Mons. Athanasius Schneider e la regolarizzazione canonica della Fraternità San Pio X – Nota di Belvecchio

di Belvecchio

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Il sito spagnolo Adelante la Fe, il 4 gennaio 2017, ha pubblicato il video di un’intervista esclusiva di Mons. Athanasius Schneider condotta da Sonia Vázquez.
Il sito riporta insieme, per esteso, i punti salienti delle risposte di Mons. Schneider.

L’intervista, così presentata, è stata ripresa dal sito americano Rorate Caeli e dal sito italiano Radio Spada.  Quest’ultimo ha fatto seguire alla pubblicazione dei punti salienti dell’intervista, tradotti in italiano, degli interrogativi (dubia) sollevati su tali punti da Cesare Baronio.

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Riportiamo i punti salienti di questa intervista, come presentati sul sito Adelante la Fe e li facciamo seguire da una nostra nota.

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«Ci sono molti posti in cui i sacerdoti agiscono più come pastori protestanti che come sacerdoti cattolici»

«Ci sono famiglie che devono fare più di 100 km per trovare una Messa dignitosa e ascoltare una sana dottrina»

«I fedeli devono chiedere ai sacerdoti degli inginocchiatoi, per potersi inginocchiare»

« Noi abbiamo una crisi cardiaca eucaristica, fintanto che non la cureremo il resto del corpo sarà malato e non produrrà frutto»

«Nel clima attuale, è un miracolo che abbiamo delle vocazioni»

«La teoria del genere è una depravazione, una forma terminale del marxismo»

«Se è possibile, i genitori dovrebbero ritirare i propri figli dalle scuole in cui si insegna la teoria del genere»

«C’è una mentalità di relativismo radicale all’interno della Chiesa»

«Dovremmo parlare in modo che il Magistero possa parlare chiaramente»

«Con il relativismo morale, in particolare per quanto riguarda la Comunione ai divorziati risposati, noi vogliamo che Dio faccia la nostra volontà, invece di voler fare la Sua»

«Un diaconato femminile tradizionale contraddice la natura della Chiesa»

«Dobbiamo amare il papa in maniera soprannaturale, pregando per lui, e non praticare una forma di papolatria»

Fraternità San Pio X – Mons. Lefebvre

«Sono convinto che nelle attuali circostanze, Mons. Lefebvre avrebbe accettato senza esitare la proposta canonica di una prelatura personale»

«Mons. Lefebvre è un uomo che aveva un senso profondo della Chiesa»

«Le ordinazioni episcopali furono fatte nel 1988 perché egli pensava, in buona coscienza, di doverle fare, come atto estremo, e allo stesso tempo diceva che la situazione non doveva perdurare»

«Se si rimane canonicamente autonomi per troppo tempo, si corre il rischio di perdere una caratteristica della Chiesa cattolica, cioè l’essere sottomessi al Papa»

«Non si può far dipendere la sottomissione al Vicario di Cristo in funzione della persona; non è questa la fede. Non si può dire “io non credo in questo Papa, non mi sottometto, aspetterò che ne venga uno che mi piace.” Questo non è cattolico né soprannaturale, è umano. Si tratta di una mancanza di soprannaturalità e fiducia nella Divina Provvidenza, nel fatto che è Dio che guida la Chiesa. Questo è il pericolo per la Fraternità San Pio X»

«Ho chiesto a Mons. Fellay di non ritardare più a lungo a dare il suo consenso, e ho fiducia nella Provvidenza, anche se non si può mai essere sicuri al 100% »

«Il mio grande desiderio è che la Fraternità San Pio X possa essere riconosciuta e stabilita all’interno della struttura regolare della Chiesa nel più breve tempo possibile, e questo sarà un beneficio per tutti: per loro e per noi stessi. In realtà sarà una nuova forza nella grande battaglia per la purezza della fede.»

«Ho detto a Mons. Fellay: “Monsignore, noi abbiamo bisogno della vostra presenza, per aggiungervi alle forze positive nella Chiesa e realizzare questa unione”»

La Messa tradizionale

«Il movimento di ripristino della Messa tradizionale è opera dello Spirito Santo, e niente lo fermerà.»

«Se i Padri del Vaticano II avessero assistito ad una Messa come la conosciamo oggi, e ad una Messa tradizionale, la maggioranza avrebbe detto di volere la Messa tradizionale e non l’altra»

«La liturgia tradizionale è quella del Vaticano II, con forse delle piccole modifiche.»

