L’ASSOLUTISMO DEMOCRATICO AVANZA SULLE PISTE TRACCIATE DALLE AGENZIE DELLA CORRUZIONE. LA POLITICA ESERCITA ANCHE IL POTERE DI VITA E DI MORTE – di Piero Vassallo

Premessa

Lo Stato assoluto non è un ricordo del passato, bensì una drammatica realtà che viviamo ormai quotidianamente, e spesso, purtroppo, senza neppure rendercene conto. La democrazia stessa, rifiutando l’esistenza di una legge naturale, preesistente allo Stato, e alla quale è sottomesso un popolo, trasforma lo Stato in una nuova divinità, che esercita un potere senza freni nè limiti. L’esempio più tragico di questa deriva della politica è senza dubbio la pretesa di poter legiferare anche sul diritto alla vita. La normativa sull’aborto, in vigore nel nostro Paese dal 1978, e quella sull’eutanasia, per la cui approvazione premono in molti, rappresentano il disumano esito di una dottrina dello Stato ormai corrotta.

La lotta per la difesa della Vita è irrinunciabile perchè solo riportando lo Stato alle sue naturali funzioni di “unità organica e organizzata di un vero popolo” , e non di dominus assoluto e indiscutibile, potremo sperare di ricostruire una Società realmente libera e umana. Pertanto è indispensabile la maggior partecipazione possibile, con la presenza e la preghiera, alla Marcia Nazionale per la Vita, che si terrà a Roma domenica 13 maggio 2012.

PD

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L’assolutismo democratico avanza sulle piste tracciate dalle agenzie della corruzione. La politica esercita anche il potere di vita e di morte.

 

di Piero Vassallo

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la rivolta contro l’assolutismo incomincia dalla risoluta contestazione delle infami leggi che sono dettate dalla convinzione assoluta che il potere di Dio sia trasferito allo stato democratico.


All’autorità politica è assegnato lo speciale compito di tutelare la pacifica attività dei preesistenti corpi sociali. Lo stato ha infatti lontana origine da esigenze avvertite da corpi sociali già costituiti e ordinati.

Monarchico, aristocratico o democratico, il potere statale presuppone l’esistenza di un popolo esistente in conformità con i princìpi morali, che lo hanno separato dalla massa anarchica e selvaggia.

Lo Stato, secondo la dottrina insegnata da Pio XII nel Radiomessaggio del Natale 1944, discorso indirizzato a un’umanità intossicata dalla mitologia intorno al potere assoluto della politica, “non contiene in sé e non aduna meccanicamente in un dato territorio un agglomerato amorfo d’individui. Esso è, e deve essere in realtà, l’unità organica e organizzata di un vero popolo“.

E’ pertanto falsa e ingannevole l’idea dei filosofi atei, Thomas Hobbes e i suoi continuatori, secondo i quali lo stato agisce come un demiurgo, capace di condurre a vita pacifica e ordinata una folla selvatica, altrimenti destinata a dissanguarsi nella demenziale guerra di tutti contro tutti.

Pio XII, nel citato Radiomessaggio per il Natale del 1944, ha stabilito che la democrazia, al pari della qualunque altra forma di governo legittimo, contempla l’esistenza di un popolo sottomesso alla legge naturale.

Di conseguenza papa Pacelli condannò risolutamente “quella corruzione che attribuisce alla legislazione dello stato un potere senza freni né limiti e che fa del regime democratico, nonostante le contrarie ma vane apparenze, un puro e semplice sistema di assolutismo”

Un autorevole filosofo giusnaturalista, il bolognese Giorgio Del Vecchio, nel saggio sullo stato, edito da Studium nel 1952, ha sviluppato le obiezioni cattoliche alla statolatria, dimostrando che lo stato ha origine dalle società intermedie e dunque che non ha senso proclamare il primato “ontologico” dell’autorità centrale.

