Dio accostandoci sempre più alla Madre Sua, vera guida sicura in quest’aerea salita . Sotto di noi c’è il vuoto dell’apostasia ma la corda cui siamo appesi è la catena del Rosario e con essa c’è la sicurezza della vetta. Grazie Alessandro Gnocchi per l’articolo che hai scritto su Mario. Ci hai fatto pensare sul senso della vita e accettare, come aveva fatto Mario, ciò che Dio ci riserva per ogni istante di vita che ci concede. Ci hai trasmesso la sua serenità nei momenti più difficili e questo è il messaggio più bello che tu, e Mario con la sua vita, ci avete dato e spero che ci darai ancora continuando ad ammaestrarci e a sostenerci con le tue riflessioni.

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4 commenti su “La vita è un dono e dobbiamo andare avanti – di Cesaremaria Glori”

  1. Grazie sig. Glori! Sì non sarà facile rimanere in questo mondo ma con l’aiuto di Maria la nostra protettrice possiamo sperare sino alla fine. Abbiamo i mezzi: preghiera, digiuno, mortificazione, e soprattutto avere l’umiltà e chiedere spesso aiuto al Signore da soli non possiamo farcela. Essere come bimbi e lasciarci cullare da Lui. Grazie!

  2. Federico Fontanini

    Sono belle testimonianze, la sua come quella di Alessandro Gnocchi. L’importante è, terminata la corsa, di conservare la fede. I rischi oggi sono tanti a causa dell’apostasia generale e della grave crisi e della debolezza della gerarchia cattolica. Occorre tuttavia non cedere allo scoraggiamento, al catastrofismo, pensare che ormai non c’è più niente da fare per arrestare il corso degli eventi. Rischiamo di gettare la spugna, non potremo fare altro che pregare – ma in modo stanco e senza fede. Cristo ci invita a vivere bene e con impegno il presente, con concretezza, competenza, serietà, anzitutto con fede e tenacia nella Verità. E’ quel che ha fatto Mario Palmaro, e che dobbiamo fare anche noi. Io personalmente vivo una situazione di sofferenza nella quale mi trovo a non poter condividere la fede coi miei familiari, forse anche per il cattivo esempio di pastori che hanno concorso a far allontanare dalla Chiesa chi mi sta accanto. Putroppo oggi tanti sacerdoti non sanno più pronunciare parole infuocate che trafiggano il cuore e inducano alla conversione e alla perseveranza. Molte liturgie (come accade nella mia diocesi di Lucca ove il vescovo è contrarissimo al Vetus Ordo) sono ridotte ad un cumulo di chiacchiere: pre-omelie, didascalie, interminabili “preghiere dei fedeli”, post-omelie, cumuli di avvisi parrocchiali. Anche tutta questa sciatteria non aiuta…Ma confidiamo nella Misericordia di Dio che ci esaudisce nel momento opportuno. E anche noi amici di RC, anche se non ci conosciamo personalmente tutti, preghiamo con cuore di fratelli gli uni per gli altri.

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