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NOSTRA NOTA

Dopo aver letto i punti salienti di questa intervista, ci stiamo ancora chiedendo se le risposte le abbia date Mons. Schneider o Mons. Fellay.
E’ nota la particolare amicizia che lega i due vescovi, ed è quindi naturale che nei loro diversi incontri abbiano scambiato i loro pareri su questa spinosa questione della regolarizzazione canonica della Fraternità San Pio X. Non ci stupiamo neanche della concordanza di vedute dei due vescovi, ma siamo rimasti meravigliati per i vari passi in cui questa concordanza diventa perfino identità, così che ci siamo anche chiesti fino a che punto queste dichiarazioni siano spontanee o concordate preventivamente tra i due vescovi.

Detto questo, per onestà intellettuale,  cerchiamo di intendere cosa abbia voluto suggerire Mons. Schneider, soprattutto su certi punti sensibili dell’intera questione.

Quando egli dice che Mons. Lefebvre avrebbe accettato la prelatura personale proposta oggi a Mons. Fellay, perché aveva un forte senso della Chiesa e riteneva che la situazione venutasi a creare dopo le consacrazioni del 1988 non doveva durare, sembra di leggere le dichiarazioni corrispondenti espresse a più riprese da Mons. Fellay.

Ora, nulla osta che Mons. Schneider abbia legittimamente la sua opinione personale, ma quando tale opinione poggia su presupposti non corretti, nasce il sospetto che non di opinioni si tratti, ma di suggerimenti interessati.

In realtà, se Mons. Lefebvre non avesse avuto un forte senso della Chiesa, non solo non avrebbe fondato la Fraternità San Pio X, ma non si sarebbe opposto al suo scioglimento da parte di Roma, né avrebbe ritirato la firma apposta sul protocollo proposto da Ratzinger nel 1988 e quindi proceduto alla consacrazione di quattro nuovi vescovi.
Tutto questo Mons. Lefebvre lo fece sulla base del suo forte senso della Chiesa. Gli stava tanto a cuore il destino della Chiesa che preferì la scomunica all’accomodamento improprio con le autorità romane dell’epoca.

A differenza di Mons. Schneider e di Mons. Fellay, noi non sappiamo cosa farebbe oggi Mons. Lefebvre, tenuto anche conto del precipitare ulteriore dello stato della dottrina e della pastorale per mano dell’attuale dirigenza vaticana, ma non possiamo evitare di considerare che se la sua Fraternità è cresciuta in questi 40 anni, questo è avvenuto, non solo per l’aiuto di Dio, ma anche per il fatto che essa si è tenuta distante da Roma e dalle inevitabili commistioni che comporta una qualsiasi vicinanza con un Vaticano sempre più ridotto a provvisoria succursale romana del protestantesimo.

Quando Mons. Schneider dice che la regolarizzazione della Fraternità sarebbe un bene per tutti, al punto che essa sarebbe una forza in più per la battaglia per la purezza della fede, sembra sfondare una porta aperta.
Questa questione, supposta sottile e ponderata, della Fraternità che dall’interno potrebbe cambiare in meglio le condizioni della Chiesa attuale, è vecchia almeno di 16 anni. Già il Card. Castrillon Hoyos provò a farla passare per un’idea brillante.

La verità è che il detto afferma: “aiutati che Dio t’aiuta”, e cioè, in questo caso: vescovi e cardinali, aiutatevi, che poi qualcun altro vi darà una mano.
E questa verità si verifica essere praticata male, per non dire per niente, dai vescovi e dai cardinali, sia in questi ultimi 16 anni, sia e soprattutto negli ultimi tre anni. Emblematiche a questo riguardo sono le “dimissioni” di Ratzinger e l’elezione di Bergoglio.
Come dire che è inutile piangere sul latte versato.
Se i vescovi e i cardinali si fossero dati da fare in questi anni, si fossero “aiutati”, oggi non avremmo le recriminazioni a posteriori per la deriva dell’istituzione del papato, voluta da Ratzinger, né quelle per la deriva disastrosa della dottrina attuata da Bergoglio.

Se in questi anni i vescovi e i cardinali non sono riusciti neanche a raddrizzare di qualche grado il timone della barca di Pietro, e anzi hanno concorso, volontariamente o no, a far deragliare la barca ancor di più, come si può pensare che la regolarizzazione canonica della Fraternità possa operare il miracolo di capovolgere il naufragio in sicuro approdo?