De Tejada, dal suo canto, ha rammentato che “La società è una totalità di vita e lo stato un potere ordinatore di comando. Nella società, nella vita sociale, entrano elementi religiosi, culturali, economici. Nello stato, invece, interviene solamente il potere. Lo stato risponde alla necessità della sicurezza collettiva, la società all’intera vita umana nelle connessioni degli uomini con i propri simili. Connessioni ordinate, regolate, equilibrate in se stesse. La società è un ordine vitale, nei due aspetti delle necessità materiali e di quelle spirituali … Lo stato è il potere che ordina, ma non potrà mai sopprimere e assorbire gli elementi che ordina”.

Nella Premessa al suo interessante saggio,”Democrazia e Cattolicesimo La voce della Chiesa nella società secolarizzata“, prefazione di Brunero Gherardini, edito nel 2012 da Cantagalli, Giovanni Tortelli, aderendo ai saldi princìpi del giusnaturalismo, riconosce che la democrazia dipende da un preesistente ordine e perciò afferma: “Quando l’ethos popolare è infiacchito o indebolito, la morale individuale e sociale diventa sempre più utilitaristica e quantitativa, lo Stato assorbe spazi sempre più significativi della libertà individuale e torna ancora una volta a prendere la piega dell’assolutismo“.

Nella ricerca di riscontri alla sua ipotesi di lavoro, Tortelli rilegge gli argomenti formulati dai critici moderni e contemporanei che si sono strenuamente opposti alla superstizione intorno al supremo potere delle maggioranze.

Il culto che i demagoghi tributano alle maggioranze, infatti, è lo strumento delle usurpazioni oligarchiche striscianti sotto la pelle dei plebisciti.

Tortelli rammenta, ad esempio, l’obiezione che Alessandro Manzoni rivolgeva contro i teorici della volontà generale, una mitologia che “consiste nel ricavare l’universale come collezione dei particolari“.

Ineluttabilmente la teoria della volontà generale si rovescia nel pregiudizio contemplante l’uguaglianza di alcuni a tutti: “Secondo Emmanuel Joseph Sieyès appunto i deputati del Terzo Stato, essendo l’immensa pluralità della nazione, avrebbero avuto il diritto di identificarsi con la totalità della nazione“.

Di qui la convinzione che la democrazia sia un assoluto non dipendente da altro.

Al proposito Tortelli cita un puntuale giudizio di Estanislao Cantero Nunez: “La democrazia moderna diventa così una divinità, e nasce un panteismo democratico, o pandemocratismo, che trova la propria giustificazione soltanto in se stesso. La tesi che vede la democrazia moderna sostituirsi a Dio è certamente impressionante, tuttavia non è assolutamente esagerata”.

Quando si considera la democratica pretesa di negare il diritto di vivere a persone innocenti, diventa impossibile negare la tracotanza di un sistema che divinizza l’arbitrio, un conato che Romano Amerio ha definito progetto inteso a togliere la dipendenza del dipendente.

Tortelli ha dimostrato che il successo dell’assolutismo democratico è conseguente alla corruzione del popolo. La sua acuta osservazione va collegata con la riflessione sull’origine salottiera e chic della rivoluzione immoralistica, che ha sconvolto la civiltà occidentale, operando alle spalle della pilotata effervescenza dei giovani sessantottini.

Questo significa che l’insorgenza contro l’assolutismo democratico è destinata a rimanere inefficace e sterile finché agirà dissociata dalla doverosa resistenza alle suggestioni emanate dal salotto immoralista.

Separata dall’intolleranza nei confronti dell’immoralismo democratico e delle truffe bancarie, la pur legittima indignazione è condannata alla sterilità. Si tratta dunque di comprendere che la rivolta contro l’assolutismo incomincia dalla risoluta contestazione delle infami leggi che sono dettate dalla convinzione assoluta che il potere di Dio sia trasferito allo stato democratico.


 

Il saggio di Giovanni Tortelli, Democrazia e Cattolicesimo. La voce della Chiesa nella società secolarizzata“, prefazione di Brunero Gherardini, edito nel 2012 da Cantagalli, può essere acquistato anche on line, CLICCANDO QUI

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