Nostalgia del colonialismo? – di Pietro Patriarca

di Pietro Patriarca

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E’ sempre esistito con il  dominio dell’ uomo sull’ uomo, ma nel suo più estrinseco aspetto il colonialismo è cominciato subito dopo le grandi scoperte geografiche del XVI secolo e con la  conquista spagnola  del Nuovo Mondo.  Ha raggiunto l’ apogeo a cavallo dei secoli XIX e XX per tramontare progressivamente con la conclusione del secondo conflitto mondiale. Attualmente il colonialismo è unanimemente  rifiutato dal consesso delle nazioni  ed è ritenuto “esclusiva politica di  conquista a scopo di sfruttamento di risorse e di sottomissione servile dei popoli conquistati”.

A ragione di ciò  interi continenti,  da sempre allo stato coloniale, hanno raggiunto un’ autonomia che ha lasciato loro  intravedere  un avvenire di indipendenza e di autodeterminazione. Tuttavia non è andata del tutto così. Infatti il colonialismo politico si è semplicemente trasformato ed il mostro antico ha dato origine ha qualcosa di più simile se non di peggiore: il colonialismo economico. Nel secondo dopoguerra le potenze colonialiste, tra le quali primeggiavano quelle europee, sono state esautorate dalle economie trionfanti degli Stati Uniti e dell’ Unione Sovietica entrambe impegnate a dividersi il mondo ed ad immettere i mercati mondiali  nelle rispettive sfere di influenza per continuare a farlo ancora ai giorni nostri.

Ecco quindi che le ex colonie, affrancate dallo stato servile in cui si trovavano, si sono date costituzioni e leggi, governi nazionali e nazionalismi, ma lo hanno fatto generalmente affidandosi a totalitarismi etnici o dittatoriali impegnati, con il tacito consenso dei nuovi colonialisti, a rafforzarsi più politicamente e militarmente  che economicamente. Incapaci di autogovernarsi efficacemente i nuovi Stati hanno originato prima il Terzo poi il Quarto mondo, senza  riuscire  a trarre fondamentali utili sia  dalle loro indiscusse ricchezze minerarie ed  agricole che dalla loro forza lavorativa, in questo modo  finendo per dipendere in misura sempre maggiore dai nuovi colonialisti. Cionondimeno, con il benessere delle popolazioni che tardava ad arrivare in quei Paesi la guerra, e la guerriglia, sono  state  elevate a prassi con il risultato di indebolire costantemente, logorandole, quelle deboli economie. Il risultato è che i novelli colonialisti continuano a prosperare incontrastati su situazioni politiche labili e contraddittorie, mentre i debiti contratti dai loro “protetti” vanno  in continua lievitazione senza  possibilità alcuna di estinzione, con il risultato che i neo-colonizzati continuano a rigenerarsi in un non nuovo stato di sudditanza servile.  Da tutto questo  non può che scaturire un logico desiderio di miglioramento individuale  tale da indurre tanti  poveri disperati  ad intraprendere i micidiali “cammini della speranza” verso i Paesi ritenuti ricchi, propriamente con  le cosiddette  “carrette del mare” che salpano cariche di infelici oltre ogni ragionevole limite. Cosa è cambiato dunque  dagli ormai lontani tempi del tanto aborrito colonialismo politico?  La risposta è: poco e niente. Se non: tutto al  peggio.

Le potenze colonialiste acquistavano, da altri colonialisti e con denaro sonante, le colonie  oppure le “conquistavano” con la forza delle armi, infliggevano distruzioni e lutti ma, una volta “pacificati” quei territori vi investivano denaro e tecnologie, fornivano tecnici ed amministratori e costruivano le infrastrutture necessarie  quali strade, porti, acquedotti ecc. generando benessere progressivo e le popolazioni indigene trovavano da lavorare nel loro ambiente senza dover emigrare. Cionondimeno è pur vero quanto il colonialismo politico non favorisse l’emancipazione, mantenesse i popoli asserviti nell’ignoranza e, seguendo la logica del “dividi et impera”,  incoraggiasse etnie dispotiche  e piccoli nazionalismi. Nessuno può negare che il colonialismo politico soffrisse di questo e d’altro, ma è anche vero che le cose non sono cambiate di molto nonostante l’eclissi di Imperi e Regni, nonostante decenni di democrazia internazionale, di coesistenza pacifica e di liberi scambi fino all’attuale globalizzazione. Idealmente il colonialismo politico dilatava  le nazioni oltre i confini naturali, sviluppava il concetto di madrepatria e di fratellanza tra razze ed etnie differenti. Su quel modello il concetto di cittadinanza, attualmente ben di là da venire, non poteva escludersi a priori in quanto di naturale origine e ogni tipo di emigrazione sarebbe stata auspicata al di fuori dalle avventure illegali ed insicure per deserti e per mari che tante dolorose vittime attualmente  mietono.

