L’angolo di Gilbert K. Chesterton – grandezza e attualità di uno scrittore cattolico – rubrica quindicinale di Fabio Trevisan

chesterton

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1° ottobre 2015

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Cos’è oggi la neo-ipocrisia?       = = = = = = = = =     

di Fabio Trevisan

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“Gli uomini sono disposti a camminare sull’orlo di un abisso se il cielo è limpido, ma si terranno ben alla larga dal precipizio se c’è nebbia”

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zzzzchrtn150715Nel terzo capitolo del saggio: Ciò che non va nel mondo del 1910, Chesterton descriveva le caratteristiche della neo-ipocrisia: “L’ipocrita di oggi è una persona i cui scopi sono in tutto e per tutto religiosi, ma finge che siano mondani e pratici”. Si sente dire spesso, anche oggi, che è necessario adattarsi alle nuove esigenze; si ripete con insistenza che bisogna accompagnare, mettersi in cammino con l’altro; insomma, si finge che gli scopi siano mondani e pratici, esattamente come li descriveva il grande scrittore inglese. La dottrina e la teologia tutt’al più possono intervenire dopo, quando e come verranno definite dalla “neo-ipocrisia”, esattamente come più di un secolo fa paventava Chesterton: “La teologia è semplicemente nascosta come un peccato”. Riprendendo l’illuminante frase iniziale in grassetto, si vorrebbe ridicolmente proporre una bella passeggiata in alta montagna, sull’orlo di un precipizio, quando c’è la nebbia! Chesterton riprendeva questa pazzesca immagine per illustrare le condizioni della neo-ipocrisia: “Questa parabola è perfetta per descrivere gli effetti della nostra moderna vaghezza, che perde e allontana gli esseri umani come in una nebbia”.

Proprio perché vaga e indistinta come la nebbia, la neo-ipocrisia non poteva raggiungere la persona umana, la quale se ne stava tranquillamente e giustamente lontana, preferendo un cammino più sicuro e salubre in una bella giornata di sole. Per Chesterton la sana dottrina (l’ortodossia) illuminava i passi dell’uomo e si contrapponeva alla vaghezza di quello che chiamava il “pregiudizio della neo-ipocrisia”: “Vi sono persone che non amano il termine “dogma”. Fortunatamente, sono libere e dispongono di un’alternativa. La mente umana conosce due cose, e solo due: il dogma e il pregiudizio. Il Medioevo fu un’età razionale, un’epoca di dottrina. La nostra epoca, al massimo, è un’epoca poetica, un’età di pregiudizio. Una dottrina rappresenta un punto definito, un pregiudizio è una direzione”.

Chesterton aveva definito già nel 1905, con il saggio Eretici, riprendendo e sviluppando in senso proprio il linguaggio aristotelico-tomistico, che cos’era l’uomo, l’essenza della persona: “L’uomo è un animale che produce dogmi, ovvero la sua mente è fatta per raggiungere delle conclusioni…”. Pertanto l’epoca moderna, contrassegnata dal pregiudizio, formulava un giudizio prima di conoscere esattamente come stavano le cose. Chesterton avversava questo fariseo “dogmatismo degli antidogmatici” e osteggiava i pericoli delle nebbie a-dottrinali: “L’argomento con il quale si giustificava la nostra vaghezza priva di fede era che essa, se non altro, ci salvava dal fanatismo. Invece non fa nemmeno questo. Al contrario, crea e alimenta il fanatismo con una forza del tutto particolare”.

Il pregiudizio tipico della modernità produceva così l’irrazionalità e l’intolleranza. Che cosa poteva porre freno ai pregiudizi dell’uomo moderno ed ai pericoli del suo fanatismo? Chesterton non aveva ambiguità nel proporre la corretta via d’uscita: “Se non disponiamo degli insegnamenti di qualche uomo divino, tutti gli abusi possono essere giustificati, perché l’evoluzione può trasformarli in usi…l’unica risposta efficace a questi argomenti moderni, che rendono plausibile e giustificano l’oppressione, è ribadire che esiste un ideale umano permanente che non deve essere alterato e distrutto”. Non era quindi la dottrina, replicava il grande saggista di Beaconsfield, la causa dei nostri guai ma, al contrario, lo era la “neo-ipocrisia” di un’età piena di pregiudizi: “La dottrina, dunque, non è causa di dissidi. Anzi, una dottrina può costituire da sola un rimedio contro i dissidi”.

Credo che non ci sia bisogno di sottolineare l’incredibile “attualità” di un pensatore cattolico come Gilbert Keith Chesterton o di vederne rafforzata sempre più la devastante neo-ipocrisia che tanto temeva.

1 commento su “L’angolo di Gilbert K. Chesterton – grandezza e attualità di uno scrittore cattolico – rubrica quindicinale di Fabio Trevisan”

  1. E’ indubbio che la saggezza del grande Chesterton, sostenuta da un fede salda e incorruttibile gli abbia fatto proclamare delle verità inconfutabili. Come fa notare Fabio Trevisan, la grandezza di quest’uomo, anzi, di questo vero uomo, è nel fatto che egli “non aveva ambiguità nel proporre la corretta via d’uscita” e dichiarava con la più totale limpidezza che se non c’è Dio nel tuo cuore, ogni abuso è possibile, ogni disordine giustificato. Questo e non l’attenta raccolta differenziata o l’urlare o meno in casa dà dignità all’uomo e gli restituisce il vero senso della vita. La sola dottrina, infatti, “può costituire un rimedio contro i dissidi”, perché in essa è la giustizia di Dio, la sua legge perfetta e la sua misericordia. Al contrario, la funesta “vaghezza priva di fede” che contraddistingue l’ipocrita non produce nulla, salvo che quelle nebbie fra le quali ogni uomo di senno si rifiuta di camminare per timore di cadere nell’abisso. “Guai a voi che rassomigliate a sepolcri imbiancati”, ma “beati quelli che hanno fame e sete di giustizia”!

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