Il 13 ottobre ricorre il centenario della nascita della “Iron Lady”, la “donna di ferro”, che non è una supereroina dei fumetti, ma Margaret Hilda Roberts, coniugata Thatcher, super eroina in carne e ossa del liberismo darwiniano. Il soprannome con il quale è conosciuta fu coniato da un giovane caporedattore della “Krasnaja Zvezda”, la Stella Rossa, organo ufficiale delle forze armate sovietiche, dopo un discorso in cui la Thatcher nel 1976 attaccava l’URSS con feroce anticomunismo stile Anni ‘50.
Personaggio politico inglese tra più influenti del XX secolo dopo Winston Churchill, mrs. Thatcher fu la prima donna a divenire premier in Europa. Ma il primato continentale non costituì motivo di particolare orgoglio per la leader conservatrice, secondo la quale il mondo finiva alle bianche scogliere di Dover. “Undefeated”, imbattuta: era questo il titolo che avrebbe voluto vedere scritto sulla copertina della propria biografia. Alla fine, si scelse un appena più modesto, ma rivelatore, The path to power, la via per il potere.
La durezza, l’intransigenza nel sostenere le proprie posizioni e un certo senso di invincibilità hanno sempre caratterizzato e accompagnato Margaret Thatcher, che inaugurò e diede il nome a una radicale variante darwiniana del conservatorismo: il thatcherismo. Una forma di liberismo spietato che smantellò industrie e servizi sociali nazionalizzati, compreso il Servizio sanitario e i trasporti pubblici, piegando e umiliando i sindacati, scatenando una guerra contro l’Argentina, governata da un regime militare di destra, mantenendo una forte alleanza con gli Stati Uniti dei presidenti Ronald Reagan e George Bush anche con un accentuato orgoglio del ruolo internazionale della Gran Bretagna.
Al momento della sua salita al potere, nel 1979, circolavano battute sul fatto che fosse “l’uomo più capace del Partito Conservatore”. In realtà, pur mantenendo una certa femminilità in stile perfettamente british sul modello della Regina Elisabetta, espresse allo stesso tempo caratteristiche molto maschili, come la determinazione, la conflittualità, la volontà di distruggere l’avversario.
Rimase al potere per quasi dodici anni e alla fine stabilì un altro record: fu il primo Primo Ministro in carica nel Regno Unito a essere rimosso su un voto del proprio partito, rimpiazzata dal grigio burocrate John Major. Gli stessi conservatori ne avevano abbastanza della sua gestione del partito, del governo e del Paese.
Margaret Hilda Roberts era nata in una famiglia della piccola borghesia: suo padre, Alfred Roberts, era un droghiere e sua madre Beatrice una casalinga e sarta. Era nata nella piccola città industriale di Grantham, nota per la produzione di attrezzature ferroviarie, non lontana dalla famosa Nottingham. Tuttavia, la piccola Margaret non sognava di emulare Robin Hood togliendo ai ricchi per dare ai poveri: era intenzionata semmai a diventare ricca.
Il padre aveva un’etica del lavoro tipicamente protestante: riteneva che si dovesse vivere in modo modesto, al di sotto delle proprie possibilità. Era un predicatore metodista laico, e quindi cercò anche di mettersi in vista nella comunità di Grantham: membro del Rotary Club, poi consigliere comunale, naturalmente per il partito conservatore. Sebbene i Tories siano considerati il partito dell’aristocrazia, lo sono anche del protestantesimo più radicale, per il quale il successo economico è il segno della benevolenza divina. Margaret respirò fin dall’infanzia questa sorta di “conservatorismo popolare”, tipica della classe media britannica.
La giovane Margaret riuscì a laurearsi in chimica, e nel periodo universitario si impegnò nei circoli politici studenteschi. L’indiscusso eroe della giovane Margaret era Churchill, del quale ammirava soprattutto la grinta. Nel 1951 si sposò con Denis Thatcher, direttore di una azienda di vernici. Il matrimonio non vide affatto Margaret ritagliarsi un ruolo tradizionale di sposa. Al contrario, si iscrisse nuovamente all’università, dove studiò Legge laureandosi in diritto tributario. Studi che contribuirono a formare la sua peculiare visione delle tasse come ostacolo all’azione delle imprese.
La carriera politica di mrs. Thatcher fu lenta, senza clamori, frutto di un impegno all’interno del partito che alla fine venne premiato. In ogni caso, fu chiaro fin dagli inizi quale fosse la sua visione politica: libero mercato, competizione sociale, fine dell’assistenzialismo pubblico. Politiche liberiste tipiche della destra britannica, certo, ma la figlia del droghiere aggiunse alla ricetta una consistente dose di darwinismo sociale. I poveri erano tali per colpa loro, perché evidentemente non avevano abbastanza forza e talento per emergere, come invece era riuscita a fare lei, partendo dal basso, da una dignitosa classe media che lavorava duramente per diventare la donna più potente dopo la Regina.
La consacrazione politica definitiva avvenne in due fasi. Nel 1974 sfidò l’allora leader conservatore Heath e gli sottrasse il vertice del partito in un congresso molto agitato. Assunse una posizione di staff presso il Center for Policy Studies, promuovendo il monetarismo, l’approccio economico di Milton Friedman, in contrasto con la filosofia economica keynesiana.
Nel 1979, la Thatcher guidò il Partito Conservatore a una inattesa vittoria elettorale e divenne Primo Ministro. Iniziava un’era destinata a durare oltre un decennio, caratterizzata dal suo stile, che si consolidò ulteriormente: frugalità personale, vita privata moralmente inattaccabile, a differenza di altri leader europei, e soprattutto estrema conflittualità nei rapporti. Lo si vide in occasione della tragica vicenda dei prigionieri politici irlandesi, con una gestione spietata della crisi che si era aperta con lo sciopero della fame dei prigionieri repubblicani chiusi nel carcere di massima sicurezza di Long Kesh, presso Belfast. La Thatcher fu moralmente responsabile della morte per fame di dieci prigionieri che chiedevano il rispetto dei loro diritti, guidati da Bobby Sands, un ventisettenne eletto nel Parlamento di Londra.
Restò fedele al nazionalismo imperialista britannico, ad una politica di grandezza, come mostrò nella crisi con l’Argentina che aveva occupato e rivendicato una remota colonia britannica, le Isole Falklands, per gli argentini Malvinas. Dalla crisi nacque un conflitto aperto, e la Lady di Ferro mandò un corpo di spedizione che riportò una vittoria che la Thatcher seppe ben sfruttare propagandisticamente.
Oggi la Thatcher viene celebrata solo dagli ambienti conservatori più oltranzisti, che mancano di qualunque compassione nei confronti dei deboli, dei fragili, di chi non ha successo. Il protestantesimo in Inghilterra, dopo il suo crollo totale dal punto di vista spirituale, ha lasciato solo questa triste sopravvivenza: che la riuscita e il successo siano segno della benevolenza di Dio. La figlia del droghiere mostrava orgogliosamente se stessa come esempio.
La fine della sua carriera politica fu decretata dal suo stesso partito, che la sfiduciò. Evidentemente anche i conservatori erano stanchi del suo stile duro e autoritario. Una donna sola al comando.
Lasciò un’Inghilterra profondamente cambiata, dove si era imposto il più duro darwinismo sociale. Il fatto che oggi in altri Paesi europei ci sia chi la rimpiange e la celebra, è un segnale molto preoccupante. Dio non voglia che la Lady di ferro fosse stata una annunciatrice di tristi tempi a venire.