Con l’aiuto di Dio, dice Mons. Schneider, ma Dio non interviene se non prima gli uomini si dispongono sulla strada giusta in attesa del Suo aiuto, e questo i vescovi e i cardinali non l’hanno fatto: vuoi perché non hanno saputo, vuoi perché non hanno voluto.
Sarebbe la Fraternità la molla che trasformerebbe gli accomodanti in reagenti?

Noi abbiamo la strana sensazione, affatto campata in aria, che, una volta regolarizzata, la Fraternità finisca col subire la stessa sorte di tanti vescovi che aspettano la Fraternità stessa per raddrizzare le sorti nella Chiesa.

Quando Mons. Schneider dice che il ripristino della Messa tradizionale è un movimento inarrestabile, perché voluto dallo Spirito Santo, esprime una sua personalissima e irreale opinione, poiché in verità non c’è mai stato alcun ripristino, neanche allo stato iniziale, e questo non può essere volere dello Spirito Santo.
Quello che invece c’è stato, e c’è stato per manifesto volere degli uomini di Chiesa, è stata la squalificazione liturgica e teologica della Messa tradizionale, ridotta a formula accessoria e occasionale, con prospettiva ad esaurimento, che tutti i vescovi e i cardinali conservatori, non solo hanno accettato, ma hanno addirittura osannato; come se definire la Messa di sempre, la Messa degli Apostoli, con il ridicolo aggettivo di “extraordinaria”, rispetto poi alla Messa di Paolo VI, fosse la cosa migliore che potesse capitare alla millenaria liturgia della Chiesa.

D’altronde, che le cose stiano proprio così, e non si tratta di alcunché di inarrestabile né di dipendente dal volere dello Spirito Santo, lo conferma lo stesso Mons. Schneider quando sostiene che la liturgia tradizionale è quella del Vaticano II.
Nel dire questo, Mons. Schneider conferma che la Messa di Paolo VI, quella che Mons. Lefebvre, che aveva un forte senso della Chiesa, chiamava la Messa di Lutero, secondo lui sarebbe tanto buona, con solo qualche piccola modifica, da equivalere alla Messa tradizionale… ma perché allora ha parlato prima di “ripristino”? 

In realtà, senza nulla togliere a certi elementi di ortodossia che possono ancora sussistere in questa Messa di Paolo VI, nonostante i vescovi e i cardinali e nonostante il Vaticano II e Paolo VI stesso, l’unica modifica che bisognerebbe apportare è la sua abolizione, perché, come logica impone, se occorre modificare la Messa di Paolo VI per renderla accettabile, basta sostituirla con la Messa che c’è già: la Messa tradizionale; questa sì con le poche secondarie modifiche già praticate da tutti i sacerdoti che la celebrano, non per farla assomigliare alla Messa di Paolo VI, ma per venire incontro, con sano realismo, alle esigenze pastorali dei fedeli.

Per ultimo, facciamo notare che se, come suggerisce Mons. Schneider, i Padri conciliari non si resero conto da subito che la Messa di Paolo VI sarebbe diventata una scimmiottatura della Messa della Chiesa, evidentemente non avevano alcuna nozione di liturgia, non solo, ma quando usarono essi stessi il nuovo Ordo e lasciarono che giorno dopo giorno diventasse sempre più uno strumento per demolire l’intera liturgia cattolica, manifestarono in questo modo la loro intrinseca volontà di cambiare la Messa degli Apostoli nella Messa di Lutero.

La conclusione che si può trarre dalla lettura, tra le righe, di questa intervista, è che la Fraternità sembra ormai destinata definitivamente a consegnarsi, ad opera dei suoi Superiori, nelle mani del Papa più rivoluzionario che abbia mai afflitto la Chiesa in questi ultimi 40 anni. Operazione questa che non è detto che comporterà il ridimensionamento o perfino la fine della Fraternità fondata da Mons. Lefebvre, perché, nonostante questi tempi così fluidi e vischiosi, il seme gettato da Monsignore continuerà a dare frutto al di là della struttura ufficiale della Fraternità stessa.

Il fatto che essa diventi una prelatura personale della nuova Chiesa moderna, sarà da stimolo per tanti sacerdoti e tanti fedeli a tenere ferme le posizioni di sempre. E questo per il bene, non solo della Fraternità stessa, ma dell’intera Chiesa, che continuerà a sussistere nella fede di tutti quei veri cattolici che, ad imitazione di Mons. Lefebvre, preferiranno l’ostracismo alla colpevole connivenza.