Lungi dall’esaltare il peggiore colonialismo politico perpetuatosi nei secoli, ma guardando alle tante situazioni di intolleranza perfino religiosa che perdurano prevalentemente in Medio Oriente ed in  Africa e per le quali le cosiddette “primavere” si sono tramutate in autentici inverni, mi viene spontaneo rifarmi a quanto  di positivo  ci fosse in quel  tipo di colonizzazione e, rapportandola a quanto accade oggi nella più totale indifferenza, mi pongo la domanda: è lecito provare  nostalgia per  il  vecchio colonialismo?

11 commenti su “Nostalgia del colonialismo? – di Pietro Patriarca”

  1. A parte che il periodo coloniale, chiamiamolo pure dell’ ‘infamia coloniale’, era una goduria per l’Africa, a confronto con le sue attuali delizie gestionali indipendentiste, non dimentichiamo che in Africa qell ‘infamia’ – portata a giustificazione del fenomeno migratorio, come conseguenza, si proclama, dello sfruttamento e oppressione imposti da noi malvagi Bianchi sui poveri Negri, non dimentichiamo che questa ‘storia’ ha una cornice di tempo che va contenuta in un centinaio di anni…dalla seconda metà del XIX sceolo alla metà del XX. Domanda: l’Africa dov’era che faceva nei secoli precedenti, a parte la gloria egiziana di qualche millennio fa? Ad Atene c’era Pericle, Platone Aristotele il Partenone e Alessandro Magno, a Roma gli acquedotti le strade le terme le Leggi, nell’ Europa dopo Roma, le università, le scienze l’economia le banche le cattedrali Dante Alighieri e Giotto……..E in Africa che c’era??? Una domanda e un mistero che mi chiedo e mi tormenta: qualcuno mi saprebbe rispondere? ma basta coi piagnistei e le battute deli petto, nostri!

    1. Nessuna risposta, e io devo rimanere all’unica che è stata data da sempre: effetto della maledizione di Noè su Cam passata a Canaan:”Sia maledetto Cànaan! Schiavo degli schiavi sarà per i suoi fratelli!”.
      Solo che ora, noi discendenti di Jafet, degenerati al punto più basso, indegni delle benedizioni ricevute, siamo diventati anostra volta gli schiavi degli schiavi…Avanti Africa!

  2. Tutto il nocciolo sta nell’uomo. Se l’uomo è cristiano cristiano, non può essere che un bene. Sarebbe come condurre un fanciullo all’età adulta, offrendogli tutto ciò che gli occorre per saper badare a se stesso. Adulto che fosse, il rapporto potrebbe pian piano trasformarsi in un sodalizio. Occorrono uomini capaci di governo, di insegnamento. Purtroppo non ne abbiamo neanche sul suolo patrio. Anzi da anni fioriscono solo incapaci e venduti, al soldo cioè di chi vuol asservire noi. Noi per primi dovremmo mandare a casa i nostri incapaci e venduti e parlar chiaro a chi vuol fare da padrone in casa nostra. Non abbiamo rispetto di noi stessi e nessuno nei fatti ci rispetta. Dobbiamo far ordine prima in casa e dimostrare a noi stessi che sappiamo governarci, senza tradirci gli uni con gli altri, senza derubarci a vicenda, senza ucciderci a vicenda, senza ingannarci mentendo gli uni agli altri. Avendo in primo luogo, un Cattolicesimo degno nei suoi rappresentanti, unica religione vera, unica che può salvare, dalla dannazione eterna, noi ed altri popoli.

