L’EUROPA IN MARCIA VERSO IL TOTALITARISMO. Seconda parte: Saint-Yves. La pretesa delirante di forgiare una “nuova umanità” – di Carlo Manetti

L’EUROPA IN MARCIA VERSO IL TOTALITARISMO. Seconda parte: Saint-Yves. La pretesa delirante di forgiare una “nuova umanità”

di Carlo Manetti

 

per leggere la prima parte “Origini storiche della sinarchia”, clicca qui

 

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Joseph-Alexandre Saint-Yves d’Alveydre

La tecnocrazia di Saint Simon (1760-1825), già di per sé si presenta come una anticipazione del Cristianesimo sociale, interpretato da alcune correnti del Modernismo, vale a dire la riduzione di tutto quanto rivelato da Dio alle sue presunte conseguenze socio-economiche, per sostituire il Cattolicesimo con la dottrina di Saint Simon e con le sue evoluzioni. Tutto questo, però, mancava e manca di anelito spirituale, di dimensione propriamente religiosa. È qui che Joseph-Alexandre Saint-Yves d’Alveydre (1842-1909) inserisce, sui presupposti socio-economici di Saint Simon, la sua dottrina esoterica, trasformando la tecnocrazia da un’alternativa socio-politica al naturale sviluppo della natura umana nella più raffinata forma di deificazione esoterica dell’uomo o, meglio, dell’iniziato.

Tale dottrina prende il nome di Sinarchia, dal greco σύν αρχή (governo insieme, governo armonico) in contrapposizione con anarchia assenza di governo. Nella sua visione, Saint-Yves presenta la sua dottrina come quella capace di massimizzare l’armonia e l’ordine, proprio perché in grado di porre ciascuno al suo posto: gli iniziati, che, per definizione, hanno una visione ed una conoscenza superiori alla sommità della piramide, vale a dire a dirigere la futura umanità secondo la loro visione; i tecnocrati che sono capaci dal punto di vista operativo, a dare esecuzione concreta alle linee programmatiche (se mi si consente tale termine marxista degli) iniziati; e, infine, il resto dell’umanità, privo di particolari conoscenze esoteriche e privo di particolari nozioni tecniche ed economiche, destinato, irrimediabilmente ad una posizione di subalternità assoluta, paragonabile ad una moderna forma di schiavitù.

Saint-Yves si sente chiamato a forgiare questa nuova umanità; egli è, o dice di essere, profeta di una verità che, pur non avendo altra fonte che il suo delirio egli pretende eterna. Si paragona a Confucio, ai grandi maestri talmudisti, a Mosè e, persino, a Nostro Signore. Pur non essendo massone dichiara di essere a conoscenza di segreti cui nemmeno il tretatreesimo grado del rito scozzese apre l’illuminazione. Verso la Massoneria nutre grande rispetto, vedendovi la strada che, pur non raggiungendola, più si avvicina alla verità solo da lui conosciuta e professata.

Saint-Yves rimase tutta la vita seguace del mago nero francese Antoine Fabre d’Olivet (1767-1825), che, pur non essendo stato da lui mai conosciuto personalmente, affascinò la sua adolescenza e la sua giovinezza. L’occultismo lo accompagnò per tutta l’esistenza, tanto da fargli affermare: «Il carattere proprio della vita e delle forze… per l’uomo in carne ed ossa, o almeno per i suoi organi sensoriali è, in effetti, l’occultismo.

Per conoscere queste cose nella loro essenza, la facoltà superiore dell’anima, chiamata anche Intelligenza, ha saputo in certe epoche, assistita dalla volontà divina, crearsi dei mezzi di osservazione e di esperienza, dei metodi di investigazione e di controllo dei sensi, che erano, in definitiva, più precisi dei suoi organi sensoriali, e dei quali le nostre apparecchiature di chimica e di fisica sono ben lungi dal rappresentare l’alfabeto completo».

Oltre all’esoterismo e all’occultismo, altra caratteristica della dottrina religiosa di Saint-Yves è il sincretismo, principalmente tra cristianesimo  e giudaismo, tanto che egli stesso si definiva un giudeo-cristiano, pur riconoscendo di non avere tracce di sangue ebraico nelle vene. Il sincretismo giudeo-cristiano è, nella sua visione, il punto più alto e, allo stesso tempo, la più concreta realizzazione del principio esoterico e massonico dell’unità trascendentale delle religioni[1], principio che egli interpreta, alla scuola di Saint-Simon come essenzialmente socio-economico. «Sono sempre gli stessi riti che vengono osservati dalla sacerdotessa di Elèusi[2], dai sacerdoti di Delfi[3], da quelli di Etruria, e che Ammonio Sacca[4] trasmetterà ai preti cristiani. Ecco perché le opere di Krishna, di Zoroastro, di Fo-Hi, poi dei neoramiti o degli abramiti, di Mosè, di Sakya-Mouni e infine di Gesù differiranno quanto alla forma, ma saranno identiche quanto ai princìpi e alla sostanza nei loro fini scientifici e sociali».

Pare quasi di ascoltare quelle concezioni sull’ecumenismo e sul dialogo interreligioso proprie delle ultime evoluzioni del Modernismo cattolico: non per nulla Pierre Teilhard de Chardin (1881-1955) era fervente discepolo di Saint-Yves, pur non avendolo conosciuto di persona.

 


[1] Per unità trascendentale delle religioni deve intendersi quel principio secondo il quale i vari culti non sarebbero altro che manifestazioni diverse, ma atte ad essere comprese da tutti, nel linguaggio iniziatico manifestazioni essoteriche, dell’unica grande verità conoscibile solo agli iniziati, per via di illuminazione e non di ragionamento, nel linguaggio iniziatico verità esoterica.

[2] Il tempio di Demetra ad Elèusi era il più importante centro di riti magico-esoterici dell’antica Grecia.

[3] L’allusione è quella al celeberrimo oracolo.

[4] Ammonio Sacca (latino: Ammonius Saccas; 175 – 242) fu filosofo alessandrino, fondatore del Neoplatonismo e maestro dello stesso Plotino. La sua citazione da parte di Saint-Yves non è casuale, soprattutto se si pensa agli effetti che il neoplatonismo, con la sua dottrina dell’emanazione, ebbe sulle correnti ereticali, principalmente di carattere gnostica ed esoterica all’interno del mondo cristiano.

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