Modernità: culla o bara dei diritti umani? – di Corrado Gnerre

… mentre nella premodernità la violenza esisteva ma non trovava nell’antropologia nessun tipo di giustificazione, con la modernità la violenza e la strumentalizzazione dell’uomo diventano l’esito coerente di una concezione che decide di valutare l’uomo solo come un semplice organismo biologico.

di Corrado Gnerre

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zzgncdL’accusa che è rivolta al Cristianesimo è quella di aver ostacolato i diritti umani perché si sarebbe posto sempre in una prospettiva contraria alla modernità filosofica. Ma è proprio vero che i diritti umani siano nati con la modernità?

Anni fa, a Torino, si tenne un seminario a porte chiuse sul tema Chiesa cattolica e modernità. Ad organizzarlo fu l’ambiente tipico della Torino culturale, cioè l’ambiente che da sempre si “onora” di esprimere il laicismo nostrano, quello neogobettiano…e da qualche anno possiamo anche definire “neobobbiano”.

Il leit motiv fu questo: dal momento che i diritti umani sono nati nella modernità e dal momento che il Cattolicesimo è incompatibile con la modernità, ecco che il Cattolicesimo è contro i diritti umani.

Ragionamento che nella parte iniziale non fa una grinza, perché è vero che il cattolicesimo è incompatibile con la modernità, quella filosofica naturalmente, non la modernità come semplice progresso scientifico-tecnologico che invece è nata grazie soprattutto al Cristianesimo. Per modernità filosofica s’intende il tentativo dell’uomo di fare a meno di Dio, di diventare Dio di se stesso; per dirla in termini più filosofici e difficili: di diventare fondamento immanente di tutto.

Ma il ragionamento poi prosegue falsamente, perché se è vero che il Cattolicesimo è incompatibile con la modernità filosofica, non è affatto vero che i diritti umani siano nati nella modernità, anzi. L’Illuminismo (siamo nel pieno della modernità filosofica) ebbe una sua concezione dell’uomo, coerentemente conseguente ai presupposti dell’Illuminismo stesso. Dal momento che – dicevano gli illuministi – esiste solo la materia, l’uomo è solo corpo, un semplice organismo cellulare, “una macchina”, come amava dire La Mettrie. Ora, se l’uomo non è altro che un organismo cellulare, vuol dire che non ha un’anima, e se non ha un’anima, vuol dire che ha un valore finito. Per il Cristianesimo, invece, l’uomo è sì materia ma è anche spirito e nel suo spirito si esprime l’“immagine e somiglianza di Dio”, che è ha in un certo qual modo un valore “infinito”, essendo il riflesso stesso di Dio che è ontologicamente infinito.

Ma torniamo all’Illuminismo. L’uomo, dunque, sarebbe solo un organismo cellulare, quindi avrebbe un valore finito. Ma se ha un valore finito, vuol dire che può essere posposto (messo dopo) ad altri valori: l’Ideologia, lo Stato, la Rivoluzione, la Razza. Una volta infatti che si è ammesso che l’uomo ha solo un valore finito, come si fa dimostrare che è un valore sempre e comunque superiore agli altri?

Chi ha studiato il XX secolo sa bene che questo secolo è riuscito a fare più morti ammazzati di tutti i secoli precedenti. È vero che ha “beneficiato” di strumentazioni belliche molto sofisticate, ma questo non basta a spiegare. Quello che spiega è piuttosto un’altra cosa, e cioè che il mondo contemporaneo si è costruito sulla convinzione che l’uomo non è necessariamente il valore più grande sulla faccia della terra.

Noi oggi parliamo dei genocidi del XX secolo (l’Olocausto, ancor prima l’Armenia, le purghe staliniane, la Cambogia, la Cina maoista, le foibe, ecc…), ma dimentichiamo che il concetto di “genocidio” è nato prima. Non a caso è nato quando l’Illuminismo divenne prassi politica con la Rivoluzione francese, precisamente quando il governo giacobino decise di “rispondere” alla rivolta controrivoluzionaria della Vandea. In quel caso non si decise di intervenire sui capi e sui soli colpevoli (“colpevoli” naturalmente dalla prospettiva rivoluzionaria), ma su un intero popolo senza alcuna distinzione. Ciò che contava era salvare la Rivoluzione, perché non era la Rivoluzione per l’uomo ma il contrario. Ragionamento del tutto coerente con la filosofia illuminista, in particolare, e con quella moderna, in genere.