  3. Il colonialismo italiano -ultimo venuto, e sui territori trascurati perché vuoti di popolazione e poverissimi (Libia e Somalia; l’Eritrea, pur poverissima anch’essa, fa eccezione, e risale, come territorio italianizzato, all’Ottocento) non fu “colonialismo” (“Arrivo, inquadro la situazione dal punto di vista militare e strategico e organizzo un po’ la produzione”), ma “colonizzazione” (“Ci sono terre infinite non coltivate e non abitate. Sono coltivabili e abitabili con il lavoro. Questo eviterà agl’Italiani rurali senza sbocco di finire in Argentina, negli USA, in Brasile”).

    In più fece il miracolo -autentico miracolo storico- di un’ottima coesistenza degli Italiani che si STANZIAVANO con i locali Musulmani – mai chiamati “selvaggi, primitivi, irrecuperabili” o simili.
    Non parliamo della qualità edilizia, urbanistica, persino turistica delle realizzazioni.
    SENZA IL PETROLIO, non ancora scoperto.

    Nel 1940 Asmara aveva più semafori di Roma, e il primo parcheggio multipiano in Africa

  4. Distinguere tra il colonialismo italiano, che ha aiutato le popolazioni locali, ed altre forme di colonialismo più orientate allo sfruttamento

  5. Quella dell’articolo mi pare un’analisi molto parziale e troppo debitrice dell’ideologia terzomondista. In realtà il colonialismo ha tratto interi continenti fuori dalla miseria e dal sottosviluppo. L’enorme incremento demografico con cui l’Africa preme alle nostre porte è una prova dell’enormemente migliorato suo livello di vita. Idem dicasi per il neocolonialismo, oggi tanto criticato ideologicamente quanto il vecchio lo fu nei lustri scorsi. Nessuna nostalgia e nessun idealismo. Ci furono e ci sono aspetti negativi. Alcuni molto negativi. Ma un’analisi equilibrata deduce un bilancio senz’altro positivo per i popoli soggetti. Dall’Africa scappano quelli che stanno bene e perché stanno bene! Scappano quelli che possono permetterselo. Il bilancio è semmai rovesciato per noi europei, e segnatamente per noi italiani, che ci siamo lasciati colonizzare da ideologie perverse e mortifere. Ma questo è un altro discorso.

  6. Non volendo entrare nell ambito sociologico o storico, per quanto ne so io (e parlo per esperienza diretta), le potenze coloniali straniere (Inghilterra e Francia in primis) come anche le ultime (Stati Uniti, ex Unione Sovietica, Cina) hanno sfruttato e sfruttano le risorse dei paesi africani con il solito 49% a noi (dai quali dedurre le spese di produzione, di solito minerarie) e il 51% a voi (voi inteso come Paese che rilascia le concessioni).
    Dove va a finire il 49% che incassa l operatore straniero è facile da dedurre, quello che non ho mai capito è dove va a finire il 51% che incassa il Paese proprietario delle risorse (o meglio, il regime di quel Paese), anche se pure questo è facilmente immaginabile .
    Comunque sia, in questi anni (cioè dal inizio della colonizzazione ad oggi) nessun Paese tra quelli africani ha creato una classe di tecnici e dirigente al altezza, per rendersi autonomi dal know how dei grandi operatori sia occidentali che Russi o Cinesi, per non parlare dell evolversi in senso moderno dei vari governi, anche se ne hanno avuto tutto il tempo e le…

    1. e ora, con le decolonizzazione,TUTTO va all’ “operatore straniero”, e il ” proprietraio delle risorse ” non s’accorge della fregatura TOTALE e, togliendo il disturbo – con grande gioia degli “operatori” – s’avvia a prendere i barconi , per far la gioia dei rACCOGLITORI !

      (era meglio la Rodesia degli Inglesi o lo Zimbawe di Mugabe, il Congo dei Belgi o quello della Kyenge, la Somalia dei Signori della Guerra o quella di Mussolini? Mah! E gli Africani che ci stanno a fare, prima a farsi ‘sfruttare’, ora a farsi cacciare, lasciando tutto nelle mani dei … cinesi??)

  7. Io mi chiedo, io chiedo, quale altro popolo, quale altra gente, è staa nella storia al centro di scene come questa mostrata in foto qui sopra? Disgustosa e avvilente… Oh la dignità degli antichi metodi, quando gli invasori venivano in armi a viso scoperto, pronti anche a subire la controffensiva!

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