Questo potrà forse dispiacere a Mons. Schneider e a Mons. Fellay, che si appelleranno al senso della Chiesa e alla visione soprannaturale, ma sarà l’unico modo che rimarrà perché un giorno, come auspicava Mons. Lefebvre, chi volesse ritornare alla sana ortodossia liturgica e dottrinale, troverà in questi fedeli recalcitranti, chierici e laici, il baluardo a cui aggrapparsi per salvarsi dall’imperversare dei marosi che stanno erodendo e consumando la superstite barca di Pietro.

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fonte: UnaVox  

11 commenti su “Mons. Athanasius Schneider e la regolarizzazione canonica della Fraternità San Pio X – Nota di Belvecchio”

  1. luciano pranzetti

    La tattica di Bergoglio – silenzio, temporeggiamento, lusinga, minaccia – sta logorando la resistenza anche di chi, in questo caso il cardinal Schneider, si era attestato sulla Tradizione. D’altra parte, tanto il predetto che i 4 latori dei “dubia” hanno accettato il CV2 e la tossica dottrina ivi contenuta per cui non penso che ci si possa attendere chissà quale risultato dalla prossima mossa con cui i 4 cardinali prevedono di recapitare al Papa le canoniche “monitiones”. Dalla ricognizione che fa Belvecchio si intuisce che le crepe, nella diga della resistenza si fanno sempre più ampie. Toccherà a noi laici, di serrare le file. Per l’intanto, preghiamo.

  2. I dubbi esposti sono tutti fondati ma il problema e’ che la FSSPX di oggi non e’ quella di mons Lefebvre. Non e’ possibile prevedere cosa verra’ fuori da un accordo, sono le persone che contano e non le firme, ma un conto sarebbe stato un rientro sotto GPII, altra questione con l’attuale papa. Ho l’impressione che mons Fellay ceda sulle questioni dottrinali semplicemente perche’ viste oggi meno importanti e anche forse per il timore che una eccessiva rigidita’ danneggi la stessa Fraternita’. Personalmente non vedo niente di positivo in un accordo ma aspetto di essere smentito.

  3. Considerato che Francesco si comporta come un normalissimo leader laico, totalmente svincolato dalle responsabilità d’essere il Pastore successore di San Pietro, dovremmo anche noi tutti cominciare a guardare a questa ‘politica’, a questa strategia bergogliana, con le dovute conclusioni. Insomma, il caso della FSSPX è un altro tassello che si aggiunge alla laicissima e mondana strategia demolitoria della Chiesa. Tutto ciò che ancora è ancorato alla Tradizione, al Magistero di sempre e al Vangelo è di ostacolo e va ridimensionato. Da notare le caratteristiche strategiche usate nei confronti di chi è dentro e di chi è formalmente fuori: i primi annientati in chiarissimo stile sovietico o maoista, i secondi usando le armi zuccherose di chi è mal intenzionato. Dalle mie parti si ricorre a una battuta: al cane anziano vuoi fare “zu zuuu”? Cioè, il cane ormai addestrato dalla vita non si lascia coinvolgere dai sdolcinati richiami. Vedremo quanta esperienza ha accumulato la FSSPX. Esperienza che la Chiesa, dopo più di due mila anni, dovrebbe possedere.

  4. Umberto Bonvicini

    A mio modestissimo parere la FSSPX confluirà, presto o tardi, nella nuova chiesa conciliare. E’ noto a tutti l’accordo di Bergoglio con i Luterani, per cui, se Fellay – dopo aver convocato il capitolo – si accorda con Bergoglio ne consegue che dovrà accordarsi anch’egli con i Luterani. E solo a questo punto, forse, molti fedeli della FSSPX prenderanno atto dell’allontanamento dalla Chiesa Cattolica Una Santa e Apostolica. Immagino che ben pochi conoscano le effettive ragioni addotte da Fellay per il “dialogo”, in ogni modo nella FSSPX è rimasto ben poco di Mons. Lefebvre nei riguardi di Roma.