E fu così che vennero praticate (allora, non dopo) le prime tecniche di genocidio: avvelenamento delle acque, dell’aria, uccisioni di massa, ecc.

L’Ottocento, poi, non tradì certo la svolta antropologica del secolo precedente e anch’esso fu all’insegna della strumentalizzazione dell’uomo. Un piccolo ma significativo esempio, ci sarebbe da chiedere ai laicisti di oggi che tanto sono legati ai padri del nostro Risorgimento: ma è figlio della Chiesa o della modernità un Cavour che mandò a morte tanti uomini nella sconosciuta Crimea per potersi sedere al tavolo delle trattative?

Finalmente il Novecento che tutti conosciamo. La Grande Guerra, “inutile carneficina” voluta a tavolino, dove per la prima volta si capì quanto l’uomo dovesse servire come terrificante macchina da guerra, e poi Stalin, Hitler, Mao, Pol Pot e compagnia bella…pardon: brutta!

Con questo non si vuole dire che il mondo premoderno (cioè quello medievale perché quello antico è in un certo senso prefigurazione della modernità) fosse immune da violenza e prevaricazioni. Piuttosto si vuole dire un’altra cosa e cioè che mentre nella premodernità la violenza esisteva ma non trovava nell’antropologia nessun tipo di giustificazione, con la modernità la violenza e la strumentalizzazione dell’uomo diventano l’esito coerente di una concezione che decide di valutare l’uomo solo come un semplice organismo biologico.

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fonte: Il Giudizio Cattolico

3 commenti su “Modernità: culla o bara dei diritti umani? – di Corrado Gnerre”

  1. giorgio rapanelli

    Non è mai tempo sprecato ricordare questa Storia. Abbiamo parlato di genocidi? Aggiungiamo quello dimenticato delle donne e dei bambini boeri, messi in campi di sterminio dagli Inglesi in Sud Africa durante la guerra contro i boeri. Furono gli Inglesi ad inventare i campi di sterminio. E’ tempo di ridiscutere tutto ciò che è accaduto, senza giustificazioni. Spesso sento attribuire colpe alle Crociate, al vescovi feudatari, al potere temporale della Chiesa, allo IOR. Ma senza quella politica e il denaro, e la politica temporale di quei tempi, non avremmo avuto il Cristianesimo esteso nel pianeta. La povertà evangelica, che oggi tanto si prospetta, avrebbe portato ad avere un Cristianesimo di piccoli cenacoli, magari oggi scomparsi. Le missioni non si mantengono con le giaculatorie, ma con i quattrini della Provvidenza. Forse occorrerebbe una Chiesa più coraggiosa e militante. Come all’epoca di Pio XII, che noi comunisti odiavamo. Invece, la chiesa è spaccata come un melone. Deo gratias.. . .

  2. L’apprezzo tantissimo, Prof. Gnerre, non solo per la saggezza dei suoi giudizi, ma anche per la chiarezza e la semplicità con cui sa sempre esprimere e presentare concetti elevati. Ogni suo articolo (che leggo soprattutto sul Settimanale di P.Pio) è per me motivo di crescita culturale e spirituale e di questo le sono grata. Quanto a ciò che leggo qui, sono perfettamente d’accordo. All’uomo di oggi, non più riconosciuto come immagine e somiglianza di Dio, quale dignità è ormai riconosciuta? Nessuna che sia diversa da quella attribuita a qualsiasi altro essere che popola l’universo. Ne è prova, ad esempio, l’estrema considerazione verso gli animali che va ben al di là di quella dovuta all’uomo. Si piange di più per un cane in gabbia che per un bambino abortito, di cui nessuno parla. È il rispetto (bel rispetto…) per le infami leggi a cui gli Stati si adeguano in blocco, per gli indiscriminati e insani desideri travestiti da diritti che il mondo vuole a tutti i costi imporre come splendidi e sacrosanti. Ma troppo a lungo le generazioni sono state ingannate nascondendo e mistificando la verità. Che si sveglino i cristiani veri e la gridino dai tetti, come Lei, grazie a Dio, fa.

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