  5. Qui è la parabola del figliol prodigo capovolta. Qui il figlio saggio, conservatore, fedele al suo lavoro è andato via, perchè in casa padre,fratello, servitù, impazziti, avevano dilapidato tutto. Ora la situazione è peggiorata, un ritorno, al lume della ragione, sarebbe sconsigliato vivamente a chiunque, per il rischio di vedersi crollare in testa perfino il tetto. A meno che Mons.Fellay, non mandi una circolare a tutti consacrati e non dicendo: In questi anni ci siamo rinforzati e le nostre truppe sono aumentate di molto in numero e qualità, di là stanno morendo affogati, possiamo buttarci in loro aiuto ma, nessuno di voi è obbligato. Chi viene deve avere la piena consapevolezza che cercheranno di farvi affogare con loro in un abbraccio mortale. Prima regola per salvare un annegando: tirargli un pugno sul naso da farlo svenire, per poi caricarselo sulla spalla e portarlo a riva salvo. Per chi viene e tradisce vige la legge di guerra, cioè non è più parte del nostro ordine. Chi viene sappia che sarà tentato in ogni modo, da tutti, amici per primi.

    1. Lo mandi a Mons. Fellay questo suo splendido promemoria, cara Irina. Nemmeno Mons. Léfèbvre avrebbe potuto redigerne uno migliore : un vero “assist” per quest’ora buia della vita della FSSPX. Che Dio li protegga, questi santi sacerdoti. In caso di imposizione dittatoriale del filomodernista Fellay, ci sarebbe sempre la possibilità, per i cd “resistenti”, di confluire nella Unione Sacerdotale Marcèl Léfèbvre” di Mons. Williamson, sbattuto fuori dai misericordiosi capi della Fraternità.

  6. A parte il fatto che non ci può essere unione se la Fede è diversa, si deve essere uniti nella fede cattolica, pertanto se non sussistesse il problema che oggi Roma ha perso la Fede e ne professa una non cattolica, non ci sarebbe bisogno di accordi, perchè si sarebbe elementarmente già in comunione. Pertanto se 40 anni fa mons. Lefebvre ha fatto quel che ha fatto giustificandolo con stato di necessità, direi senza esagerare che oggi lo stato di necessità è ancora più grave, pertanto su cosa si dovrebbero basare gli accordi, su come si beve il tè? Non ci possono essere accordi con non cattolici. Roma ritorni alla Fede e non ci sarà bisogno che mons. Schneider si scomodi con consigli. Anzi sarebbe bello che la controparte consigliasse a mons. Schneider di fuggire a gambe levate da chi vuole togliere la fede alle anime per farle dannare e vuole che i vescovi e i sacerdoti collaborino a questo crimine. Mons. Schneider vuole che la FSSPX diventi collaboratrice del Male?

  7. Dagli amici ci guardi Iddio...

    A volte mi pare che i “buoni” che non hanno però il coraggio di fare un passo in più, quello di rifiutarsi di servire l’errore e di collaborarvi anche in piccola parte, invece di decidersi a “disobbedire” a chi disobbedisce a Dio, cercano di far entrare nel calderone degli inciuci, anche i coraggiosi che fino ad ora si sono presi le botte in prima linea per un Bene superiore che è nostro Signore Gesù Cristo e che sono le anime da salvare. Forse si sentirebbero meglio in coscienza, tutti quelli che fanno i tradizionalisti a metà, a far cadere nella tiepidezza anche gli altri? E’ un dubbio, perchè gli amici ci direbbero di resistere al Male, non di accordarci con esso.

  8. Bisogna solo sperare che “da dentro” impediscano a Fellay di fare il saltino, perché questo, da anni, non vede l’ora. La vedo dura, ma a Dio nulla è impossibile. Preghiamo.

  9. luciano pranzetti

    La proposta di erigere la FSSPX a “prelatura personale” è una nassa in cui è facile entrare, o discendere e quasi impossibile uscirne o risalire. “facilis descensus. . .sed revocare gradum. . . et evadere ad auras, hic labor est” e a nessuno, come alla FSSPX, è applicabile il verso virgiliano. E’ un’esca micidiale con cui Bergoglio avrà la proprietà di tutta la Fraternità. Questo è il mio sospetto.

  10. Opportunamente la FSSPX ha disposto ed organizzato e scandito la propria azione nel 2017 in funzione di quanto è avvenuto a Fatima. So di andare un po’ oltre ma mi permetto un suggerimento. Ogni decisione dopo il 13 ottobre 2017. Sarà quello lo scenario di riferimento che stabilirà le condizioni iniziali. Non quello odierno.

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